torna a: MIGRAZIONI


L’immigrazione ora è da governare
di Innocenzo Cipolletta
tratto da "Il Sole 24 Ore" del 20/11/02


Con la recente sanatoria collegata alla Legge Bossi-Fini sull’immigrazione, 700 mila extracomunitari sono diventati legalmente lavoratori italiani. A loro deve andare il nostro sincero: benvenuti in Italia!

In pratica, con questa regolarizzazione, la popolazione italiana aumenta dell’1,2%, l’occupazione di circa il 3,5% e le forze di lavoro aumentano di poco meno. Poche misure di politica economica possono pretendere di saper raggiungere un risultato di queste proporzioni in così poco tempo. Va quindi dato atto a questo Governo di aver promosso la più consistente operazione di regolarizzazione degli immigrati clandestini, favorendo quanti avessero già un lavoro o potessero vantare un referente che garantisse per loro dichiarandoli occupati. Forse le intenzioni della Legge non erano proprio quelle di favorire un aumento dell’immigrazione in Italia, ma i movimenti della società usano spesso le maglie della legislazione per raggiungere i loro scopi. Credo tuttavia che sia decisamente meglio avere in Italia 700 mila immigrati legali in più e 700 mila clandestini in meno che viceversa, anche se una parte di essi ha fatto ricorso a stratagemmi per ottenere la legalizzazione.

Tuttavia questa operazione non può terminare con la pur necessaria concessione della regolarizzazione, cosa che peraltro sembra dover prendere un tempo particolarmente lungo. In effetti, data la grandezza delle cifre coinvolte, appare necessario avviare in Italia una vera e propria campagna per l’integrazione degli immigrati, se non si vuole dover affrontare dopo e con maggiori difficoltà problemi che già ora sono di vasta complessità. In una operazione di questo genere ci sono doveri da tutte le parti.

Gli immigrati che hanno ottenuto la regolarizzazione del rapporto hanno il più grande interesse a non uscire subito dalla legalità appena acquisita. Purtroppo nel nostro paese le tentazioni sono tante: l’ampiezza di un mercato del lavoro sommerso anche per i cittadini italiani rappresenta una attrazione troppo forte per non coinvolgere gli immigrati. Questi devono ben sapere che la legalità conquistata deve essere mantenuta nel tempo e quindi devono resistere alle pressioni per rientrare nel sommerso. Ma essi devono anche fare il massimo degli sforzi per rispettare tutta la legislazione del nostro paese e per integrarsi culturalmente: ciò che non significa perdere le proprie specificità, ma aprirsi anche a quelle del paese dove risiedono. Le molte associazioni che lavorano con gli immigrati e che operano nel nostro paese devono moltiplicare i loro sforzi per favorire processi di integrazione nel nostro paese, perché non si può vivere l’emigrazione come un esilio nel quale si tenta di riprodurre modelli di vita del paese di origine.

Maggiore è ovviamente il compito per il paese che riceve, che deve aprire le proprie strutture a chi ha cultura e tradizioni diverse. I campi di intervento sono molteplici: dalla politica per la casa a quella per l’istruzione, dalle normative per il lavoro a quelle dei diritti di cittadinanza fino alle stesse leggi sull’immigrazione, occorre rivedere gran parte del nostro corpo legislativo con attenzione al fine di evitare che si determinino processi di esclusione e di segregazione che finiscono per generare tensioni poi difficili da controllare. Spesso si crede che basti applicare anche agli immigrati le nostre leggi già esistenti per favorire le loro integrazione. Non è così semplice, perché le nostre leggi sono state costruite per una società culturalmente omogenea e mal si applicano ad una società disomogenea, con esigenze spesso molto diverse da cittadino a cittadino. Poiché non è pensabile di poter applicare legislazioni diverse ai diversi cittadini residenti nello stesso paese, allora occorre rivedere con molta attenzione la legislazione esistente per vedere dove essa deve essere modificata.

Solo per fare pochi esempi, la legislazione della casa è fatta per italiani che ambiscono comprare una propria abitazione e che non aspirano, se non in casi molti eccezionali, a cambiare di residenza da una città ad un’altra. Di fatto, oltre il 70% delle famiglie italiane possiede una abitazione. L’affitto di una casa è fortemente scoraggiato da una legislazione che penalizza chi investe nell’abitazione a fini di reddito, con la conseguente scomparsa o assottigliamento del mercato dell’affitto per abitazione. La costruzione di nuove case è osteggiata da quasi tutti i piani regolatori ed i prezzi del nuovo sono proibitivi, mentre manca una politica di case a buon mercato ed in affitto che nel passato era stata di fatto delegata agli enti previdenziali ed assicurativi che ora hanno ceduto tutto il loro patrimonio. E’ evidente che gli immigrati hanno esigenze diverse, avendo una maggiore mobilità sul territorio, minori disponibilità finanziarie ed essendo meno interessati alla proprietà. Poiché non è auspicabile costruire ghetti per gli immigrati, è tutta la legislazione della casa che deve essere modificata per favorire il mercato dell’affitto, liberalizzandolo del tutto ed ampliando l’offerta con iniziative in favore dell’edilizia agevolata.

Lo stesso vale per la legislazione del mercato del lavoro, concepita per un lavoratore stabile, con famiglia e disposto a risparmiare molto per prestazioni pensionistiche ed assistenziali elevate, ciò che incide sul costo del lavoro e deprime il salario netto. Il contrario di quanto preferirebbe un immigrato che è disposto anche a lavorare di più pur di avere un salario netto più elevato e poter trasmettere ad una famiglia lontana un maggior reddito. Analogamente si può dire per le leggi sull’immigrazione, volte a legare il visto di ingresso con il lavoro, mentre occorrerà favorire i ricongiungimenti familiari che costituiranno un forte fattore di integrazione, oltre a rappresentare di fatto il principale canale di nuova immigrazione.

Più in generale, occorre sottolineare come un corpo legislativo che ampli le scelte del cittadino si adatti meglio ad una società multiculturale, rispetto ad un sistema che, per tutelare presunti diritti particolari, finisce per statuire con dettaglio una moltitudine di prescrizioni specifiche fatte di divieti volti ad indirizzare le scelte verso predeterminate casistiche. Il successo di questa operazione di legalizzazione degli immigrati va quindi colto per avviare per tempo una rivisitazione della nostra legislazione al fine di ampliare gli spazi di scelta del cittadino (autoctono o immigrato), ciò che amplierà di molto anche la capacità di accoglienza del nostro paese e ridurrà pertanto i rischi di tensioni.