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Luciana commenta:

Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi, 2003

interpretato da Marco Ballerini in occasione del Giorno della Memoria e del Giorno del Ricordo

Biblioteca di Veniano (CO), domenica 12 febbraio ore 17


Cari lettori,

riflettevo sul fatto che l’odierna giovane generazione potrebbe essere l’ultima ad avere l’opportunità di stabilire una relazione diretta con chi è sopravvissuto all’inenarrabile tragedia dell’Olocausto. 

I figli dei figli di oggi, e i loro figli e, ancora, i figli di chi li seguirà rischieranno di veder sbiadire, nel corso dei decenni, le tracce dell’orribile ricordo che ha marchiato il secolo scorso. 

Si sa, la memoria si trasforma, affidandosi alla potenza della narrazione, alla velocità della trasmissione ed alla ricettività di chi ne raccoglie la testimonianza. 

E’ il terrore di questa possibile mutazione che turba colui che immagina, oggi, nello scorrere del tempo, il pericolo di paragonare l’immane eccidio di sei milioni di nostri simili al passaggio in moviola di un raccapricciante film dell’orrore. 

Dobbiamo quindi bloccare questa memoria, fissarla a ganci acuminati, inchiodarla nella coscienza, poiché è solo il dolore che la può scuotere e risvegliare. Questa almeno ne è la speranza. 

Yossl Rakover si rivolge a Dio” è un uncino appuntito che ti penetra nella carne e lì scava, rendendo a brandelli le viscere più profonde. 

Ogni tentativo di spiegare, commentare, interpretare questa supplica diretta a Dio resta vano, perché sono solo le parole che la dispiegano a vivificare il tormento e il conforto di dire addio alla vita. 

Più straziante ancora non è l’oscenità della crudeltà che l’uomo può perpetrare al suo eguale:

“Le belve della foresta mi sembrano così amabili e care che è per me un profondo dolore sentir paragonare a belve gli scellerati che dominano l’Europa”

bensì la sublime, infinita riconferma di una fede che non muta, ma che richiede un risarcimento:

“Ora quello che ho con lui [Dio] è il rapporto con uno che anche a me deve qualcosa, che mi deve molto. E poiché sento che anche lui è in debito con me, credo di avere il diritto di esigere ciò che mi spetta … la vendetta è stata e rimarrà sempre l’ultimo mezzo di lotta e la massima soddisfazione interiore per gli oppressi”. 

Può avere un senso attardarsi nel pesare, giudicare, misurare l’intensità di amore ed odio, di fede e di sete di vendetta?  

La scrittura di Yossl è resa sempre più incerta dalle ombre crepuscolari, ma più luminosa la sua invocazione di ascendere ad un mondo in cui rinasce la coscienza che quello stesso Dio ha voluto annullare, lasciando che l’uomo si riappropriasse dei suoi istinti selvaggi. 

Ancora, cari lettori, io non so aggiungere nulla che possa rendere l’immagine del patimento, della commozione, dell’intensità emotiva della tragedia attraversata, vissuta. Non so esprimere il pensiero della forza di credere che qualcuno, nel suo divino disegno, ha voluto nascondere il suo volto al mondo.

Sono muta perché lo sconcerto qualche volta impone il silenzio. 

 

Pieno d’incanto, invece, è il suono della voce di Marco Ballerini, magistrale interprete di Yossl Rakover.

Là, ripiegato su se stesso, le rovine di mattoni sparsi, tre bottiglie di benzina - le ultime. 

Nell’avanzare dell’oscurità la fioca luce di una fiammella trema con l’approssimarsi dell’estremo addio. Ma non si spegne ancora quella luce, perchè arde sostenuta da una voce amareggiata, ma ferma, aggrappata disperatamente ad una fede incrollabile, impossibile da rinnegare, nonostante la prova cui è chiamata a far fronte. 

Tra le mani di Yossl logori e brancicati frammenti di carta trasportano verso chi è rimasto l’imperativo di dire No! Quello che è stato non dovrà più trovare lo spazio di essere di nuovo.

 

Grazie, Marco, per averci aiutato a non dimenticare.