Www.segnalo.it

Home page

Formazione Biblioteca e Cineteca Politiche e Leggi  Tracce e Sentieri

 

 

FILM

SCHEDE IN ORDINE DI TITOLO

 

* 1997: FUGA DA NEW YORK

di CARPENTER JOHN, USA 1981, 102'

Nel 1997 l'isola di Manhattan è diventata un ghetto di massima sicurezza per criminali. Ergastolano, pluridecorato

reduce di guerra, deve penetrarvi per recuperare il presidente USA, prigioniero di una banda. Anticipazione in

chiave di violenza avventurosa, il film si appoggia al suo fascino notturno, alla forza cupa del fantastico sociale che

ricorda il Brecht di L'opera da tre soldi.

* 28 giorni

di Thomas, Betty, USA 2000, 103'

I 28 giorni sono quelli che, per ordine di un giudice, è costretta a passare in un centro di riabilitazione per drogati e

alcolizzati la giornalista Gwen Cummings che, tra cocaina, whisky e altri eccitanti, vive sopra le righe. Ha combinato

un guaio più grosso, sabotando, ubriaca, la festa di nozze della sorella e sfasciando poi la limousine, che ha “preso

in prestito”. Seguono tragicomiche peripezie tra tossici e alcolisti di vario genere.

* 3 giorni per la verità

di Penn Sean, USA 1995,

Un gioielliere, la cui figlia è stata uccisa da un automobilista ubriaco, aspetta sette anni che il colpevole esca di

prigione per incontrarlo, concedergli tre giorni di vita e poi ucciderlo. 2o film di S. Penn regista – che l'ha anche

sceneggiato – più che di una vendetta, è la storia di un'ossessione

* A BEAUTIFUL MIND

di HOWARD RON, USA 2001,

E’ la storia autobiografica di John Forbes Nash Jr. un genio della matematica, vincitore del Premio Nobel nel 1994,

costretto a lottare per molti anni con la schizofrenia. .

Non è un film sulla matematica: è un film sulla fragilità umana e sulla lotta per vincerla. E grazie ad una sceneggiatura,

una regia e a un cast superbi, riesce ad andare ancora più in alto: al di sopra della sofferenza.

* A PRIMA VISTA

di Winkler, Irwin, USA 1999, 129

Cieco dall'età di tre anni, Virgil Adamson riacquista la vista dopo un intervento chirurgico sperimentale e la riperde.

Amy Benic , la donna che l'ama, lascia l'architettura e diventa scultrice. Pur con qualche ingorgo melodrammatico

nella seconda parte, riscattato dalla quieta sobrietà della conclusione, l'analisi psicologica del rapporto amoroso tra i

due protagonisti è condotta con sommessa sapienza, non senza risvolti erotici all'inizio e la bella sequenza della

pioggia

* A PROPOSITO DI HENRY

di NICHOLS MIKE, USA 1991, 103'

Per una ferita alla testa, avvocato di successo e senza scrupoli perde la memoria e cambia la sua vita dandole un

nuovo indirizzo e un altro senso.

* A SPASSO CON DAISY

di BERESFORD BRUCE, USA 1989, 99 '

Tra il 1953 e i primi anni Settanta, in Georgia, si sviluppa il rapporto tra una vecchia, bizzosa e burbera signora e il

suo autista di colore, rapporto tra padrona riluttante e servitore saggio che si trasforma in un'amicizia solidale. In

filigrana al racconto s'iscrive, con delicatezza, un discorso sul razzismo e sulle minoranze etniche negli USA.

* ABOUT A BOY - UN RAGAZZO

di WEITZ CHRIS, USA 2002,

* About Schmidt

di Payne Alexander, 2003,

Warren Schmidt ha 66 anni, è appena entrato in pensione dopo aver prestato lunghi anni di onorato servizio presso

la grande compagnia di assicurazioni "Woodmen". La perdita della moglie a pochi giorni di distanza, lo spinge a fare il

bilancio della propria esistenza. Vorrebbe aver lasciato una traccia, ma dietro sé trova solo giorni uguali e niente

che possa fargli credere di aver fatto la differenza per qualcuno. Decide così di intraprendere un viaggio verso

Denver per raggiungere la figlia, alla vigilia delle nozze con un uomo che Schmidt considera un vero imbecille.

L'esilarante esplorazione dell'America, a bordo del gigantesco camper di 11 metri attraverso i luoghi dell'infanzia, e gli

incontri con personaggi al limite del surreale, sono ritmati dalle lettere che il protagonista scrive a Ngoudou, il

bambino africano di sei anni, da poco adottato a distanza, attraverso le quali si dipana l'analisi di un passato vuoto

ed inutile e di un presente e un futuro nebuloso ma forse ancora da fare.

Schmidt "scorrazza per il viale della memoria" e posa il suo sguardo stupito su luoghi, cose e persone uscendo

finalmente dal torpore e dallo stordimento di una vita senza azione e sensazione.

L'arte del racconto di Payne, che mescola ad una brillante ironia la drammaticità di una vita sprecata, si completa con

la maestria di Nicholson nell'interpretare un uomo che si risveglia alla vita. Uno spaccato della vita americana di

provincia scrutato in tutta la sua tragica sonnolenza e senza alcuna superficialità, da un uomo che pur trovandosi a

passeggiare sul suo personale 'viale del tramonto', sente ancora il desiderio di dare un senso alla propria vita.

Raccontato anche attraverso l'impaccio fisico a metà tra la sonnolenza e il risveglio, Warren Schmidt è un individuo

dal destino spietatamente normale, sublimata dall'interpretazione di Nicholson che lo trasforma in una icona, mélange

di pessimismo e pietà, crudele rappresentazione dell'uomo del XXImo secolo.

Valeria Chiari

* ACCATTONE

di PASOLINI PIER PAOLO, ITA 1961, 109'

Sottoproletario romano vive alle spalle di una prostituta che finisce in galera. Ne trova un'altra, se ne innamora e

cerca un lavoro. Buono o cattivo, onesto o disonesto, è sempre uno che sta “fuori”.

* L' acchiappasogni

di Kasdan Lawrence, 2003,

Stephen King, indiscusso re del romanzo horror americano, è un autore decisamente troppo prolifico, ma allo stesso

tempo capace di sfornare di tanto in tanto delle piccole "perle" di narrativa; negli ultimi anni una di queste è stata

senza dubbio "L'Acchiappasogni", riuscito cocktail in cui il mago del brivido ha mescolato tutti i suoi temi preferiti:

l'amicizia, l'infanzia perduta, la scoperta di sé stessi; il tutto, ovviamente, condito con una generosa dose di brividi e

sangue.

* LE ACROBATE

di SOLDINI SILVIO, SVI 1997, 121'

Impersonato da un'anziana slava che vive in povertà, il caso fa incontrare due donne, la benestante Elena di

Treviso e la malmaritata Maria di Taranto, entrambe insoddisfatte, ma non rassegnate. Insieme con la bambina di

Maria, fanno un viaggio al Nord che finisce tra le cime innevate della Val d'Aosta. Non dramma né racconto

psicologico, tocca temi gravi, ma con delicatezza.

* ADDIO MIA CONCUBINA

di KAIGE CHEN, CIN 1993, 169'

Rievocazione della grandezza e delle miserie dell'Opera di Pechino attraverso mezzo secolo (1925-77) di storia

cinese. È la tela di fondo di una storia d'amore e di amicizia tra due attori, legati per sempre dai ruoli del re e della sua

fedele amante nell'opera Addio mia concubina. Il vincolo omosessuale si spezza quando uno dei due sposa una

prostituta. Epilogo tragico.

* AL DI LA' DELLA VITA

di SCORSESE MARTIN, USA 2000, 116'

New York, primi anni '90. 56 ore – tre notti e due giorni – nella Via Crucis di Frank Pierce , paramedico

dell'Emergency Medical Service a Manhattan. Ossessionato dal ricordo della ragazzina Rose, morta nonostante i

suoi sforzi, durante le sue corse in autoambulanza Frank è in compagnia del cinico Larry , poi del mistico Marcus ,

infine del reazionario violento Bob .

* AL DI LA' DELLE NUVOLE

di ANTONIONI MICHELANGELO, WENDERS WIM, IT-FRA-GER 1995,

Dal libro Quel bowling sul Tevere di M. Antonioni. 4 storie d'amore, o di disamore, legate dalla figura di un regista (J.

Malkovich) che visita i luoghi dell'azione (Ferrara e Comacchio, Portofino, Parigi, Aix-en-Provence: sequenze girate

da W. Wenders) e interviene nell'episodio ligure. È un piccolo mosaico sulla drammatica (inevitabile?) incompletezza

di ogni relazione amorosa. Storie sottovoce con aneddoti ridotti all'osso, qua e là verbose e un po' liricamente

sforzate. Tre congressi carnali sembrano troppi, ma c'è anche, nell'episodio parigino, un'insolita brezza di soave

ironia. Girato da Antonioni dopo 10 anni di inattività forzata per malattia

* L' ALBATROSS

di SCOTT RIDLEY, USA 1995, 115

Nell'autunno 1960 tredici liceali americani s'imbarcano su un brigantino, nave-scuola, compiono una crociera di 6000

miglia tra il Golfo del Messico e il Pacifico finché, durante una tempesta, un'onda anomala provoca un epilogo tragico.

Su sceneggiatura di Todd Robinson, ispirata a una storia vera, è, in cadenze di cronaca, un film epico senza eroi,

un racconto di formazione sul tema della conquista della responsabilità che ha il suo acme nell'emozionante

sequenza del naufragio e la sua catarsi nel capitolo conclusivo in un'aula giudiziaria.

* L' ALBERO DEGLI ZOCCOLI

di OLMI ERMANNO, ITA 1978, I75'

1897-98 nelle campagne della Bassa bergamasca: la vicenda corale di alcune famiglie contadine che lavorano la

terra a mezzadria tra duri sacrifici, fatica e dolori, ma con grande dignità. Solenne e sereno, grave e pur lieve come

le musiche di Bach che l'accompagnano, il 9o di Olmi è – con Novecento (1976) di B. Bertolucci che è il suo opposto

– il più grande film italiano degli anni '70, e l'unico, forse, in cui si ritrovano i grandi temi virgiliani: labor, pietas, fatum.

Gli sono stati rimproverati, come limiti, una rappresentazione idealizzata, perché troppo lirica, del mondo contadino, la

cancellazione della lotta di classe, la rarefazione spiritualistica del contesto sociale. È indubbio che al versante in

ombra (grettezza, avidità, violenza, odi feroci) del mondo contadino Olmi ha fatto soltanto qualche accenno, e in

cadenze bonarie, ma anche in quest'occultamento è stato fedele a sé stesso e alla sua pietas

* L' ALBERO DI ANTONIA

di GORRIS MARLENE, OLA 1995, 012'

Affresco di una piccola comunità rurale sull'arco di quattro generazioni, dal 1945 alla fine del secolo. Protagonista

invisibile: il tempo che passa, linea narrativa: femminile, anzi matriarcale. Antonia che generò Danielle che generò

Thérèse da cui nacque Sarah. In questo Heimat fiammingo gli uomini sono in seconda fila: abietti o fragili o coglioni,

talora gentili. La voce narrante è di Sarah, pronipotina di Antonia, forte, volitiva e di radiosa bellezza che rimane al

centro dell'azione corale. Sagace, e qua e là furbesca, mistura di patetico e grottesco, pubblico e privato, violenza e

tenerezza con una marcata componente anticlericale e un pragmatico amore per la vita, contrapposto al cupo

pessimismo di un vecchio che cita Nietzsche e Schopenhauer.

* ALI'

di MANN MICHAEL, USA 2002, 156'

* LE ALI DELLA LIBERTA'

di DARABONT FRANK, USA 1995,

Dal racconto Rita Hayworth and the Shawshank Redemption di Stephen King (nel volume Stagioni diverse). Alla fine

degli anni '40 bancario, condannato per l'uccisione della moglie e del suo amante, è inviato al carcere di Shawshank.

L'amicizia con un ergastolano nero e la competenza fiscale l'aiutano a sopravvivere fino alla rivalsa finale. Dramma

carcerario in linea con la migliore tradizione hollywoodiana (claustrofobico, violento, garantista, liberale) con 2

novità: il tema della durata (il tempo che passa) e i connotati sociali del protagonista, direttore di banca, vittima di un

errore giudiziario.

* GB Alien

di SCOTT RIDLEY, GB 1979, 117'

Durante una sosta in un pianeta sconosciuto un essere indefinibile s'introduce nella Nostromo, gigantesca astronave

da carico, e semina terrore e morte tra i sette membri dell'equipaggio. Sopravvive soltanto la coraggiosa Ripley,

ufficiale in seconda. È un thriller fantascientifico di spavento con componenti di horror e suspense che conta poco

per quel che dice, ma che lo dice benissimo grazie a un apparato scenografico di grande suggestione (dovuto al

disegnatore svizzero H.R. Giger) e a un ritmo narrativo infallibile. La sua chiave tematica è la paura dell'ignoto e,

perciò, pesca nel profondo dello spettatore

* ALMOST BLUE

di INFASCELLI ALEX, ITA 2000,

A Bologna è in azione un assassino periodico, chiamato l'Iguana dai mass media perché assume le sembianze delle

sue vittime. Alle indagini, guidate dall'ispettrice Grazia Negro, dà un grande contributo Simone, ragazzo cieco che

ascolta le frequenze radio e le comunicazioni digitali con apparecchi che trasformano le comunicazioni delle chat in

suoni. Dall'omonimo romanzo (1997) di Carlo Lucarelli (1960), sceneggiato con Sergio Donati dall'esordiente Infascelli

(1967). È un thriller a suspense in cui consapevolmente si trascurano le dimensioni dell'azione e dell'introspezione

psicologica per puntare, frantumando la narrazione, sui colori, le luci, le atmosfere

* L' ALTRA META' DELL'AMORE

di POOL LEA, CAN 2001,

Scaricata dal padre e dalla sua terza moglie al Perkins Girl's College, l'introversa provinciale Mary (M. Barton) trova

conforto nell'amicizia di Paulie (P. Perabo) e Tory (J. Paré), legate da un intenso rapporto lesbico. La scoperta della

loro relazione suscita un ovvio scandalo con conseguenze funeste: mentre Tory rientra subito nei ranghi,

l'impetuosa Paulie affonda in un'autodistruttiva follia

* AMARCORD

di FELLINI FEDERICO, ITA 1974, 127'

Rivisitazione – tutta ricostruita e mai così vera – della Rimini dei primi anni '30 col fascismo trionfante, l'apparizione

notturna del transatlantico Rex, il passaggio delle Mille Miglia, la visita allo zio matto e la bella Gradisca. Vent'anni

dopo I vitelloni F. Fellini torna in Romagna con un film della memoria e, soltanto parzialmente, della nostalgia. La parte

fuori dal tempo è più felice di quella storica. Umorismo, buffoneria, divertimento, finezze, melanconia. Oscar per il

miglior film straniero.

* AMARSI

di MANDOKI LOUIS, USA 1994, 125

Un marito, pilota di linea, che l'ama; due figliette deliziose; un impiego: non manca niente ad Alice che, invece, si dà

all'alcol, liquido rivelatore di un'immaturità. 2 ore per smontare e ricostruire un matrimonio con l'aiuto degli Alcolisti

Anonimi: un vero e proprio manuale.

* AMERICA OGGI

di ALTMAN ROBERT, USA 1993, 188'

Da 9 racconti (e dalla poesia Lemonade: l'episodio con Jack Lemmon) di Raymond Carver. Nella sua mescolanza di

generi e di toni questo grande capitolo della saga americana di Altman è una commedia umana dove si può trovare di

tutto, come nella vita. Come Carver – di cui sviluppa i racconti, modificandoli e allacciandoli l'uno all'altro – il regista di

Nashville non interviene a commentare i fatti: si limita a raccontarli con lucidità, dolente partecipazione e una libertà

che lascia allo spettatore la possibilità del giudizio. Si apre con un minaccioso volo di elicotteri e si chiude con una

scossa di terremoto a Los Angeles dove si svolgono le storie, ambientate da Carver a Seattle o Portland. C'è chi ha

trovato quest'affresco troppo amaro, impietoso, disperato. Altman non ha bisogno di alzare la voce per fare

l'apocalittico. America oggi? Ma qui si parla anche di noi.

* American Beauty

di MENDES SAM, USA 1999, 122

Morto da un anno, il 42enne Lester racconta la sua storia. Infelicemente sposato con Carolyn, la cotta che prende

per Angela, compagna di scuola di sua figlia Jane, gli cambia la vita. Fa in tempo a guarire dall'infatuazione quando

un ex ufficiale dei Marines, suo nuovo vicino di casa e padre di Ricky, innamorato di Jane, gli rivela la propria latente

omosessualità, lo uccide e si uccide. Da una sapiente sceneggiatura del commediografo nordamericano Alan Ball e

dalla frontale messinscena dell'esordiente S. Mendes, regista teatrale britannico, è uscito un film di grande successo

(pubblico, critici, premi) fintamente trasgressivo. Ironico, persino divertente, ma di fondo amaro, espone,

esorcizzandoli, il disagio e il vuoto della società contemporanea, infinita contiguità di solitudini, e analizza la sua

peculiare patologia, “l'incapacità di relazionarsi... di sentirsi... responsabili della vita degli altri” (Salvatore Natoli).

Soltanto i due figli si salvano in questo deserto del disamore. È fin troppo perfetto e furbetto nel far tornare i conti:

nei dialoghi, nel disegno di personaggi problematici (la moglie, il suo amante yuppie, il gay represso in divisa, la

ninfetta vantona e vergine), nella meccanica narrativa. Tragicommedia double-face: realistica nell'analisi sociologica,

ricca di elementi simbolici, sull'orlo del Kitsch (i petali di rosa) a livello di scrittura.

* GLI AMICI DI GEORGIA

di PENN ARTHUR, USA 1981, 115'

l'itinerario esistenziale dell'adolescente Danilo (Wasson), figlio di immigrati iugoslavi nel Midwest, attraverso

quattordici anni (1956-69), itinerario che s'intreccia con le vicende dei suoi amici David, Tom e Georgia. È uno dei

migliori film di A. Penn, e il più sottovalutato, per il sagace equilibrio tra dramma e commedia, nostalgia e riflessione

critica, fine delle illusioni e crisi dei valori di tutta una generazione, e per la sapienza con cui sa iscrivere i processi

storici nella vita dei personaggi

* AMICI PER LA PELLE

di ROSSI FRANCO, 1955, 90'

Di diversa estrazione sociale e di dissimile temperamento, due ragazzi di una III media romana fanno amicizia,

praticano insieme la corsa campestre finché la rivalità li divide. Un bel film, intenso e sensibile, sull'educazione alla

vita e al dolore nella difficile stagione dell'adolescenza

* L' AMICO AMERICANO

di WENDERS WIM, 1977,

Dal romanzo Ripley's Game (1974) di Patricia Highsmith: trafficante di quadri induce pacifico corniciaio malato di

leucemia a diventare sicario, ma poi gli si affeziona e interviene nel meccanismo che ha messo in moto. La Highsmith

non amò il film perché il suo soave Ripley è diventato un tormentato esistenzialista alcolizzato, ma, a modo suo, il film

è eccitante, piacevole e profondo come il romanzo. In questo thriller esistenziale non contano i fatti, ma il malessere

che suscitano, il ritratto dei personaggi e l'analisi dei loro rapporti, l'energia mescolata alla malinconia e all'umorismo,

a mezza strada tra Hitchcock e Fuller che compare nel film con altri registi-gangster: Nicholas Ray, Daniel Schmid,

Peter Lilienthal. Film sulla morte, sul movimento, sull'amicizia virile, e riflessione sul cinema americano rielaborato con

occhi europei.

* GLI AMMUTINATI DEL BOUNTY

di MILESTONE L., USA 1962,

* L' AMORE IMPERFETTO.

di Maderna Giovanni Davide, 2002,

Sergio e Angela aspettano il loro primo figlio. Il bambino è destinato a vivere solo pochi giorni, a causa di una grave

malformazione.

La donna, spagnola e molto religiosa, sperando in un miracolo, decide di non abortire. Ma quando il neonato muore i

due genitori si lasciano travolgere dalla disperazione, fino alle estreme conseguenze. Alla disgrazia se ne aggiunge

un’altra più misteriosa, il suicidio di una ragazza che lavorava con Sergio e che l’uomo ha incontrato proprio la sera

prima della morte.

Tratto da un fatto di cronaca recente, il film di Maderna ritrae persone semplici di fronte a scelte terribili laddove il

presagio della morte invade la vita.

* AMORE TOSSICO

di CALIGARI CLAUDIO, ITA 1983,

Ambientato a Ostia e dintorni, è, in chiave di cinema-verità, una fiction di cui sono interpreti veri giovani drogati

(proletari, sottoproletari e piccoli borghesi) con le braccia trafitte di buchi e di lividi, le fantasie e pulsioni di morte, i

comportamenti e le liturgie, il ribaldo vitellonismo, la pena e il disordine del vivere, la tetra allegria. Fu definito un film

“tagliato”, come si dice dell'eroina (o del vino), fatto di “roba” buona (efficace) e di “roba” meno buona, persino

cattiva, come nel finale retorico e melodrammatico. Film postpasoliniano per l'ambientazione, l'onesto atteggiamento

frontale, il linguaggio disadorno e lucido che nasce dal rispetto e suscita pena.

* UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA

di CAMPION JANE, AUSTRALIA 1990, 158'

Biografia in 3 parti per la TV (ridotta di 50' per il grande schermo) di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice

neozelandese vivente, che, per una diagnosi sbagliata di schizofrenia, patì nove anni di manicomio e 200

elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario. Basata sull'autobiografia (1983-85) in 3 parti

(Nella tua terra, Un angelo alla mia tavola, L'inviato di Mirror City), nell'adattamento di Laura Jones, è un'opera che,

dopo Sweetie (1988) e prima dell'acclamato Lezioni di piano (1993), fa di J. Campion uno dei cineasti emergenti degli

anni '90. Film sulla letteratura, ma non letterario, notevole per la forte fisicità della scrittura, l'acume psicologico senza

concessioni allo psicologismo, l'arte del suggerire soltanto i passaggi esplicativi, la capacità di mostrare i grandi

spazi, il rifiuto del binomio romantico di genio e follia. Leone d'argento a Venezia 1990 dove, secondo molti, avrebbe

meritato l'oro.

* ANNA DEI MIRACOLI

di PENN ARTHUR, USA 1962, 107'

Annie Sullivan (A. Bancroft) è assunta dai coniugi Keller (V. Jory e I. Swenson) per rieducare la piccola Helen (P.

Duke), cieca e sordomuta dalla nascita. L'insegnante di Boston riesce a far passare la ribelle Helen dallo stato

animale a quello umano, e a fare di lei sua figlia, nel senso più profondo della parola. Ispirato a una vicenda che la

stessa Helen Keller raccontò in The Story of My Life, il film deriva da un teledramma (1957) di William Gibson, diretto

dal 35enne A. Penn, e da una pièce (1959) dello stesso Gibson, messa in scena a Broadway ancora da Penn e

interpretata da A. Bancroft, P. Duke e Patricia Neal (rappresentata in Italia con Anna Proclemer e la 11enne Ottavia

Piccolo). È la descrizione epica di una battaglia che culmina nella straordinaria scena di 9 minuti tra Annie e Helen

intorno al tavolo da pranzo. Pur non trascurando la complessità sentimentale e ideologica del testo di Gibson, mette

con furia l'accento sulla dimensione fisica della battaglia. Il suo vero tema non è l'handicap fisico e nemmeno

l'insegnamento o la comunicazione, ma il principio stesso della vita e della liberazione: il modo con cui le energie vitali,

se abbastanza tenaci, possono vincere barriere od ostacoli. Ingiustamente accusato di teatralismo, dunque

sottovalutato

* GLI ANNI DEI RICORDI

di MOORHOUSE JOCELYN, USA 1995, 116'

Dal romanzo omonimo di Whitney Otto. Incerta se accettare una proposta di matrimonio, studentessa passa l'estate

in casa della nonna e della prozia che con le loro amiche cuciono la sua trapunta di nozze, ciascuna rimembrando il

passato. Film tutto al femminile con il sesso forte (generalmente spregevole) fuori campo. Garbato, gentile, ben

recitato da una prestigiosa compagnia di attrici famose tra cui la scrittrice nera M. Angelou, ma drammaticamente

inerte.

* GLI ANNI IN TASCA

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1976,

Storie di ragazzini s'intrecciano in una vicenda corale che si svolge a Thiers, cittadina dell'Alvernia. Gli adulti stanno

a guardare, spesso indifferenti, talvolta crudeli. Specialista in psicologia infantile, Truffaut ha la mano giusta nel

raccontare i suoi ragazzini, passando dall'umorismo all'amaro.

* GLI ANNI SPEZZATI

di WEIR PETER, AST 1981,

Verso la fine del 1915 il porto turco di Gallipoli fu lungamente, inutilmente, sanguinosamente assediato dalle truppe

britanniche. Con gagliardo ardimento i volontari del Nuovissimo Mondo si fecero massacrare. Più che un film bellico –

sulla futilità e l'ignominia della guerra – è un racconto picaresco di viaggio, avventure, amicizie virili. Weir ha mano

felice nell'affettuosa descrizione dei personaggi, nella rievocazione di un'epoca. Belle pagine di atletica nella 1ª

parte, la più riuscita.

* L' APE REGINA

di FERRERI M., ITA 1963, 1H 30

Borghese quarantenne si accasa con bella, brava, illibata e cattolicissima che lo sfianca col suo desiderio ardente di

avere un figlio. Ottenuto lo scopo, l'uomo, povero fuco, è messo da parte e muore. 1o film italiano di Ferreri,

denunciato e sequestrato dalla censura che impose tagli, modifiche ai dialoghi e l'uscita col titolo Una storia moderna:

l'ape regina. È un grottesco paradossale sulla famiglia, il matrimonio e l'ideologia clerical-borghese che impregnano in

Italia, Paese laico di cultura cattolica, le due istituzioni. Divertente e quietamente feroce.

* ARANCIA MECCANICA

di KUBRICK STANLEY, USA 1971, 130 m

Dal romanzo (1962) A Clockwork Orange di Anthony Burgess: in una Inghilterra di un non molto lontano futuro Alex

e i suoi Drughi si dedicano di notte allo sport dell'ultraviolenza, arrestato per omicidio e stupro, Alex è sottoposto a un

lavaggio del cervello che lo rende inoffensivo, ma quando esce si trova in un mondo più violento di quel che era ai

suoi tempi. Dei 3 film di Kubrick che si possono considerare fantascientifici è il più violento e quello in cui parla più del

presente, appena caricato di connotazioni future. Come gli altri due, è una favola filosofica che illustra con geniale

lucidità il suo discorso sulla violenza e sul rapporto tra istinto e società anche se nemmeno lui, pur nel suo palese

sforzo di stilizzazione grottesca, si è sottratto ai rischi che si corrono al cinema nell'illustrazione della violenza.

Geniale l'uso della sinfonia rossiniana della Gazza ladra (1817), arrangiata da Walter Carlos e Tachel Elkind.

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick. L'arancia meccanica, Lindau, Torino

* Ararat - Il monte dell'Arca

di Egoyan Atom, 2003,

Il regista di origine armena tesse una storia complessa in cui i destini di due famiglie, una di origine armena e l'altra

canadese, si incrociano al solo scopo di riuscire ad approfondire l'analisi di sé. Il film è anche l'opportunità di parlare

del doloroso passato del popolo armeno che subì un vero e proprio massacro da parte dei Turchi, prima durante e

dopo la Prima Guerra Mondiale. Una drammatica pulizia etnica che Egoyan preferisce lasciar raccontare ad un alter

ego d'eccezione, Charles Aznavour, che per l'occasione lascia il mondo della musica per vestire i panni di un

famoso regista, Edward Saroyan, sul set del suo film incentrato appunto sull'assedio turco di Van, in cui immagina il

pittore espressionista Arshile Gorky, vivere ancora adolescente quel terribile evento.

* ARRIVEDERCI RAGAZZI

di MALLE LOUIS, 1987,

Tre ragazzini ebrei, clandestinamente ospitati in un collegio cattolico, sono prelevati, in seguito a una spiata, dagli

sgherri della Gestapo col direttore del collegio. Leone d'oro a Venezia '87. Nella carriera di Malle è, dopo Il soffio al

cuore, il 2o film esplicitamente autobiografico, il più vicino a Truffaut e non soltanto per l'argomento. Meno originale,

forse, ma emotivamente più coinvolgente (con qualche concessione agli stereotipi) di Lacombe Lucien, anch'esso

ambientato nella Francia di Pétain, conta per la cura dei particolari e dell'ambientazione, la ricchezza delle invenzioni,

una pagina di alta retorica didattica (l'omelia del padre direttore), un epilogo straziante.

* ATTIMO FUGGENTE

di WEIR PETER, 1989,

John Keating, giovane insegnante di materie umanistiche, arriva alla Welton Academy, di cui era stato allievo, dove

regnano Onore, Disciplina, Tradizione e ne sconvolge l'ordine imbalsamato insegnando ai ragazzi, attraverso la

poesia, la forza anarchica e creativa della libertà. Coraggioso nella scelta tematica, discutibile nella sua poco critica

esaltazione dell'individualismo e con qualche forzatura retorica, è una macchina narrativa perfettamente oliata che

non perde un colpo sino al finale che scalda il cuore, inumidisce gli occhi e strappa l'applauso

* Atto di forza

di Verhoeven, Paul, USA 1990, 109

Dal racconto di Philip K. Dick We Can Remember It for You Wholesale. Nel 2084 d.C., desideroso di compiere un

viaggio su Marte, l'operaio edile Doug Quaid si rivolge all'agenzia Recall che vende viaggi e avventure di turismo

virtuale, ma scopre di essere già stato su quel pianeta come Hauser, agente segreto al servizio dello spietato

dittatore locale, e si unisce al movimento popolare di rivolta. Film eccessivo nell'azione, nella violenza, nella

grandiosità delle scenografie, negli effetti speciali (Oscar per Eric Brevig), nella visibilità, nell'ideologia. Suggestiva

macchina narrativo-spettacolare con una vertiginosa struttura a scatole cinesi, imperniata sull'ambiguità tra realtà e

apparenza, con alleggerimenti grotteschi e parentesi erotiche.

* LE AVVENTURE DI OLIVER TWIST

di LEAN DAVID, GB 1947,

Dal romanzo (1838) di Charles Dickens, già portato sullo schermo nel 1922 e nel 1933: le dolorose disavventure di

un orfanello di otto anni nella Londra del primo Ottocento. Qualcosa di più di un film britannico di qualità e di origine

letteraria: Lean porta la maniera allo stile con uno straordinario bianconero di forte suggestione e una squadra

affiatata di attori. Famosa l'interpretazione di Guinness come l'ebreo Fargin dal lungo naso, ma ancor più inquietante

R. Newton come Bill Sikes. La storia dickensiana ebbe anche una versione musicale con Oliver! (1968) di C. Reed e

un rifacimento per la TV (1982) diretto da C. Donner.

* AVVISO DI CHIAMATA

di KEATON DIANE, USA 1999, 93'

Le tre sorelle Eve , Georgia e Maddy si tengono in contatto continuo per telefono (hang up = riattaccare), ma

quando il loro bizzarro padre deve essere ricoverato in ospedale, è la sensibile Eve che se ne occupa. Da un

romanzo autobiografico di Delia Ephron che l'ha adattato con la sorella Nora regista (sono figlie di Henry e Phoebe

Ephron, noti sceneggiatori a Hollywood degli anni '40 e '50), una commedia frivolamente umoristica in disordinata

altalena con toni e risvolti drammatici. Prevalgono bamboleggiamenti, stereotipi, ricatti sentimentali. Nella parte della

madre, C. Leachman ha una scena che lascia il segno.

* BAGDAD CAFE'

di ADLON PERCY, 1987,

In una zona desertica tra Disneyland e Las Vegas c'è una stazione di rifornimento con bar e motel. Arriva a piedi,

trascinandosi una valigia, una imponente turista quarantenne di Monaco di Baviera e vi si installa. Come la

Sägebrecht, rotonda eroina di Sugar Baby (1985), porti luce, ordine, pulizia e allegria nel sordido Bagdad Café è

l'itinerario di un film accattivante, caloroso e astuto che, dopo Herzog e Wenders, propone un altro sguardo tedesco

sull'America.

* IL BAGNO TURCO

di OZPETECK F., ITA , 95'

Logorato dal lavoro e da un matrimonio stanco senza figli con Marta, compagna e socia nella professione,

Francesco, giovane architetto romano, va a Istanbul dove ha ereditato una vecchia casa da un'eccentrica zia

materna. Il soggiorno gli cambia la vita, facendogli scoprire nuovi valori tra cui quelli dell'Eros

* BALENE D'AGOSTO

di ANDERSON LINDSAY, USA 1987, 90 '

Da una commedia di David Berry: da mezzo secolo due anziane sorelle vedove passano l'estate in un cottage sulla

costa del Maine. Ricevono periodiche visite di un'amica estroversa e malignazza, di un vecchio gentiluomo russo e di

un energico idraulico. Con un quartetto d'attori che compendia la storia e la memoria del cinema (il più giovane è

Price, 1911) un film dove la vita scorre piana come in una fotografia sbiadita: non una stecca, non un eccesso, non

un attimo di noia anche se, come si dice, non succede niente.

* LA BALLATE DEL CAFE' TRISTE

di CALLOW SIMON, GB 1990, 90'

La vita di Amelia Evans, donna solitaria e dispotica, distillatrice clandestina di whisky, in un paesino del Sud negli

anni '30, è trasformata dall'arrivo di un cugino e dell'ex marito, uscito dal carcere. Tratto da un racconto lungo (1951)

di Carson McCullers (sul tema dell'androgino come impossibile tentativo di unione tra gli opposti) e basato

sull'adattamento teatrale di E. Albee, è la diseguale opera prima di un ex attore ambizioso, ma non ancora maturo per

la regia. Vedere la Redgrave impegnata in un regolare incontro di pugilato a pugni nudi con un maschietto è,

comunque, uno spettacolo da non perdere.

* BANCHETTO DI NOZZE

di LEE ANG, TAIW-USA 1993, 111'

Giovane cinese omosessuale che ha fatto carriera a New York finge di sposare una compatriota pittrice che ha

bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno per mettere il cuore in pace ai genitori ai quali non ha mai confessato di

essere gay

* IL BEL MATRIMONIO (vers. integrale: Le beau mariage)

di ROHMER ERIC, FRA 1982, 97'

* BELLI E DANNATI

di VAN SAINT GUS, USA 1991, 102

Storia di due ragazzi di vita e di marciapiede del Nord-ovest che si prostituiscono: Mike, narcolettico e drogato, è alla

ricerca della madre; Scott ha scelto i bassifondi in rivolta al padre ricco e potente, ma torna sulla retta via grazie

all'amore di una ragazza italiana. Il personaggio è modellato sul principe Hal di Enrico IV di Shakespeare e corredato

di un moderno Falstaff. Aduggiato da una greve retorica omosessuale di taglio freudian-americano, riscattato da un

raffinato senso figurativo e da belle invenzioni registiche.

* BIANCA

di MORETTI NANNI, ITA 1983,

UN PROFESSORE DI SCUOLA MEDIA VIVE CON PROFONDO DISAGIO MENTALE IL PROPRIO LAVORO E LE PROPRIE

RELAZIONI. ATTORNO A LUI SI VERIFICANO UNA SERIE DI OMICIDI

* BILLY ELLIOTT

di DALDRY STEPHEN, GB 2001,

Inghilterra del Nord, durante gli scioperi del 1984: un giovane di nome Billy scopre di avere una forte passione per la

danza, ma il padre vorrebbe indossasse due

guantoni da boxe. La sua ostinata insegnante di danza lo incoraggia e lui si lascia guidare, tra crisi familiari e ricerca

di se stesso. Debutto cinematografico del regista

inglese Stephen Daldry, considerato dalla critica "il volto del teatro contemporaneo", Billy Elliot ha ricevuto 3

nomination agli Oscar.

* BIRDY - LE ALI DELLA LIBERTA'

di PARKER ALAN, USA 1984,

Due amici d'infanzia, reduci dal Vietnam, sono rinchiusi in un manicomio militare.

Birdy è silenzioso, rannicchiato su se stesso, trasognante nel suo delino. Un tempo la sua passione erano gli uccelli

e gli sarebbe piaciuto imparare a volare come loro. Per questo dormiva spesso in gab-bia nudo per carpirne il

segreto del volo

II suo caso sembra senza via d'uscita ma con l'aiuto assiduo dell'amico Al, si risveglia dal suo torpore e si accinge a

spiccare il volo dal muro di cinta dell'ospedale psichiatrico che lo ospita

* BLADE RUNNER

di SCOTT R., USA 1982,

Nella Los Angeles del 2019 ex poliziotto torna in servizio per ritirare dalla circolazione due uomini e due donne

“replicanti”, androidi prodotti di un'ingegneria genetica, così perfetti da risultare indistinguibili dai normali esseri umani.

Ispirato al romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) di Philip K. Dick, è il miglior film di SF degli anni

'80; dopo Metropolis (1926) di F. Lang nessun film, forse, aveva proposto un'immagine così suggestiva e terribile del

futuro come la metropoli multirazziale, modernissima e decadente.

Analisi del film: R. Menarini, Ridley Scott. Blade Runner, Lindau, Torino

* Brubaker

di Rosenberg Stuart, usa 1980, 132'

Camuffato da detenuto e confuso con i reclusi, nuovo direttore di un penitenziario dell'Arkansas scopre le ignominie

di un universo carcerario dominato dalla violenza e dalla corruzione. Nel filone del cinema carcerario il film occupa un

posto di decoro, ma per eccesso di effetti non riesce a essere convincente fino in fondo. Redford assai bravo ma

troppo calcolato. La storia è basata sulle vere esperienze di Thomas O. Murlan che nel 1968 diede le dimissioni da

direttore del Penitenziario Statale dell'Arkansas perché le sue riforme carcerarie avevano messo nell'imbarazzo il

governatore dello Stato.

* BUENA VISTA SOCIAL CLUB

di WENDERS WIM, USA,FR,CUB 1998,

Nel 1996 il californiano Ry Cooder (1947), chitarrista, compositore e accanito esploratore di musiche popolari, arrivò

a Cuba, per conto della società britannica World Circuit, con il figlio percussionista Joaquim. Con l'aiuto di Juan de

Marcos, vecchio compagno di Fidel Castro nella Sierra Maestra, ritrovò e riunì un gruppetto di musicisti cubani,

popolari negli anni '50 quando si esibivano al Buena Vista Social Club dell'Avana. Incise con loro un disco dallo

stesso titolo che nel 1997 conquistò il pubblico (più di un milione di copie vendute) e un premio Grammy (Tropical

Latin). Quando all'inizio del 1998 Cooder tornò all'Avana per registrare un album da solista con il cantante Ibrahim

Ferrer (1927), lo accompagnò Wenders (1945) con una piccola troupe. Filmò con una videocamera i vecchi

musicisti, ora ribattezzati i Super-Abuelos (supernonni), nelle sale d'incisione degli studi Egrem e per le vie

dell'Avana, ad Amsterdam dove tennero due concerti e a New York dove suonarono al Carnegie Hall. “La musica è

per me una caccia al tesoro. Scavi e talvolta trovi qualcosa. A Cuba la musica scorre come un fiume. Si prende cura

di te e ti rigenera dentro” (Ry Cooder). Commento di Wenders: “Voglio fare un film che scorra su questo fiume.

Senza interferire, soltanto trasportato dalla corrente”. L'ha fatto: senza far sentire la macchina da presa, con una

leggerezza che i suoi ultimi film di fiction non possiedono. Si assiste così al recupero di vecchi ritmi non più di moda

fuori da Cuba

* IL BUIO OLTRE LA SIEPE

di MULLIGAN R., USA 1962, 2H 49

Alabama. Avvocato difende e dimostra l'innocenza di un nero accusato di aver sedotto una bianca. Ma il giovane,

condannato, fugge. Dall'omonimo romanzo di Harper Lee, un film coraggioso che si sviluppa a ritmo incalzante, con

un'ottima descrizione della provincia americana, una intelligente descrizione dei personaggi e poca retorica. Ebbe 7

nomination e due Oscar

* LA CACCIA

di PENN ARTHUR, USA 1966, 120'

Da un romanzo di Horton Foote. Detenuto evaso raggiunge la cittadina natia. Sua moglie e lo sceriffo locale cercano

di convincerlo a costituirsi, ma i suoi concittadini gli danno una caccia feroce per linciarlo. Nonostante una certa

enfasi melodrammatica e le interferenze del produttore Spiegel sul lavoro di A. Penn (soprattutto nel montaggio), il

film, scritto da Lillian Hellman, è un dramma civile che taglia come un rasoio con un Brando massiccio, opaco e

masochista e un Redford ancora in bozzolo.

* LA CADUTA DEGLI DEI

di VISCONTI LUCHINO, ITA 1969, 121'

Storia della famiglia tedesca degli Essenbeck, industriali metallurgici, nel biennio 1933-34, dall'incendio del Reichstag

alla “notte dei lunghi coltelli” in cui le SS fecero strage delle SA. Poeta del negativo, Visconti riprende qui – tenendo

d'occhio Macbeth di Shakespeare, I demoni di Dostoevskij, Götterdämmerung di Wagner e Thomas Mann – la sua

vocazione di registratore di crolli, profanatore di romanticismi, cantore di corruzioni e dissoluzioni. Forzature,

dissonanze, compiacimenti sono i peccati minori di un film dal ritmo spiccio, di fosca potenza, con una compagnia

internazionale di attori di prim'ordine

* CANE RANDAGIO

di KUROSAWA AKIRA, 1949,

Derubato della pistola, giovane poliziotto, travestito da barbone, setaccia i quartieri malfamati di Tokyo finché

identifica il ladro e ingaggia con lui una lotta mortale. Storia di un'indagine poliziesca e di una ricerca morale, questo

film straordinario è anche quella di un'amicizia e di un'iniziazione, un bellissimo documentario su una metropoli in

mutazione, una straziante sinfonia dei bassifondi

* IL CARO ESTINTO

di RICHARDSON TONY, 1965, 115'

Dal romanzo (1948) di Evelyn A. Waugh: giovane poetastro britannico, sbarcato a Los Angeles, si mette in contatto

con Radure Sussurranti, ditta esclusiva di pompe funebri, per i funerali dello zio suicida. Con l'apporto degli

sceneggiatori Christopher Isherwood e Terry Southern, il regista, forte del successo di Tom Jones, tira fendenti

satirici sui pilastri del modo americano di vivere: culto dei morti, TV, pubblicità, superalimentazione, zoofilia,

misticismo fumoso, consumismo, non risparmiando Hollywood, le forze armate, gli speculatori edilizi, la missilistica.

Sgangherato, pletorico e insieme lacunoso, il film offre una memorabile galleria di ritratti al vetriolo grazie a una folta

compagnia di attori che comprende anche la preziosa incarnazione di erotismo funebre, Anjanette Comer

* LA CASA DEL SORRISO

di FERRERI MARCO, ITA 1991, 100'

Passione amorosa tra due ospiti di una casa di riposo per anziani (un'ex segretaria d'albergo e un ex professore di

musica coniugato). Un po' per divertirsi, un po' per spegnere i suoi ardori, gli inservienti le sottraggono la dentiera

con conseguenze tragicomiche. Il miglior film di M. Ferreri (1928) dopo il 1980, divertente e commovente, lucido e

provocatorio, dominato dal senso della vita come gioco in cui mostra come, nonostante tutto, la vecchiaia possa

essere un'età libera: dai condizionamenti, dalle gerarchie, dalle convenzioni.

* CASABLANCA

di CURTIZ MICHAEL, USA 1943, 102'

S'incontrano nel principale porto del Marocco nel 1941 poliziotti francesi, spie naziste, fuoriusciti antifascisti,

avventurieri di rango, piccoli sciacalli. L'americano Rick Blaine, proprietario di un bar, aiuta Ilsa, la donna che amava

(e ama ancora) e suo marito, perseguitato politico, a lasciare in aereo la città. Film mitico sul quale il tempo sembra

non avere presa, oggetto di culto per le giovani generazioni di mezzo mondo, amalgama perfetto di toni, generi,

archetipi e stereotipi dell'immaginario collettivo, memorabile galleria di personaggi grandi e piccoli. È la più sottile opera

di propaganda antinazista realizzata durante la guerra e la più decisiva eccezione alla teoria del cinema d'autore.

* Cattiva

di Lizzani Carlo, ITA 1991, 90'

Ai primi del Novecento, ricca signora della borghesia zurighese viene ricoverata in una clinica psichiatrica dopo la

morte della figlia. Il professor Brockner inclina a una diagnosi di schizofrenia, ma un giovane assistente, attento alle

ricerche viennesi del dottor Freud, propende per una nevrosi e riesce a guarirla. Ispirata a un passo di un libro dello

svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), la storia è stata scritta da Francesca Archibugi con l'aiuto di Furio Scarpelli

su misura per la De Sio che offre una bella prova di attrice. Consigliabile ai curiosi di psicoanalisi e agli amanti del

Lario.

* LA CENA

di SCOLA ETTORE, ITA 1998, 120'

Al ristorante romano “Arturo al Portico”, nell'arco di una serata, si inanellano sotto l'occhio attento di Flora (F.

Ardant), moglie del titolare, 14 situazioni ai tavoli e in cucina con una quarantina di personaggi di età diversa della

media borghesia italiana. Rimangono in disparte una famigliola di turisti giapponesi e, in anticamera, un gruppo di

allegri adolescenti che festeggiano il compleanno della nipote di Flora. Scritto dal regista (1931) con la figlia Silvia,

Furio Scarpelli e il figlio Giacomo, il film si attiene a una totale unità di tempo, luogo e azione con un'impennata magica

nel finale. La tematica è quella consueta di E. Scola, con un retrogusto più amaro e desolato che esprime il disagio, lo

sconcerto, forse l'impotenza del regista e dei suoi sceneggiatori “a disegnare le coordinate di un paesaggio sociale

e politico divenuto estraneo e irriconoscibile” (Roberto Chiesi)

* LE CENERI DI ANGELA

di PARKER ALAN, USA 1999, 145'

Nel 1935 dopo la morte di una neonata, la famiglia McCourt – padre, madre e quattro maschietti – lascia Brooklyn per

tornare a Limerick, la città più santa e più piovosa dell'Irlanda cattolica, dove Frank, il maggiore dei figli, passa

dall'infanzia all'adolescenza in una miseria nera, illuminata dalla presenza della madre Angela e dalla volontà di

tornare negli Stati Uniti.

* I CENTO PASSI

di Giordana, Marco Tulli, ITA 2000, 114'

100 passi separano a Cinisi (Pa) la casa del giovane Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti, boss mafioso.

Figlio di un affiliato subalterno alla mafia e maturato nel '68, Peppino sfida il padre, l'autorità costituita, la DC locale

collusa con la mafia, finché nel maggio del '78, lo uccidono mentre a Roma viene trovato il cadavere di Aldo Moro.

Storia vera, scritta dal regista con Claudio Fava e Monica Zappelli. 5o lungometraggio del milanese M. T. Giordana

(1950), è un film generazionale: la dimensione della memoria di chi come Giordana, Fava e lo stesso Impastato fu

giovane negli anni '70 (lontananza tra padre e figli, cura degli interni familiari, radio libere, contestazione studentesca,

sinistra divisa) non è soltanto nostalgica e privata, ma s'innesta in una realtà politica più ampia e complessa.

* C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA

di LEONE SERGIO, USA 1984, 220 '

All'origine dell'ultimo film di Leone (1929-89) c'è il tempo con la sua vertigine. Come struttura narrativa, è un labirinto

alla Borges, un giardino dai sentieri incrociati, una nuova confutazione del tempo. La sua vicenda abbraccia un arco

di quasi mezzo secolo, diviso in 3 momenti: 1922-23, quando i protagonisti sono ragazzini, angeli dalla faccia sporca

alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York; 1932-33, quando sono diventati una banda di giovani

gangster; 1968, quando Noodles (R. De Niro), come emergendo dalla nebbia del passato, ritorna a New York alla

ricerca del tempo perduto. È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue, paura, amicizia virile, tradimenti. E di

sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate; la pulsione sessuale è legata all'analità, alla

golosità, alla morte, soprattutto alla violenza. È l'America vista come un mondo di bambini.

* IL CERCHIO

di Panahi, Jafar, IRAN-ITA 2000, 91

Dalla finestrella di un ospedale a quella di un carcere: in mezzo 8 piccole storie di donne (una delle quali invisibile),

accomunate da un destino di sottomissione umiliata in una società fondata sul potere maschile. Lo sfondo è Teheran

dove incombe, efficiente, la presenza occhiuta della polizia, la cui violenza strisciante è radicata nello stato delle

cose. Il titolo indica la circolarità tematica – l'impossibilità di una via di fuga – ma anche la sua struttura narrativa: il

movimento della cinepresa che passa da una donna all'altra, da un dolore all'altro. Gli occhi delle donne sono ora

rassegnati, ora fieri e ribelli.

* CHAPPAQUA

di ROOKS CONRAD, USA 1966,

Giovane americano tossicodipendente si fa ricoverare a Parigi in cura da uno specialista. Tra incubi e allucinazioni

fugge dalla clinica per procurarsi la droga ma viene ripescato. Scritta, diretta e interpretata da C. Rooks (e fu il suo

unico film) è una storia autobiografica d'effetto che attrasse i giovani degli anni '60 per la splendida colonna musicale

di Ornette Coleman e per la rappresentazione allucinata e surreale dei miti della beat generation.

* LE CHAT - L'IMPLACABILE UOMO DI SAINT-GERMAIN

di GRANIER DEFERRE, FRA 1972, 86'

Una coppia di coniugi anziani vive in un quartiere di Saint-Germain. Un tempo si erano molto amati, oggi si odiano e

non si parlano mai. Lui raccoglie un gatto abbandonato, lei lo elimina. Ma le loro due vite sono indissolubilmente unite.

In un faccia a faccia patetico ad armi uguali, J. Gabin e S. Signoret danno il meglio di sé stessi. È un film da vedere:

una riflessione sul mondo di Georges Simenon e sul realismo poetico degli anni '30.

* CHE ORA E'

di SCOLA ETTORE, ITA 1989, 102 '

Cronaca di una giornata nella vita di un avvocato romano sessantenne in compagnia del figlio che fa il servizio

militare a Civitavecchia. Affidato, più che a un intreccio, a una situazione, il film ha un andamento ondivago e un ritmo

lasco, nonostante la ricchezza di spunti, sottofondi, scatti d'umore, scarti di comportamento. Sul tema della difficoltà

di comunicazione tra due generazioni è un veicolo per 2 prove di attore a confronto

* CHINATOWN

di POLANSKI ROMAN, USA 1974, 131

* A CHORUS LINE

di Attenborough, Richard, USA 1985, 113'

Venti ballerini si presentano per essere selezionati in uno spettacolo musicale che sta per andare in scena, ma i

posti sono solo otto. Condotto da un regista, l'esame si trasforma in una sorta di psicodramma. Dal musical di N.

Dante e J. Kirkwod che ha battuto ogni record di durata a Broadway, superpremiato e assai imitato. La regia di R.

Attenborough non fa danni, ma non ha invenzioni notevoli. Rispetta la danza, ma non la esalta. Tra i vari numeri si

distaccano “At the Ballet”, “Nothing” e “Surprise”.

* IL COLLEZIONISTA DI OSSA

di NOYCE PHILLIP, USA 1999, 118'

Pur sull'orlo del suicidio, Lincoln Rhyme, ex poliziotto e noto criminologo, affetto da tetraplegia, accetta di occuparsi di

un serial killer che lascia ogni volta tracce che portano dritto al luogo del delitto successivo dove la polizia arriva

regolarmente in ritardo. Sorpresa finale: una lambiccata vendetta. Da un romanzo (1997) di Jeffery Deaver, adattato

da Jeremy Iacone, un giallo a enigma di clamorosa schizofrenia, diviso tra una scrittura registica di raffinata

sofisticazione, che offre nella prima parte qualche pagina efficace, e una struttura narrativa puntellata da

convenzioni logore e personaggi artefatti.

* COME DUE COCCODRILLI

di CAMPIOTTI GIACOMO, ITA , 100'

Esperto d'arte torna da Parigi vent'anni dopo sul lago di Como per vendicarsi, con perfida raffinatezza, dei due

fratellastri che l'hanno angariato durante l'adolescenza.

* Come eravamo (The Way We Were)

di Pollack Sydney, USA 173, 118

Dal romanzo di Arthur Laurents: l'itinerario di una coppia attraverso quindici anni di storia americana dal 1937 ai primi

anni '50: guerra di Spagna, Pearl Harbor, la morte di Roosevelt, la “caccia alle streghe” anticomunista e, nel breve

epilogo, la campagna contro le armi nucleari. 1o film americano che ha per protagonista una comunista e dove si

parla esplicitamente dei Dieci di Hollywood. Non sempre le intenzioni della sceneggiatura (dello stesso A. Laurents)

coincidono con quelle del regista: squilibri, prolissità, stridori. Caso raro di un film hollywoodiano dove i problemi di

una coppia hanno una radice politica. 2 Oscar: musiche di Marvin Hamlisch e canzone (del titolo). Difficile alchimia tra

R. Redford e B. Streisand: lui sembra che non reciti, lei recita troppo.

* Come prima, più di prima, ti amerò

di SEGRE DANIELE, 1995,

Un gruppo di sieropositivi dell'associazione A77 di Torino decide - affidandosi all'onestà, alla sensibilità, alla

partecipazione rispettosa del regista - di uscire dal silenzio, dal lungo tempo buio della malattia (sieropositività, Aids).

Anche questo documentario è una partitura per volti e voci. Gli interpellati (non intervistati) non si limitano a dire di sé

stessi: parlano anche tra loro. La telecamera Betacam SP (colore) è quasi sempre ferma anche se la distanza varia.

Segre ne conosce la violenza, ma non la nasconde. Cerca di stabilire un dialogo su un piano di parità e di reciprocità.

Invece di dichiarazioni, si ascoltano confidenze, riflessioni, domande. Si parla anche di morte: “Le sole grandi civiltà

sono quelle che riconciliano la vita con la morte. Bisogna che l'idea della morte ritorni nel cuore della vita” (Octavio

Paz). Prodotto, ideato (con Maria Luisa Albera e Anna Mazzola), diretto e montato da D. Segre. Fotografia di Paolo

Ferrari, suono in presa diretta di Gianluca Costamagna.

* THE COMMITMENTS

di Parker, Alan, GB 1991, 118'

Dal romanzo omonimo (1988) di Roddy Doyle. Negli anni '60 un giovane proletario irlandese mette assieme un gruppo

di musicisti soul (“The Commitments”, ossia le promesse) che nella Dublino degli U2 e di Sinead O'Connor cercano di

uscire dal ghetto. Stanno per avere successo quando si sciolgono. Come la sofferenza nella vita può diventare gioia

nella musica. Un bel film giusto nella scelta e nella direzione degli attori, nel suggerire le spinte e i bisogni di libertà,

democrazia e progresso di una generazione, nel ritmo del montaggio modellato sulle canzoni. Anche gli altri 2

romanzi della trilogia di R. Doyle sono stati adattati, entrambi con la regia di Stephen Frears: The Snapper (1993) e

Due sulla strada (1996).

* COMPAGNA DI VIAGGIO

di DEL MONTE, , 108'

Ventenne romana, irrequieta e disinibita, che campa di lavori precari e casuali, accetta di sorvegliare per conto della

famiglia un pensionato svampito. Quando l'anziano professore sale su un treno e parte per il Nord, lo segue di

nascosto. Inevitabilmente s'incontrano.

* IL CORRIDOIO DELLA PAURA

di FULLER SAMUEL, USA 1963, 101'

Giornalista si fa ricoverare in manicomio per scoprire un assassino. L'esperienza è terribile. Senza uscita. Girato

esclusivamente in interni, è un allucinante “a porte chiuse” che punta sull'emozione più che sul ragionamento. S.

Fuller fa un cinema da pugile, ma i suoi colpi sono i veicoli di un'idea da comunicare. Suggestivo bianconero del

veterano Stanley Cortez (1908). In alcune copie c'è una sequenza onirica a colori.

* COSI' E' LA VITA

di EDWARDS BLAKE, USA 1986, 98'

Alla vigilia della festa per il 60o compleanno di Harvey, architetto di successo ma insoddisfatto, ipocondriaco e

nevrotico, sua moglie Gillian, nota cantante e architrave della famiglia, si sottopone a un esame: tumore benigno o

maligno? Elegante, garbato, ben dosato nel ritmo, qua e là graffiante, è un film di famiglia (ci lavora la moglie del

regista, una figlia, il figlio di J. Lemmon e la casa in cui si svolge l'azione è quella della coppia B. Edwards-J.

Andrews), la cui peculiarità è proprio l'autobiografismo.

* Così scura la notte

di Lewis, Joseph H., USA 1946, 70'

Un ispettore di polizia parigino comincia a indagare, mentre è in vacanza, su tre omicidi tra loro collegati. La

sceneggiatura fa acqua, l'ambientazione francese è di maniera, gli attori ignoti, ma il talento visivo, già emerso in Mi

chiamo Giulia Ross (1945), riscatta tutto in un noir inquietante sul tema ambizioso dello sdoppiamento della

personalità.

* DAD - PAPA'

di GOLDBERG GARY DAVID, USA 1989, 117'

Da un romanzo di William Wharton. Dopo una lunga assenza, un giovane e rampante uomo d'affari torna dai suoi

perché la mamma non sta bene e il papà sta per morire. Se ne prende cura: non sono mai stati così vicini.

Melodramma strappalacrime come tanti, ma con Lemmon amato mattatore.

* DADDY NOSTALGIE

di TAVERNIER BERTRAND, 1990, 105'

Da Parigi una giovane donna va a stare qualche giorno a casa dei suoi, in una cittadina della Costa Azzurra, per

essere vicina al padre, reduce da un intervento chirurgico. Scritto dalla ex moglie del regista Colo O'Hagan, questo

piccolo film intimista, quasi per sfida girato sul largo formato del Cinemascope, è costruito come un quadro

impressionista attraverso una serie di macchie di colore e di particolari infallibili, fatto di parole che si dovevano dire

e non furono dette, silenzi ora complici ora ottusi, slanci frenati, pudori, gesti maldestri, sguardi perduti, e di momenti

in cui la vita assomiglia alla vita. Impossibile stabilire, nella grazia malinconica di questa cronaca struggente sul tempo

che passa, se sia un film d'attori (ammirevoli) o di regia, se appartenga a chi l'ha scritto più che a chi l'ha diretto. Si

possono raccontare al cinema giorni di felicità? Sì, se significa pace con un po' di amore.

* DANCER IN THE DARK

di VON TRIER LARS, DAN 2000, 137'

Operaia cecoslovacca, immigrata nell'Est degli USA con il figlioletto Gene, Selma sta diventando cieca, ma lavora a

tutto spiano per accumulare la somma necessaria a far operare il figlio, affetto dalla sua stessa malattia. Evade dalla

dura realtà, trasformandola in termini di musical. Ucciso un poliziotto che l'ha derubata dei risparmi, non fa nulla per

scagionarsi: condannata a morte, è impiccata.

* DEAD MAN WALKING

di ROBBINS TIM, , 122'

Dall'omonimo libro autobiografico (Bompiani ed.) di suor Helen Prejean. Una suora cattolica accetta di visitare

Matthew Poncelet, condannato a morte per stupro e duplice omicidio, ne diviene l'assistente spirituale, s'impegna per

il suo riscatto etico-religioso (“Ogni persona vale più della sua peggiore azione.”). L'esecuzione avviene per

iniezione in un carcere della Louisiana. Più che un'arringa contro la pena di morte (applicata in 36 Stati su 50 che

compongono gli USA, con circa 300 esecuzioni all'anno), è un film che – come Decalogo 5 di Kieslowski – mostra,

suggerisce, dimostra che le esecuzioni legali tendono a essere barbare e orribili come gli omicidi commessi dagli

individui.

* DEMONI E DEI

di CONDON BILL, USA 1998, 105'

Le ultime settimane della vita del regista inglese James Whale (1886-1957) che, pur avendo diretto a Hollywood 20

film tra il 1930 e il 1941, è noto soltanto per i suoi 4 titoli fantastici: i primi 2 Frankenstein sonori (1931 e 1935), L'uomo

invisibile (1933) e The Old Dark House (1931), inedito in Italia. Fu trovato annegato il 29-5-1957 nella piscina della

sua villa di Los Angeles.Il film si concentra - tra molti flashback di memoria - sul rapporto (inventato) tra il vecchio,

disilluso e malato regista e il suo giardiniere Clayton Boone atletico ex marine, ingenuo ma tutt'altro che stupido. Poco

di erotico in questo rapporto: s'insinua l'ipotesi (romanzesca) che Whale voglia soltanto provocarne la schietta

eterosessualità per farsi uccidere da lui. Il titolo originale deriva da una battuta del barone scienziato di La moglie di

Frankenstein (più volte citato) dove brinda a “un nuovo mondo di dei e mostri”.

* DERSU UZALA

di KUROSAWA AKIRA, 1975,

Da due libri di viaggio di Vladimir K. Arseniev: nel 1902 in una zona selvaggia lungo il fiume Ussuri ai confini con la

Manciuria, Dersu Uzala, solitario cacciatore mongolo senza età né fissa dimora, incontra la piccola spedizione

cartografica del capitano russo Arseniev con cui si lega di profonda amicizia e al quale salva la vita. Nel 1907

secondo incontro in cui è il russo che salva la vita al vecchio cacciatore.

* IL DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

di RISI NELO, ITA 1968, 106'

Liberamente tratto dal libro omonimo di Marguerite Andrée Sécheraye: il calvario di una ragazza malata e dei metodi

terapeutici di cui la sua analista si serve per riportarla alla normalità, raccontato dal punto di vista della seconda.

Ambientato in una clinica svizzera, è uno dei rari film di contenuto psicanalitico corretti, accettabili ed emozionanti.

Hanno collaborato Fabio Carpi e, come consulente, Franco Fornari.

* DICIASSETTE ANNI

di Yuan, Zhang, CIN-IT 1999, 90'

In un impeto d'ira, una adolescente uccide la sorellastra. Dopo 17 anni di carcere le viene concesso un permesso di

48 ore per passare il Capodanno in casa, scortata da una sorvegliante. Ma tutto è cambiato: città, traffico, consumi,

pubblicità. L'incontro con i genitori – che non sono mai andati a farle una visita – è fonte di malessere, anche se la

guardia carceraria che la guida si comporta come un angelo custode.

* DIETRO LA MASCHERA

di BOGDANOVICH PETER, USA 1985, 120'

Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky Dennis

è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle prese con una

storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente senza indulgere né

agli effetti né al sentimentalismo.

* DIETRO LA MASCHERA

di BOGDANOVICH PETER, USA 1984, 115'

Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky Dennis

è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle prese con una

storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente senza indulgere né

agli effetti né al sentimentalismo.

* DOLCE COME SEI

di POPE ANGELA, 1988,

* IL DOLCE DOMANI

di EGOYAN ATOM, CAN 1997, 112'

La tragedia ha colpito un paese del New Hampshire: un autobus scolastico finisce in un laghetto ghiacciato,

provocando la morte di tutti i bambini e i ragazzi trasportati. Due soli superstiti: l'adolescente Nicole, inchiodata su

una sedia a rotelle, e l'adulta Dolores che conduceva il bus. Arriva sul posto l'avvocato Stephens che cerca di

convincere i genitori delle vittime a chiedere i danni in sede giudiziaria. Non è un film di denuncia sociale né un

dramma giudiziario o una detective-story. I suoi temi sono altrove: la sopravvivenza a una tragedia familiare,

l'elaborazione del lutto, il senso di colpa degli adulti quando un bambino muore, la convivenza con il dolore.

* DOLLS - MARIONETTE

di KITANO TAKESHI, GIA 2002,

Tre storie tragiche di amore e di abbandono: a) due giovani amanti per sempre legati da una corda rossa; b)

malinconico tramonto di un vecchio yakuza (mafioso giapponese); c) il devoto fan di una famosa pop-star si acceca

quando il suo idolo rimane sfregiato al volto in un incidente d'auto. Ispirato alle marionette del teatro Bunraku.

* LA DONNA SCIMMIA

di FERRERI M., ITA 1963, 100'

Scoperta in un monastero, Maria, donna interamente ricoperta di peli, il trafficone Antonio Focaccia la sposa e la

espone come un fenomeno da fiera. Tra i due nasce l'amore, e poi un bambino. Maria muore di parto e il figlio non le

sopravvive, ma il marito continua a girare le fiere esponendo i corpi imbalsamati. Per intervento del produttore Carlo

Ponti quest'ultima parte fu eliminata. Il film si chiude con la morte della donna barbuta. È un grottesco che continua

con sgradevole genialità il discorso sull'anormalità familiare e sulla dimensione mostruosamente economica della

convivenza sociale avviato con L'ape regina (1962).

* Donne sole

di WINER HARRY, USA 1984, 100

La canzone di Dolly Parton, che dà il titolo al film, è stata l'ispirazione per questa commedia drammatica di donne che

frequentano un bar per single, ciascuna alla ricerca della propria definizione di amore. Girato per la TV.

* DOTTOR JEKILL

di MAMOULIAN R., USA 1931,

Dal romanzo (1886) di R.L. Stevenson: un rispettabile chimico inglese dell'Ottocento trova una formula per separare il

bene dal male nell'anima; decide di sperimentarla su sé stesso, ma a poco a poco lo sdoppiamento nel malvagio Mr.

Hyde diventa irreversibile e lo porta alla rovina. 3o film sonoro di R. Mamoulian, è considerato da molti la migliore

trasposizione filmica del celebrato romanzo o, almeno, la più impressionante nelle scene di metamorfosi da Jekyll nel

bestiale e scimmiesco Hyde. L'Oscar per la migliore interpretazione a F. March è anche e soprattutto un premio per il

reparto degli effetti speciali il cui segreto non fu mai rivelato. Oltre che per i valori figurativi, ambientali e sonori e

l'efficace uso soggettivo della cinepresa, l'adattamento di Mamoulian è ammirevole per il modo con cui mette in risalto

la componente sessuale (la forza della libido) nella personalità del protagonista che nelle pagine di Stevenson e nelle

prime versioni mute (7 tra europee e americane) era appena indicata.

* IL DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE

di FLEMING VICTOR, USA 1941, 122

2ª versione sonora del romanzo (1886) di R.L. Stevenson, anch'essa prodotta dalla M-G-M e ricalcata su quella di R.

Mamoulian con una bella colonna musicale (F. Waxman), dialoghi più letterari e prolissi e l'aggiunta di sequenze

oniriche di segno freudiano. Fleming non ha il talento di Mamoulian, ma il suo tentativo di puntare a una maggiore

finezza psicologica, staccandosi dal mostruoso, è apprezzabile. Tracy è un po' rigido come tutto il film, ma nella

parte di Ivy la Bergman è memorabile

* Il dottor T e le donne

di Altman, Robert, USA 2000, 118'

Il dottor Sully Travis è un ginecologo di successo a Dallas, adorato dalle sue clienti che cura con pazienza, dolcezza

e competenza. Marito fedele, è un uomo che ama le donne, ma le capisce poco o niente. Si ritrova con una moglie in

piena regressione infantile e una delle due figlie, lesbica ignara, che durante la cerimonia nuziale scappa con l'amica

del cuore. S'innamora di una istruttrice di golf che si comporta come un uomo. È un'altra delle commedie corali di

Altman, ma con una variante: un uomo solo in mezzo a un gineceo

* DOV'E' LA CASA DEL MIO AMICO?

di KIAROSTAMI ABBAS, IRAN 85',

Si può fare un film di un'ora e mezzo sulla restituzione di un quaderno a un compagno di scuola che per sbaglio un

ragazzino del villaggio di Koker ha messo nella propria cartella? È il film - il suo 1o lungometraggio in 35 mm a colori -

che fece conoscere in Europa l'iraniano Kiarostami (1940), regista dal 1970. A livello realistico, è una parabola sul

bisogno di comunicazione, di rapporto con il prossimo, di cambiare un ordine vecchio con un ordine nuovo: “Con

ostinazione Ahmad buca il muro di incomprensione profonda che divide il mondo dell'infanzia dal mondo adulto”

(Emanuela Imparato). A una lettura di 2o grado, più metaforica, si arriva attraverso la traduzione esatta del titolo

(Dov'è la dimora dell'Amico?), verso del poeta iraniano Sohrab Sepehri, citato nei titoli di testa. Ahmad e Nemattzadeh

sono compagni di scuola e di banco, non amici. Abitano troppo lontano l'uno dall'altro e non possono giocare

insieme, fuori dalla scuola. Ahmad non sa nemmeno dove abita il compagno. Perché quando finalmente lo trova, non

entra, torna a casa, fa il suo compito e lo ricopia sul quaderno, ingannando così il maestro?

Sa che non può rendere il quaderno tale e quale al suo proprietario? Comprende, a due passi dal fiore della

solitudine, che non avrà mai risposta alla domanda: dov'è la dimora dell'Amico? (Che è uno dei nomi del profeta.)

Quello di Kiarostami che pur si ferma sulla soglia del simbolico è anche un film mistico: il fascino della semplicità.

* DRUGSTORE COWBOY

di VAN SANT JR GUS, USA 1989,

Due coppie di tossici attraversano gli States nei primi anni '70, rapinando drugstores, braccati da un poliziotto. La

loro vicenda è raccontata in flashback dal capo (M. Dillon in gran forma) della “famiglia” che vorrebbe uscire dal

tunnel. Sceneggiatura del regista e di Daniel Yost da un romanzo autobiografico inedito di James Fogle, scritto in

carcere. 2o film di Van Sant dopo Mala Noche (1985), piccolo film indipendente in bianconero, ha il merito di

raccontare i personaggi con lucidità, senza compiacimenti né moralismi, con una forza visiva di grande efficacia

nella sua scioltezza, suggerendo le radicali scelte esistenziali che sono all'origine della loro vita allo sbando sotto il

segno dell'eccesso.

* I DUELLANTI

di SCOTT RIDLEY, GB 1977, 101'

È la storia di un duello che, continuamente interrotto per ragioni diverse, dura quindici anni. I duellanti sono due

ufficiali francesi degli Ussari dell'epoca napoleonica, ossessionati da una assurda rivalità. Da un racconto (1908) di

J. Conrad, un po' stirato fino a 101', un film di raffinata eleganza figurativa.

* DUETS

di Paltrow, Bruce, USA.CAN 2000, 112'

3 storie di strane coppie sulle strade d'America che conducono tutte a Omaha (Nebraska) dove si svolge il

campionato nazionale di karaoke con 5.000 dollari in palio. Duetti a contrasto: amore filiale rifiutata commesso

viaggiatore bianco interessante , è una commedia con canzoni (belle e vecchie) dai risvolti ora comici ora drammatici

che rimanda implicitamente a Lo spaccone di R. Rossen e a Nashville di R. Altman nei suoi trasparenti accenni di

critica sociale e antropologica sul “sogno americano”, le sue disillusioni e le speranze.

* E' STATA VIA

di HALL P'ETER, GB 1988, 105'

Dopo sessant'anni in un ospedale psichiatrico, una vecchia viene affidata a un ricco nipote e alla sua riluttante

moglie. Tra le due donne, però, nasce un'amicizia solidale che è anche il riconoscimento di una diversità, di un

anticonformismo ribelle. La sempre verde Ashcroft vinse a Venezia la coppa Volpi per l'interpretazione femminile. P.

Hall, regista un po' inamidato e accademico, è stato soccorso dal copione di Poliakoff che ha saputo combinare

capacità d'indignazione, lucidità di scelta dei bersagli e destrezza nel colpirli sotto il segno di un'ironia mordace e

leggera.

* E' STATA VIA (SHE'S BEEN AWAY)

di HALL PETER, GB 1989, 103'

Dopo sessant'anni in un ospedale psichiatrico, una vecchia viene affidata a un ricco nipote e alla sua riluttante

moglie. Tra le due donne, però, nasce un'amicizia solidale che è anche il riconoscimento di una diversità, di un

anticonformismo ribelle. La sempre verde Ashcroft vinse a Venezia la coppa Volpi per l'interpretazione femminile. P.

Hall, regista un po' inamidato e accademico, è stato soccorso dal copione di Poliakoff che ha saputo combinare

capacità d'indignazione, lucidità di scelta dei bersagli e destrezza nel colpirli sotto il segno di un'ironia mordace e

leggera.

* E.T. L'EXTRATERRESTRE

di SPIELBERG STEVEN, USA 1982,

Abbandonata dalla sua astronave in un bosco della California, una piccola creatura galattica è aiutata da un

ragazzino che la nasconde nella propria casa. Saranno ritrovati e catturati da un esercito di poliziotti e scienziati.

Un'orgia di carineria, una macchina perfetta il cui combustibile è fatto di zucchero e di una miscela calcolatissima di

umorismo e melodramma, pathos e invenzioni comiche, buoni sentimenti e critica ai valori costituiti, grande spettacolo

tecnologico e coinvolgimento emotivo, rimandi culturali ed effetti speciali. Costato un milione e mezzo di dollari e

frutto dell'ingegno di Carlo Rambaldi, il piccolo pupazzo elettronico è la carta vincente di questa favola per bambini di

tutte le età, munita anche di un messaggio: bisogna avere gli occhi (il cuore, la fantasia) di un bambino per capire e

accettare i “diversi”

* EASY RIDER

di HOPPER DENNIS, USA 1969,

Billy e Wyatt, detto Capitan America, partono sui loro choppers (motociclette degli hippy dei '60). Fanno molti incontri,

piacevoli e no. Nel viaggio di ritorno sono uccisi a fucilate. Il più famoso “film di strada” della storia del cinema. Il tema

classico del viaggio si mescola con quelli della cultura alternativa degli anni '60: marijuana, musica pop, protesta

hippy, pacifismo, crisi del mito americano

* EDWARD MANI DI FORBICE

di BURTON TIM, USA 1990, 101'

Un vecchio scienziato muore prima di essere riuscito a fare alla sua meravigliosa creatura tecnoumana le mani che

sostituisce con due paia di forbici. Il giovanotto, che vive in un castello, viene adottato da una famiglia, va ad abitare

nel sobborgo di una moderna città americana, ma è infelice perché odiato dai vicini per la sua diversità. Pur con

qualche ingorgo verso la fine, è la favola più originale uscita da Hollywood da molti anni, nella sua miscela di

tenerezza e crudeltà. Il talento grafico di Burton (il quartiere residenziale di pistacchio e caramello, l'assurdo e

minaccioso castello, Edward che con le sue cesoie tosa i cani e modella cespugli) è al servizio di un universo

intensamente “poe-tico”.

* EL COCHECITO. LA CARROZZELLA

di FERRERI MARCO, SPA 1959, 80'

Per godere della compagnia degli amici superstiti, tutti paralitici, l'ottantenne don Anselmo chiede ai familiari una

carrozzella a motore. Gliela negano, lui li avvelena. 3o e ultimo film spagnolo di M. Ferreri. Apologo crudele e

grottesco sulla vecchiaia e l'ipocrisia dei rapporti familiari borghesi. È anche un ritratto impietoso della Spagna

franchista.

* THE ELEPHANT MAN

di LYNCH DAVID, GB 1980, 125'

Affetto da una grave forma di neurofibromatosi, il mostruoso John C. Merrick (1862-90) diventa un fenomeno da

baraccone e poi ospite privilegiato nel London Hospital, coccolato da ricchi londinesi. Horror in presa diretta sulla

realtà, è un film sulla dignità e il dolore, sull'umanità che si nasconde sotto una maschera mostruosa.

* ELLING

di NAESS PETTER, NOR 2000,

Dopo due anni trascorsi in una clinica psichiatrica, Elling e Kjel hanno la possibilità di uscirne e, grazie all'assistenza

sociale, è loro concesso l'usufrutto di un piccolo appartamento a Oslo.

Piano piano sapranno superare i loro problemi, anche nel dover svolgere le attività più banali, e riusciranno a

integrarsi nella società, Elling attraverso la poesia, Kjel at-treverso l'amore.

* L' ENIGMA DI KASPAR HAUSER

di HERZOG WERNER, GER 1975, 109'

26 maggio 1828: a Norimberga viene trovato giovane un po' tardo abbandonato da tutti. Fra sogno e ambiguità,

Herzog narra con partecipazione autobiografica la vicenda del suo “ragazzo selvaggio”, un caso che da più di un

secolo è oggetto di studi e ricerche e ha ispirato Paul Verlaine, Paul Wassermann, George Trakl e Peter Handke.

Kaspar Hauser incarna l'estraneità assoluta, l'imprevisto che non rientra nelle norme sociali, giuridiche, religiose. La

sua è una “passione laica” per l'apprendimento della vita come linguaggio e comunicazione. Herzog ne delinea lo

spazio popolato di sogni, incubi, angoscia, premonizioni di morte e la segue con rigore visionario, trovando in Bruno

S. un interprete fuori dall'ordinario, lui stesso orfano cresciuto fra riformatori e carceri.

* EROI DI TUTTI I GIORNI

di KEATON DIANE, USA 1995,

Da un libro autobiografico di Franz Lidz, sceneggiato da Richard LaGravenese. Agli inizi degli anni '60 un dodicenne

ebreo cresce alle prese con un distratto padre inventore, un'amatissima madre che s'ammala di tumore e due zii

eccentrici. Un piccolo romanzo di formazione dove, più che l'intreccio, contano i pittoreschi personaggi, soprattutto la

coppia degli zii (Richards/Chaykin) di irresistibile umorismo. Alla sua 2ª prova di regista, la Keaton conferma la

sottigliezza del suo talento descrittivo, governa con brio le incursioni del fantastico nella vita quotidiana e dirige con

sapienza gli attori.

* GLI ESCLUSI

di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'

In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo

energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al messaggio e

l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori

* GLI ESCLUSI

di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'

In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo

energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al messaggio e

l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori

* L' ESTATE DI DAVIDE

di MAZZACURATI CARLO, ITA 1998, 100'

Superato l'esame di maturità a Torino, Davide (S. Campi) investe i suoi pochi risparmi in una vacanza nel Polesine, in

casa degli zii, dove si innamora di Patrizia (P. Piccinini), più anziana di lui e più torbida di quel che sembra, e fa

amicizia con Alem (S. Mujic), energico ragazzo bosniaco. La prima esperienza sfocia nel dolore e nella disillusione,

la seconda in un epilogo tragico. Davide, sopravvissuto, torna a Torino, alla sua vita precaria. Dieci anni dopo

l'esordio in Notte italiana (1987), Mazzacurati torna con il suo 6o film nella natia Bassa veneta. È un dolente racconto

di formazione, scritto con Claudio Piersanti, che è anche la sua opera più modernamente pittorica (fotografia

dell'ottimo Alessandro Pesci), contrassegnata da una lentezza che sconfina nell'astrazione: “Il paesaggio ... si

abbandona a questa lentezza, la riconosce come propria; non si limita a reinventare lo spazio, a creare una sorta di

vuoto bressoniano attorno al rilievo plastico dei corpi, ma va oltre” (Tullio Masoni)

* UNA ESTRANEA FRA NOI

di LUMET SIDNEY, USA 1992, 110'

Per identificare l'autore di un assassinio per rapina, una poliziotta di New York s'introduce nella comunità hasidica di

Manhattan. Quasi certamente il colpevole è uno di loro o qualcuno che li conosce bene. Più di quello apparente,

conta il contenuto latente: la metamorfosi di Emily, quel che impara a contatto con un mondo dove vigono valori che le

sono estranei. Indurita dalla vita, scopre la dolcezza.

* LA FAMIGLIA

di SCOLA ETTORE, 1986,

Vita di Carlo e di una famiglia della media borghesia romana dal 1906 al 1986, da una foto di gruppo con nipotini

all'altra. Molti gli avvenimenti: l'avvicendarsi delle generazioni, battesimi, nozze, lutti, bisticci, conflitti, pranzi,

compromessi. Nell'itinerario di E. Scola, che l'ha scritto con Fulvio Scarpelli e Ruggero Maccari, appare come un

punto d'arrivo, un compendio: è un film sul tempo che passa e cambia le persone, levigando conflitti, sentimenti,

passioni come i sassi di mare. Un film di attori, una bella prova di professionismo e maestria narrativa, di sintesi

all'insegna dell'armonia, fondato su uno sguardo disincantato e saggio di chi, raggiunta la maturità, ha saputo

migliorare e chiarificare il vino della giovinezza.

* FAMILY LIFE

di LOACH KENNETH, GB 1971,

Oppressa dall'ambiente puritano della famiglia, costretta a lasciare il suo ragazzo e ad abortire “per il suo bene”,

Janice si ribella nevroticamente. Finirà in un ospedale psichiatrico. Racconto-inchiesta dalla scrittura sciolta,

rigorosa, onesta che alterna momenti descrittivi a squarci drammatici. La bravura di S. Ratcliff nel disegnare il

personaggio che s'inabissa nella malattia è esemplare

* FANNY E ALEXANDER

di BERGMAN INGMAR, 1983,

Divisa in 5 capitoli (1. il Natale; 2. il fantasma; 3. il commiato; 4. i fatti dell'estate; 5. i demoni), un breve prologo e un

lungo epilogo, è la storia della famiglia Ekdahl di Uppsala tra il Natale del 1907 e la primavera del 1909 con una

sessantina di personaggi, divisi in quattro gruppi, che passa per tre case e mette a fuoco tre temi centrali: l'arte (il

teatro), la religione e la magia. Congedo e testamento di Bergman, uomo di cinema, è una dichiarazione d'amore alla

vita e, come la vita, ha molte facce: commedia, dramma, pochade, tragedia, alternando riti familiari (lo splendido

capitolo iniziale), strazianti liti coniugali alla Strindberg, cupi conflitti di tetraggine luterana che rimandano a Dreyer,

colpi di scena da romanzo d'appendice, quadretti idillici, intermezzi di allegra sensualità, impennate fantastiche,

magie, trucchi, morti che ritornano. Un film “dove tutto può accadere”. Compendio di trent'anni di cinema all'insegna di

un alto magistero narrativo.

* FARGO

di COEN JOEL e ETHAN, 1995, 100 M:

Nel Minnesota un venditore d'auto fa rapire sua moglie da due balordi per chiedere un milione di dollari di riscatto al

ricco suocero, ma tutto va storto e finisce in un massacro. “Tutto questo per un po' di soldi, dov'è la logica?” si

domanda alla fine la poliziotta che è la chiave del film, e la sua novità: non s'era mai vista una donna incinta di sette

mesi svolgere un'inchiesta criminale. Uno dei migliori film dei fratelli Coen (scrivono i film insieme, Joel dirige, Ethan

produce), più misurato e realistico, il più classico almeno nella forma, pur essendo impregnato di quell'umorismo

macabro che è il loro marchio di fabbrica. Ha il merito di restituire alla violenza criminale tutto il suo peso di orrenda

imbecillità e a chi indaga nel nome della legge la normale dignità di chi cerca almeno di fare il proprio dovere. A uno

studioso che andava raccogliendo vecchie favole popolari, una vecchia siciliana disse: “Il racconto niente è, tutto

sta come si porta”. I fratelli Coen lo portano bene.

* LE FATE IGNORANTI

di OZPETEK FERZAN, ITA 2001, 106'

,A Roma Massimo muore all'improvviso in un incidente di macchina. Dopo dieci anni di matrimonio, la moglie Antonia

sprofonda in un lutto totale, è incapace di riprendersi, non va al lavoro, trascura le amiche e intrattiene rapporti

difficili con la madre Veronica, a sua volta da tempo vedova. Un giorno dietro un quadro Antonia vede una dedica, fa

alcune indagini e scopre alla fine che il marito aveva un'amante da sette anni. Seguendo la traccia di un cognome e

di un indirizzo, Antonia si fa coraggio, suona all'appartamento di un quartiere popolare. Una prima volta crede di

avere sbagliato, torna in seguito e alla fine fa i conti con la verità: l'amante di Massimo era un uomo, Michele, che

vive in quella casa circondato da una vera e propria famiglia di amici che era diventata anche la seconda famiglia del

marito. Per Antonia si tratta di una scoperta che all'inizio cerca di rimuovere, rifiutandola. Ma il desiderio di saperne

di più la porta di nuovo in quella casa. Così a poco a poco entra a far parte di quel nucleo in cui convivono uomini e

donne senza alcuna distinzione di orientamento sessuale, di età, di razza e stato sociale: tante vicende, anche

difficili e drammatiche, con le quali Antonia comincia a confrontarsi. I cambi di umore sono tuttavia frequentissimi: tra

Antonia e Michele corrono offese, accuse, liti furiose. Michele si lascia andare a nuovi rapporti, Antonia fatica a

seguirlo, si avvicinano, sembrano scoprire intimità, ridono e piangono. Ma il fantasma di Massimo resta tra loro, e

allora Antonia decide di partire. Solo dopo un viaggio, e una riflessione su se stessa, Antonia può sentirsi pronta a

ricominciare una nuova vita.

* FEARLESS - SENZA PAURA

di WEIR PETER, USA 1993, 121'

Dal romanzo di Rafael Yglesias che l'ha anche sceneggiato. Sopravvissuto a un incidente aereo in cui ha perso il

migliore amico, un architetto di San Francisco ha una complessa reazione psicologica che lo allontana dalla moglie e

dal lavoro. Frequenta una giovane donna, sopravvissuta come lui, che nell'incidente ha perso il bambino e la aiuta a

riprendersi. Con due interpreti di grande efficacia, una avvincente e interessante analisi psicologica sul tema della

morte scampata e del senso di onnipotenza che ne deriva

* FESTEN

di VINTERBERG THOMAS, 1998, 106'

Una grande famiglia dell'alta borghesia danese si riunisce in una lussuosa residenza di campagna per festeggiare il

60o compleanno del patriarca . Durante il pranzo Christian , il primogenito, pronuncia un discorso in cui denuncia il

comportamento pedofilo e incestuoso del padre, accusandolo di essere responsabile del recente suicidio della sua

gemella Linda.

* Fight Club

di Fincher, David, USA 1999, 135

Tormentato dall'insonnia, angosciato succubo dell'ideologia dell'individualismo competitivo, desideroso di

appartenenza, un giovane americano in carriera (E. Norton) frequenta gruppi di terapia nel vano tentativo di

condividere il dolore altrui. Crede di trovare la soluzione dei suoi problemi quando si imbatte nel suo “doppio”, il

coetaneo Tyler (B. Pitt), che gli fa conoscere i Fight Clubs, luoghi clandestini dove ci si massacra a pugni nudi: un

mezzo per abbattere il sistema, usandone l'ideologia e portandola alle sue estreme conseguenze in negativo. Dal

romanzo di Chuck Palahniuk, sceneggiato da Jim Uhls, il 4o film del californiano D. Fincher (1963) conferma, almeno

nella 1ª parte, la sua perizia narrativa e la padronanza del mezzo, ma anche la nociva inclinazione a banalizzare

scaltramente temi alti (presenza del Male, nichilismo metropolitano, religione totalitaria, “doppio” dostoevskiano ecc.)

“È questa la volgarità... Non l'abuso della violenza, ma questa furbesca manipolazione d'infelicità e desideri "(Roberto

Escobar)

* FIGLI DI UN DIO MINORE

di HAINES RANDA, USA 1986, 118'

Ricoverata a cinque anni in un istituto per sordi, Sarah vi è rimasta per vent'anni come donna delle pulizie finché

incontra un nuovo insegnante anticonformista. Tra i due nasce un amore che vince incomprensioni, ostacoli,

contrasti. Tratto da un dramma teatrale di Mark Medoff, film d'esordio della quarantenne R. Haines, parla al cuore in

triplice modo: abilmente confezionato, efficacemente vivace in alcune scene, sottile in altre, furbo e accattivante.

* La finestra di fronte

di Ozpetek Ferzan, 2003,

A volte è proprio così: se ci si sofferma ad osservare una finestra si vedono scorrervi vite, storie, personaggi, che

immediatamente ti catturano e ti tengono inchiodato a spiare proprio “la finestra che hai di fronte”.

E Ferzan Ozpetek, un uomo che ama osservare la vita, per il suo nuovo film ha deciso di mettere la macchina da

presa davanti ad una finestra e di raccontare proprio lì il presente, il passato e il futuro di uomini alla ricerca della

propria identità personale.

Il film si snoda così tra vari livelli di realtà. Una vita immaginata, come vista da una finestra, e una vita più dura che

vuole fuggire dalle stereotipate convenzioni rimanendone tuttavia intrappolata.

* FORREST GUMP

di ZEMECKIS ROBERT, USA 1994, 142'

Nato e cresciuto in un paesino dell'Alabama, Forrest Gump, che alla scarsa intelligenza accoppia la generosità del

cuore, riesce a laurearsi perché è un campione di corsa, diventa un eroe in Vietnam, fa i miliardi, per caso, con la

pesca dei gamberi, diventa una specie di guru, è ricevuto da tre presidenti alla Casa Bianca, sempre per caso

provoca lo scandalo Watergate, dopo anni di attesa sposa il suo grande amore che gli dà un figlio e muore di

qualcosa che assomiglia all'Aids. Tratto dal romanzo di Winston Groom – che è stato sottoposto a un lavaggio

hollywoodiano – è un film che, come scrisse un critico americano, non ti fa pensare ma sentire, oppure ti fa pensare

al modo con cui si sente. Bravissimo T. Hanks, idiota gentile anche nei minimi dettagli. Efficaci gli effetti speciali con

nuove tecniche di editing digitale che consentono a R. Zemeckis di inserire Hanks in vecchi telegiornali accanto a

Nixon, Kennedy, Johnson, John Lennon e di moltiplicare le comparse davanti al Lincoln Memorial di Washington.

* La fossa dei serpenti

di Litvak Anatole, usa 1948, 108'

Dal romanzo di Mary Jane Ward: vittima di una amnesia depressiva, Virginia è curata dal dottor Kirk in una clinica

psichiatrica con l'ipnotismo e la choc-terapia finché, ricoverata nel reparto degli agitati, è così scossa che riesce a

ricordare gli episodi dell'infanzia e dell'adolescenza che l'avevano turbata e guarisce. È ancor oggi il film più famoso

sugli istituti psichiatrici, nonostante il successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975). Molto discusso sia a

livello terapeutico sia per il suo crudo e un po' sensazionalistico resoconto sulla vita in manicomio, conta soprattutto

per l'interpretazione di O. de Havilland e per qualche sequenza descrittiva. 5 nomination agli Oscar senza vincerne

alcuno.

* FRATELLO, DOVE SEI?

di Coen, Joel, USA 2000, 106

Durante la Grande Depressione (probabilmente nel 1932, durante la campagna elettorale) tre delinquentelli evadono,

incatenati, dai lavori forzati nel Mississippi per recuperare un tesoro che non esiste. Attraversano tragicomiche

peripezie, scampano due volte alla forca finché, grazie al successo di una improvvisata incisione del classico “I'm A

Man of Constant Sorrow”, riescono a cavarsela. Buffonescamente ispirato all'Odissea (Tiresia, le sirene, Polifemo e

una Penelope prolifica e ringhiosa che si chiama Penny) è una “malincomica”, mimetica e centrifuga commedia

musicale di viaggio. Ha come sfondo una società – quella del Profondo Sud, ma più in generale gli USA – in un

momento di trasformazione e affonda le radici nel folclore musicale nordamericano (il bluegrass, il country, gli

spirituals, le marcette di parata, i gospel da chiesa) con divertiti omaggi filmici (I dimenticati di P. Sturges, i baffetti e la

brillantina alla Clark Gable di George Clooney, lo scatenato George “Baby Face” Nelson).

* FREAKS

di BROWNING TED, 1932,

La cinica trapezista di un circo sposa un nano per interesse e poi lo avvelena per impossessarsi del suo denaro. I

“mostruosi” amici del nano lo vendicano tremendamente, trasformandola in uno di loro. Film maledetto e leggendario,

prima prodotto e poi rinnegato dalla M-G-M, unico nella storia del cinema: i “mostri” sono autentici. Inno alla

mostruosità innocente contro la normalità colpevole. Un piccolo classico. Se fosse soltanto la traversata di un mondo

teratologico, sarebbe il frutto di un sensazionalismo abietto come Mondo cane, ma l'occhio del regista ha rispetto e

compassione per i suoi personaggi sensibili e vulnerabili. Subì diversi tagli in molti stati dell'Unione e fu per trent'anni

proibito nel Regno Unito.

* Freud, passioni segrete

di Huston John, GB 1962,

Sono condensati gli avvenimenti di un quinquennio (1885-90) importante nella vita di Sigmund Freud con una duplice

indagine: quella dei ricordi d'infanzia di Cecilia, ragazza isterica, e quella sui ricordi dello stesso Freud. Più che

biografico, è il rapporto sull'avventura della mente. Opera più che decorosa, qua e là fascinosa, che naviga in

difficoltà tra le secche dello sceneggiato didattico e gli scogli dell'aneddotica hollywoodiana. La sceneggiatura di

Charles Kaufman e Wolfgang Reinhardt conserva alcune delle migliori idee di quella esorbitante (1100 pagine) che

Jean-Paul Sartre aveva approntato per Huston.

* FUGA DA ALCATRAZ

di SIEGEL DON, USA 1979, 112'

Frank Morris, già fuggito più volte dalle carceri statunitensi, è rinchiuso ad Alcatraz. Con due detenuti, la notte dell'11

giugno 1962 riesce a fuggire. Di loro non si è mai saputo più niente. D. Siegel riscatta gli stereotipi prosciugandoli con

lo stile. Fa economia di tutto, perfino della violenza, con una tensione che arriva alla suspense ma senza cercarne

gli effetti. È un film da scuola del cinema, una vetta del genere carcerario.

* LA FUGA DEGLI ANGELI. STORIE DEL KINDERTRANSPORT

di HARRIS MARK JONATHAN, 2000,

Poco prima della seconda guerra mondiale una straordinaria operazione di salvataggio soccorse le vittime più giovani

del terrore nazista. Diecimila bambini ebrei, insieme ad altri, furono trasportati dai paesi occupati dalla Germania a

rifugi e case di accoglienza in Gran Bretagna. Alcuni strinsero nuovi legami familiari; altri dovettero resistere al Blitz.

Altri ancora trovarono modi incredibili di salvare i propri genitori dalla tirannia di Hitler. E tutti hanno storie

indimenticabili da raccontare. Mark Jonathan Harris, scrittore e regista del documentario vincitore dell'Oscar® The

Long Way Home, insieme alla produttrice Deborah Oppenheimer (la cui madre fu una dei 10.000 bambini) sono gli

ideatori di questo eccezionale documentario vincitore dell'Oscar1 nel 2000 come Miglior Documentario, ricco di

immagini d'archivio e testimonianza avvincente dell'esperienza dei bambini sopravvissuti, dei loro salvatori e dei

genitori dell'eroico Kindertransport. Narrato da Judi Dench (nella versione originale).

* FUGA DI MEZZANOTTE

di PARKER ALAN, GB 1977, 121'

Arrestato all'aeroporto di Istanbul con due chili di hashish, il giovane americano Billy Hayes viene condannato, prima

a quattro anni e poi all'ergastolo e rinchiuso in un terribile carcere dal quale riesce a evadere. Ispirato a un fatto di

cronaca (raccontato dallo stesso Hayes e William Hoffer nel libro Midnight Express), dopo un primo tempo in cui la

sobrietà è pari all'efficacia, il film si trasforma in uno spettacolo sensazionale all'insegna di un effettistico

sadomasochismo

* FULL MONTY

di CATTANEO PETER, 1997, GB

A Sheffield, già principale centro siderurgico del Regno Unito, cinque operai e un caporeparto, licenziati e senza

lavoro, decidono di esibirsi in un numero di spogliarello integrale per un pubblico femminile. Ovvero come far ridere

sulla disoccupazione. Altri temi complementari: l'umiliazione dell'ozio obbligato, la perdita del lavoro che si trasforma

in perdita di identità e autostima e, inedito, la presa di coscienza del proprio corpo. I 6 maschi di questa commedia

british a 18 carati imparano quel che le donne sanno da sempre: quanto può essere umiliante essere classificati e

giudicati in base all'aspetto fisico. Le donne, qui trasformate nella penultima ruota del carro – l'ultima sono i maschi in

quanto disoccupati – si divertono in allegria allo strip senza la cupezza masturbatoria degli uomini

* Il gabinetto del dottor Caligari

di Wiene Robert, ger 1920,

Nella cittadina tedesca di Holstenwall intorno al 1830 il dottor Caligari esibisce in un baraccone da fiera il sonnambulo

Cesare, inconsapevole esecutore dei suoi delitti. Lo studente Franz scopre che Caligari è il direttore di un manicomio

e lo smaschera. In una sequenza finale, ambientata nel manicomio, si viene a sapere che Franz è pazzo e che tutto

il racconto è frutto di una sua ossessione. Responsabile della scelta, per le scene (tutte dipinte) e i costumi, dei

pittori Walter Reimann, Walter Röhrig e dell'architetto Herman Warm e del regista R. Wiene (che sostituì Fritz Lang), il

produttore Erich Pommer aggiunge il finale (e il prologo) alla sceneggiatura di Carl Mayer e Hans Janowitz. I due

protestarono perché l'espediente contraddiceva le loro intenzioni satiriche contro l'autoritarismo prussiano che tende

a trasformare gli uomini in automi. Opera espressionistica per eccellenza, capolavoro del muto di straordinaria

influenza sul cinema successivo, è probabilmente il 1o film di culto della storia del cinema, il 1o film horror di valore e

il 1o a proporre la teoria che il terrore psicologico può essere spaventevole quanto quello fisico. Oltre alla sua forza

claustrofobica figurativa – frutto di un coerente apporto di scene, costumi, illuminazione, recitazione – che crea un

mondo di caos, paura, incomunicabilità, il film è assai moderno nella sua tematica per l'intersecazione dei suoi livelli di

realtà e l'ironica ambiguità del suo scioglimento.

Analisi del film: P. Bertetto, C. Monti, Robert Wiene, Il gabinrtto del dottor Caligari, Lindau, Torino

* Galline in fuga

di LORD P., PARK N., USA 2000, 85'

La storia è semplice, a metà strada tra La grande fuga e Stalag 17: l'odiosa signora Tweedy è la tirannica

proprietaria di un pollaio, dove la vita delle povere galline è monotona e opprimente, fino a quando arriva Rocky , un

gallo rivoluzionario, vitale e di irresistibile simpatia che sconvolge la vita di tutti. La signora Tweedy ha appena

scoperto che c'è un inspiegabile (per lei) calo di produzione di uova e sta organizzando la trasformazione delle sue

bestiole in chicken pies, ma l'astuta gallina Gaia lo scopre e decide di organizzare una grande fuga prima della

strage. Fantastico, divertente, di umorismo molto british

* IL GATTOPARDO

di VISCONTI LUCHINO, 1963,

* GENTE COMUNE

di REDFORD ROBERT, USA 1980, 122'

La vita ordinata e serena dei Jarrett di Chicago è devastata dalla morte di uno dei due figli. L'altro è straziato da un

forte senso di colpa. Uno psichiatra li aiuta.

* IL GIARDINO INDIANO

di MURRAY M. MC, GB 1980,

Rimasta vedova, Helen decide di dedicarsi al giardino esotico che il marito aveva “costruito” in molti anni, dopo il loro

ritorno dall'India. È aiutata da Ruxmani, un'indiana sua vicina con la quale fa amicizia. Scritto da Elisabeth Bond e

diretto dall'esordiente M. McMurray, è un film elegante al femminile di una malinconia evocativa e struggente

* IL GIARDINO SEGRETO

di HOLLAND AGNIESKA, USA 1993, 101'

È la storia della decenne Mary Lennox che, accolta nel maniero di uno zio misantropo, vi riporta la gioia di vivere e

riesce anche a rimettere in piedi il malandato cuginetto: la felicità è lì, a portata di mano, nel magico, inaccessibile

giardino. Scritto nel 1910 da Frances Eliza Hodgson Burnett (1849-1924), sceneggiato da Caroline Thompson e

prodotto dall'American Zoetrope di Francis Ford Coppola, il film è impeccabile per figurazione, ma non riesce quasi

mai a prendere il volo, appesantito dall'eccessivo carico delle sue virtù decorative. Da non perdere la luce dei

paesaggi dello Yorkshire e certi primi piani della piccola K. Maberly. Già filmato nel 1949 dalla M-G-M.

* IL GIGANTE

di Stevens, George, USA 1956, 201'

Rick Benedict, barone del bestiame del Texas, sposa Leslie Lynnton, bella e ricca ragazza del Maryland. Jett Rink,

bracciante innamorato senza speranza di Leslie, scopre il petrolio in un terreno ereditato. Molti anni dopo, per

prendersi una rivincita, Jett, ormai ricchissimo, corteggia una giovane Benedict. Da un romanzo di Edna Ferber

(1887-1968) un Via col vento alla texana. Saga familiare, affresco storico-sociale, melodramma con tanti temi al

fuoco: razzismo, matrimoni misti, bigottismo, conflitti tra generazioni, ossessioni psicoanalitiche

* UNA GIORNATA PARTICOLARE

di SCOLA ETTORE, ITA 1977, 105 '

* GIORNI PERDUTI

di WILDER BILLY, USA 1945, 98'

Preda dell'alcol per consolarsi degli scarsi successi letterari, scrittore in crisi allontana da sé il fratello e la donna che

lo ama. Tenta il suicidio, ma la donna non si rassegna. Tratto da un romanzo di Charles Jackson, è il film più

germanico (espressionista) del geniale B. Wilder: un classico dell'alcolismo (rappresentato come vizio solitario che

sfocia, alla lettera, in uno spettacolo “solitario”), sullo sfondo di una New York allucinata. Consigliabile (o no?) a chi

beve più di un litro al giorno. 4 Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura

* Un giorno di ordinaria follia

di Schumacher Joel, usa 1993, 115'

Los Angeles, estate 1992, caldo torrido. Bill rimane bloccato con l'auto in un ingorgo, scende, la chiude e “va a casa”

con una passeggiata di quaranta chilometri che si trasforma in un'odissea violenta. A quella di Bill fa da riscontro la

vicenda parallela di un poliziotto al suo ultimo giorno di servizio. È lui che intuisce l'itinerario di sangue e violenza che

Bill traccia attraverso la città. Sarà lui a fermarlo. Tirato come un cavo ad alta tensione, attraversato da lampi di

umorismo sull'assurdità della vita metropolitana, sapientemente giocato sui binari delle due azioni parallele, il film ha

una prima parte quasi perfetta e un finale rassicurante con qualche caduta nella parte centrale.

* GIOVENTU' BRUCIATA

di RAY NICHOLAS, USA 1955,

Due ragazzi e una ragazza – tutti alle prese con difficili situazioni familiari – partecipano ai giochi pericolosi di una

banda. Sono ricercati dalla polizia dopo un incidente mortale. Uno di loro muore. Uno dei 3 film che fecero di Jimmy

Dean un divo, emblema della gioventù “ribelle senza causa” degli anni '50 e confermò in N. Ray uno dei cineasti più

sensibili e originali di Hollywood. Molte sequenze memorabili

* UNA GITA SCOLASTICA

di AVATI PUPI, 1983,

Ambientato nel 1914, è il racconto di una gita-premio che gli allievi di una terza liceo mista di Bologna fanno, a piedi,

attraverso l'Appennino fino a Firenze. Appoggiandosi alle piacevoli musiche di Riz Ortolani, P. Avati impone al film le

cadenze, le magie, gli stereotipi di una commedia musicale. Bravo per la calibrata mistura di comicità e patetismo C.

Delle Piane

* IL GLADIATORE

di SCOTT RIDLEY, USA 2000, 155'

Eroiche peripezie di Maximus, generale romano di origine ispanica. Quando Commodo (161-192), succeduto al padre

Marco Aurelio (121-180), lo arresta e gli fa massacrare la moglie e il figlio, diventa schiavo e poi gladiatore, idolo

della folla, finché nel Colosseo uccide l'imperatore in duello e muore con lui

* Il Gobbo di Notre-Dame

di Trousdale Gary; Wise, USA 1996, 85'

Liberamente ispirato al romanzo Notre-Dame de Paris (1831) di Victor Hugo. Conferma il cambio della politica

culturale della Walt Disney, avviato con La bella e la bestia (1991), per un cinema d'animazione più “adulto”. Con quel

film, diretto dagli stessi due registi, ha in comune la dimensione inquietante della paura e della mostruosità; un

contenitore spaziale di fosca grandiosità gotica; una vicenda ricca di conflitti drammatici. Ancor più importante sul

piano ideologico, c'è il tema del “diverso” combinato con la difesa delle minoranze etniche (i pellerossa in

Pocahontas, qui i gitani della Parigi nell'XI secolo): per la prima volta nei cartoon disneyani l'eroe è un disabile.

Funziona egregiamente a tutti i livelli: drammatico, figurativo, grafico, dinamico, anche per merito delle sue

componenti “adulte” come Frollo che è un “cattivo” di sinistra grandezza, le musiche di Alan Menken, la dimensione

carnevalesca, dunque trasgressiva e demoniaca, della Corte dei Miracoli e della festa dei fools

* GOSFORD PARK

di Altman Robert, 2001,

1932, Inghilterra: un gruppo di invitati eccellenti si reca nella tenuta di Gosford Park per un week-end di caccia. Al

piano nobile si sistemano i padroni, in quello sottostante i servitori. Due mondi destinati a entrare in conflitto: e a

Mezzanotte ci scappa il morto. Un balletto di vittime e carnefici firmato da Robert Altman, il grande vecchio di

Hollywood.

* GRAND CANYON

di KASDAN LAWRENCE, USA 1991, 134'

Mentre un avvocato va in panne in un quartiere malfamato di Los Angeles, sua moglie trova un neonato

abbandonato e vuole tenerlo, un produttore di film violenti viene rapinato e ferito... è un racconto corale attraverso le

storie intrecciate di vari personaggi. Abilmente costruito, ricco di rime interne, ben recitato, è un film che mette a

fuoco le ragioni del malessere urbano con un moralismo schematico dov'è difficile separare l'ingenuità americana

dall'assillo un po' ruffiano di piacere. Orso d'oro a Berlino e una candidatura all'Oscar per la sceneggiatura.

* IL GRANDE COCOMERO

di ARCHIBUGI FRANCESCA, ITA 1993, 100 '

Alle prese con la dodicenne Pippi (A. Fugardi), figlia di borgatari arricchiti e affetta da ricorrenti crisi epilettiche,

Arturo (S. Castellitto), psichiatra infantile, tenta – contro le apparenze e le norme – una terapia analitica. Ispirato alle

esperienze del neuropsichiatra Marco Lombardo Radice, è il caso raro di un film italiano con un eroe positivo, un

personaggio vincente. Con una tecnica drammaturgica attenta alle dinamiche del cinema americano e alla lezione

della miglior commedia italiana, F. Archibugi racconta con cura intelligente l'ambiente ospedaliero, il retroterra

familiare dei personaggi, le figure minori. È un film aperto alla forza dell'utopia, segnato da un pessimismo attivo e da

una stoica compassione. La regista penetra nel mondo infantile, comportandosi come un ospite, e si muove in quello

del dolore con la leggerezza pensosa di chi sa dosare umorismo e rispetto, affetto e lucidità.

* GRANDI SPERANZE

di LEAN DAVID, GB 1946, 118

Dal romanzo (1860-61) di Charles Dickens: l'orfanello Pip riesce a studiare, diventare un gentiluomo, arricchirsi,

frequentare la buona società, ignorando che il suo benefattore è un assassino galeotto, da lui aiutato da piccolo. Per

giunta, ne sposa la figlia Estella di cui s'è innamorato. Con Le avventure di Oliver Twist (1948), è uno dei due

ammirevoli film dickensiani di D. Lean, “uno dei grandi film della storia del cinema britannico...” (E. Martini). “Fa per

Dickens quello che Enrico V (di Olivier) fece per Shakespeare...” (J. Agee).Uno dei migliori Dickens portati sullo

schermo

* GRAZIE, SIGNORA THATCHER

di HERMAN MARK, GB 1996, 109'

Nel 1989, in una cittadina mineraria dello Yorkshire centinaia di minatori rimangono senza lavoro per la chiusura della

miniera di carbone. C'è una rinomata banda di ottoni di cui fanno parte minatori anziani e giovani, ma come si può fare

musica sulla soglia della disoccupazione? Nonostante tutto, la banda di Grimley va in finale e all'Albert Hall di Londra

vince il primo premio. Commedia proletaria di forti connotati sociali, scritta dal regista (cresciuto nello Yorkshire) con

un'abilità che rasenta la ruffianeria, e ci cade spesso nella 2ª parte, ma anche con l'energia convinta e contagiosa di

chi sta facendo la cosa giusta

* LA GUERRA DEI ROSES

di DE VITO DANNY, USA 1989, 116'

Una coppia di yuppie divorzia. Separati in casa? La battaglia per la spartizione dell'appartamento è all'ultimo sangue.

Commedia nerissima e crudele: benché faccia molto ridere, è maledettamente seria nel raccontare che cosa

succede quando l'odio coniugale si trasferisce sul piano del possesso e della difesa del territorio

* HARRY & TONTO

di MAKURSKY PAUL, USA 1974, 111'

Sloggiato dal suo appartamento di Manhattan, insegnante settantenne si mette in viaggio prima per Chicago, poi

verso la California in compagnia del suo gatto rosso Tonto. Visite, incontri, disavventure.

* HARRY TI PRESENTO SALLY

di REINER BOB, USA 1989,

* HOLY SMOKE

di Campion, Jane, ,

L'anziano PJ Waters, esperto nordamericano del deprogrammare giovani plagiati da sette religiose, è chiamato in

Australia da una famiglia borghese per riconvertire ai valori della civiltà occidentale la giovane Ruth che si era

“persa” in India, incantata da un guru e dalla prospettiva di raggiungere l'illuminazione. Durante i tre giorni di terapia in

una capanna del deserto i ruoli s'invertono: Waters si fa deprogrammare dall'attrazione sessuale per Ruth. Come il

solito, J. Campion affronta i suoi temi preferiti: le inquietudini di una identità fluttuante, le regole sociali e le loro

trasgressioni, la sessualità e i suoi fantasmi, il rapporto tra personaggi e ambiente. Lo fa con la sua arte delle

variazioni e del contrappunto, con il coraggio delle situazioni estreme e della mescolanza dei toni, con la

coniugazione di uno sguardo critico e di un'energia romanzesca

* HOMER & EDDIE

di KONCHALOVSKIJ ANDREIJ, USA 1989, 96'

Lui (Belushi) è un cerebroleso per colpa di una palla di baseball che vuole far visita al padre moribondo benché

l'abbia diseredato; lei (Goldberg), minata da un tumore, gli offre un passaggio in auto. Viaggiano attraverso gli States,

commettendo furtarelli, verso un epilogo funesto. 6o film made in USA del russo Koncalovskij che non si trova a suo

agio con i tempi e i modi del cinema su strada e preme troppo l'acceleratore del dolore e dell'emarginazione.

* THE HURRICANE

di JEWISON NORMAN, 1999, 125'

Come e perché l'afroamericano Rubin Carter (1937) detto Uragano, grande promessa del pugilato (pesi medi), fu

arrestato nel 1966 per omicidio plurimo, condannato nel 1967 (con un amico) all'ergastolo e nel 1988 dichiarato

innocente e scarcerato grazie alle indagini di un giovane nero e di tre canadesi bianchi.

* IN COMPAGNIA DI SIGNORE PERBENE

di SCOTT CYNTHIA, CAN 1991, 124

Un guasto a un pulmino costringe l'autista, una giovane nera, e sette anziane signore in gita a cercare rifugio in una

casa abbandonata nella campagna del Quebec. Non hanno viveri di scorta, la casa è scomoda, le persone sono

estranee tra di loro. Eppure passano alcuni giorni in allegria serena, imparando a conoscersi, a comunicare, a

(ri)vivere. Questo piccolo racconto eccentrico, esordio nella fiction della documentarista C. Scott (1939), è una

deliziosa chicca canadese. Tolta la trentenne M. Sweeney, cantante di gospel, le sette donne non erano mai

comparse davanti a una cinepresa e interpretano sé stesse: la più giovane ha 69 anni, la più vecchia quasi 90. Film

senza uomini da cui s'irradia un'incantevole “petite musique”. Non succede nulla, ma vi passa il soffio della vita. Non

vuole dimostrare nulla e dice molto.

* IN MEZZO SCORRE IL FIUME

di Redford, Robert, USA 1992, 123'

Intercalata da documenti (veri o finti) fotografici d'epoca in color seppia, è la storia del rapporto tra due fratelli che il

padre, severo pastore presbiteriano, educa nel culto di Dio, del bene e della pesca alla lenza. Ma i due fratelli sono

diversi: uno è serio, studioso e discretamente noioso, l'altro è un simpatico scapestrato, accanito frequentatore di

gonnelle e tavoli da gioco. Film nostalgico della memoria è ambientato nel Montana tra il 1910 e il 1925 e ricalca

fedelmente il romanzo autobiografico di Norman McLean

* IN THE BEDROOM

di Field Todd, 2001,

Una tranquilla famiglia del Maine viene sconvolta dalla morte del figlio ventenne: ad ucciderlo, un colpo di pistola

esploso dall’ex marito della donna con la quale il giovane stava da alcune settimane. L’esordio registico

dell’attore Todd Field si caratterizza per la capacità di descrivere con efficacia ed un sottile, ma crescente, velo

di inquietudine la tranquilla normalità di una famiglia modello americana. La scomparsa del figlio e l’elaborazione del

lutto cambiano segno ad una quotidianità già scritta e fanno emergere dolori, rancori e desideri di vendetta.

Ingiustamente paragonato a La stanza del figlio per il tema centrale che tratta.

Straordinari tutti gli interpreti. 5 nomination agli Oscar, ma nessuna statuetta.

* IN THE MOOD FOR LOVE

di WONG KAR-WAY, TAIW 2000, 98'

Hong Kong, 1963. Chow Mo-Wan e Su Li zhen, vicini di casa, scoprono casualmente che i rispettivi coniugi sono

amanti e inscenano come in una prova le rispettive rivelazioni. Si incontrano, si chiedono cosa staranno facendo gli

altri due, si parlano come se parlassero a loro, si guardano allontanarsi e inevitabilmente, senza dirserlo mai,

uniscono per amarsi. "In the Mood for Love" non è solo il film più bello dì Wong Kar-wai, è anche un capolavoro

senza tempo del cinema Costruito sui vuoti, sui neri che scorrono tra una scena e l'altra, sulte attese, sulle ellissi che

riempiono una vita.

* INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO

di SPIELBERG STEVEN, USA 1977,

Dopo due contatti (avvistamento, reperimento di tracce) con gli UFO si aspetta il loro arrivo in una zona del Wyoming.

Un padre di famiglia, una donna il cui bambino è misteriosamente scomparso e uno scienziato francese stanno

all'erta.

E l'UFO atterra.

Sapiente costruzione drammatica in due tempi affidata alla suspense, tipica del cinema spielberghiano. Ma c'è

qualcosa di più: una indubbia carica mitica di timbro junghiano, un discorso sulla pace e l'amicizia con razze

extraterrestri. È l'opera di un sognatore per sognatori.

* INSIDER - DIETRO LA VERITA'

di MANN MICHAEL, USA 1999,

Un film sulla assunzione della responsabilità.

New York 1995. Lowell Bergman (A. Pacino), responsabile del popolare programma giornalistico “60 Minutes” della

CBS, convince lo scienziato Jeffrey Wigand (R. Crowe), licenziato dalla Brown & Williamson Tobacco Corp., a

rivelare che i suoi datori di lavoro aggiungono additivi chimici alle sigarette per rafforzare l'assuefazione al fumo. La

CBS è sottoposta a forti pressioni, ma la trasmissione va in onda. Per Wigand il costo è alto: pace, sicurezza

economica, matrimonio. I fatti sono veri, e diedero inizio a un'indagine che alle multinazionali del tabacco costò

sanzioni da parte di 50 Stati, per un totale di 256 miliardi di dollari.

* L' INVASIONE DEGLI ULTRACORPI

di SIEGEL DON, USA 1956, 80'

Strani invasori dello spazio atterrano sotto forma di baccelli in una tranquilla cittadina e a poco a poco occupano i

corpi dei suoi abitanti, alterandoli. Un piccolo grande film di fantascienza degli anni '50. È la scrittura asciutta,

concreta, essenziale di D. Siegel che lo trasforma in una parabola di inquietante suggestione, così sottile nella sua

ambiguità che fu interpretato come una parabola sia anticomunista sia antimaccartista. La prima parte sembra dar

ragione ai primi, il finale ai secondi.

* L' INVITO

di GORETTA C., 1973,

Modesto impiegato invita colleghi e superiori nella villa di campagna, acquistata con un'eredità, dove fa da maestro di

cerimonia un impeccabile maggiordomo. Si scatenano invidie, impulsi erotici, insofferenze. Sulla scia di Dürrenmatt e

Max Frisch, questa commedia di costume traccia un graffiante ritratto del conformismo elvetico e dell'ipocrisia

borghese. Divertente, coerente, ben costruito, recitato benissimo da tutti.

* IO SONO LA LEGGE

di WINNER MICHAEL, USA 1970,

Arrivato in una cittadina per arrestare alcuni turbolenti mandriani che, ubriachi, si sono resi colpevoli di omicidio, uno

stoico marshall trova tutta la popolazione schierata contro di lui. Ma la legge è legge.

Western sopra la media per l'accurata caratterizzazione dei personaggi maggiori e minori, il clima di tensione, lo

spiccio stile nelle scene d'azione

* IO TI SALVERO'

di HITCHCOCK ALFRED, USA 1945, 111'

Dal romanzo The House of Dr. Edwards di Francis Beeding sceneggiato da Ben Hecht e Angus McPhail. Un giovane

medico assume la direzione di una clinica psichiatrica, ma presto si scopre che è un amnesiaco impostore, probabile

assassino del vero dottor Edwards. Una bella collega innamorata crede nella sua innocenza e fugge con lui. Il 1o dei

3 film di I. Bergman con Hitch, e il meno interessante ma di enorme successo. Una storia di caccia all'uomo in un

involucro di pseudopsicoanalisi, ma soprattutto una love-story. In un intrigo macchinoso Hitchcock semina i segni del

suo talento. Famoso per il sogno disegnato da Salvador Dalí, scomposto in 4 parti ma pesantemente tagliato dal

produttore

* Ivo il tardivo

di Benvenuti Alessandro, ita 1995, 107'

Uscito dal manicomio, il quarantenne Ivo torna al toscano paese natio, vive solo nella casa paterna abbandonata,

s'innamora dell'analista Sara, combina guai, mette a frutto il suo talento naturale per pittura e rebus, fa amicizia con

un quartetto di altri “matti”, crea bellissimi murales che le scolaresche del posto visitano. Ivo come cartina di

tornasole per i limiti e i difetti dei “normali”. La malattia mentale come variante della normale eccentricità, il volontariato

sociale come pratica della bontà intelligente. Un Forrest Gump in salsa toscana? Strano, divertente, doloroso, questa

commedia in cadenze (e con finale) di favola ha forse il torto di non scegliere con maggiore decisione la via da

battere.

* JONA CHE VISSE NELLA BALENA

di FAENZA, ITA 1993, 100 '

Tratto da Anni d'infanzia (1977) di Jona Oberski, fisico nucleare, è la storia di un bambino olandese di quattro anni,

arrestato nel 1942 dai tedeschi e deportato a Bergen-Belsen dove gli muore il padre. Perde la madre nel 1945, subito

dopo la liberazione. Il piccolo Jona è adottato da una coppia di olandesi che con lui dovranno patire non poco.

Fedele al libro, Faenza (1943) adotta l'ottica del suo piccolo protagonista, lo sguardo inconsapevole dell'infanzia che

dell'atroce realtà che lo circonda coglie soltanto alcuni particolari. Non a caso nella seconda parte quando Jona ha

sette anni, il film cambia stile perché lo sguardo s'è fatto più adulto. Film sulla tenacia dell'amore: semplice, asciutto,

intenso senza concessioni al dolorismo né al sensazionalismo.

* KOLYA

di SVERAK JAN, CEC 1997, 105'

Praga, 1988. L'anziano Louka (Z. Sverák), esimio violoncellista disoccupato, indebitato e scapolo sottaniere, accetta

per denaro di sposare una russa (L. Safranková), madre di Kolja (A. Chalimon) di cinque anni, per permetterle di

acquisire la cittadinanza ceca. Ottenutala, la donna se ne va in Germania, lasciando Kolja alla nonna che, però, ha

un infarto e muore. Kolja passa a Louka. Rapporto difficile: il musicista non parla il russo, il bambino non sa il ceco.

Intanto la macchina burocratica si mette in moto. Si vorrebbe mandare Kolja in un brefotrofio russo, ma è ormai la fine

del 1989, il regime socialista crolla. Finale logico e agrodolce. “È fatto di spostamenti progressivi del ‘sentire’

l'emozionante avvicinamento tra il vecchio e il bambino. Per il musicista si tratta di scoprire il luogo della

comunicazione da dove arrivano i messaggi del bambino: la reticenza, il dolore, la solitudine, l'istinto al gioco” (Silvio

Danese)

* LADRI DI BICICLETTE

di DE SICA VITTORIO, ITA 1948, 86'

Analisi del film: G. Alonge, Vittorio De Sica, Ladri di biciclette, Lindau, Torino

* IL LADRO DI BAMBINI

di AMELIO GIANNI, ITA 1992,

Antonio (Lo Verso), giovane carabiniere calabrese, ha il compito di accompagnare l'undicenne Rosetta (Scalici),

prostituita dalla madre, e il fratellino Luciano (Ieracitano) in un orfanotrofio di Civitavecchia che, però, si rifiuta di

accoglierli. Il viaggio prosegue per un istituto in Sicilia. Il cuore di questo film bellissimo e importante – scritto dal

regista con Sandro Petraglia e Stefano Rulli – è nel rapporto tra carabiniere e bambini: lenta conquista,

avvicinamento, osmosi. Grazie ad Antonio i due bambini – che nei film di Amelio sono sempre una maschera

dell'adulto non cresciuto – imparano per pochi giorni a ridiventare bambini. Pur nella fedeltà a un'alta idea di cinema

che dice attraverso il non detto e tende a esprimere l'inesprimibile, Amelio ha fatto un film emozionante anche nella

sua durezza e nel rifiuto di ogni consolazione. La sua concretezza disadorna si può cogliere nel modo, sommesso e

lucido, con cui si dà testimonianza dell'Italia sia nel paesaggio (la mescolanza di sfascio e benessere ) sia

nell'acquiescenza tranquilla della piccola gente di Calabria e Sicilia

* LADYBIRD LADYBIRD

di LOACH KEN, GB 1994, 102'

Maggie (Rock), proletaria londinese, ha avuto quattro figli da quattro uomini diversi (due di colore). I Servizi sociali

glieli tolgono: per la legge è una madre inaffidabile. Incontra finalmente l'uomo giusto (Vega), un gentile esule politico

dal Paraguay, e ne ha due bambine. Gliele tolgono. Storia inverosimile? Lo sono spesso le storie vere come questa.

Film di violenza insostenibile che ti fruga dentro: c'è la violenza fisica, c'è quella fredda e burocratica della legge e

dell'ordine. È violenza anche formale: col suo strepitoso dinamismo stilistico K. Loach riesce a caricare d'emozione,

fin dall'inizio, il racconto. Non fa denunce demagogiche. Costringe lo spettatore a mettersi dalla parte di Maggie

senza nascondergli nulla della sua sgradevolezza, e gli pone domande: che cos'è una buona madre? chi ha il diritto

di stabilire che cosa è una buona madre? che limiti bisogna imporre alla comunità nei suoi servizi sociali? dove

finisce l'amore e dove comincia la responsabilità? Il film sconvolge anche perché

* LAMA TAGLIENTE

di THORNTON BILLY BOB, USA 1998, 130'

"Lama tagliente" è la storia di un disabile mentale di nome Karl Childers che, uscito dall'istituto di cura dove aveva

trascorso più di vent'anni, ritorna alla società. Sulle prime viene imprevedibilmente accolto. Tutti sono consapevoli

della sua menomazione, alcuni lo deridono chiamandolo ritardato, ma il suo dramma edipico (a 12 anni uccise con un

coltello la madre e il suo amante cafone) sembra ormai lontano. Karl instaura con un bambino, della stessa età di

quando lui commise il duplice delitto, un delizioso rapporto, emozionante, basato su una completa considerazione

reciproca. Tuttavia il bambino ha una madre vedova, vive con un uomo molto rozzo che la vessa e non sopporta il

figlio e che, naturalmente, si vorrebbe sbarazzare anche di Karl. Così, vent'anni dopo, si ripropone lo stesso dramma…

* LEGGE 627

di TAVERNIER BERNARD, FRA 1992, 140 '

Come lavora la squadra antidroga in un commissariato di Parigi. (Il 627 è l'articolo del Code de la Santé publique che

indica le infrazioni su detenzione, traffico e consumo degli stupefacenti.) È il caso raro di un poliziesco realistico,

fuori dalle mitologie e dagli stereotipi. Racconta un'attività più che una storia, è corale ma ha un protagonista: Lucien

Marguet detto Lulu (D. Bezace), poliziotto per passione. Passano attraverso lui il discorso, lo sguardo lucido,

l'indignazione, il puntiglio documentaristico di B. Tavernier, regista eclettico nella scelta delle storie e dei temi, ma

fedele a uno stile, a un impegno etico e civile.

* LEON

di BESSON JEAN LUC, FRA 1994, 104'

Léon è un killer, un sicario a pagamento della peggior specie, introvabile e indistruttibile, fin quando un topolino

penetra nel suo universo: un topo piccolo con gli occhi immensi della dodicenne Matilde. A parte J. Reno, per il quale

il film è stato scritto su misura, la piccola N. Portman è la rivelazione del film. È la bizzarra, perversa e onesta storia

d'amore tra una dodicenne e un sicario. Amore senza sesso. Lui, l'adulto bambino, la istruisce a uccidere; lei, la

bambina adulta, gli insegna a vivere. L. Besson è un manierista, ma sa prendere i suoi rischi: il suo è un cinema

d'azione che non esclude, però, né una strenua attenzione alla psicologia né la cura puntigliosa dei personaggi

* LEZIONI DI PIANO

di CAMPION JANE, FRA 1993, 118'

Nel 1825, venuta dalla Scozia, sbarca in Nuova Zelanda Ada, muta fin da bambina, sposa per procura a un

coltivatore inglese, con una figlia di nove anni, i bagagli e un pianoforte. Un vicino di casa, maori convertito, l'aiuta a

recuperare il piano che il marito rifiuta, e diventa il suo amante tra lo scandalo della piccola comunità locale. 3o film

della neozelandese J. Campion (1955), è un dramma che coniuga il romanticismo gotico di Emily Brontë con l'acceso

erotismo di D.H. Lawrence, filtrandoli attraverso la sensibilità e la lucidità di una donna di oggi che rifiuta l'ipoteca del

pessimismo tragico

* Lilo & Stitch

di Chris Sanders, Dean Deblois, USA 2002,

Un piccolo mostro alieno, Stitch, è stato creato per distruggere tutto ciò che lo circonda. Condannato alla

soppressione dalla Federazione Galattica, Stitch riesce a fuggire sulla Terra, dove viene scambiato per un cagnolino

e adottato da Lilo, un'orfanella hawaiana. In lite con la sorella maggiore con la quale vive, minacciata di essere

richiusa in un orfanotrofio da un assistente sociale nero enorme e burbero, Lilo fa scoprire al mostriciattolo la

tenerezza, la bontà, l'altruismo, il calore della famiglia, salvandolo dai suoi inseguitori extraterrestri. Con una bella

colonna musicale in omaggio a Elvis Presley, è un riuscito miscuglio di fantascienza e tenerezza, con una

animazione non prevalentemente computerizzata, ma dai bei disegni morbidi in colori pastello, di bellezza tradizionale.

Peccato che, dopo un frizzante e pungente 1o tempo all'insegna della trasgressione e della sorpresa, si afflosci

sempre più in un melenso e scontato sentimentalismo familistico

* LA LUNA

di BERTOLUCCI BERNARDO, ITA 1979,

Dopo la morte del secondo marito, cantante italo-americana parte da New York per l'Italia col figlio adolescente Joe,

quasi alla ricerca delle proprie radici, cercando vanamente di proporle a Joe perché ci si aggrappi. A Roma scopre

che il ragazzo si droga e, nel disperato tentativo di recuperarlo, ha con lui un rapporto incestuoso. Incontro finale col

padre del ragazzo. Film sul rapporto madre-figlio e sulla pulsione incestuosa che ne è il sottofondo fantastico, è

fondato sul tema della mancanza (della figura paterna, ma anche materna, dunque dell'amore) e sul giuoco di

specchi tra realtà e finzione, vita e spettacolo nelle forme del melodramma lirico (G. Verdi)

* MADADAYO IL COMPLEANNO

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1993, 142'

Ispirato alla figura del professore di tedesco e scrittore Hyakken Uchida (1889-1971) e scandita l'azione in quattro

momenti (1943-1945-1948 e il 77o compleanno), ha due temi centrali: la vecchiaia e quel rapporto quasi mistico tra

maestro e discepolo che era fino a poco tempo fa profondamente radicato nella cultura giapponese. A. Kurosawa li

svolge nelle cadenze di una commedia ottimistica e nei toni di un racconto minimalista dove gli eventi storici sono

esclusi e le trasformazioni sociali appena indicate. Il titolo significa “non ancor”, la risposta che il protagonista dà alla

domanda scaramantica degli allievi se sia pronto ad andarsene. Si piange, si beve, si canta spesso. Stile frontale,

cinepresa quasi immobile.

* MAGNOLIA

di Anderson, Paul Thomas, USA 2000, 188

In un giorno piovoso a San Fernando Valley, ai bordi di Los Angeles, s'intrecciano molte storie che fanno capo a 9

personaggi principali: un vecchio miliardario (J. Robards) in fin di vita, assistito dalla moglie isterica , troppo tardi

innamorata, e da un infermiere volonteroso ; suo figlio , invasato predicatore maschilista che lo odia; un ragazzino ,

campione di quiz in TV; un ex ragazzino prodigio fallito; un anziano conduttore TV dal turpe passato e sua figlia

cocainomane; un goffo poliziotto che s'innamora di lei. Il 3o film di P.T. Anderson – che l'ha anche scritto e

coprodotto – sarà ricordato per la pioggia finale delle rane, evento (biblico? apocalittico?) con cui si vorrebbe – come

nella struttura narrativa e nelle ambizioni di amaro affresco sociale – echeggiare America oggi di Altman. Sono tutte

storie d'amore: negato, rimpianto, cercato, immaginato, manipolato, trovato, tradito, sprecato.

* MANHATTAN

di ALLEN WOODY, 1979,

Analisi del film: E, Dagrada, Woody Allen, Manhattan, Lindau, Torino

* MANHUNTER

di MANN MICHAEL, USA 1986,

* Manila Paloma Bianca

di SEGRE DANIELE, 1992,

Ex attore, ricoverato più volte nei reparti psichiatrici degli ospedali di Torino, città che non è la sua e dove vivacchia

di espedienti con domicilio variabile, Carlo (C. Colnaghi) fa figura di un “extraterrestre con un'oliva in mano”. Conosce

Sara Treves (A. Comerio) e, attraverso di lei, il microcosmo ebraico torinese. S'installa nella bella casa di lei in una

ambigua e casta relazione e cerca inutilmente di riaccostarsi al teatro, scrivendo un monologo. Anche Sara,

impaurita, lo mette alla porta. Carlo ritorna alla vita, ai fantasmi, alle ossessioni di sempre. Film anomalo come un

meteorite nel panorama del cinema italiano, rigoroso, ruvido, duro con momenti di struggente tenerezza, è imperniato,

in bilico tra realtà e finzione, su Colnaghi, soggettista e soggetto, impressionante per la sua epica antirecitazione,

maschera e volto

* MARIUS E JEANNETTE

di GUEDIGUIAN ROBERT, FRA 1996, 102'

È una storia d'amore tra poveri che vivono nel quartiere popolare di Estaque a Marsiglia. Marius fa il guardiano in un

cementificio in disuso e Jeannette tira su due figli di due uomini diversi con uno stipendio di cassiera. Fanno da coro i

vicini di casa con le loro liti familiari, le loro confidenze È una favola realistica ma senza retorica né demagogia

populista, una commedia di quartiere con molta luce, una ventata di aria fresca con personaggi amabili, credibili,

raccontati con un affetto che non esclude l'ironia. L'incanto e la vitalità del film nascono dalla sapienza con cui R.

Guediguian sa mescolare il buffo e il tenero, la commedia e il melodramma.

* MATRIX

di WACHOWSKI ANDY AND LARRY, USA 1999, 140'

Nel XXII secolo il Grande Fratello ha trasformato il mondo in un universo virtuale, cioè simulato, simile a quello

dell'ultimo XX secolo, grazie al gigantesco computer Matrix, collegato con i cervelli degli esseri umani. Thomas

Anderson (K. Reeves) detto Neo, asso dell'informatica, si aggrega a un gruppo di resistenti il cui capo Morpheus (L.

Fishburne) crede di avere riconosciuto in lui l'Eletto, destinato a svegliare l'umanità dal sonno cibernetico e a lottare

contro i poteri del Male che l'hanno ridotta in schiavitù

* Matti da slegare

di Agosti Silvano; Bellocchio M.; Rulli; Petraglia, ITA 1975, 135'

Girato in 16 mm nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma, è la riduzione di Nessuno o tutti, film

documento in due parti (“Tre storie”, “Matti da slegare”) di 100' ciascuna, distribuito nel circuito alternativo di ospedali

psichiatrici, scuole, cineclub, circoli politici e culturali. Non ha pretese scientifiche. Non è – in senso stretto –

nemmeno un'inchiesta, ma piuttosto una testimonianza e una denuncia. La tesi è racchiusa nel titolo: i malati mentali

sono persone “legate” in molti modi e per diverse cause. Se si vuole curarli (non guarirli, ma almeno impedire che

vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli, reinserirli nella comunità. Il film dice che: a) spesso

la malattia mentale ha origini sociali, di classe; b) l'irrazionalità degli asociali è una risposta all'irrazionalità della

società; c) l'assistenza psichiatrica non è soltanto uno strumento di segregazione e di repressione, ma anche di

sottogoverno e di potere economico; d) lo psichiatra è formalmente un uomo di scienza, ma in sostanza un tutore

dell'ordine come il poliziotto e il carceriere. Il film conta e vale come atto di amore e di rispetto per l'uomo che, anche

quando è “diverso” e malato in modo sconvolgente (catatonici, mongoloidi, paranoici, schizofrenici) è sempre preso

sul serio. La finale festa danzante è un grande momento di cinema. Vale anche per la capacità di rivelazione degli

esseri umani, capaci per ragioni soltanto in parte spiegabili di diventare personaggi.

* UN MEDICO UN UOMO

di HAINES RANDA, USA 1991, 125'

Dal romanzo autobiografico del dott. Ed Rosenbaum A Taste of My Own Medicine. Quando scopre di avere un

tumore alla gola e deve farsi curare, un chirurgo di successo capisce che cosa significa essere un paziente, in balia

di medici che lavorano come meccanici e della burocrazia ospedaliera. La regista riesce a mitigare il moralismo del

libro conferendo maggior efficacia alla vicenda.

* UN MERCOLEDI' DA LEONI

di MILIUS JOHN, USA 1978, 120'

Tre inseparabili amici furoreggiano col surf sulle spiagge della California negli anni '60. Il tempo passa, la vita li divide,

ma le grandi ondate ritornano. Scandito su 4 tempi che sono 4 stagioni e 4 celebri mareggiate (estate '62, autunno

'65, inverno '68, primavera '74) e che quasi corrispondono alle burrasche politiche (dalla morte di Kennedy allo

scandalo del Watergate), non è soltanto un film sul surf e la sua mistica eroica (come l'ha praticato lo stesso J.

Milius), ma anche una malinconica saga sull'amicizia virile, su una generazione americana segnata dal malessere

esistenziale e dalla guerra del Vietnam. Uno dei più misconosciuti film dei '70. Eppure la sua importanza – non

soltanto sociologica – è pari a quella di Il cacciatore di Michael Cimino, uscito nello stesso anno.

* LA MERLETTAIA

di GORETTA CLAUDE, SVI 1977, 107'

Da un romanzo di Pascal Lainé: nella cittadina balneare di Cabourg studente universitario di famiglia agiata e Beatrice

detta Pomme, parrucchiera apprendista, si conoscono, si amano, decidono di convivere in un appartamentino a

Parigi. Lui si disamora, lei se ne va in silenzio, si ammala di anoressia, è ricoverata in un ospedale psichiatrico. Una

delle più belle storie d'amore degli anni '70 per delicatezza e profondità. È anche la storia di un delitto, di una

demolizione, una metafora del modo con cui la ricca borghesia sfrutta la classe lavoratrice, una riflessione sulla

donna come oggetto di consumo

* MERY PER SEMPRE

di RISI MARCO, ITA 1989, 110'

Insegnante accetta l'ingrato compito di docente nel riformatorio Malaspina di Palermo dove sperimenta il suo metodo

antiautoritario e democratico, scoprendo nei ragazzi devianti e sbandati la dimensione della dignità

* MIA ADORABILE NEMICA

di Wang, Wayne, USA 1999, 114'

Storia di un rapporto tra madre e figlia 14enne on the road, in viaggio di trasferimento da una cittadina del Wisconsin

alla grande Los Angeles. La più infantile delle due è la madre. Da un romanzo di Mona Simpson, adattato dal provetto

Alvin Sargent (Gente comune) e diretto con garbo, delicatezza e intelligente scelta dei particolari dal cino-americano

W. Wang (Smoke) che qui si è messo in contatto con lo yin, il suo lato femminile. Le 2 protagoniste l'hanno

assecondato ammirevolmente.

* LA MIA AFRICA

di POLLACK, USA 1985, 161'

Nel 1914 la danese Karen Blixen, futura scrittrice, arriva a Nairobi per un matrimonio di convenienza con un barone

tedesco che la trascura. S'innamora di un avventuriero inglese idealista. Intanto conosce l'Africa e matura. 7 premi

Oscar (film, regia, musica, scenografie, sceneggiatura, suono, fotografia) per il più accademico dei film di S. Pollack:

prolisso, un po' leccato, romanticissimo, quasi fotoromanzo. Ma c'è un lirismo autentico di fondo che lo riscatta. Per

chi ha il mal d'Africa. Sceneggiatura di Kurt Luedtke, basata sul libro omonimo (1937) di ricordi di Isak Dinesen,

pseudonimo di K. Blixen (1885-1962)

* LA MIA VITA A QUATTRO ZAMPE

di HALLSTROM LASSE, SVE 1988, 98'

Da un romanzo di Reidar Jönsson. Alla fine degli anni '50 il dodicenne Ingemar ha molte ragioni per essere infelice:

madre sempre malata, padre assente in mari lontani, fratello maggiore che lo tormenta. Ma infelice non è. Film insolito,

fondato sul principio del “nonostante che”. Inquietante, quasi sgradevole nella parte dei rapporti con la madre, trova

momenti felici nella vacanza di Ingemar in casa dello zio dove s'accende nel disegno dei personaggi di contorno.

* IL MIGLIO VERDE

di Darabont, Frank, USA 1999, 188'

1935, nel carcere di Cold Mountain – dove l'itinerario dei condannati a morte dalla cella alla sedia elettrica è coperto

da linoleum verdino – John Coffey, gigantesco nero dotato di eccezionali poteri di guaritore, attende quieto il giorno

dell'esecuzione, pur sapendosi innocente, per l'omicidio di due bambine. La storia è raccontata più di 60 anni dopo

dal centenario ex secondino Paul Edgecomb. 2o film carcerario di F. Darabont, dopo Le ali della libertà, anch'esso

tratto da un romanzo di Stephen King

* MIGNON E' PARTITA

di ARCHIBUGI FRANCA, 1988,

A Roma la scombinata famiglia Forbicioni ospita la giovinetta Mignon che viene da Parigi. È un po' antipatica, ma turba

i sogni del cugino Giorgio cui lei, però, preferisce un ragazzo di borgata. Poi parte. La vita continua. Scritta con due

coetanee, è la brillante opera prima della giovane F. Archibugi (1961), premiata da pubblico e critica. Sceneggiatura

sapiente in delicato equilibrio tra patetico e comico sottovoce e un'omogenea squadra di attori

* IL MIO CORPO TI APPARTIENE

di ZINNERMANN FRED, USA 1950, 85'

In una clinica specializzata un reduce di guerra paraplegico cerca di riadattarsi alla vita civile. Scritto da Carl

Foreman, è un dramma semidocumentario apprezzabile per l'autenticità del suo realismo. Fece sensazione negli USA

per la rappresentazione senza ipocrisie del problema sessuale. 1o film di Brando (1924): eccellente

* IL MIO PICCOLO GENIO

di FOSTER JODIE, USA 1991, 96'

A due anni Fred sa già leggere, a quattro compone poesie, a sette, oltre a essere un piccolo genio matematico,

dipinge affreschi murali e suona il piano a livello di concorso. Ma si sente solo e ha non poche difficoltà di rapporto

con il prossimo. Sentimentalmente appagato dall'amore della madre operaia, il rapporto con una psicologa lo

risarcisce nella sfera intellettuale e culturale. Esordio nella regia di J. Foster, ex bambina prodigio, con un film

raccontato con finezza e sensibilità

* IL MIO PIEDE SINISTRO

di SHERIDAN J., USA 1989,

Storia vera di Christy Brown (1932-81), nono di tredici figli di una famiglia operaia irlandese, paraplegico dalla

nascita, che riuscì a esprimersi col piede sinistro, diventando un apprezzato pittore e scrittore. Opera prima

dell'irlandese J. Sheridan, ha molti meriti: la performance tormentata di D. Day-Lewis (premio Oscar come

protagonista insieme con B. Fricker, la madre, premiata come non protagonista) e, nonostante il taglio edificante e

nobilmente irrealistico del racconto, una ruvida sobrietà nella descrizione dell'ambiente operaio, con tocchi di

umorismo e notazioni che rimandano alla Dublino di Joyce, più volte citato, e alla Liverpool di Terence Davies.

* I misteri di un'anima

di Pabst Georg Wilhelm, GER 1926, 71'

Rientrato a casa della moglie, un chimico viennese apprende che un cugino, in procinto di ritornare dall'Asia, gli ha

inviato un'antica spada giapponese e una statuetta. Entra in una crisi depressiva, ha spaventevoli incubi notturni,

scopre di essere affascinato dagli utensili da taglio e di avere impulsi aggressivi verso al moglie. Si rivolge a uno

psicanalista che dopo molte sedute l'aiuta a individuare l'origine e la causa delle sue ossessioni e a liberarsene. Per

tradurre in immagini la sceneggiatura di Colin Ross e Hans Neumann, G.W. Pabst chiese prima a Sigmund Freud (che

rifiutò), poi a due suoi allievi (Karl Abrahams e Hanns Sachs) una consulenza scientifica. Al di là della sua

importanza storica, il 4o film dell'austriaco Pabst (1885-1967) rimane, nonostante l'handicap del muto e l'idillica lieta

fine, un film interessante e avvincente per l'equilibrio tra la dimensione estetica e quella esplicativa e la ricchezza

delle invenzioni visive: la tecnica psicanalitica offre al regista un metodo di esplorazione e non l'occasione di una

predica destinata a far passare una verità rivelata.

* IL MISTERO DEL FALCO

di HUSTON JOHN, USA 1941, 100'

Sam Spade, investigatore privato, è alle prese con avventurieri in acerrima lotta per il possesso di una statuetta

d'oro puro che raffigura un falcone. L'oggetto passa di mano in mano ma l'oro è falso. Archetipo del cinema nero

made in USA, tratto da un romanzo (1930) di Dashiell Hammett, è la splendida opera prima di J. Huston. Più che un

classico è una leggenda. Attori di classe, ironia, suspense, ritmo infallibile

* MOBY DICK

di HUSTON JOHN, 1956,

Il capitano Achab ingaggia l'equipaggio della baleniera Pequod in una forsennata caccia a una inafferrabile balena

bianca, mostro dei mari e terrore dei marinai. J. Huston è caduto in piedi nel ridurre in immagini il grande romanzo

(1851) di Herman Melville. Film compatto, coerente, sostenuto da una splendida fotografia di O. Morris. Non poche le

sequenze memorabili

* MOMENTO DI UCCIDERE

di SCHUMAKER, ,

Dal romanzo di John Grisham. Nel Mississippi due balordi bianchi razzisti uccidono, dopo averla violentata, una

bambina nera di dieci anni. Il padre, uomo pio, li uccide davanti a tutti. Aiutato da una bella assistente e da un ex

avvocato con qualche scheletro nell'armadio, un giovane avvocato bianco cerca di evitargli la condanna a morte

* MONSTER'S BALL

di FORSTER NARC, USA 2002, 115'

Agente carcerario in un penitenziario della Georgia e addetto al “braccio della morte”, Hank Grotowski, cresciuto

nell'odio razziale e nel disamore, s'innamora, senza sapere chi sia, di Leticia, vedova di un criminale nero che ha da

poco condotto alla sedia elettrica.

In immagini di intensa concisione una storia di silenzi interrotti dove le emozioni prevalgono sulle azioni e i sentimenti

sono espressi dai gesti e dai comportamenti più che dalle parole. Raro esempio di film in cui si racconta il “dopo” di

un'esecuzione capitale attraverso personaggi che tentano di liberarsi dalla prigione dell'odio e della disperazione.

Una volta tanto l'eros è legato alla vita e al bisogno di amore invece che alla morte. Accanto a un B.B. Thornton

ammirevolmente sotto le righe, H. Berry (madre bianca, padre nero) dà un'interpretazione premiata con 1 Orso

d'argento a Berlino e 1 Oscar, il primo assegnato a un'attrice protagonista afroamericana

* Moonlight Mile

di Silberling Brad, 2003,

Invece di focalizzare la perdita come un momento di disperazione e di sbandamento totale, riesce a mostrarci l'ironia

quasi assurda delle obbligatorie "relazioni sociali" o i momenti di imperatività che nascondono il rifiuto della situazione,

senza mai essere grottesco e comunicando comunque la presenza della persona senza mai mostrarla o ricorre a

flashback melensi. Perché alla fine è sempre così, la vita va avanti e noi ci buttiamo a capofitto in mille attività

tentando di dimenticare ed aspettando qualcosa che ci metta la sopravvivenza di nuovo sotto una luce positiva.

Che Joe (Jake Gylleenhaal) sia ospite dei suoceri per il funerale della sua fidanzata lo capiamo solo dopo aver visto

qual sorta di strano rapporto li leghi.

Che Ben (Dustin Hoffman) e Jo Jo (Susan Sarandon) siano i genitori di quella che sarebbe dovuta essere la moglie di

Joe, è un'altra cosa di cui acquisiamo consapevolezza lentamente.

Ma soprattutto che ciò che vediamo non è ciò che ci si aspetterebbe, che il rapporto che lega i protagonisti è

decisamente particolare e che ci sono molti sottintesi e mezze verità, è la vera essenza del racconto. Quello che

manca a noi spettatori è in realtà il pezzo di vita che manca a Joe ed a Bertie (Ellen Pompeo), due persone trascinate

dalle corrente a cui serve solo una piccola spinta per raggiungere la riva. Come dicono i Rolling Stones nel loro

pezzo che da il titolo al film: "vivo solo per stare disteso accanto a te, ma sono a circa un miglio di Luna di distanza",

una distanza ormai incolmabile.

Un film sicuramente sentimentale, ma talmente ben raccontato che alla fine ci sembra di aver assistito ad una

commedia musicale, si musicale, perché sono proprio i pezzi degli anni settanta che costituiscono la spina dorsale

della pellicola che riesce a darci così tanto in maniera così semplice.

* MORTE A VENEZIA

di VISCONTI LUCHINO, ITA 1971, 2 H

Nel 1910 Gustav von Aschenbach, anziano musicista fisicamente fragile e spiritualmente inquieto, giunge al Lido di

Venezia per una vacanza. Incontra il giovane, bellissimo Tadzio e muore. È, forse, il film più proustiano di L. Visconti

che carica di reminiscenze personali e familiari la sua trasposizione del racconto lungo (1912) di Thomas Mann.

Elegia sulla fine di un mondo con momenti memorabili – quelli dove emerge con una struggente forza visionaria

l'identificazione del regista con il personaggio – in un contesto di alto accademismo decorativo

* MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE

di BENEDEK LASLO, USA 1951, 115'

Arrivato alla fine della sua carriera l'anziano Willy Loman, spremuto come un limone e buttato via, scopre il vuoto

della sua vita, accorgendosi di valere più da morto che da vivo. E se ne va, volontariamente. Tratto dal più famoso

dramma (1949) di Arthur Miller, premio Pulitzer, ormai considerato un classico del teatro americano e un'amara

riflessione sul “modo americano di vivere” e i suoi miti illusori.

* MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE

di SCHLONDORFF VOLKER, USA 1985, 130

Seconda versione del dramma di Arthur Miller, realizzata per la TV (ma proiettata al cinema in Europa) e prodotta da

D. Hoffman e Miller. V. Schlöndorff ha accentuato, anche nelle scenografie, la teatralità del testo, rispettandone

fedelmente la lettura, ma cercando di spremerne succhi attuali sul riflusso degli anni '80 e della restaurazione

reaganiana. Gran parte degli attori proviene da un'edizione teatrale del 1984.

* LA MOSCA

di CRONENBERG DAVID, 1986,

Giovane scienziato tenta esperimenti di trasporto della materia smaterializzandola all'origine e ricomponendola a

destinazione. Usa sé stesso per le prime prove, ma l'intervento accidentale di una mosca lo rende vittima della sua

invenzione. Remake di L'esperimento del dottor K (The Fly, 1958) di K. Neumann. La situazione di base è la stessa,

aggiornata e più sofisticata, ma gli sviluppi sono radicalmente diversi. Dopo gli anni '70 l'horror è fondato sul corpo, le

sue metamorfosi, i suoi smembramenti, ma nessuno supera Cronenberg in direzione biologica. È il suo film più

costoso, e il più ricco per elaborazione formale, ma è anche una commovente storia d'amore. Straordinario J.

Goldblum.

* Mrs. Doubtfire (Mammo per sempre)

di Columbus, Chris, USA 1993, 105'

Attore specialista in imitazioni, accusato dalla consorte di immaturità irresponsabile, è costretto a divorziare. Per

stare di più con i tre adorati figli si traveste da governante, facendosi assumere dalla ex moglie. Diventa

indispensabile a tutti. Finale aperto. Tratto dal romanzo Alias Madame Doubtfire di Anne Fine, sceneggiato con

astuzia (e molti prestiti), diretto con brio veloce, non è un panegirico indiscriminato della famiglia e della figura

paterna. Suggerisce che bisogna fare in modo che i bambini non vivano la separazione dei genitori come un

abbandono. Il film appartiene a R. Williams, il più grande comico della Hollywood di oggi: il suo trasformismo fonico e

mimico è paragonabile a quello di Peter Sellers.

* MUHAMMAD ALI

di BIOGRAFIA, USA 2001, 128'

* MUHAMMAD ALI' IL PIU' GRANDE. LA STORIA DI CASSIUS CLAY

di KLEIN WILLIAM, USA 1974, 98'

In bianconero virato in seppia, la 1ª parte deriva da Cassius le grand (1966), documentario che il fotografo e regista

americano di sinistra W. Klein realizzò dopo la vittoria su Sonny Liston; la 2ª concerne la riconquista del titolo

mondiale che Muhammad Alì effettuò nel 1974 a Kinshasa, battendo George Foreman. Ne esce il ritratto di un grande

campione che è sicuramente un megalomane, ma divertente, lucido, coerente con le proprie idee.

* My Beautiful Laundrette

di FREARS STEPHEN, 1985,

Rampollo di una ricca famiglia pachistana a Londra mette su una lavanderia e si prende come socio un coetaneo,

inglese e povero, che è anche il suo amante. Il rapporto padrone-servo complica le cose. Una bella e competente

sceneggiatura dell'anglo-pachistano Hanif Kureishi, l'intelligenza registica di S. Frears, attori giusti, un rapporto

d'amore trasgressivo spiegano il grande successo internazionale di questo piccolo film girato in 16 mm per la TV. “La

carta vincente del film è senza dubbio la sua apparente semplicità, sotto la quale però lavorano un cinismo e una

freddezza pungenti, rintracciabili soprattutto attraverso i film successivi di Frears” (E. Martini).

* My Life - Questa mia vita

di Rubin Bruce Joel, USA 1993, 112

Americano di origine russa, big delle relazioni pubbliche, scopre in un solo botto di stare per diventare padre e di

avere ancora pochi mesi di vita. Decide allora di resistere fino al lieto evento e, nel frattempo, prepara un video per

insegnare al nascituro chi era suo padre e come la pensava. Inverecondo e squinternato cancer film strappalacrime,

esordio alla regia di uno sceneggiatore di lungo corso (che prese l'Oscar con Ghost-Fantasma) che si propone una

lunga serie di bersagli e li sbaglia tutti.

* NEL CORSO DEL TEMPO

di WENDERS WIM, 1975,

* NELL

di APTED MICHAEL, USA 1994, 113'

Medico di paese della Carolina del Nord scopre nella foresta una ragazza che ha trascorso ventisei anni in completo

isolamento dal mondo civile con la madre, che soffriva di una grave paresi facciale, dalla quale ha imparato una

specie di strano idioma infantile. Con l'aiuto di una psicologa di città, il medico si occupa di lei, impedendone il ricovero

a scopi di studio. Tratto dal libro di Mark Handley Idioglossia e ispirato a un fatto vero

* Niagara, Niagara

di Gosse Bob, USA 1997, 97'

Adolescente allo sbando, dedita all'alcol con cui cerca di esorcizzare la sindrome di Tourette di cui è affetta, Marcy

(R. Tunney) si unisce al coetaneo ladruncolo Seth (H. Thomas), anch'egli con problemi di rapporti interpersonali.

Diretti a Toronto, compiono piccole rapine e inconsulti atti di violenza fino al tragico epilogo, non lontano dalle celebri

cascate. 2o film indipendente di B. Gosse (1963), scritto da Matthew Weiss, valse alla sua giovanissima

protagonista la Coppa Volpi della migliore attrice alla Mostra di Venezia 1997. Oltre a un intermezzo di lirica serenità

in cui spicca un solitario anarchico e iconoclasta (M. Parks), c'è un'interessante dimensione tragicomica

* NICK E GINO

di YOUNG ROBERT M., USA 1988, 111'

Nick Luciano, addetto alla nettezza urbana, ritardato mentale, divide la stanza col fratello Gino, giovane medico che,

pur protettivo verso Nick, vorrebbe vivere pienamente le proprie ambizioni e far carriera. Melodramma con la sordina

sui temi dell'amore, della compassione, delle responsabilità. Bella e severa la 1ª parte, poi si va verso un improbabile

thriller. Liotta sopra le righe, ma Hulce non è mai stato così bravo.

* NICK'S MOVIE - LAMPI SULL'ACQUA

di WENDERS WIM, 1980, 91'

L'8 aprile 1979 il 34enne Wenders fa visita, nella sua casa-laboratorio di Spring Street a New York, al suo amico-

maestro-padre Nicholas Ray (1911-16 giugno 1979), divorato da un tumore e vicino alla morte. Circondato da parenti

e amici, Nick accetta di vivere i suoi ultimi giorni davanti alla cinepresa di Wenders, sapendo che cosa metterà fine

alle riprese, e al film stesso: la propria morte. Film unico nella storia del cinema. Pone molte domande: dove termina in

Ray il bisogno di chiudere la propria vita lavorando (e trovando sé stesso prima di morire) e dove comincia il suo

esibizionismo? In che misura il film è sconvolgente e quanto è osceno? In che misura Wenders ha sfruttato Ray e

quanto è stato da lui sfruttato? “Ma al di là del contratto Wim appare stordito... si è accorto che sta filmando qualcosa

mai filmato prima, quello che Proust nelle sue ultime parole aveva chiamato l'immense frivolité des mourants”

(Bernardo Bertolucci)

* NON E’ GIUSTO.

di De Lillo Antonella, 2002,

I bambini ci guardano. In scena ci sono due ragazzini alleati contro le bugie dei grandi. Quante volte abbiamo detto o

sentito dire la frase “non è giusto”. Magari in risposta al classico “lo faccio per il tuo bene”. I bambini della De Lillo

dimostrano di sapere bene qual è il loro bene, molto meglio dei loro genitori.

Sofia e Valerio hanno dodici anni e s’incontrano casualmente per i vicoli di una Napoli d’agosto. Sono entrambi soli,

costretti a passare le vacanze in compagnia dei rispettivi padri, due quarantenni afflitti da ogni genere di problema

sentimentale ed esistenziale. I due uomini tentano di celare le loro insicurezze ai figli ricorrendo spesso a menzogne.

Naturalmente non ci riescono e, per fare del bene, finiscono col combinare una serie di guai. Valerio e Sofia si

ribellano e a loro modo si alleano per affrontare il mondo degli adulti con distacco ed ironia che servono a non avere

più paura.

* LE NONPERSONE. DOCUMENTI FILMATI DELLA SHOAH

di OLLA ROBERTO, 1999, 55'

* NOSFERATU

di MURNAU F., GER 1922, 1 H 20

Scritto da Henrick Galeen che s'ispirò liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, cambiando nomi e posti

per non pagare i diritti d'autore: dal suo castello nei Carpazi il vampirico conte Orlok, chiuso nel suo sarcofago, si fa

trasportare nel 1838 a bordo di una nave al porto di Brema dove si diffonde la peste. Soltanto il volontario sacrificio

di una giovane donna (Nina o Ellen, secondo le edizioni) sconfiggerà il vampiro che si lascia sorprendere dalla luce

dell'alba. È il più grande film vampiresco di tutti i tempi. Senza ricorrere alla manipolazione dello spazio, tipica

dell'espressionismo, Murnau sceglie la concretezza e il rischio degli scenari naturali, ricorrendo a mezzi più

specificamente cinematografici (angolazioni, montaggio, immagini in negativo, ecc.) e a una fitta rete di richiami

metaforici e simbolici. Nella sua complessità si presta a diverse letture in chiave psico-sociologica, metafisico-

esistenziale, romantico-dostoevskiana, psicoanalitica.

* NOSFERATU IL PRINCIPE DELLA NOTTE

di HERZOG W., GER 1979,

Dal romanzo di Bram Stoker (1897). Jonathan Harker parte per la Transilvania per trattare un affare col conte

Dracula. Riportato in vita, Nosferatu semina la peste in Olanda, ma Lucy – la moglie di Jonathan – lo sconfigge

sacrificando la sua vita. Omaggio al capolavoro muto (1922) di Murnau, non è un film dell'orrore né del terrore:

raggiunge il fantastico con le immagini della realtà e per virtù di stile, con l'uso della luce. Del suo eroe, incarnazione

del Male, Herzog sottolinea la profonda, insondabile tristezza; della sua triplice qualità di Morto Redivivo, Stregone e

Entità Diabolica privilegia la prima. Leggerlo come una metafora sul Male e sulla Paura che, ieri (Hitler) come oggi,

abitano la Germania (e l'Europa) sembra una forzatura.

* NOSTOS IL RITORNO

di PIAVOLI F., ITA 1989,

Poema audiovisivo sul ritorno a casa per mare di un ulisside con una vicenda ridotta ai minimi termini e pochi dialoghi.

Enigmatico, impervio, affascinante, con una straordinaria colonna sonora. Dopo Il pianeta azzurro (1982), poema

sulla terra, questo outsider lombardo (1933) del cinema italiano ha fatto un poema sul mare. Troppo astratto,

estatico, atteggiato per lo spettatore comune, ma non per chi è abbastanza aperto e sensibile per riceverlo in sé, per

riuscire a immergersi nel suo flusso di immagini e suoni

* NOVECENTO (ATTO PRIMO)

di BERTOLUCCI BERNARDO, ITA 1976,

* L' ODIO

di KASSOWITZ MATHIEU, FRA 1995, 95'

Venti ore – una giornata balorda e una notte brava – nella vita di tre giovani proletari – un bianco ebreo, un

maghrebino e un africano – alla deriva tra il quartiere di Muguets, a 30 km dalla torre Eiffel, e il centro di Parigi. Nel

loro vagabondare c'è disperazione, rabbia, odio. Capofila dei film di banlieu – tendenza del cinema giovane francese

alla metà degli anni '90 che racconta la lacerata realtà della periferia metropolitana (parigina, ma non soltanto) – i suoi

meriti sono soprattutto stilistici: attori, dialoghi incalzanti a ritmo di rap (che traduzione e doppiaggio italiano faticano

a seguire), musica reggae, sapiente costruzione drammatica, abilità nelle digressioni, bianconero sporco e allucinato

* OGNUNO CERCA IL SUO GATTO

di KLAPISCH CEDRIC, 1996, 85'X

Chloé, ventenne estetista parigina, perde il suo gatto. Durante la ricerca fa incontri, amicizia, esperienze belle e

brutte. Il gatto è un pretesto per un vivo ritratto di ragazza d'oggi, la descrizione di un quartiere (l'11o

Arrondissement, quello della Bastiglia) in trasformazione, una colorata galleria di tipi tra cui è impossibile distinguere

gli attori professionisti e gli altri. Un bell'esempio di cinema di strada.

* OLTRE IL GIARDINO

di ASHBY HAL, USA 1979, 130'

Un giardiniere ignorante, e da anni imbottito solo di TV, viene scambiato per un famoso e saggio filosofo. Di equivoco

in equivoco diventa una celebrità nazionale, e viene ricevuto alla Casa Bianca come consigliere. Scritta da Jerzy

Kosinski (1933-91) che ha adattato il proprio romanzo Presenze (1971), è un'amara, aguzza, divertente parabola

satirica sulla società americana nell'epoca della TV. Penultima e memorabile interpretazione di Sellers (1925-90).

* LE ONDE DEL DESTINO

di VON TRIERS LARS, DAN SVE 1996, 158'

È la storia di una giovane scozzese e della sua breve felicità coniugale con un operaio che, in seguito a un incidente

sul lavoro, rimane paralizzato e impotente. Su richiesta del marito, Bess si cimenta in svariate esperienze erotiche,

sempre più degradanti, per raccontargliele. Lei ne muore, lui guarisce. Situato all'inizio degli anni '70, scandito in 1

prologo, 7 capitoli e 1 epilogo, appoggiato alla musica rock di quegli anni (David Bowie, Leonard Cohen, Elton John,

Deep Purple, Procol Harum), ambientato in una piccola comunità teocratica di cupa fede calvinista, è un melodramma

di fiammeggiante erotismo cui dà l'acqua della vita la straordinaria E. Watson, attrice di teatro al suo esordio sullo

schermo. Commovente e irritante, ma comunque emozionante, è una storia insensata dalla quale Trier ha saputo

cavare – con la fotografia del grande Robby Müller, spesso con la cinepresa a spalla – un cammino in crescendo

verso gli abissi del delirio e le frontiere del misticismo.

* L' ORGOGLIO DEGLI AMBERSON

di WELLES ORSON, USA 1942, 88'

Situata tra il 1893 e il 1912, è la storia di una ricca famiglia del Sud che non sa adattarsi ai nuovi tempi e alla

crescente industrializzazione. “Persino in questa forma troncata è stupefacente e memorabile” (Pauline Kael nei '70).

“Fu realizzato in evidente antitesi a Citizen Kane come se fosse l'opera di un altro regista che, detestando il primo,

volesse dargli una lezione di modestia” (F. Truffaut).

* L' OSPITE D'INVERNO

di RICKMANN ALAN, GB 1997, 110'

Da poco vedova, incapace di elaborare il lutto, Frances si rifiuta alla vita e lascia che il figlio sedicenne badi a tutti e

due. Sua madre, la combattiva Elspeth, ha sempre avuto un rapporto conflittuale con lei, ma è decisa a farla rivivere,

riconquistandone affetto e fiducia. È l'asse portante del racconto su cui s'innestano altre tre linee narrative con

personaggi di tre generazioni. Girato d'inverno nell'estuario del Forth (Scozia) col bianco come nota cromatica

dominante, il film intenso e delicato riesce senza fatica a far dimenticare il palcoscenico da cui proviene

* UN PADRE IN PRESTITO

di MENGES CHRIS, GB - USA 1994, 105'

Quarantenne solo e solitario adotta un ragazzino di dieci anni, orfano di madre e con padre in carcere. Le difficoltà

non sono poche e aumentano quando, uscito dal carcere e malato di Aids, arriva il babbo

* IL PAESE DEL SILENZIO E DELL'OSCURITA'

di HERZOG WERNER, GER 1975, 85'

Per compiere questo viaggio al termine della notte il regista bavarese (1942) ha avuto per guida la dolcissima e

volitiva Fini Straubinger, sorda e cieca che gli fa da guida - e da interprete attraverso un alfabeto digitale e tattile - in

una serie di visite a persone sorde e cieche o a istituzioni che a Monaco di Baviera li accolgono. È qualcosa di più di

un documentario, sia pure straziante. I sordo-ciechi sono “esponenti di un'umanità estrema che può raggiungere

vertici di profondità altrimenti insondabili ... e quindi diventano per Herzog la base amata necessaria per produrre

immagini e suoni non compromessi da una retorica quotidiana...” (Fabrizio Grosoli). È anche un film sul cinema,

sull'apprendistato della visione. Per Herzog gli spettatori sono dei sordo-ciechi che hanno da essere rieducati

all'esercizio dei loro sensi ottusi dall'abitudine. Non pochi i momenti di sconvolgente emotività: l'incontro tra la

Straubinger e Vladimir, sordo-cieco dalla nascita e handicappato psichico; la scena in cui un contadino, nato sordo e

diventato cieco in età adulta, va ad abbracciare un albero.

* PANE E TULIPANI

di SOLDINI SILVIO, ITA-SVIZZ 2000, 115'

Dimenticata da marito e figli in un autogrill, di ritorno da una gita a Paestum, Rosalba, casalinga di Pescara, si prende

una vacanza a Venezia, trasformando, oltre alla propria, la vita di chi incontra. Sotto il segno di una leggerezza che

non esclude la profondità, 15 anni dopo l'esordio in Giulia in ottobre, S. Soldini approda alla commedia e al successo:

ottimi incassi e 9 premi David. Non è per lui una svolta né una deviazione: la predilezione per le figure femminili è una

sua costante e anche nei 2 film precedenti il tema del viaggio è centrale, qui innestato nel genere della fiaba e nello

schema del racconto di formazione. Scritto con Doriana Leondeff, è un raro esempio di commedia dai palesi valori

figurativi e cromatici.

* PAPILLON

di SCHAFFER F.J., 1973,

Odissea di un francese, condannato ai lavori forzati nel bagno penale della Guyana, che – grinta bronzea, coltello

facile, fibra a prova di aguzzino – cerca più volte di evadere con un collega.

* PARENTI SERPENTI

di MONICELLI MARIO, ITA 1991, 105'

Riunione di famiglia nella bella Sulmona (AQ) a Natale. In casa di nonno Panelli, ex carabiniere un po' rincitrullito, e

dell'infaticabile nonna Trieste arrivano i quattro figli con famiglie. I vecchi propongono di andare a stare in casa di uno

dei figli. Decidano loro. Scritta con Carmine Amoroso (premio Solinas), Suso Cecchi D'Amico e Piero Bernardi, è una

commedia corale scandita in 2 parti. La 1ª ha un taglio di commedia realistica di costume e semina le mine che

esplodono nella 2ª parte dove si passa ai toni dell'umorismo nero fino al feroce cinismo della conclusione. Il

ribaltamento della prospettiva appare eccessivamente programmato.

* Partitura per volti e voci

di SEGRE DANIELE, ,

Viaggio tra una settantina di delegati della CGIL, incontrati ai corsi di formazione (Como, Castellamare di Stabia,

Torino, Cagliari, Ariccia), che parlano di sentimenti, malessere, sogni, pensieri, delusioni, ragioni, rabbia, speranza,

democrazia, droga, razzismo, camorra. La telecamera ferma di D. Segre è come un invisibile confessionale che filma

in primissimo piano volti e voci di operai italiani tra cui un metalmeccanico africano e una mussulmana. Prodotto dalla

CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) e dalla Cammelli Factory di Torino. Trasmesso da RAI3 l'8 ottobre

1991.

* PATCH ADAMS

di SHADYAC TOM, USA 1999,

È una storia vera, quella di Hunter “Patch” Adams che aveva la vocazione del clown e divenne negli anni '70 un

medico, convinto assertore e pioniere della risata come terapia alternativa e fondatore del Gesundheit Institute dove

la praticò, ovvero un personaggio tagliato su misura per R. Williams (1952) che era già stato dottore dell'anima in

Risvegli e Good Will Hunting. Il progresso degli studi sulle endorfine e la scoperta dell'importanza che la mente

esercita nel processo di guarigione l'aiutarono a superare gli ostacoli frapposti dalla medicina ufficiale e dai suoi

(pre)potenti soloni. La causa è giusta e non mancano le frecciate alla malasanità assicurativa negli USA

* PAURA D'AMARE

di MARSHALL G., USA 1991, 115 '

Un cuoco, uscito da diciotto mesi di carcere per truffa, s'innamora di una cameriera che si sta leccando le ferite di

una relazione infelice e la corteggia appassionatamente cercando di vincerne resistenze, paure, diffidenze.

* IL PAZIENTE INGLESE

di MINGHELLA ANTHONY, USA 1996, 162'

Toscana, verso la fine della guerra 1939-45: Hana , infermiera canadese innamorata di un artificiere indiano ,

accudisce un misterioso paziente inglese dal viso sfigurato di cui si rievoca in flashback l'illegittima e tragica

passione per Katharine , incontrata in Egitto, prima della guerra, durante una missione geografico-militare per il

governo britannico

* PER UN PUGNO DI DOLLARI

di LEONE SERGIO, ITA 1964, 95 '

Un pistolero solitario senza nome arriva su un mulo in una cittadina messicana di frontiera, divisa in due fazioni

violente, e vende i suoi servizi al migliore offerente, mettendo gli uni contro gli altri. La vicenda è ricalcata su quella di

La sfida del samurai (Yojimbo, 1961) di A. Kurosawa, ma le sue fonti sono anche Goldoni e la Commedia dell'arte

(Arlecchino servitore di due padroni) e persino Shakespeare e il teatro elisabettiano di cui riprende l'intrigo

machiavellico, l'umorismo macabro, il décor teatrale

* PHILADELPHIA

di DEMME JONATHAN, USA 1994,

Brillante avvocato di Philadelphia è licenziato per inefficienza e inaffidabilità dal prestigioso studio legale dove lavora.

È una scusa, sostenuta con mezzi ignobili: in realtà hanno scoperto che è omosessuale e malato di Aids. Sostenuto

dall'affettuosa famiglia e dal suo tenero compagno, difeso da un grintoso avvocato nero, fa causa agli ex datori di

lavoro. 1ª produzione di alto costo (25 milioni di dollari) sull'Aids, è una lezione di tolleranza, una requisitoria sui

pregiudizi, un'arringa contro l'ingiustizia affidata a uno straordinario T. Hanks, interprete simpatico e “leggero”, e a D.

Washington, l'avvocato che lo difende, fiero eterosessuale e a disagio con i gay, che a poco a poco disperde i suoi

pregiudizi e le sue paure insieme a quelli dello spettatore

* IL PIANETA AZZURRO

di PIAVOLI FRANCO, ITA 1982, 90'

Girato in Valbruna tra Brescia e Mantova, descrive, sotto il segno dell'acqua, il giro dei giorni e delle stagioni, la vita

della natura, la presenza dell'uomo. Poema (più Lucrezio che Disney) che apre una finestra magica sul mondo della

natura. Un piccolo capolavoro anomalo del cinema italiano degli anni '80.

* IL PIANETA DELLE SCIMMIE

di BURTON TIM, USA 2001, 120'

Uomini ridotti in schiavitù e scimmie che governano il pianeta: una realtà che assomiglia ad un incubo, un

mondo alla rovescia dove i ruoli sono ribaltati.

Ad occhi aperti l'astronauta Leo Davidson, uomo del 2029 precipitato dal cielo per un cortocircuito temporale, deve

prenderne atto e cercare di tornare a casa.

Remake del classico del 1968 diretto da Franklin J. Shaffner, Il pianeta delle scimmie nelle mani di Burton diventa un

apologo sulla diversità, che adotta un interessante punto di vista femminile.

L'uomo rozzo agisce per istinto, la scimmia evoluta oltre ad essere intelligente ha sensibilità e sentimenti.

* Il pianeta delle scimmie

di Schaffner, Franklin J, USA 1968, 112'

Presi in un vortice del tempo, astronauti atterrano su un pianeta dove gli umani vivono come bestie in una società di

avanzata cultura governata dalle scimmie. Sorpresa finale. Il 1o, e il migliore, il più vispo dei 5 film ispirati al romanzo

di Pierre Boulle. Thriller di anticipazione che è anche una favola filosofica sui nostri tempi con risvolti politici e

sociologici

* IL PICCOLO FUGGITIVO

di ASHLEY, ENGEL, ORKIN, USA 1953, 1H 10

Joey abbandona il fratello maggiore e va a Coney Island, la grande spiaggia dei divertimenti di New York. Piccolo

gioiello di narrativa cinematografica che, pur nella gracilità del filo narrativo, non ha una sbavatura. Il protagonista è

incantevole per intuito ed espressività. Produzione indipendente, opera collettiva, è uno dei primi manifesti teorici del

New American Cinema sull'uso del cine-occhio come strumento di esplorazione della realtà. Leone d'argento alla 14o

Mostra di Venezia.

* PICNIC AD HANGING ROCK

di WEIR PETER, 1975,

* LA PIU' GRANDE AVVENTURA

di FORD JOHN, USA 1939,

Poco prima della guerra d'Indipendenza colono sposa una ragazza dell'Est e la porta nella sua fattoria nella valle dei

Mohawak. Affrontano insieme i pellerossa sobillati dagli inglesi. 1o film di Ford a colori, e il suo unico (semi)western

ambientato nel Settecento. Tratto dal romanzo di Walter D. Edmonds. Il tono è lirico più che epico, il “sogno

americano” è ancora intatto. Discontinuo, con belle sequenze, senza una vera necessità drammatica.

* IL PIU’ BEL GIORNO DELLA MIA VITA.

di Comencini Cristina, , 2002

Ritratto di famiglia per la Comencini che ritorna a parlare di affetti e ferite tra le mura domestiche.

Irene è una matura signora che vive nella vecchia villa di famiglia ancorata ai ricordi di una vita. Il suo rammarico più

grande è di non essere riuscita a trasmettere ai suoi figli l’attaccamento alla casa e al concetto di famiglia. Ma la

“villa” non è l’unica cosa che i tre eredi rifiutano. Sara dopo la morte del marito si è rinchiusa in un’assoluta solitudine

emotiva, passando le serate in attesa del ritorno del figlio Marco con la paura costante che gli possa accadere

qualcosa. Rita è quella che sembra più realizzata, ha una bella casa, un marito e due figlie, Ma, dietro la facciata, c’è

una grande insoddisfazione. Infine Claudio, un giovane avvocato che vive di nascosto e con frustrazione la propria

omosessualità.

Un “salutare” terremoto emotivo li travolgerà costringendoli a fare i conti con le verità più scomode.

* PLACIDO RIZZOTTO

di Scimeca Pasquale, ITA 2000, 110'

Come e perché Placido Rizzotto, segretario socialista della Camera del Lavoro di Corleone (PA), scomparve la sera

del 10 marzo 1948, ultima tappa di una lunga serie di omicidi politici commessi in Sicilia dal 1944 in poi. 1o film sulla

mafia, ideato e diretto da un siciliano. P. Scimeca ha come punti di riferimento Ciccio Busacca e Danilo Dolci, un

cantastorie impegnato e un educatore poeta e utopista, ma anche Salvatore Giuliano di Rosi come esempio della

necessità di reinventare i modi di raccontare il Sud, pur essendone, nel suo antinaturalismo, stilisticamente lontano.

* POMODORI VERDI FRITTI

di AVNER J., 1991, 2 H

Evelyn (K. Bates), adiposa e depressa donna di mezza età, incontra in una casa di riposo per anziani la vivace

ottantenne Ninny (J. Tandy) che le racconta la storia dell'amicizia tra la fiera Idgy (M. Stuart Masterson) e la dolce

Ruth (M.-L. Parker) e le drammatiche peripezie che le portarono a gestire insieme il Whistle Stop Café alla fermata di

un treno che non c'è più, dove si poteva gustare la specialità locale (i pomodori del titolo). Stimolata dai racconti,

Evelyn cambia vita e si porta a casa la vecchia amica

* IL PONTE SUL FIUME KWAY

di Lean, Davi, GB 1957, 161'

Durante la seconda guerra mondiale prigionieri britannici di guerra in Birmania sono impiegati nella costruzione di un

ponte, mentre una squadra di guastatori loro compatrioti si prepara a distruggerlo.

* I PONTI DI MADISON COUNTY

di EASTWOOD CLINT, USA 1995, 135'

* IL POSTO DELLE FRAGOLE

di BERGMAN INGMAR, 1957,

Un vecchio medico parte in auto con la nuora, carica una coppia di autostoppisti, va a trovare la vecchissima madre,

arriva all'università di Lund dove si festeggia il suo giubileo, il 50o anniversario della sua attività professionale. Alle

vicende del viaggio si alternano sogni, incubi, ricordi che si fanno parabola sulla morte nascosta dietro le apparenze

della vita. “... non avevo capito che V. Sjöström si era preso il mio testo, l'aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue

esperienze... Si era impadronito della mia anima nella figura di mio padre e se ne era appropriato...” (I. Bergman). È,

forse, il più alto risultato di Bergman negli anni '50.

* IL PRANZO DI BABETTE

di AXEL GABRIEL, 1987,

Al servizio di due vecchie signorine norvegesi, Babette Hersant, cuoca francese emigrata, spende una forte somma

vinta alla lotteria per allestire un pranzo per dodici persone che è un'opera d'arte gastronomica. Tratto da un

racconto (nel volume Capricci del destino, 1958) di Isak Dinesen, pseudonimo di Karen Blixen, è un piccolo gioiello di

delicata grazia e di struggente eppur serena malinconia

* Pranzo di Natale

di Thompson, Danièl, Fr.-GB-Giap 1999, 111'

Tre sorelle, che più diverse tra loro non potrebbero essere si affannano a preparare un cenone natalizio

(bûche=ceppo, titolo ambivalente) per dodici persone (o tredici?), ma i giorni della vigilia tracimano di segreti, bugie,

veleni e sorprese di famiglia che, però, nonostante tutto, rimane un rifugio

* Preferisco il rumore del mare

di Calopresti, Mimmo, ITA-FRA 1999, 90'

Calabrese che a Torino con il lavoro si è arricchito e padre deluso dell'inquieto e svogliato Matteo , Luigi aiuta il

conterraneo adolescente Rosario a trasferirsi a Torino, ospite di una comunità di giovani a rischio, guidata da un

generoso e impegnato sacerdote . Tra i due ragazzi così diversi nasce un difficile rapporto amicale che per vie

indirette porta il disadattato Matteo a una velleitaria ribellione e il caparbio Rosario a tornare al paese natio con la

speranza di poterlo, un giorno, cambiare.

* PRIMA DEL TRAMONTO

di WINER HARRY, 1990,

* IL PRINCIPE DELLE MAREE

di Streisand, Barbra, USA 1991, 132

Un allenatore di football del Sud, con moglie e figlie, è chiamato al capezzale della gemella che ha tentato il suicidio.

Aiutato dalla psicanalista di lei, con la quale ha un'intensa e breve storia d'amore, riesce ad affrontare un tragico

episodio della sua infanzia che aveva rimosso, consentendo alla psicanalista di aiutare anche la sua paziente.

* PROVA D'ORCHESTRA

di FELLINI FEDERICO, 1979,

In una chiesa sconsacrata si tiene una prova d'orchestra che non va bene. Il direttore strapazza gli orchestrali.

Pausa. Quando il maestro torna in sala, è scoppiato il Sessantotto: urla, berci, slogan contro il potere e le istituzioni,

scritte eversive finché un'enorme palla d'acciaio sfonda un muro tra polvere e detriti. Laceri e impauriti, gli orchestrali

ricominciano la prova, guidati dal direttore che ora parla in tedesco. Apologo estetico? Parabola etica e civile?

Allegoria politica sulla società italiana? Il filmetto (Fellini dixit) si prestò a queste e ad altre interpretazioni. Forse

sarebbe meglio abbandonarsi al piacere del testo e alla fascinazione della sua macchina audiovisiva, prendendolo

come una domanda, una provocazione, una sollecitazione. Se ci si riesce, fin dove ci si riesce.

* Provvisorio quasi d'amore

di SOLDINI S, MARCIANO F, MAZZONI R, SEGRE D, 1988,

7 storie quasi d'amore, dirette da 7 giovani registi italiani. 7 piccoli episodi, ciascuno impregnato da un sottile disagio

che insinua dubbi nel nostro modo di vivere e pensare l'amore. Prodotto dalla milanese Indigena per RAI 3.

* I pugni in tasca

di Bellocchio Marco, ITA 1965, 107'

In un'agiata casa borghese di Bobbio (PC) una madre cieca vive di ricordi con 4 figli, uno dei quali, epilettico ed

esaltato, la elimina e uccide anche un fratello deficiente. Colpito da una crisi è lasciato morire dalla sorella. Dopo

Ossessione di Visconti non c'era mai stato nel cinema italiano un esordio così clamoroso e autorevole. Non c'è più

stato nemmeno nei 20 anni seguenti. Bellocchio sfida il grottesco senza cadervi. Duro, crudele, angoscioso.

* QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO

di FORMAN MILOS, USA 1975, 133

Da un romanzo di Ken Kesey: pregiudicato, trasferito in clinica psichiatrica, smaschera il carattere repressivo e

carcerario dell'istituzione. La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno. Premiato con 5 Oscar (film, regia,

Nicholson e Fletcher, sceneggiatura di Bo Goldman e Laurence Hauben) – come non succedeva da Accadde una

notte (1934) – è un film efficacemente e astutamente polemico sul potere che emargina i diversi e sul fondo

razzistico della psichiatria.

* QUANDO ERAVAMO RE - MUHAMMAD ALI'

di GAST LEON, USA 1996, 88'

* QUANDO LA BESTIA URLA

di DE TOTH ANDRE', USA 1957,

Barney Ross, eroe di Guadalcanal, ammalato di malaria viene curato con la morfina. E diventa tossicodipendente.

Una buona sceneggiatura (basata sulla storia vera dell'ex pugile B. Ross) e un'ottima interpretazione per un degno

film di basso costo.

* QUARTO POTERE

di WELLES ORSON, USA 1941, 2 H

Muore Charles F. Kane, magnate della stampa USA. Un giornalista intervista i suoi amici e dipendenti per scoprire il

significato dell'ultima parola pronunciata sul letto di morte: “Rosebud”. Al suo esordio il 26enne O. Welles condensa in

un solo film un patrimonio di complesse esperienze tecniche e artistiche, portando a compimento un'intera fase della

storia del cinema. Nel suo barocchismo, è un potente spettacolo-riflessione sul capitalismo nordamericano. “Soffre

di gigantismo, di pedanteria, di tedio. Non è intelligente, è geniale: nel senso più notturno e più tedesco di questa

parola” (J.L. Borges). Regolarmente in testa alla lista dei 10 migliori film del mondo.

* I QUATTROCENTO COLPI

di TRUFFAUT FRANCOIS, 1959,

Piccolo parigino, trascurato dai genitori, scappa di casa due volte, ruba, è chiuso in un riformatorio da dove fugge

per arrivare al mare che non aveva mai visto. Straordinario 1o lungometraggio di F. Truffaut che, premiato per la

regia a Cannes, contribuì al lancio della Nouvelle Vague francese. 1o film della serie Antoine Doinel che – caso unico

nella storia del cinema – segue un personaggio dall'adolescenza alla maturità. Uno dei film più teneri e lucidi

sull'infanzia incompresa, tema che attraversa tutta l'opera del regista

* QUEL CHE RESTA DEL GIORNO

di IVORY JAMES, GB - USA 1993, 134'

Nel 1958, dopo che la tenuta di Darlington Hill, dove ha servito per trent'anni e più, è stata acquistata da un ricco

americano (C. Reeve), un maggiordomo (A. Hopkins) si rende conto che la sua ammirata fedeltà per il padrone era

mal riposta e che nella totale identificazione nel proprio ruolo ha fallito la sua vita. Tratto dal romanzo omonimo (1990)

di Kazuo Ishiguro, giapponese cresciuto in Inghilterra, e adattato da Ruth Prawer Jabhala che per 30 anni gli ha

scritto 2 film su 3, è il più malinconico e amaro dei film di J. Ivory. E il più politico. Ha la struttura di una cipolla, cioè a

strati, da levare, gustandoli, a uno a uno fino a scoprire il cuore che qui è un nocciolo duro: una lucida requisitoria

verso una classe, un mondo, un modo di vivere. In letteratura come al cinema c'è differenza tra formalismo e

scrivere bene. Ivory scrive bene. E non esiste un modo di scrivere “troppo bene”.

* QUINTO POTERE

di LUMET SIDNEY, USA 1976, 121'

Un noto commentatore televisivo, in calo di popolarità, annuncia il suo imminente suicidio in diretta. Pubblico

elettrizzato. Una giornalista cerca di sfruttare fino in fondo l'avvenimento. Un brutto, isterico, iroso film contro la

televisione che bisogna vedere. In arte, come nelle altre forme di comunicazione, l'ira è cattiva consigliera perché

induce a combattere il nemico con le sue stesse armi. Network ha quasi tutti i difetti che pretende di denunciare

* RACCONTO CRUDELE DELLA GIOVINEZZA

di OSHIMA N., GIA 1960,

Studente universitario di Osaka seduce una ragazza, ne diventa l'amante, la induce all'adescamento di anziani

danarosi per intervenire al momento giusto, ricattandoli. Epilogo tragico.

* RAGAZZE INTERROTTE

di MANGOLD JAMES, USA 1999, 127'

Susanna, diciottenne depressa di buona famiglia, è internata per due anni in un ospedale psichiatrico, per guarire da

una malattia mentale indefinita. Ne esce arricchita dall'amicizia – fatta di confronti e di scontri con altre pazienti, più di

lei sulla borderline tra normalità e malattia – pronta ad affrontare la vita. Dal romanzo autobiografico La ragazza

interrotta di Susanna Kaysen, sceneggiato dal regista con 2 donne , uno psicodramma claustrofobico al femminile

che è anche un racconto di formazione e un viaggio iniziatico. Coinvolgente sul piano della comunicazione emotiva

più che su quello espressivo, è un film d'attrici

* RAGAZZI FUORI

di RISI MARCO, ITA 1990,

Che cosa succede ai ragazzi di Palermo quando escono dal riformatorio? Questo il tema di un film scomodo che

divise i critici, indispettì i politici, scandalizzò i benpensanti. Un film di scorrevole scrittura giornalistica e televisiva,

seguito di Mery per sempre (1989), anch'esso scritto dal siciliano Aurelio Grimaldi.

* IL RAGAZZO DAI CAPELLI VERDI

di LOSEY JOSEPH, USA 1948, 82'

Accortosi una mattina di avere i capelli verdi, orfano di guerra dapprima si ribella poi decide di superare le beffe del

prossimo. Esordio nel lungometraggio di Losey. Nella contaminazione tra sogno e realtà c'è una scoperta simbologia,

un limpido, volutamente ingenuo, didascalismo pacifista, un elogio della diversità.

* IL RAGAZZO SELVAGGIO

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1969,

La storia vera dello scienziato Jean Itard (1774-1838) che all'inizio dell'Ottocento cercò di educare un ragazzo

trovato allo stato brado nei boschi dell'Aveyron, in Francia. È il più grave, radicale, “freddo” dei film di Truffaut. Non è

un apologo umanistico. La sua parola d'ordine è: disubbidire al Padre, una spietata critica a certi metodi educativi.

Sotto la puntigliosa ricostruzione storica, un film poetico che nasce dalla sensibilità e da un grande amore per

l'infanzia.

* RAIN MAN

di LEVINSON BARRY, USA 1988,

Viaggio da Cincinnati a Los Angeles di un disinvolto commerciante d'auto e di suo fratello, autistico con genio

matematico. Divertente, commovente, ruffianello, conta specialmente per D. Hoffman e il suo istrionismo raffreddato.

4 Oscar: film, regia, sceneggiatura (Ronald Bass e Barry Morrow), D. Hoffman. Orso d'oro al Festival di Berlino 1989.

* RAPSODIA IN AGOSTO

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1991, 98'

D'estate, in una casa di campagna vicino a Nagasaki, quattro ragazzi passano le vacanze con la nonna,

sopravvissuta all'attacco atomico del 1945. Dalle Hawaii arriva un loro cugino nippo-americano. Piccolo film, forse,

ma non film minore: un po' verboso e didattico, ma di una semplicità così tersa e franca nell'esporre grandi temi (la

strage atomica, la memoria del dolore, il lutto) da non poter essere scambiata per semplicismo. Magici intervalli

descrittivi e, nell'epilogo, un grande momento di cinem

* Rashômon

di Kurosawa Akira, gia 1950, 88'

Sotto il portico del tempio del dio Rasho a Kyoto nel XV secolo un boscaiolo, un bonzo e un servo rievocano un

tragico fatto di sangue, giudicato in un tribunale davanti al quale hanno deposto come testimoni: un bandito aveva

aggredito un samurai che, in compagnia della moglie, attraversava una foresta, uccidendo l'uomo e violentando la

donna. Alla prima versione dei fatti data dal bandito segue quella della donna: entrambe sono raccontate dal

boscaiolo. Il bonzo riferisce una terza versione, fatta dallo spirito del defunto samurai, evocato da una maga. Allora,

riprendendo la parola, il boscaiolo confessa di avere assistito al delitto e racconta ai compagni una quarta versione,

prima di raccogliere un bambino abbandonato e portarselo a casa. Tratto da 2 racconti di Ryumosuke Akutagawa

(1892-1927), il 12o film di A. Kurosawa vinse a sorpresa il Leone d'oro a Venezia nel 1951, facendo da battistrada

nei festival e sui mercati europei al cinema giapponese. Scandito dal ritmo ossessivo di un bolero, è un film in cui le

diverse componenti letterarie, psicologiche (persino psicanalitiche) e drammatiche si fondono in una superiore unità

filmica che rimanda al cinema muto e, insieme, anticipa la tecnica televisiva con un linguaggio febbrilmente barocco

nel suo virtuosistico dinamismo. L'incrociarsi delle versioni contraddittorie serve “meno a sottolineare la vanità o la

debolezza umana... che a far sentire l'abisso che separa le parole e le cose, la soggettività e la realtà... A questo

proposito Rashômon è più vicino a Faulkner che a Pirandello” (J. Lourcelles). Premio speciale agli Academy Awards

1951: l'Oscar per il miglior film straniero fu istituito nel 1956. Rifatto a Hollywood come L'oltraggio (1964) con la regia

di M. Ritt e Paul Newman nella parte di T. Mifune.

* RATBOY

di LOCKE SONDRA, USA 1986, 105'

Peripezie di un ragazzo-topo di provenienza sconosciuta sfruttato per denaro da una vetrinista che l'ha scovato e

da un gruppo di cinici senza scrupoli. Lieta fine garantita. Esordio nella regia di S. Locke con gli abituali collaboratori

di Clint Eastwood – all'epoca suo compagno nella vita – in una favola drammatica dai risvolti sociali che non esce

dalle convenzioni del genere.

* Ratcatcher

di Ramsay Lynne, GB 1999, 93'

Glasgow 1973, durante un lungo sciopero della nettezza urbana, in un quartiere degradato di periferia: il difficile

passaggio dall'infanzia all'adolescenza del 12enne James Gillespie (W. Eadie), tormentato dal senso di colpa per

l'annegamento di un bambino, che sogna una casa nuova e la bellezza dei campi. Esordio nel lungometraggio di una

regista 30enne di Glasgow (Scozia) esposto a “Un Certain Regard” di Cannes e pluripremiato in vari festival minori.

* REGALO DI NATALE

di AVATI PUPI, 1986,

Nella notte di Natale quattro amici e un industrialotto, presunto pollo da spennare, si trovano per una partita di poker

che dovrà essere, in molti sensi, un regolamento di conti. Come si addice a una partita di poker, che è il fulcro del

film, c'è suspense, ma vien fuori bene anche la conoscenza che il bolognese Avati ha della vita in provincia. I

personaggi sono ben disegnati e serviti da attori che hanno le facce giuste

* LE REGOLE DELLA CASA DEL SIDRO

di HALLSTROM LASSE, USA 1999, 130'

Cresciuto nell'orfanotrofio di St. Cloud (Maine) con la guida paterna del suo fondatore Wilbur Larch, medico umanista

e abortista, nel 1943 Homer Wells lascia la sua grande famiglia per conoscere il mondo. Grazie all'amicizia di una

giovane coppia benestante, conosce anche l'amore e trova un lavoro come raccoglitore di mele. Morto Larch, torna

all'orfanotrofio a prenderne il posto. Tratto dal romanzo (1986) di John Irving che l'ha adattato, potandolo ed

espungendone i passaggi ginecologici e sessuali più crudi, è una bella storia di formazione, un film all'antica sotto il

segno di Dickens, generoso nel raccontare emozioni, buoni sentimenti, l'etere e le mele, sagace nel suo svariante

registro narrativo che passa dal pathos all'umorism

* RICOMINCIA DA OGGI

di TAVERNIER BERTRAND, FRA 1998, 113'

A Harnaing, (Nord Est della Francia), in una zona mineraria dove la disoccupazione (2000 su 7000 abitanti) è

all'origine di un profondo degrado sociale, Daniel (P. Torreton), direttore di una scuola materna, combatte contro

burocrazie ottuse, servizi sociali insufficienti, genitori assenti, ispettori parolai, colleghi integrati, sindaco comunista

allineato. Scritto dal regista con un insegnante vero, Dominique Sampiero, suo genero, e con sua figlia Tiffany, girato

in Cinemascope in luoghi autentici, è interpretato da attori mescolati alla popolazione locale e ai bambini di due classi.

Nonostante la linea narrativa un po' pasticciata con qualche concessione alla predica e un finale un po'

accomodante, è “uno di quei film in cui, quando si entra, non si vorrebbe più uscire” (Lorenzo Pellizzari) per la forza

del suo approccio semidocumentaristico, il gusto dell'improvvisazione della veloce cinepresa guidata da Alain

Choquart, la coinvolgente tenerezza dei bambini di cui “si ruba” la spontaneità

* RIFLESSI SULLA PELLE

di RIDLEY P., ITA 1990, 92

Nella campagna dell'Idaho nei primi anni '50 il piccolo Seth Dove (J. Cooper) di 7 anni è un perverso polimorfo che ha

una visione deformata della realtà. Come rivela il l'urlo finale del bambino per la scoperta della presenza del Male nel

mondo, quest'opera prima di P. Ridley (1960) – pittore, romanziere, drammaturgo e sceneggiatore – è una storia

gotica che ha il ritmo allucinato del migliore Stephen King, la perversa sottigliezza di Henry James, la forza visionaria

di David Lynch: un universo fantastico che affonda le sue radici nella realtà: “L'innocenza può essere un inferno”

* Risorse umane

di Cantet, Laurent, FRA 1999, 100'

Frank, laureato in economia aziendale, torna al paese natio per uno stage estivo nella fabbrica dove il padre operaio

lavora da trent'anni. È convinto di poter conciliare gli interessi di capitale e lavoro con una gestione intelligente ed

equilibrata della legge sulle 35 ore settimanali. Quando scopre che l'hanno usato per far passare una ristrutturazione

della fabbrica e la conseguente riduzione del personale, si schiera con i lavoratori e i sindacati che entrano in

sciopero. Raro esempio di cinema sul mondo operaio che entra dentro la fabbrica industriale: “si focalizza in un

luogo che definisce, nomina il nostro tempo...” (Pietro Ingrao). I suoi limiti di verismo dimostrativo, didattico,

stilisticamente “normale” sono superati nel forte, coinvolgente finale con l'aspro rimprovero del figlio al padre – il

personaggio espressivamente più riuscito – e nella sconsolata domanda conclusiva all'amico: “E qual è il tuo posto?”.

* RISVEGLI

di MARSHALL PENNY, USA 1990, 116'

Tratto dal ponderoso libro di Oliver Sacks che era una relazione medica sui “miracoli” indotti dalla droga L-Dopa

somministrata tra il 1969 e il 1973 nel Mount Carmel Hospital di New York a più di duecento malati, sopravvissuti a

una grave epidemia di encefalite letargica (malattia del sonno) che si era diffusa nel mondo tra il 1917 e il 1927, il film,

sceneggiato da Steven Zaillan, sviluppa una delle venti storie, quella del risveglio di Leonard L. Mediocre in termini

estetici e ruffiano nei confronti dello spettatore, è una sagra degli stereotipi del cinema ospedaliero in salsa

hollywoodiana che censura, inzucchera, banalizza e mistifica la materia del libro. Qualche momento di autentica

malinconia e un imperdonabile finale sdolcinato. R. De Niro attraversa da virtuoso tutte le fasi della malattia in una

sarabanda mimica quasi oscena. R. Williams, contenuto e volutamente in sordina, è superbo.

* RITORNO A CASA

di de Oliveira Manoel, PORT-FRA 2001, 90'

Gilbert Valence, attore teatrale, viene raggiunto dalla notizia della morte della moglie, della figlia e del genero, dietro le

quinte del palcoscenico, poco dopo aver recitato Ionesco.

E' un uomo solo, anziano: gli resta il giovane nipote e la consapevolezza di essere un attore. Novantatré anni

compiuti e, dal 1990 ad oggi, una media di un film ogni 12 mesi, de Oliveira è uno di quei registi per cui Cannes e

Venezia fanno la guerra, contendendoselo ad ogni edizione.

Il più importante autore portoghese di sempre, con Ritorno a casa, si abbandona ad un racconto essenziale e

morbido, che ha la leggerezza e la lievità come motori principali. In contrapposizione al tema centrale: quello doloroso

della perdita delle persone care, raccontata anche da Moretti e Ozpetek, con altro stile e scelte di tono. Sussurrato

* RITRATTO DI SIGNORA

di CAMPION JANE, , 144'

Giunta in Inghilterra al seguito di una ricca zia (S. Winters), la giovane americana Isabel Archer (N. Kidman) si ritrova,

alla morte dello zio (J. Gielgud), erede della metà del suo patrimonio e parte per l'Italia, dopo aver rifiutato più di una

domanda di matrimonio per non perdere la libertà. A Firenze s'innamora di Gilbert Osmond, raffinato e colto snob che

la sposa per denaro, ma non tarda a capire di aver commesso un grave errore. Pur senza trascurare la dimensione

sociale del romanzo (1881) di Henry James, il film – sceneggiato da Laura Jones che ne condensa le 600 pagine in 2

ore e un quarto – punta sui sentimenti e sui comportamenti, su un melodramma in penombra e diventa, ancor più che

in James, un memorabile ritratto dell'infelicità femminile in cui, però, i temi della libertà e della responsabilità sono

centrali

* ROMANCE

di MAZZUCCO MASSIMO, ITA 1986, 94'

È la storia di un confronto generazionale. Un padre e un figlio s'incontrano dopo molti anni di separazione: il vecchio

Giulio è un tipo incline allo scherzo e alla fantasia, il giovane Andrea è un conformista ipocrita

* ROMUALD & JULIETTE

di SERREAU COLINE, FRA 1989, 104'

Madre di cinque figli avuti da cinque mariti, la nera Juliette fa le pulizie in una fiorente fabbrica di yogurt. Salva il

direttore Romuald da una congiura di palazzo, se lo sposa e lo rende padre per la terza volta (sesta per lei)

* LES ROSEAUX SAUVAGES

di TECHINE' ADRE', FRA 1994, 110'

Nel 1962, quando gli accordi di Evian mettono fine alla guerra d'Algeria, nel liceo di una cittadina francese del Sud-

ovest arriva il pied noir Henri che col suo oltranzismo suscita le ire di Maïté , figlia di una insegnante comunista che

pure ne è attratta, ma anche la gelosia di Serge , figlio di contadini italiani immigrati, e il turbamento di François , il più

bravo della classe, che sta scoprendo le proprie inclinazioni omosessuali. Il bel film di A. Téchiné (1943) appartiene a

una serie di 9 film per la TV – “Tous les garçons et les filles de leur âge” – tra cui fu il più elogiato insieme con L'Eau

froid di Assayas. Specialmente nella 1ª parte i rapporti, i conflitti, gli amori fra i quattro personaggi principali sono

descritti con tenerezza, leggerezza, credibilità e un affetto che nasce probabilmente dalla nostalgia e dalla memoria.

È girato in una regione che il regista conosce bene e che restituisce in immagini suggestive, quasi a far da

controcanto idillico agli orrori di una guerra lontana, ma ancora incombente, e al groviglio dei conflitti psicologici.

* ROSETTA

di DARDENNE LUC, BEL-FRA 1999, 91'

Rosetta vive nel carrozzone di un campeggio con la madre alcolista che si prostituisce. Ogni giorno va in città in

cerca di un lavoro che trova, perde, ritrova, che le portano via, che si riprende. È ossessionata dalla paura di

scomparire e dalla vergogna di essere un'emarginata. Vuole una vita normale: come loro, con loro.

* Scelta d'amore - La storia di Hilary e Victor

di Schumacher, Joel, USA 1991, 105'

Assunta per assistere Victor, ricco e giovane leucemico, l'infermiera Hilary, povera e ignorante, passa dalla pietà

all'amore. Epilogo (quasi) aperto alla speranza. Convenzionale cancer film, o melodramma terminale, ma non

spregevole, tratto da un romanzo di Martin Leimbach. Bella la fotografia di Juan Ruiz Anchia (2 film di David Mamet),

belli i paesaggi di Mendocino (California del Sud), bella e bravina J. Roberts, attendibile C. Scott che ha alcune scene

con C. Dewhurst, sua madre nella realtà.

* SCENE DA UN MATRIMONIO

di BERGMAN INGMAR, SVE 1973, 170'

Diviso in 6 capitoli, è l'analisi di un rapporto di coppia tra Marianne e Johann su un arco di 10 anni. Nell'ultimo capitolo,

ormai divorziati e risposati, si ritrovano dopo sette anni, più maturi e adulti, scoprendo di amarsi ancora, ma in modo

diverso. C. Tra sussurri e grida, in altalena tra tenerezza e violenza, in bilico tra il paradiso (illusorio) e l'inferno

(autentico), quel che prevale in questa decennale odissea (o corrida?) coniugale è il purgatorio. Con rarissimi esterni

l'azione è fondata sulla parola, sui gesti, sul comportamento, filmata quasi sempre in primo piano o con piani

ravvicinati.

* SCENT OF WOMAN

di BREST MARTIN, USA 1993, 148

* SCHINDLER'S LIST

di SPIELBERG STEVEN, USA 1993, 195'

* SCOPRENDO FORRESTER (FINDING FORRESTER)

di VAN SANT GUS, USA 2000, 131'

L'anziano William Forrester vive "isolato" dal resto del mondo. Quaranta anni prima vinse il premio Pulitzer col suo

unico romanzo, che ora sembra solo uno sbiadito ricordo.

Un giovane studente di colore, però, che a sua volta sogna di diventare scrittore, irrompe nella sua vita, s'intrufola

nella sua casa, lasciando un quaderno con i suoi scritti e gli diventa amico. E il vecchio leone torna a ruggire.

Questo incontro finirà per modificare il corso dell'esistenza di entrambi.

Prodotto da Sean Connery, ecco un altro romanzo di formazione firmato Gus Van Sant, dopo Will Hunting - Genio

ribelle. Dietro le scelte di vita dello scrittore protagonista, si intravedono quelle del grande Salinger.

* La seconda ombra

di Agosti, Silvan, ITA 2000, 84'

Un episodio nella vita di Franco Basaglia (1924-80), il più noto esponente dell'antipsichiatria italiana. La sua opera

portò alla legge 180 del 1978 sull'abolizione degli istituti manicomiali che poi fu soltanto parzialmente applicata.

L'azione si svolge nel 1961 quando Basaglia prese la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Si divide in 3

parti: 1) Basaglia in incognito percorre le miserie umane del manicomio; 2) la sua attività per “liberare tutti, anche i

medici”, occupandosi dei malati (i matti che “tuttavia” sono persone) più che della malattia; 3) la grande sequenza

notturna in cui si abbatte il muro che separa i malati dalla città. Il titolo allude all'interiorità del malato, il luogo in cui si

rifugia con la sua diversità. Film a basso costo (con un ottimo R. Girone a paga sindacale), fuori dagli schemi,

intenso nella sua semplicità che non è soltanto didattica

* I SEGRETI DEL CUORE

di FREUNDLICH BART, 1997, 90'

Per il Giorno del Ringraziamento due fratelli e due sorelle tornano in casa dei genitori nel New England. Tensioni,

scontri, incontri e, almeno per i due giovani maschi, una ripartenza positiva. Opera prima di produzione indipendente,

scritta dal regista, è una commedia psicologica di poco spessore, ma di apprezzabile descrizione sul precario

equilibrio tra p

* SEGRETI E BUGIE

di LEIGH MIKE, BG FR 1996,

Alla morte dei genitori adottivi, una giovane donna nera decide di trovare la madre naturale. Scopre che è una donna

bianca, fragile e frustrata, con un'altra figlia ventenne, infelice e aggressiva, e con un fratello in crisi. Durante una

festa di compleanno vengono al pettine tutti i nodi dei legami affettivi. Dramma psicologico raccontato con lucida

freddezza, una rappresentazione del dolore priva di interpretazioni pseudo-psicanalitiche. “Segreti e bugie sta a

Voglia di tenerezza come Full Metal Jacket a Rambo. La cinepresa di M. Leigh riceve i personaggi, non li segue, non li

cerca” (Silvio Danese). Ottimi interpreti sui quali spicca B. Blethyn, la madre, nota attrice teatrale inglese che fatica

un po' a controllare il suo talento di mattatrice.

* SENZA PELLE

di D'ALATRI ALESSANDRO, ITA 1994, 90

La vita quieta di una coppia piccoloborghese a Roma – lei impiegata alle Poste, lui conducente d'autobus – è turbata

dall'ossessivo corteggiamento di Saverio, giovane psicolabile e ipersensibile, innamorato della donna. Lei è

imbarazzata; lui, superati i primi impulsi di gelosia aggressiva, cerca di capire l'intruso e la sua diversità, sentendosi

un po' santo, un po' fesso. Un'idea forte di partenza, sviluppata senza divagazioni né demagogia sentimentale con

una conclusione che apre uno spiraglio di speranza per il giovane Saverio.

* SESSION 9

di Anderson Brad, USA 2001, 96'

Un vecchio manicomio da ristrutturare.

Un lavoro da svolgere al massimo in una settimana: cinque uomini impegnati a rimuovere tutto l'amianto che si trova

negli ampi spazi dell'edificio, prima che i lavori di ripristino vero e proprio della struttura possano partire.

Non è la prima volta che vengono descritte le influenze di luoghi sinistri e minacciosi sulla psiche di un gruppo di

individui sempre più isolati.

Dalla sua Session 9 sceglie un interessante punto di vista operaio e proletario, ma il tentativo nel finale di dare una

pennellata razionale non lo aiuta ad avere il coraggio di andare oltre la logica fino in fondo.

* I SETTE SAMURAI

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1954, 220'

Nel Giappone del XVI secolo in cui orde di soldati sbandati e dediti al brigantaggio saccheggiano le campagne, la

popolazione di un povero villaggio decide di ricorrere ai samurai, nobile casta di soldati di ventura, nella speranza di

trovare qualcuno disposto a impegnarsi in un'impresa così umile e così poco remunerata. Li trovano. Selezionati dal

saggio e disincantato Kambei (T. Shimura), cinque rispondono all'appello. Il settimo è il contadino Kikuchiyo (T.

Mifune), miles gloriosus che vuole conquistarsi sul campo l'onore di essere promosso samurai. Nella strenua difesa

del villaggio quattro dei sette e molti contadini muoiono da prodi. L'attacco è respinto e nei campi riprende il lavoro.

Molti fattori contribuiscono a fare la grandezza del 14o film di A. Kurosawa: la sapienza della costruzione narrativa

(1 prologo, 1 epilogo e 4 capitoli: la ricerca dei contadini, il reclutamento dei samurai, l'organizzazione della difesa, la

battaglia che dura tre giorni e tre notti); l'ariostesca varietà degli episodi e dei registri narrativi unita alla bellezza

figurativa di questo affresco corale; la straordinaria galleria dei sette, ciascuno dei quali rappresenta un diverso

aspetto della moralità e del comportamento dei samurai; la ricchezza dialettica nel confronto tra due culture;

l'equilibrio tra la toccante elegia dei sentimenti e l'epica turbinosa dell'azione. L'epilogo è su una nota di virile

malinconia: noi samurai – dice Kambei – siamo come il vento che passa veloce sulla terra, ma la terra rimane e

appartiene ai contadini. Anche questa volta siamo stati noi i vinti; i veri vincitori sono loro

* IL SETTIMO SIGILLO

di BERGMAN INGMAR, SVE 1956, 94'

In compagnia di uno scettico e pragmatico scudiero, il cavaliere Antonius Blok torna dalle Crociate, tormentato dai

dubbi, si trova in un paese dove imperversano la peste e il fanatismo e incontra la Morte che lo sfida a scacchi. Una

famiglia di saltimbanchi gli fa tornare la fiducia. È, in definitiva, un'allegoria scandinava sull'uomo in cerca di Dio con

la morte come unica certezza. Come negli spettacoli medievali, il tragico convive con il comico

* SFIDA ALL' O. K. CORRAL

di STURGES, USA 195, 120 '

Nel 1880 a Tombstone, lo sceriffo Wyatt Earp, aiutato dai due fratelli e dall'amico medico Doc Holliday, deve

affrontare in un duello all'ultimo sangue la feroce banda dei Clanton. È uno dei tanti western – e, forse, il più vicino

alla realtà storica – che rievocano la celebre sparatoria

* SHINING

di KUBRICK STANLEY, 1980,

Dal romanzo (1977) di Stephen King: sotto l'influenza malefica dell'Overlook Hotel sulle Montagne Rocciose dove s'è

installato come guardiano d'inverno con moglie e figlio, Jack Torrence sprofonda in una progressiva schizofrenica

follia che lo spinge a minacciare di morte i suoi cari. Più che un film dell'orrore e del terrore, è un thriller fantastico di

parapsicologia che precisa, dopo 2001: odissea nello spazio e Arancia meccanica, la filosofia di S. Kubrick.

L'aneddotica di S. King diventa fiaba e rilettura di un mito, di molti miti, da quello di Saturno a quello di Teseo e del

Minotauro, per non parlare del tema dell'Edipo. Il prodigioso brio tecnico-espressivo è al servizio di un discorso sul

mondo, sulla società e sulla storia. Totalmente pessimista, Kubrick nega e fugge la storia, ma affronta l'utopia

riaffermando che le radici del male sono nell'uomo, animale sociale, ma non negando, anzi esaltando, la possibilità di

una riconciliazione futura, attraverso il bambino e il suo shining (luccicanza).

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick, Shining, Lindau, Torino

* SLEEPERS

di LEVINSON BARRY, USA 1996, 147'

Da un romanzo di Lorenzo Carcaterra, sceneggiato dal regista che l'ha anche prodotto, il film, scomponibile in tre

blocchi, racconta le peripezie di quattro ragazzi del quartiere di Hell's Kitchen nel West Side di New York che, chiusi

in riformatorio, subiscono un infame calvario di maltrattamenti e abusi sessuali. Una dozzina di anni dopo due di loro

uccidono il più sadico degli aguzzini (K. Bacon). Al processo sono assolti grazie a uno degli altri due (B. Pitt),

divenuto procuratore distrettuale, aiutati dal quarto (J. Patric) che fa il giornalista (e il narratore della storia), da un

sacerdote (R. De Niro) e da un avvocaticchio alcolizzato (D. Hoffman) che li difende. Il prete contribuisce

all'assoluzione offrendo un falso alibi ai due imputati, dopo aver giurato sulla Bibbia. Polemiche e dibattiti. Il fine

giustifica i mezzi?

* SMOKE

di WANG WAYNE, USA 1995, 110'

Esordio in sceneggiatura per Paul Auster (1949), autore di 6 romanzi, con una storia ambientata a Brooklyn nella

zona di Park Slope dove Auster vive da una quindicina d'anni. Scandito con fluida eleganza in 5 capitoli che hanno il

nome dei personaggi principali – Paul (W. Hurt), che sta elaborando il lutto della moglie amatissima, uccisa in una

rapina; Rashid (H. Perrineau Jr.), che cerca il padre che non conosce e finisce ospite di Paul; Auggie (H. Keitel),

proprietario di una tabaccheria; Ruby (S. Channing), che ha una benda sull'occhio e vuol convincere Auggie a

occuparsi della figlia tossica che ha avuto da lui; Cyrus (F. Whitaker), con il suo braccio meccanico – Smoke non

racconta una storia, ma sviluppa situazioni il cui epicentro è la tabaccheria nella quale si raccontano molte storie (e

si elogiano le delizie del fumo). È un film molto parlato, con personaggi normali ed eccentrici insieme che, se

esistessero, meriterebbero l'Oscar della simpatia

* SMOKE

di Wang, Wayn, ,

Esordio in sceneggiatura per Paul Auster (1949), autore di 6 romanzi, con una storia ambientata a Brooklyn nella

zona di Park Slope dove Auster vive da una quindicina d'anni. Scandito con fluida eleganza in 5 capitoli che hanno il

nome dei personaggi principali – PauL , che sta elaborando il lutto della moglie amatissima, uccisa in una rapina;

Rashid , che cerca il padre che non conosce e finisce ospite di Paul; Auggie , proprietario di una tabaccheria; Ruby ,

che ha una benda sull'occhio e vuol convincere Auggie a occuparsi della figlia tossica che ha avuto da lui; Cyrus ,

con il suo braccio meccanico – Smoke non racconta una storia, ma sviluppa situazioni il cui epicentro è la

tabaccheria nella quale si raccontano molte storie (e si elogiano le delizie del fumo).

* THE SNAPPER

di FREARS STEPHEN, GB 1993, 95'

A Barrytown – quartiere immaginario a nord di Dublino, sfondo di una saga operaia in 3 romanzi di Roddy Doyle

(1958) – sta per nascere uno snapper – marmocchio nel gergo irlandese – concepito in stato di ubriachezza birrosa,

frutto di una gravidanza inattesa e indesiderata della ventenne Sharon Curley (T. Kellegher), commessa in un

supermercato e figlia di un imbianchino che ha altri cinque figli. L'annuncio mette in crisi la famiglia e in movimento le

malelingue anche perché Sharon non vuole rivelare l'identità del padre. Sceneggiato dallo stesso R. Doyle dal suo

romanzo omonimo e prodotto a basso costo dalla BBC, è una commedia ottimistica e impertinente di impetuosa

vitalità, sanguigna e tenera nel suo ruvido umorismo irlandese, diretta da S. Frears dopo la sua parentesi

hollywoodiana.

* SOLDATO JANE

di SCOTT RIDLEY, USA 1997, 121'

Se una donna ha gli stessi diritti di un uomo, perché non può diventare una guerriera nel più rischioso dei corpi

speciali (Navy Seals)? Viene scelta Jordan “Jane” O'Neil che ha ottime note di servizio. Tra fasi: arruolamento,

addestramento, impresa militare (in Libia). La storia è raccontata dal punto di vista del delirio masochista della

protagonista

* SOTTO LA SABBIA

di SAX GEOFFREY, FRA 2000, 90'

Sposati senza figli da venticinque anni, Marie e Jean in vacanza vanno a fare un bagno in mare su una spiaggia

semideserta. Lei s'addormenta, lui scompare senza lasciare tracce. Marie non crede alla sua morte, rifiuta il lutto,

torna a Parigi e riprende la vita di sempre all'ombra di un'ombra. Al 4o film il giovane F. Ozon (1967) racconta –

spingendosi ai limiti del visibile filmico – quello che in psichiatria si definirebbe un caso di nevrosi delirante come il

percorso di una donna traumatizzata che, nell'assenza del corpo amato, non può e non vuole accettarne la morte.

Scritto con finezza dal regista con Emmanuéle Bernheim, è il frutto intelligente di un cinema non autoritario che lascia

libero lo spettatore di porsi domande e di dare le risposte che preferisce.

I luoghi, il tempo, i corpi sono materia viva nell’ultima pellicola di François Ozon. Il giovane regista francese li intreccia,

li sovrappone, fa in modo che gli ambienti non costituiscano un semplice sfondo. Li trascina in superficie allineandoli

ai personaggi e crea un unico piano visivo in cui gli elementi che compongono l’inquadratura - che siano persone,

oggetti - diventano veicoli di significato ed emozioni. Il mare che ruba a Marie (Charlotte Rampling) suo marito Jean

(Bruno Cremer), la casa di vacanza nelle Landes, persino la macchina, che rappresenta un luogo di raccordo fra

uno spazio e l’altro, sono protagonisti quanto lo è Charlotte Rampling in questa particolare messa in scena del

dolore.L’attrice riesce perfettamente a stabilire un dialogo con le cose e a mantenere viva l’attenzione su se stessa,

senza che si avverta l’esigenza di vederla risaltare sullo sfondo attraverso l’uso di primi piani, consapevole di quale

sia lo spazio a lei concesso. Spazio che sfrutta al massimo rispettando ed esaltando gli elementi con i quali è

costretta a spartirsi ogni inquadratura.Intersezione e sovrimpressione sono le armi con cui Ozon combatte, con

sufficiente spavalderia, una personale battaglia contro gli accademismi che caratterizzano un certo cinema

didascalico. Tutto parla nelle inquadrature di Ozon. Il sentimento non è richiamato o anticipato, ma è vivo in ogni

fotogramma, il regista è talmente rigido nel rifiutare qualsiasi possibile caduta nel descrittivismo che impone con un

briciolo di presunzione una poetica sicuramente personale.Il dolore, legato alla perdita e al suo rifiuto, di Marie che

non riesce ad accettare la misteriosa scomparsa del marito Jean, non si materializza negli oggetti e negli spazi che

ricompongono il mènage della coppia, ma vive in questi; una scrivania, una tappezzeria, non sono complementi, ma si

fanno soggetti narrativi e veicoli emozionali. La cinepresa non abbandona mai la protagonista, e non la lascia mai

sola. I totali dominano sui primi piani, il delirio psicologico nel quale Marie si culla è severamente accostato a una

realtà fatta di luoghi, di persone che non appartengono al mondo interiore della donna e che parallelamente

procedono in un incedere che mai le concede riposo. Ozon rifiuta il cinema dei volti, fatto di fughe introspettive

nell’intimo di una sofferenza refrattaria all’inesorabile scorrere del tempo. Il meccanismo del dolore che conduce

all’astrazione dalla realtà è fin troppo stereotipato. Il cineasta offre un’immagine inedita della sofferenza, la sublima

trasformandola in un artificio, le attribuisce un ruolo di funzionalità; nell’affrontare quotidianamente l’impegno di

vivere, Marie utilizza il dolore come strumento di sopravvivenza e di socialità, lo raccoglie in diverse forme: nel

groviglio di corpi nudi, il suo e quello di Vincent, abbandonati ad un atto sessuale che si nutre di quella stessa

sofferenza, oppure acquistando capi d’abbigliamento che il marito non indosserà mai o pensando di poter abitare

un’altra casa che non sia quella in cui ha vissuto con Jean. In bilico o in equilibrio fra una realtà che è sempre

presente e il rischio di sprofondare nel proprio abisso di dolore, Marie è impietosamente sottoposta alla costante

presenza della cinepresa che non indulge con un montaggio articolato. Al contrario la perseguita senza allentare mai

l’attenzione, la segue fra gli scaffali del supermercato, in metropolitana, in macchina, fra le stanze della sua

abitazione, non l’abbandona mai. Ozon si esibisce in una lunga serie di movimenti di macchina senza tagli dando vita

ad un vero e proprio pedinamento che cessa su quella spiaggia dove Marie aveva perso Jean un anno prima e dove

ora si esibisce in una corsa surreale, volutamente statica, sospesa fra l’immagine fantastica di Jean, verso cui si

muove, e la consapevolezza reale dell’impossibilità di raggiungerlo

* SPERIAMO CHE SIA FEMMINA

di MONICELLI MARIO, ITA 1985,

Declino di una famiglia del latifondo toscano (Grosseto) che gestisce un'azienda agricola e in cui contano (e

lavorano) soprattutto le donne. Grande film borghese che arricchisce il povero panorama del cinema italiano degli

anni '80 per il sapiente impasto di toni drammatici, umoristici e grotteschi, la splendida galleria di ritratti femminili, la

continua oscillazione tra leggerezza e gravità, il modo con cui – senza forzature ideologiche – sviluppa il discorso

sull'assenza, la debolezza, l'egoismo dei maschi

* STAND BY ME

di REINER BOB, USA 1986, 96'

Estate del 1959, nell'Oregon. Quattro ragazzini partono per un'escursione di cinquanta chilometri lungo la ferrovia,

affrontando varie avventure e scoprendo il cadavere di un ragazzo scomparso giorni prima. Da un racconto (The

Body, 1982) di Stephen King, uno dei film più belli sull'adolescenza degli anni '80, nel miracoloso equilibrio della

memoria tra sentimento e avventura. Sarebbe piaciuto a Truffaut. Bravissimi i quattro ragazzini. Fotografia stupenda.

* UNA STORIA VERA

di LYNCH DAVID, USA 1999, 105'

Per visitare il fratello infartuato Lyle con cui non parla da dieci anni per una lite, nell'autunno 1994 il 73enne Alvin

Straight – che cammina con due bastoni e non ha patente – parte su un piccolo trattore con rimorchio da Laurens

(Iowa) per Mount Zion (Wisconsin), distante 317 miglia (circa 500 km) e li percorre in sei settimane. È un road-movie

che ha tutto per essere fuori moda: lentezza (10-15 km all'ora), malinconia della vecchiaia, scrittura di classica

semplicità, personaggi positivi, ritmo disteso senza eventi drammatici. Pur ribaltando la propria prospettiva, Lynch

non altera il suo inconfondibile stile: lascia allo spettatore il tempo di pensare, commuoversi, immergersi nei colori del

paesaggio, guardare un temporale e il cielo stellato.

* UNA STORIA VERA

di MANDOLD LUIS, USA 1987, 110'

Gaby Brinner, nata nel 1947 a Città del Messico con la sola mobilità del piede sinistro e col cervello intatto, impara a

comunicare e a leggere. Nel 1979 scriverà la sua autobiografia che è la fonte di questo film. L'esordiente R. Levin e

L. Monoson, il ragazzo handicappato che s'innamora di lei sono attendibili e credibili. L. Ullman e R. Loggia, i genitori,

recitano con misura pari all'efficacia, ma chi dà più di tutti l'acqua della vita a Gaby è l'argentina N. Aleandro. Quand'è

di scena col suo silenzio e i suoi sguardi, è una presenza che illumina lo schermo. Ha ben meritato la nomination

all'Oscar.

* LA STRADA PER IL PARADISO

di DONAHUE, ,

* LA STRADA VERSO CASA

di YIMOU ZHANG, CINA 2000, 100'

Luo Yusheng è un uomo d'affari che deve far ritorno nel suo villaggio natale per il funerale del padre, il maestro del

villaggio. Sua madre insiste affinché vengano mantenute le antiche tradizioni per la cerimonia funebre nonostante i

tempi siano cambiati, e nel frattempo Yusheng ripensa ai racconti che ha sentito da ragazzo sul fidanzamento dei

genitori, coinciso con l'arrivo di suo padre Luo Changyu per svolgere la professione di maestro e subito

innamoratosi della bella Zhao Di . Ma i due vennero separati quando Changyu venne richiamato in città e i due

rimasero lontani per due anni salvo poi ricongiungersi e sposarsi felicemente.

Ora Yusheng per rispettare il desiderio della madre si offre di pagare qualcuno per portare a piedi la bara

dall'ospedale al luogo in cui suo padre sarà sepolto. Ma il giorno del funerale si presentano un centinaio di ex alunni

che si rifiutano di essere pagati; per questo Yusheng onora simbolicamente il più grande desiderio del padre e prima

di tornare in città decide di insegnare per un giorno nella scuola del villaggio.

Dopo i successi ottenuti con "Lanterne rosse", "La storia di Qiu Ju" e "Non uno di meno" vincitore del leone d'oro nel

'99 a Venezia, ritorna il regista cinese Zhang Yimou con "La strada verso casa", film sull'amore tra i membri della

famiglia e sull'importanza che riveste l'istruzione, premiato con l'orso d'argento all'ultimo festival di Berlino. Ancora

una volta il suo film va controcorrente rispetto all'attuale cinema cinese (che tende verso prodotti più commerciali) e

contro le leggi di mercato. Quello che Yimou vuole mostrare sono i pensieri e i sogni della gente comune in un

periodo in cui la Cina si sta trasformando sull'onda di enormi sconvolgimenti e in cui il mercato preme per avere

determinati prodotti; e questo attaccamento alle migliori tradizioni del cinema cinese, all'utilizzo di attori non

professionisti, ha fatto in modo che Yimou sia uno dei registi più apprezzati non solo nel suo paese ma in tutto il

mondo.

* SUSSURRI E GRIDA

di BERGMAN INGMAR, 1972,

Assistita da due sorelle e una governante, Agnese muore di cancro in una villa alla periferia di Stoccolma. Sinfonia in

rosso maggiore di un Bergman in gran forma espressiva, all'altezza del modello cui s'ispira: il teatro intimo di August

Strindberg. Memorabile riflessione sul dolore e la pietà. Sussurro e grido invocano una cosa sola che non è la

felicità, ma le assomiglia: la pace

* TARDA PRIMAVERA

di OZU YASUJIRO, GIA 1949, 108'

Consapevole che sua figlia (S. Hara) sta diventando una zitella, un vedovo (C. Ryu) la esorta a sposarsi, ma,

contenta di vivere con il padre e di prendersi cura di lui – sa che sarebbe perduto senza una donna in casa – la

ragazza è riluttante finché, per convincerla, il padre le comunica di essere in procinto di riprendere moglie. Dopo un

ultimo viaggio insieme a Kyoto, la figlia si spos

* LA TEMPESTA DEL SECOLO

di BAXLEY CRAIG R., USA 1999,

Detto fuori dai denti, e senza dubbi, si tratta di una delle migliori trasposizioni in immagini dell'universo Kinghiano che

o ha scritto la sceneggiatura originale, e soltanto m seguito l'ha data alle stampe Ed è una storia bella, molto

inquietante, complessa nelle sue scelte e nella propria moralità

Le coordinate appartengono a un immaginano kinghiano che ormai conosciamo a memoria una piccola comunità, i

suoi bravi cittadini, ognuno con precisi vizi e virtù, il male che improvvisamente e con forza prende piede,

contagiando come un virus e modellando il corso degli eventi Ma è il nocciolo della questione che stavolta risulta

essere davvero intrigante, e uno schiaffo alle norme e al pensiero borghesi Si è ancora uomini se si decide di

consegnare al male un proprio bimbo per salvare se stessi dalla morte e dalla catastrofe ? In futuro, ci si potrà

guardare ancora negli occhi? E i rimorsi per un'alternativa che al momento sembrava impossibile' King non concede

speranze tutto si sfascia, tutto si sgretola L'orrore, per proseguire nel tempo, ha bisogno di un protetto da accudire e

istruire, m maniera che possa prendere il suo posto Gli umani, per vivere, devono scegliere una vittima In parole

povere, devono chiamarsi assassini

Splendido scenario biblico di stimolante carattere umanistico, La tempesta del secolo riesce per fortuna a coagulare

ogni ipotesi e ogni possibilità con buon senso dello spettacolo Merito anche di un regista che, una volta tanto (vedere

anche Rose Red), dimostra di sapere come e dove si posiziona la macchina da presa, e di essere m grado di

tessere una tensione e un'inquietudine, anche d'animo, che non vengono mai meno La prova che siamo di fronte a

uno che sa il fatto suo, perlomeno nei parametri televisivi, arriva subito, con la scena iniziale dell'omicidio della

signora anziana una sequenza dai ritmi lunghi, che si prende il suo tempo per montare la suspense, che non ha

fretta E colpisce nel segno La sterminata durata del film giova poi non poco alla caratterizzazione dei personaggi e al

ristagno per nulla domo del terrore, e gli interpreti, convinti e convincenti, si dimostrano solidi (ottimi Feore e Daly, nei

rispettivi panni del satanasso e del capo della polizia) D'accordo, come al solito alcune suggestioni e immagini,

esplicitaziom ingenue di un contesto Ringhiano popolarmente avvicinarle, funzionano meglio su carta, tanta è la loro

immediatezza elementare la dentatura bestiale di Lmoge, la sua trasformazione mummificatnce, l'ascesa al cielo Ma

non stonano I momenti m cella e, soprattutto, la sequenza "d'opzione' nel municipio sono bei pezzi di cinema, e il

finale tra la folla, al ralenti, col ragazzo ormai cresciuto accanto al nuovo maestro, fa scorrere qualche brivido lungo

la schiena Lo Zio appare come telecronista m un programma televisivo a cui Lmoge assiste, nella casa della vecchia

ammazzata, nonostante l'apparecchio casalingo presenti sullo e nello schermo un grosso buco e vane crepe, che

incrinano e perforano l'immagine del Nostro Non mancano, ovviamente, filamenti corporei con altri romanzi kmghiam

la Little Tali Island su cui è ambientata la vicenda è già stata set di Dolores Claiborne, l'idea della comunità che vive

appartata sull'isola rievoca il bellissimo racconto // braccio, The Utile Puppy, il libro a cui i bambini prestano molta

attenzione durante la lettura, era uno dei preferiti di Danny m Shining; il personaggio di Daly si chiama Anderson,

proprio come il capo della polizia di La casa del buio Guardatevi dal doppiaggio, mi raccomando è atroce.

Pier Maria Bocchi, In Nocturno Dossier: Stephen King: guida al cinema del re del brivido

* IL TEMPO RITROVATO

di RUIZ RAOUL, FRA 1999, 158'

Parigi, 1922. Nel letto di casa, Marcel Proust, ormai malato in modo irreversibile, prende un gruppo di fotografie,

comincia a guardarle e ricorda i momenti a cui ciascuna di esse è legata. Ma ben presto le persone della vita di tutti i

giorni si mescolano con i personaggi della finzione. E la finzione a poco a poco prende il sopravvento sulla realtà. La

vita di Marcel vive solo nella realtà dei protagonisti della sua opera letteraria, che lui incontra e con lui si aprono,

rivelano se stessi, cercano di chiarire il proprio ruolo. Sfilano Gilberte con il marito Robert; la splendida Odette; Morel,

disertore e ricercato; Charlus schivo nella sua omosessualità; le cene a casa dei Verdurin; Albertine, la fedele

domestica. Intanto arriva la guerra. Alcuni, come Robert, partono con sincero entusiasmo ma non faranno ritorno.

Inoltre, alternandosi con gli altri, appare anche Marcel da piccolo, tutto preso dalle seduzioni dell'infanzia. Quando la

follia bellica finisce, tutto prova a tornare come prima. Ad una nuova, grande festa i presenti si avvicinano a turno a

Marcel. Lui esce sulla terrazza dell'albergo, e scende sulla spiaggia. Un bambino lo precede nell'acqua, mentre una

signora legge una pagina de "Il trionfo della morte" di Gabriele D'Annunzio.

* TEMPO VERO

di SEGRE DANIELE, 2001,

Convinti della necessità e dell'importanza di informare e sensibilizzare la popolazione e gli operatori, AUSL e

Provincia di Reggio Emilia, in collaborazione con AIMA e Assessorato alla Sanità della Regione Emilia Romagna,

hanno affidato al regista Daniele Segre l'incarico di realizzare un film sul tema delle demenze.

Il film, che nasce da una stretta collaborazione tra familiari, operatori dei servizi, Associazione e regista, vuole

rappresentare alcune situazioni, tra le tante e diverse possìbili, vissute da tutti coloro che, per motivi diversi, devono

confrontarsi ogni giorno con la malattia di Alzheimer.

* I TENENBAUM

di ANDERSON WES, 2002,

Quella dei Tanenbaum è una famiglia sgangherata di geni precoci in una New York molto pop e fiabesca. Da piccoli i

figli brillano nella finanza, nel teatro, nel tennis. Cresciuti e perduto il talento, sono diventati vulnerabili, nevrotici,

depressi, mentre il loro padre, simpatica e irresponsabile canaglia senza successo, si rifà vivo fingendosi malato

terminale, per riconquistare moglie e figli. È una psicocommedia grottesca, malinconica nel fondo e spassosa in

superficie, originale nel linguaggio, imparentato con la grafica e la meccanica dei cartoon, dove persino le

scenografie sono divertenti, ricca di dettagli intelligenti, fraseggio svelto, trovate visive e sonore, buffe e amabili

figurine di contorno. 3o film del giovane W. Anderson (1969), oscilla tra sentimenti contraddittori (è troppo tardi, non

è mai troppo tardi), tra tenerezza e crudeltà, omaggio e critica all'istituzione familiare.

* LE TENTAZIONI DELLA LUNA

di KAIGE CHEN, CINA 1998, 130'

Shangai 1921. Shongliang – sottaniere che si fa mantenere dalle donne, quando non le ricatta – è invitato nella ricca

casa dove fu cresciuto come parente povero (e dove ebbe un rapporto incestuoso con la sorella) col compito di

sedurre e derubare la giovane cognata Ruyi, diventata capofamiglia. Si innamora, invece, della ex compagna di

giochi. Epilogo funesto. Recitazione straniata, arabeschi formali, fotografia calligrafica dell'australiano Chris Doyle

(già collaboratore di Wong Kar-wai, che dà l'impressione di credersi un nuovo Storaro) per una storia di amore,

dissoluzione, droga e infanzia perduta. Tagliato di un quarto d'ora dal distributore Miramax. Sceneggiatura firmata

per motivi diplomatici dal regista di Hong Kong Shu Kei, ma scritta da C. Kaige con la scrittrice Wang Anyi. Titolo

inglese: Temptress Moon.

* THELMA & LOUISE

di SCOTT R., USA 1991, 128 '

Da una cittadina dell'Arkansas due amiche partono in auto per un week-end lasciando volentieri a casa i rispettivi

uomini. Quando Thelma (G. Davis), la più giovane, sta per essere violentata, Louise (S. Sarandon) interviene e

uccide l'aggressore: la loro gita si trasforma in fuga. Braccate dalla polizia, le due fuggitive scoprono una nuova

dimensione della vita e una parte sconosciuta di loro stesse. 7o film dell'inglese R. Scott e uno dei suoi migliori. Il

merito è anche della sceneggiatura – premiata con l'Oscar nell'anno di Il silenzio degli innocenti – di Callie Khouri che

gli ha fornito una bella storia, una feconda combinazione di dramma e commedia, due personaggi vivi, un punto di

vista nuovo, un discorso insolito che riprende l'anarchismo liberale del cinema di strada degli anni '60. Con due ottime

interpreti – ben doppiate da Rossella Izzo e Donatella Nicosia – è uno dei film più euforicamente femministi mai

arrivati da Hollywood.

* TOTO LE HEROS

di DORMAEL JACO, BEL 1991, 90 M

Convinto di essere stato scambiato nella culla con un altro bambino, quindi di essere cresciuto in una famiglia non

sua e di aver vissuto la vita di un altro, Thomas – chiamato con il vezzeggiativo di Toto – ospite nel 2027 di una casa

di riposo, fantastica di uccidere colui che gli ha rubato la vita, Alfred, ricco e potente. Opera prima del belga J. Van

Dormael (1957), il film è narrato con una serie di sconnessioni temporali, secondo il libero flusso dei ricordi e delle

associazioni mentali di Thomas. È una storia sotto il segno della morte, ma sorvegliata dagli angeli custodi di

un'allegra ironia e di un bizzarro umorismo, molto fiammingo anche nei suoi estri surreali, che le conferiscono un

indubbio fascino e l'hanno reso uno dei film più premiati, ammirati e un po' sopravvalutati del 1991.

* TRANSPOTTING

di BOYLE DANNY, GB 1996,

Tratto dall'omonimo romanzo (1993) di Irvine Welsh sceneggiato da John Hodge. Ambientato in una zona suburbana

di Edimburgo, è la storia del tossicomane Mark e della sua banda di amici: brutti, sporchi, cattivi e ladri, ma nella loro

insolenza ribalda suscitano pena e simpatia, più che paura, orrore o schifo. È il 1o film che in modo esplicito racconta

una storia di drogati dal loro punto di vista. Il contesto non è abbellito

* TRE COLORI: FILM BLU. LA LIBERTA'

di KIESLOWSKI KRZYSZTOF, POL 1994,

Analisi del film: C. Simonig, KIESLOWSKI KRZYSZTOF, Film blu, Lindau, Torino

* TREDICI VARIAZIONI SUL TEMA.

di Sprecher Jill, 2002,

Un uomo che si avvicina alla mezza età decide di cambiar vita. Un brillante avvocato vede progetti e ambizioni

sconvolti da un singolo atto. Una donna deve fare i conti con l’infedeltà del marito. Un rancoroso uomo d’affari vuole

vendicarsi di un collega sereno e cordiale. E una donna delle pulizie, aspetta con inguaribile ottimismo, un miracolo.

Tutte queste persone si trovano a porsi la fatidica domanda che li rende comuni mortali: cos’è la felicità, ma

soprattutto, come si fa ad ottenerla?

* THE TRUMAN SHOW

di WEIR PETER, USA 1998, 99'

I primi trent'anni (un po' meno: 10909 giorni) nella vita incolore di Truman Burbank sono stati lisci come l'olio nella

tranquilla e agiata comunità suburbana di Seahaven. Un giorno, però (con ritardo rispetto agli spettatori), scopre che

questo quadro idilliaco è una gigantesca messinscena, una soap opera allestita in uno studio televisivo grande come

un'intera regione di cui è l'unica persona vera filmata da telecamere invisibili. Tutti gli altri sono attori, guidati dal

produttore-demiurgo Christof

* Tucker - Un uomo e il suo sogno

di Coppola, Francis Ford, USA 1988, 111'

1945, Preston Tucker, geniale e visionario inventore di tecnologie realizzate artigianalmente, rivela un suo progetto

destinato a rivoluzionare il trasporto su quattro ruote. Le grandi compagnie cercano di fermarlo e ci riescono. È una

storia vera, ricostruita sui ricordi del figlio di Tucker, ma è anche una metafora autobiografica.

* TURISTA PER CASO

di KASDAN LAWRENCE, USA 1988, 122'

La morte tragica dell'unico figlio induce Sarah (K. Turner) a lasciare il marito Macon (W. Hurt), autore di guide

turistiche che si trasferisce in casa dei suoi fratelli scapoli. Muriel (G. Davis), estroversa istruttrice di cani, fa breccia

nel suo muro d'isolamento. Quando torna la moglie, Macon deve scegliere. Tratto da un romanzo di Ann Tyler, il 4o

film di L. Kasdan bilancia con sagacia dramma e commedia, analisi psicologica e bozzetto, gravità e leggerezza

* TUTTA COLPA DI VOLTAIRE

di Kechiche Abdellatif, FRA 2002,

Arrivato a Parigi in cerca di una vita migliore, Jallel, tunisino immigrato clandestinamente, si spaccia per rifugiato

algerino su consiglio di un amico. E gli promette due cose: di non cacciarsi nei guai e di tenere sempre

duro.

Nella patria di Voltaire solo la seconda promessa verrà mantenuta. Il mondo degli extracomunitari e degli

emarginati è descritto con sguardo lucido, senza consolazioni e, per una volta, anche con schermaglie

amorose e tenerezza. Tutti o quasi cercano di rifarsi una vita e di trovare un posto nella società, ma, tra essere

abbandonati ed abbandonare, la realtà è amara lo stesso.

* Tutti gli uomini del presidente

di Pakula, Alan J., USA 1976, 138'

Come due giovani cronisti del quotidiano Washington Post – Carl Bernstein e Bob Woodward (autori del libro sul

quale si basa la sceneggiatura di William Goldman) – scoprirono il collegamento tra la Casa Bianca e il caso

Watergate, provocando nel 1974 le dimissioni del presidente Nixon. Piatto come un tavolo di biliardo (ma esiste anche

un fascino dell'orizzontalità) nello scrupolo quasi maniacale della ricostruzione dei fatti senza invenzioni

romanzesche né indugi psicologici, racconta un'altra volta la vecchia storia di Davide che sconfigge Golia ed è un

eccellente rapporto sul giornalismo americano e, forse, l'omaggio più esplicito che il cinema abbia mai reso al “quarto

potere”.

* TWIN PEAKS (film TV: prima serie)

di LYNCH DAVID, USA 1990, 405'

Twin Peaks è una serie televisiva andata in onda all'inizio degli anni '90 e frutto del lavoro di David Lynch e Mark

Frost. Le vicende sono ambientate in una tranquilla cittadina degli Stati Uniti al confine con il Canada chiamata

appunto Twin Peaks ed iniziano con il ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, ragazza modello da tutti

conosciuta e stimata (di cui però si scopriranno particolari agghiaccianti),ed il conseguente arrivo per l'indagini

dell'agente speciale Dale Cooper. Quest'ultimo troverà nella cittadina amore e amicizie che lo legheranno al luogo

sentimentalmente pur riscondrando una doppia vita nella maggior parte degli abitanti i quali nascondono ognuno

numerosi segreti. Ad aiutare l'agente nella soluzione del caso saranno esseri e situazioni soprannaturali che si

uniranno alle sue doti sensitive ed intuitive. Non di secondo piano si dimostrerà il lavoro dei membri della polizia locale

di Twin Peaks come lo Sceriffo Truman, Hawk e Andy che si riveleranno anche ottimi amici. Questa è solo una

piccola descrizione della storia che ovviamente è molto più complessa e ricca di personaggi senza contare che

anche dopo la scoperta dell'assasino la serie continua e, anzi, si fà ancora più interessante. Moltissimi sono i

messaggi o le immagini che si susseguono di continuo nella serie (come il fuoco,la luna, il semoforo,i gufi o la

cascata) ma il cui vero significato rimane sempre oscuro. Compaiono inoltre numerosi personaggi enigmatici il cui

ruolo non è mai veramente chiaro come Bob,Mike, il gigante o il nano che però sembrano tutti legati a luoghi

denominati rispettivamente loggia bianca e loggia nera (ne capirete di più guardando la serie). L'intera serie è stata

girata a Snoqualmie ed a Bend, nello stato di Washington.

* L' ULTIMA ECLISSI

di HACKFORD TAYLOR, USA 1995, 131'

La cameriera Dolores Claiborne è accusata di aver ucciso la sua padrona. Riemergono gli antichi sospetti di aver

assassinato, molti anni prima, il violento consorte alcolizzato. Torna per l'inchiesta Selena la figlia giornalista che da

anni si è allontanata. Da un romanzo di Stephen King un film in chiave femminista, particolarmente riuscito nel

confronto tra madre e figlia: Strindberg contaminato con Hitchcock.

* L' ULTIMO BACIO

di MUCCINO GABRIELE, ITA 2001, 100'

Tracce di vita amorosa e destini incrociati. Generazioni a confronto: con gli altri, con il mondo, con se stesse. Un

girotondo che coinvolge tutti: ventenni, trentenni,

cinquantenni. Occorre fare i conti con il tempo che passa, con il peso delle responsabilità, con la voglia di cambiare.

E dare una svolta alla propria esistenza, con il desiderio di (non) crescere e cercare nuove esperienze. Ecco il

segreto del successo del giovane Muccino, che con mano sicura tratteggia un ritratto transgenerazionale, parlando

di decisioni e di indecisioni, di maturità e di immaturità, voglia di partire e voglia di restare.

* UMBERTO D.

di DE SICA VITTORIO, ITA 1952, 89'

Un mite, silenzioso pensionato, ridotto a non essere più (economicamente) in grado di sopravvivere, rifiuta la

tentazione del suicidio per non abbandonare il proprio cane. Uno dei capolavori del cinema neorealista, e il suo canto

del cigno. Frutto maturo del sodalizio tra Zavattini e De Sica

* UOMINI E TOPI

di SINISE GARY, USA 1992, 111'

Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali sfrutta – e, insieme,

protegge – l'altro , dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino.

3o adattamento del noto romanzo (1937) di John Steinbeck (1902-68), premio Nobel 1962 per la letteratura.

Nonostante l'egregia fattura (sceneggiatura dello scrittore Horton Foote, fotografia di Kenneth MacMillan), il risultato

è quello di un'inutile operazione di recupero, di un gusto illustrativo che qua e là sconfina nell'oleografia rurale di

maniera, senza una profonda motivazione che non sia quella di offrire a J. Malkovich, nella parte del gigantesco e

infantile Ben, uno di quei personaggi che ogni attore sogna.

* UOMINI E TOPI

di MILESTONE LEWIS, USA 1939, 107'

Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali (B. Meredith) sfrutta – e,

insieme, protegge – l'altro (L. Chaney), dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino. Epilogo tragico.

Prodotta da Hal Roach e sceneggiata da Eugene Solow, è l'efficace e fedele versione del romanzo (1937) di John

Steinbeck (1902-68), archetipo di un classico motivo della narrativa nordamericana (dunque del cinema

hollywoodiano): l'amicizia virile. Recitato benissimo da tutti, giovò soprattutto alla carriera di Chaney Jr. (1905-73)

che poi, sulla scia del padre, fece fortuna nel cinema di spavento.

* L' UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI

di Redford, Robert, USA 1998, 169'

Dal romanzo omonimo (1995) di Nicholas Evans, sceneggiato da Eric Roth e Richard Lagravenese. Figlia di ricchi

professionisti , la quattordicenne Grace MacLean è vittima a New York di un incidente stradale in cui muore una

cara amica, lei perde una gamba e il suo amato purosangue Pilgrim rimane malconcio. Convinta che l'avvenire della

figlia sia legato a quello del cavallo, la madre Annie si reca con la figlia in una fattoria del Montana dove vive Tom

Booker, celebre per la sua conoscenza dei cavalli. Lunga la cura: Grace e il suo Pilgrim guariscono, Annie

s'innamora di Tom, ma decide di continuare la sua vita accanto al marito e alla figlia.

* UN UOMO DA MARCIAPIEDE

di SCHLESINGER JOHN, USA 1969, 109'

Cow-boy texano arriva a New York deciso a fare soldi con le donne ma passa brutte esperienze e un duro inverno

con Ratso Rizzo, un italo-americano zoppo e tubercolotico. Cinedramma patetico su una strana amicizia che sboccia

come un fiore nel fango di Manhattan.

* L' UOMO DAL BRACCIO D'ORO

di PREMINGER OTTO, USA 1955, 120'

Professionista del poker – con moglie paralitica per colpa sua – si dà alla droga ma cerca disperatamente il riscatto

nell'amore di una dolce entraîneuse. F. Sinatra in gran forma, bella musica di Elmer Bernstein (prima partitura jazz

scritta interamente per un film), splendido bianconero di Sam Leavitt per un melodramma robusto e poco plausibile

sulla droga

* L' UOMO DELLA PIOGGIA

di COPPOLA FRANCIS FORD, USA 1996, 131'

Ambientato a Memphis (Tennessee) e situato ai giorni nostri, racconta di un giovane avvocato che, affiancato da un

simpatico “paralegale”, ingaggia una difficile battaglia contro una compagnia di assicurazioni che non ha corrisposto

il premio a un leucemico, morto poi per mancanza di cure

* L' UOMO DI ALCATRAZ

di FRANKENHEIMER JOHN, USA 1961, 143'

Vera storia di Robert Stroud, condannato nel 1909 all'ergastolo per omicidio, che in carcere, per molti anni chiuso in

isolamento, divenne un esperto di fama mondiale sulla vita degli uccelli. Ottenne il permesso di sposare la sua

assistente. Tratto da un libro di Thomas E. Gaddis (interpretato da E. O'Brien) e sceneggiato da Guy Trosper, è un

solido efficiente, monocorde film con il piombo nelle ali. Vola basso, senza cadute ma nemmeno impennate, trattenuto

da un rigido moralismo che esalta la dignità dell'uomo e denuncia, con massiccia oratoria, il sistema carcerario

americano. Memorabile interpretazione, un vero tour de force, di B. Lancaster

* L' UOMO SENZA VOLTO

di GIBSON MEL, USA 1993, 156'

Il professor McLeod, dal volto sfigurato, vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck, con

madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di non farcela. I

due sono destinati a incontrarsi, a capirsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. La città maligna li separa e il

professore è allontanato dall'allievo con l'infamante accusa di pedofilia.

* LA VALLE DELL'EDEN

di KAZAN ELIA, USA 1954,

California 1917: Cal, figlio disamato di Adam, si ribella al padre severo, rivaleggia col fratello Aron e scopre che la

madre, creduta morta, dirige un bordello. Da una parte del romanzo East of Eden (1952) di John Steinbeck, adattato

da Paul Osborne, è una parafrasi (o un'interpretazione?) in chiave psicanalitica della storia di Caino e Abele dove il

primo non è malvagio, ma disperato e cerca di trovare nell'amore la salvezz

* IL VECCHIO E IL MARE

di STURGES JOHN, USA 1958, 86'

Vecchio e indomito pescatore del Golfo del Messico sogna da una vita di pescare un grande pesce spada. Lo trova

e la lotta dura tre giorni. Nel viaggio di ritorno voraci pescecani gli spolpano la preda. Diligente trasposizione di un

famoso e sopravvalutato racconto (1952) di E. Hemingway la cui retorica allegoria stride. Il bravo Tracy e la bella

fotografia (4 operatori tra cui Y. Wong Howe e F. Crosby) non bastano. Oscar per le musiche di Dimitri Tiomkin.

* VERSO IL SOLE

di CIMINO MICHAEL, USA 1966, 120'

Meticcio (mezzo Navajo, mezzo nero) e malato terminale di cancro, Brandon Monroe, detto Blue , capobanda

sedicenne di L.A., sequestra un oncologo carrierista e benpensante e lo costringe ad andare verso il sudovest, alla

ricerca di un lago sacro di montagna. 7o film di Cimino (1943), comincia come un thriller di azione metropolitana,

mescolato a una commedia ospedaliera. Diventa un film di strada e di inseguimento e si trasforma in un viaggio

iniziatico verso le radici mitiche dell'America. Se si bada a quel che dice la sceneggiatura di Charles Leavitt le riserve

sono inevitabili: freudismo di terza mano, greve contrapposizione didattica tra i due protagonisti, flashback in BN

ripetitivi. Avvince il “come lo dice”. Cimino che continua a raccontare “un'America che vuole diventare America” con

talento visionario, energia narrativa, rabbia, eccessi, capacità di dirigere e trasformare gli attori. Film epico che tende

all'esaltazione del mito cresce nella seconda parte, prende quota, diventa bellissimo

* VERSO SERA

di ARCHIBUGI F., ITA 1990, 1H 35

Un anziano vedovo, docente di letteratura russa e liberalcomunista amendoliano, si vede scaricare in casa Pàpere,

nipotina di quattro anni, nata da un immaturo accoppiamento tra il suo scompaginato figlio Oliviero e Stella, una

compagna che sta inseguendo i sogni generosi e le rabbiose utopie della contestazione giovanile nel 1977. Il 2o film

di F. Archibugi (e il 122o di Mastroianni) parla di politica attraverso i sentimenti e analizza il conflitto tra due

generazioni con grazia, tenerezza, lucidità critica

* VIAGGIO A KANDAHAR

di Makhmalbaf Mohsen, IRAN 2001, 85'

Nafas è una giornalista afghana rifugiata in Canada.

Un giorno riceve una lettera firmata dalla sorella, in cui emerge la volontà di quest'ultima di suicidarsi. E' così costretta

a fare ritorno a Kandahar.

La vicenda è ispirata ad un fatto realmente accaduto all'attrice protagonista Niloufar Pazira: nella realtà a mandarle la

lettera fu un'amica e non la sorella. Dopo Il cerchio di Panahi, un altro film che si occupa della condizione della donna

in un paese integralista: il regista è sempre un iraniano, Makhmalbaf, ma lo scenario è quello prebellico

dell'Afghanistan. Suggestivo e sentito, un film importante, al di là della situazione internazionale.

* VIAGGIO A TOKYO

di OZU YASUJIRO, GIA 1953, 136'

Analisi del film: D. Tomasi, Ozu Yasujiro, Viaggio a Tokio, Lindau, Torino

* IL VIAGGIO DI FELICIA

di EGOYAN ATOM, USA - CAN 1999, 116'

Anziano e tranquillo scapolo con il complesso di Edipo e dei fornelli, ghiottone di cibo e di ragazze sole che ama,

protegge e poi mette a riposare nella pace eterna, Mr. Hilditch attira in casa l'infelice irlandese Felicia, giunta a

Birmingham in cerca del giovanotto che l'ha messa incinta.

* VIAGGIO IN INGHILTERRA

di ATTENBOROUGH RICHARD, GB 1993, 131'

Ambientato nel 1952 in un college di Oxford racconta la storia d'amore di Clive Staples Lewis (1898-1963) – squisito

poligrafo che deve la sua fama soprattutto agli studi sul Medioevo e sul Rinascimento – con Joy Gresham, scrittrice

e poetessa americana. Amore che sfocia in un matrimonio celebrato due volte e si conclude con la prematura morte

di lei

* IL VIALE DEL TRAMONTO

di WILDER BILLY, USA 1950, 105'

Un giovane e disoccupato sceneggiatore di Hollywood va a vivere con una ricca e anziana attrice, già star del

cinema muto, prigioniera delirante del suo passato, facendosi da lei mantenere. Il più caustico e sardonico film nero

sul mondo di Hollywood. Melodramma amarissimo con risvolti da horror e sottofondi da commedia. Alcune memorabili

scene tra cui la partita a carte con B. Keaton. Sapiente regia: una pietra miliare nell'itinerario di Wilder. Splendide

interpretazioni

* LA VITA E' BELLA

di BENIGNI BRUNO, ITA 1997,

Guido Orefice, toscano montanino ed ebreo, s'innamora sul finire degli anni '30 della maestrina Dora, la corteggia in

modi stravaganti, la sposa. Sei anni dopo – nell'intervallo sono venute le leggi razziali (1938), la guerra e le

deportazioni – Guido con il figlioletto Giosuè parte per il campo di concentramento. Dora, che ebrea non è, li segue

volontariamente. Per proteggere il figlio dall'orrore, Guido gli fa credere che quel che stanno vivendo è un gioco a

premi con un carro armato in palio. 6o film di Benigni regista, è il più ambizioso, difficile e rischioso e il migliore: 2 film

in 1, o meglio un film in 2 parti, nettamente separate per ambientazione, tono, luce e colori – essenziali i contributi

della fotografia – ma complementari: la 1ª spiega e giustifica la 2ª. Una bella storia d'amore, scritta con Vincenzo

Cerami: prima tra un uomo e una donna, poi per un figlio, ma l'una è la continuazione dell'altra. Il frenetico dinamismo

di R. Benigni è felicemente sfogato, la sua torrentizia oralità ora debordante ora dimezzata. Un'elegante leggerezza

distingue G. Durano nel più riuscito dei personaggi di contorno. 5 Nastri d'argento, 7 nomination agli Oscar e 3

statuette (film straniero, attore per Benigni, musica per Nicola Piovani).

* VIVERE

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1952,

Malato di tumore, anziano funzionario giapponese si dedica interamente all'impresa di trasformare una zona palustre

in un campo di giochi per bambini. Quando muore, soltanto le madri dei bambini si ricordano di lui. Potente affresco di

vita giapponese con una struttura narrativa insolita (per l'epoca), permeato di un'angoscia esistenziale che rimanda

a Dostoevskij, indimenticabile ritratto di un uomo solo davanti alla morte, è uno dei grandi film sulla vecchiaia in cui

convivono emozione e rigore, realismo e simbolismo, lirismo e sarcasmo.

* VOCI NEL TEMPO

di PIAVOLI FRANCO, ITA 1996, 87'

Ideale continuazione di Il pianeta azzurro (1982) che ha per tema l'uomo invece della natura, un altro saggio di

cinema polifonico senza un intreccio né una battuta di dialogo, quasi senza musica se si toglie quella interna

all'azione. Lo scorrere delle stagioni nella cittadina mantovana di Castellaro, dalla primavera all'inverno, va in parallelo

con il filo biologico della vita umana, dall'infanzia alla vecchiaia. Senza personaggi, girato con gli abitanti di

Castellaro, è intessuto di microstorie e ricco di emozioni, spesso risolte in un primo piano, in un gesto, in un piano di

ascolto. I suoi temi sono il fluire delle cose e il corso del tempo, entrambi senza fine. Quando arriva l'inverno, nuovi

bambini sono pronti a giocare su un laghetto gelato: accanto a loro i vecchi osservano e li tengono per mano. Un film

fuori dal mucchio. Si rivolge a spettatori che abbiano la pazienza del cuore, l'attenzione dell'orecchio, l'acutezza

dell'occhio.

* Il volo della Fenice

di Aldrich, Robert, usa 1966, 147'

Un bimotore che porta a bordo i dipendenti di una compagnia petrolifera precipita nel Sahara. I superstiti tentano di

costruire un piccolo aereo per salvarsi. Apre la trilogia aldrichiana su una comunità di uomini, senza donne, in

situazione di estrema difficoltà, continuata con Quella sporca dozzina e Non è più tempo d'eroi. Suspense vigorosa.

* WILDE

di GILBERT BRIAN, GB-USA-GIA 1997, 116'

Successi, gioie, dolori e disgrazie dello scrittore irlandese Oscar Wilde (1854-1900): la vita di società, il matrimonio

con Constance , il successo delle commedie, l'amore per i figli, il fatale incontro con il nobile Alfred Douglas detto

Bosie di cui s'innamora, il processo per sodomia, la condanna, i due anni di lavori forzati. Scritto da Julian Mitchell e

ispirato a un libro di Richard Elman, è più accurato storicamente dei 2 film inglesi del 1959 sullo stesso personaggio (Il

garofano verde e Ancora una domanda, Oscar Wilde!) e, ovviamente, quello che può esporre più liberamente il tema

dell'omosessualità. Ma il tema profondo è il destino di reietto che fece del geniale irlandese un giullare di corte da

togliere di mezzo per non turbare l'anima puritana della Londra dell'ultimo '800

* WITNESS - IL TESTIMONE

di WEIR PETER, 1985,

Ferito e braccato da colleghi corrotti, un poliziotto si rifugia in un villaggio degli Amish, comunità cristiana di origine

tedesca che vive di agricoltura rifiutando il progresso tecnologico. I corrotti vogliono eliminare lui e un bambino,

testimone di un omicidio. Buon film d'azione, un thriller diverso che supera i limiti del genere grazie all'ambientazione e

alla vertigine del tempo: è un viaggio nel passato, un confronto tra due modi di vivere.