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on Social Trends Eurisko

I cittadini dei vari paesi credono in valori sociali che originano storicamente da identità nazionali differenziate, ma condividono pure valori generati dalla recente e comune maturazione culturale. Lo confermano i risultati della "European Values Survey".

Vengono progressivamente divulgati i risultati dell'indagine "European Values Survey" del 1999, che ha seguito quale terza ondata quelle del 1981 e 1990.
All'ultima rilevazione hanno preso parte 34 paesi, dei quali 16 dell'Unione Europea, 3 dello spazio economico europeo e 15 del resto d'Europa.

Di questa gigantesca indagine sociale, promossa e coordinata come in passato dalla "Fondation pour l'étude des systèmes de valeurs", dà ora notizia futuribles. Il fascicolo 277, luglio-agosto 2002, è interamente riservato a nove contributi di ricercatori che, con interessi diversi, hanno commentato e interpretato criticamente i dati raccolti.

Fino a ieri era noto solo il volume di Pierre Bréchon, Les valeurs des Francais. Évolution de 1980 a 2000, pubblicato nel 2000 da Armand Colin, a Parigi. I contributi di futuribles riguardano ora l'intera Europa. Una prima presentazione delle indagini compiute fino ad oggi è seguita da monografie sulla fiducia, sul postmaterialismo, sul rapporto con il lavoro, sui valori economici di fronte alla globalizzazione e poi sui valori politici, religiosi e sulle norme sociali.

L'ultimo saggio, di P. Bréchon, O. Galland e J. Tchernia, è dedicato alle dimensioni spaziali e temporali della dinamica dei valori europei. Esso si presta più degli altri a fornire una visione sintetica, sia longitudinale sia trasversale, delle informazioni raccolte dalla "Fondation" nel corso di vent'anni, ora a disposizione della comunità scientifica. Per questa sua peculiarità, e per l'interesse che il tema presenta, in questa sede diamo del saggio una versione in parte condensata, in parte sotto forma di traduzione.

Un quadro preliminare
Ricchezza e complessità dei sistemi dei valori degli europei rendono molto difficile il compito di chi volesse offrirne una visione sintetica ed accessibile senza troppe difficoltà tecniche. Più semplice, almeno apparentemente, e dal risultato più comprensibile per il lettore non specialista, è l'individuazione delle grandi tendenze messe in luce dai tre sondaggi nell'arco di vent'anni.

Due sono quelle che meritano di essere segnalate.

a) La prima è rappresentata dalla crescita del postmaterialismo, ossia del rafforzarsi di quell'impronta culturale che è stata propria di un tempo e di una società in cui i bisogni materiali erano stati per la prima volta soddisfatti. In un tal clima, sono state rimesse in discussione le forme tradizionali della morale, mentre sono state valorizzate aspirazioni quali la più libera espressione di sé o la maggiore partecipazione sociale. Questa grande tendenza _ nettissima negli anni Settanta _ persiste anche oggi, pur essendosi rallentata la crescita economica.

Parrebbe di poter dire che gli europei hanno imparato a conciliare le aspirazioni postmaterialistiche con quella che legittima la soddisfazione delle aspirazioni materiali.

b) La seconda tendenza è riconoscibile nell'affermarsi dei valori dell'individualizzazione, intesa come la rivendicazione degli individui a decidere da soli su ciò che è giusto o sbagliato, in luogo di dipendere da un'autorità, sovente religiosa. La tendenza all'individualizzazione nei costumi, in realtà, è una tendenza in atto da molto tempo, ma non è da confondere con l'individualismo, sempre esistito, per il quale gli individui si sentono liberi da qualsivoglia vincolo, norma o obbligo sociale, sciolti da ogni sentimento di appartenenza a una collettività.

Premessi questi sommari accenni alle due principali tendenze segnalate dall'evoluzione dei valori dal 1980 al 1999, prima di passare oltre va pure premesso che importanti differenze si colgono tra paese e paese. In particolare lo si nota tra il gruppo

dei paesi fortemente influenzati dalla tradizione cattolica e quelli investiti dagli effetti culturali della riforma protestante.

Infine, va notato che esiste una dinamica specifica di ogni cultura nazionale, o infranazionale.

Il postmaterialismo cresce, ma si riorienta
La cultura del postmaterialismo si è affermata principalmente per opera della generazione nata nel secondo dopoguerra, che aveva potuto crescere nel clima di relativo benessere creato faticosamente, e con molte rinunce, dalla generazione precedente.

Quella generazione ha saputo mettere in discussione l'autorità oltre che l'autoritarismo, le appartenenze di classe e politiche, le norme tradizionali della morale. Organizzatasi nelle università e nelle scuole, ha scosso la società europea con le manifestazioni del 1968 ed è stata la forza animatrice anche di movimenti cresciuti successivamente, ispirati dai valori della tutela ambientale, della pace, dell'emancipazione femminile. È la generazione alla quale si deve la prima affermazione di una nuova cultura, fondata su valori qualitativi più che quantitativi, che ha preso il nome di postmaterialismo e che sostiene il riconoscimento della libera espressione di sé, dell'autonomia e dell'autorealizzazione individuali, come pure la indispensabilità della partecipazione sociale e della democrazia diretta.

Durante gli anni '70 e '80 il consenso ai valori postmaterialistici si è diffuso nella società europea in rapporto, in qualche misura, alla crescita del benessere. Poiché nel corso degli anni '90 vi è stato un rallentamento di questa crescita, dopo la terza ondata della ricerca sui valori i ricercatori si sono chiesti che cosa ne è stato del postmaterialismo in una società divenuta più complessa e dallo sviluppo a ritmo rallentato. La conclusione cui sono giunti è che i valori postmaterialistici si trasformano, si conformano al nuovo clima e vengono maggiormente conciliati, anziché contrapposti, ai valori materialistici.

Per quanto attiene al lavoro, ad esempio, si è constatato che è sempre considerato un ambito della realizzazione personale, ma solo se vengono offerte delle condizioni materiali di base accettabili, per salario, orario, ambiente fisico. Queste condizioni, infatti, non appaiono secondarie, dato che sono ritenute indispensabili per la soddisfazione di aspirazioni meno materiali, quali l'interesse per il lavoro stesso e la possibilità di uno sviluppo personale.

Qualcosa di analogo è accaduto per la famiglia. Permane la tendenza a considerarla un ambiente affettivo ricco e che aiuta lo sviluppo individuale. Le qualità che la famiglia deve coltivare nei figli sono immaginazione, indipendenza, senso di responsabilità, ma perché tale crescita sia possibile la famiglia dev'essere stabile. Ciò porta gli europei a valorizzare anche qualità tradizionali dei rapporti, quali la fedeltà dei coniugi, il rispetto personale, la cortesia, il rispetto dei doveri reciproci di genitori e figli.

Un insieme di qualità, questo, che consente alla famiglia di mantenere buoni rapporti anche nell'ambiente sociale. In breve, si può dire che gli europei, pur facendo crescere le attese postmaterialistiche per la famiglia, auspicano che essa conservi i suoi caratteri tradizionali.

L'affermazione del postmaterialismo non va quindi intesa come uno sviluppo dei bisogni di espressione e di partecipazione sociale che si oppone alla ricerca di migliori condizioni materiali o alla domanda di ordine e di norme sociali.

Gli europei sembra che vogliano conciliare i due ordini di valori: la soddisfazione dei bisogni materiali resta in ogni caso la condizione preliminare per la soddisfazione di bisogni più immateriali.

Individualizzazione e individualismo
L'individualizzazione prevede che sia l'individuo a decidere ciò che è bene e ciò che è male. Non si tratta di una nuova tendenza culturale: è la risultante di una lunga evoluzione storica, dell'indebolirsi della dipendenza dalle istituzioni, in genere, dalle chiese in particolare.

Il protestantesimo è stato un momento importante nell'individualizzazione dei costumi. La sua dottrina, infatti, ha restituito all'uomo la piena responsabilità del giudizio sulla condotta personale.

Se l'individualizzazione non è un fenomeno nuovo, il suo recente sviluppo è stato così rapido, spettacolare e diffuso, in Europa, che viene da chiedersi se non ci si trovi in una fase decisiva della generalizzazione dell'ideale di libertà e di autonomia individuale.

Un esempio netto riguarda il giudizio sull'omosessualità. Venti anni or sono era condannata da una larga maggioranza degli europei, oggi solo da una minoranza, un terzo circa. L'orientamento sessuale è dunque divenuto oggetto di una scelta strettamente personale, sulla quale la morale collettiva, o quella religiosa, non devono imporsi.

Se nel campo delle condotte private la maggioranza degli europei rivendica libere scelte, è parimenti sorprendente che questa rivendicazione non riguardi tutte le norme sociali. Per esempio, malgrado il loro liberalismo, gli europei condannano fermamente l'infedeltà coniugale e restano ossequienti al contratto che esiste fra coniugi.

L'individualizzazione dei costumi pare quindi temperata dalla considerazione dei suoi effetti sociali.

L'individualizzazione va distinta nettamente dall'individualismo, sia quello utilitaristico (basato su calcoli d'interesse), sia quello espressivo (basato sul libertarismo anarchico e il rifiuto di ogni vincolo o norma sociale).

Lo sviluppo dell'individualizzazione può quindi accordarsi perfettamente con il rispetto delle norme collettive e con i sentimenti di libera appartenenza a una collettività.

Qualche autore ha avanzato l'ipotesi che la crescita dell'individualizzazione si opponga a quella dell'individualismo. I ricercatori che hanno esaminato i risultati dell'indagine europea tenendo presente l'ipotesi sono invece del parere che l'individualismo espressivo persista in Europa.

Diviene interessante, a questo proposito, l'esame dei rapporti fra permissività e sentimento di appartenenza collettiva. Uno dei risultati dell'indagine è che l'aumento della permissività si contrappone globalmente al sentimento di appartenenza collettiva. Questo non significa che si escludano a vicenda. Nei vari paesi, coesistono combinati in proporzioni diverse. Significa invece che una permissività molto elevata indebolisce il sentimento di appartenenza alla società complessiva, come è dato di osservare ad esempio nelle giovani generazioni.

La relativa contrapposizione fra permissività e appartenenza è d'altra parte coerente con il fatto che la permissività riguarda sia norme private, sia pubbliche. Ora, quando non vi sia il rispetto di norme comuni e la condivisione di una comune identità, la permissività mette in crisi tutte le relazioni con gli altri. L'assolutizzazione della libertà individuale non è conciliabile con il sentimento di appartenenza collettiva.

La Francia appare, a questo proposito, un paese-cerniera, intermedio. Di vecchia tradizione cattolica, ha visto un rapido e massiccio crollo della religiosità. Per contro, la permissività vi è accresciuta fulmineamente, più che in altri paesi cattolici, mentre il sentimento di appartenenza collettiva non ha potuto essere conservato tanto solidamente quanto nei paesi protestanti, nei quali le virtù della morale civica dominano la coscienza collettiva.

Insomma: anche se l'individualismo crescesse in Europa, è lontano dall'esservi dominante e la crescita della permissività e della individualizzazione non hanno ovunque indebolito il sentimento di integrazione sociale.

Nei paesi protestanti, il processo di individualizzazione, avvenuto su molti più aspetti che in Francia, si combina con una forte partecipazione sociale, con il rispetto della morale civica, con l'espressione di sentimenti di fiducia e di solidarietà verso gli altri, di fiducia nelle istituzioni.

Weber spiegava questi atteggiamenti dicendo che il servizio pubblico e a favore degli altri, che appare preferibile a qualsiasi bene personale o privato, è una manifestazione palese della gloria di Dio nel mondo, una testimonianza cui deve dedicarsi il cristiano.

Anche se la religiosità personale si è molto attenuata nei paesi protestanti, resta alta l'appartenenza a una Chiesa, associata a valori civici.

Questo ethos protestante continua dunque a manifestarsi nella coscienza collettiva e continua a orientare i comportamenti, limitando più che altrove i dannosi portati della permissività sui sentimenti d'integrazione sociale.

Convergenze e divergenze fra gruppi di paesi
In ordine alla dinamica dei valori, le matrici culturali cattolica e protestante permettono di cogliere le profonde differenze esistenti tra i paesi europei del Sud e del Nord.

Sia che gli individui aderiscano o no a queste confessioni, le culture nazionali ne conservano l'impronta essendone state influenzate per secoli.

La cultura cattolica valorizza la gerarchia sociale e, nelle società dove domina, gli individui si aspettano la realizzazione del bene comune dallo Stato; gli individui e i fedeli si affidano alle autorità e alle élites per garantirsi il benessere. Non c'è fiducia spontanea.

Nei paesi di cultura protestante, al contrario, si viene presto alfabetizzati, si punta sull'educazione degli individui, si valorizza l'uguaglianza e si favorisce l'espressione di tutti nel gruppo. L'organizzazione delle comunità locali è stata più orizzontale, il sentimento collettivo e i legami sociali più sviluppati.

Queste matrici sono ancora visibili quest'oggi.

Il tipo di relazioni sociali e di solidarietà vissute nei paesi europei dipendono in buona parte da questa scissione storica, come ben dimostrano le differenze nei tassi di associazionismo, di politicizzazione, di fiducia negli altri, di impiego del tempo libero.

Questa scissione, che ha la sua origine nella storia, non è più individuabile muovendo dalle identità religiose individuali. Entro un dato paese, il fatto di essere cattolici o protestanti non è motivo di differenze importanti nel sistema dei valori. Ciò è particolarmente manifesto nei paesi biconfessionali. È piuttosto il grado di convinzione religiosa o antireligiosa che ha rapporto con il sistema dei valori.

Il cristiano che abbia fortemente integrato le credenze della sua religione avrà generalmente un sistema di valori assai diverso da quello di un ateo convinto.

Oltre alle differenze fra paesi cattolici e protestanti, vi sono differenze fra l'Europa dell'Ovest e dell'Est.

Sono le differenze verificatesi nello sviluppo economico che, con ogni probabilità, hanno influenzato i valori.

Le aspettative materialistiche sono più accentuate nell'Est. Qui la morale tradizionale del lavoro è più pregnante: il lavoro è più valorizzato, più considerato come dovere civico, si è più convinti che `non lavorare rende pigri'. Vi è meno consenso per il liberalismo economico. Ciò che attira questi paesi verso l'Unione sono soprattutto i benefici economici attesi.

I paesi dell'Est sono fortemente segnati dall'eredità comunista. Questa è stata un cemento, quanto meno parziale, per queste società. Il crollo del comunismo ha comportato la nascita di forme di anomia sociale e di disorganizzazione.

Gli individui si ritirano nella sfera privata, è forte la diffidenza nei confronti degli altri.

Si notano pure spaccature generazionali: i più giovani, sotto i 40 anni, fanno propri più facilmente i valori dell'individualizzazione, sono più attirati dall'Ovest e dal modello dell'economia liberale.

Le persone con più di 40 anni sono più segnate dai valori sviluppati sotto il regime precedente, l'ugualitarismo, la morale del lavoro...

Dinamiche culturali proprie di ogni paese
Oltre alle scissioni Nord/Sud e Ovest/Est, i dati della ricerca hanno messo in luce anche le dinamiche specifiche dei vari paesi. In altre parole, le grandi scissioni appena segnalate non rendono conto appieno delle differenze fra i paesi europei. In ciascuno di essi, il mutamento valoriale mostra una dinamica con caratteristiche proprie.

Qui si potrà fare riferimento solo a qualche caso, in modo sintetico e ben sapendo che la dinamica nazionale è essa stessa globalizzante, mentre in ogni paese esistono differenze regionali.

I paesi del Sud Europa appaiono oltretutto particolarmente eterogenei, mentre quelli del Nord, sovente più piccoli, sono più omogenei.

I dati segnalano dinamiche culturali specifiche per l'Olanda.

Paese di matrice culturale protestante (calvinista), formatosi in opposizione al Belgio (cattolico), è oggi biconfessionale, ma fortemente secolarizzato e con numerose ricomposizioni religiose. La società è stata da tempo organizzata mediante reti a base confessionale e la cultura del compromesso vi è molto sviluppata.

Gli olandesi sono al tempo stesso molto attenti alla tutela delle libertà individuali e coscienti della necessità di regole collettive. Di conseguenza, nei Paesi Bassi vi è ampia tolleranza nei confronti dell'omosessualità, dell'eutanasia, del suicidio o del consumo di droga. La legge stessa ha consentito il consumo di droghe leggere dal 1976, ha legalizzato la prostituzione dal 2000. L'eutanasia e il matrimonio omosessuale sono accettati dal 2001.

La cultura civica è pure molto sviluppata, come pure la partecipazione politica e associativa. La società olandese non è però senza spaccature: i sostenitori della morale tradizionale sono una minoranza attiva, il populismo trova pure consensi, forse quale reazione alla tolleranza e all'apertura per gli immigrati che sono proprie della maggioranza della popolazione. Fino ad oggi, tuttavia, il culto delle libertà individuali e le divisioni della società non hanno impedito di trovare compromessi e conciliazione.

Il paese è una sorta di laboratorio della società permissiva, ma è al tempo stesso un luogo di sperimentazione dei nuovi modelli di regolazione sociale.

La Danimarca è un caso simile, ma non uguale, a quello dei Paesi Bassi. In questo paese culturalmente molto omogeneo, molto secolarizzato, la Chiesa luterana conserva una posizione autorevole. Il livello del reddito è fra i più alti d'Europa, le politiche sociali sono molto sviluppate. I danesi sono molto fieri del loro sistema politico e della loro società democratica. Non a caso vivono nell'unico paese in cui l'astensione elettorale diminuisce.

La fortissima appartenenza confessionale esprime soprattutto la loro fierezza nazionale e il loro senso civico. È fortissimo anche il sentimento di appartenenza collettiva, la fiducia reciproca è un fatto naturale ed è in questo paese che la selettività nei confronti dei vicini è la meno influenzata da pregiudiziali.

La Danimarca è quindi un paese di spirito molto liberale, ma in cui il culto delle norme è assai sviluppato. Ha l'indice di civismo più alto (assieme all'Islanda). È il paese più esigente in materia di morale collettiva (quasi pari alla cattolicissima Malta, ove però il rigorismo concerne non solo la vita collettiva, ma pure la morale privata, ad esempio con la più bassa accettazione del divorzio). In Danimarca non si tollerano le bustarelle, i vantaggi sociali indebiti, la concessione d'uso di "macchine blu", la menzogna interessata, i rifiuti gettati in luogo pubblico, la guida in stato di ebbrezza. Vi è una ripresa dei valori tradizionali, anche di quelli religiosi (a partire da un livello che era assai basso), vi è particolarmente un'accresciuta domanda di ordine e di autorità.

Passando all'Europa di matrice cattolica, l'Irlanda si presenta come un paese fortemente caratterizzato da questa religione, ma che ha subìto pure una forte influenza inglese. In questo senso, è un paese cattolico dell'Europa del Nord. La Chiesa cattolica controlla, in Irlanda, gran parte del sistema educativo, sanitario e sociale. L'istituzione cattolica resta influente, ma al tempo stesso è oggi l'oggetto di una critica assai forte, indice questo di una presa di distanza e di una autonomia individuale che cominciano a manifestarsi.

Il paese è molto evoluto negli ultimi anni. L'entrata in Europa l'ha sbloccato, con esiti economici positivi. A causa della loro cultura cattolica, e malgrado i recenti progressi, gli irlandesi restano poco permissivi, particolarmente in ambiti riguardanti la famiglia. La loro vita collettiva è comunque più sviluppata che nella maggior parte degli altri paesi cattolici. Sono altruisti, hanno coscienza civica e nutrono fiducia nelle istituzioni. In altre parole, in Irlanda vi è forte integrazione sociale.

La Spagna è pure un paese di antica tradizione cattolica, ma in cui la crisi dell'istituzione religiosa è più accentuata. Dopo la caduta del franchismo, il paese è entrato a marce forzate nella modernizzazione politica. Vi è uno spiccato rifiuto delle istituzioni autoritarie e una flessione dei valori d'ordine. Nel corso degli anni '80 ha visto un rapido sviluppo del liberalismo dei costumi. Oggi, quasi improvvisamente, la Spagna appare molto diversa dall'Italia, meno tradizionale in materia familiare, con una individualizzazione più marcata.

Nell'ambito della cultura politica, conserva però molti tratti dei paesi cattolici: politicizzazione debole, debole fiducia negli altri, fiacchi gli impegni associativi.

Vi è in Europa un paese che è sfuggito alle influenze cattoliche o protestanti. La Grecia è infatti molto contraddistinta da una Chiesa ortodossa, che è stata il crogiolo del nazionalismo contro l'impero ottomano e che resta un solido pilastro della società e della nazione.

L'appartenenza confessionale è riportata sulla carta di identità. Come la Spagna segnata da 40 anni di franchismo, la Grecia ha conosciuto due sistemi autoritari, dal '36 al '41 e dal '67 al '74 con il regime dei colonnelli. Dopo il ritorno della democrazia, però, questo paese non ha avuto trasformazioni sociali rapide quanto quelle spagnole. A confronto con gli altri paesi europei, resta un paese povero; la religione vi è forte, i valori tradizionali e materialistici vi persistono più che altrove. Alta è la fierezza nazionale, modesto il sentimento di felicità personale, ma ciò che più sorprende è il pessimismo sociale: la percezione della società è molto negativa, i motivi di malcontento numerosi, la critica delle istituzioni molto sviluppata (solo l'esercito e la Chiesa sono considerati molto positivamente), la xenofobia è diffusa e le critiche alla democrazia appaiono molto spinte se si considera che la Grecia è un paese dell'Europa occidentale.

Non si può chiudere questa breve rassegna di alcune dinamiche nazionali dei valori senza un accenno alla Francia e senza toccare il problema dell'esistenza di una `eccezione' francese, rifuggendo però dalla tentazione di etnocentrismo. La Francia, va detto subito, ha meno specificità di quanto si dica talvolta indicandola come il paese dei diritti dell'uomo, o come il più laico d'Europa. Presenta tuttavia delle particolarità, come ogni paese.

La Francia è oggi molto secolarizzata, laicità e anticlericalismo sono elevatissimi. Questi hanno prodotto un `umanesimo temporale' che ha segnato durevolmente la cultura. La permissività nei costumi è piuttosto ampia e sviluppato è l'individualismo. Debole è la fiducia negli altri, come in Italia e in Spagna.

La sociabilità è assai selettiva. I corpi intermedi, come partiti e sindacati, hanno scarso peso, mentre il tessuto associativo è mediamente sviluppato. La mancanza di civismo è diffusa. Si nota una ripresa dei valori di ordine e civismo fra i giovani, ma questa tendenza dovrà perdurare nel tempo per poter avere un effetto sull'insieme della società francese.

La complessità dell'Europa dei valori
Gli esempi nazionali di dinamiche culturali, ora tratteggiati, mostrano la complessità dell'Europa dei valori. Se, come è stato subito detto, le tre ricerche compiute nel corso degli ultimi vent'anni dicono che esistono tendenze generali _ la conciliazione dei valori postmaterialistici con quelli materialistici, lo sviluppo dell'individualizzazione ed anche di un certo individualismo _ bisogna mettere in conto che tali tendenze assumono una colorazione particolare nei vari paesi, in rapporto alle matrici religiose, a seconda che il paese sia dell'Ovest o dell'Est dell'Europa, che appartenga all'Europa più sviluppata o più povera ed a seconda delle vicende storiche e del tipo di sistema istituzionale.

Tutte le tesi che propendono per la rapida omogeneizzazione delle culture europee, sotto la spinta della mondializzazione, peccano di semplicismo e di grande povertà. Esse dimenticano completamente quanto i sistemi dei valori dipendano dalle culture tradizionali e da una storia che parte da lontano. Pertanto, quando si considerano dati di breve periodo non bisogna cadere nell'errore del culturalismo. I valori non sono fissi, cambiano nel tempo fra un'indagine e l'altra, e non sempre in modo lineare, talvolta in direzioni opposte a quelle che erano state previste.

Le matrici culturali vanno impiegate come risorse, non come vincoli. Non c'è fatalità nella trasformazione dei valori: questa è frutto dell'opera continua degli attori sociali e politici.


g. c