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LA PROCURA DI BOLOGNA RICORRE IN CASSAZIONE CONTRO LA BOSSI-FINI
 
Dopo i Pm e gli avvocati, i giudici. Si allarga a Bologna il fronte dell’obiezione, o meglio della differenza d’interpretazione della legge Bossi-Fini. ...
 
Data 13/11/2002
Categoria: Interni

Autore:

VANNI MASALA
Fonte: L Unità
URL: http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=...
   
Dopo i Pm e gli avvocati, i giudici. Si allarga a Bologna il fronte dell’obiezione, o meglio della differenza d’interpretazione della legge Bossi-Fini. Un giudice del Tribunale monocratico del capoluogo emiliano, Pierluigi Di Bari, non ha convalidato l’arresto di un immigrato clandestino che era comparso in stato di detenzione all’udienza per la direttissima. L’ordinanza ha acuito il «conflitto» in atto dentro la stessa Procura bolognese, dove una parte dei pubblici ministeri sostiene che l’immigrato arrestato per aver contravvenuto al decreto di espulsione deve essere liberato subito, prima dell’udienza davanti al giudice. All’opposto l’interpretazione di altri magistrati, tra cui il procuratore capo Enrico Di Nicola, per cui il detenuto va portato in stato di arresto davanti al giudice, applicando alla lettera il testo della Bossi-Fini. E lo stesso Di Nicola, ha annunciato di aver fatto ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del giudice bolognese. Il capo degli uffici giudiziari emiliani ha quindi aggiunto che valuterà quelle ordinanze che «in punto di diritto, valutano diversamente dalla Procura l’arresto obbligatorio di immigrati clandestini e la loro presenza in stato di detenzione all’udienza per direttissima», così come prevista dalla nuova legge sull’immigrazione.

«La legge Bossi-Fini può piacere o meno - ha dichiarato Di Nicola -, ma deve essere applicata in ogni sua parte, anche dove dispone che lo straniero arrestato deve essere portato davanti al giudice entro 48 ore, perchè il giudice stesso provveda alla convalida dell’arresto con conseguente liberazione dell’arrestato e il nulla osta all’espulsione, che è obbligatorio».

Di fatto, il giudice di Bologna che ha scarcerato l’immigrato ha rappresentato il dissenso di una buona parte dei suoi colleghi del Tribunale (non è dato sapere quanti, ma sarebbe quasi tutta la seconda sezione penale), secondo cui lo straniero arrestato avrebbe dovuto essere liberato dallo stesso pubblico ministero prima di giungere all’udienza. E ciò sarebbe dovuto accadere, secondo i giudici ed i Pm obiettori, in linea con l’articolo 121 delle norme di attuazione del Codice penale, con cui si stabilisce che «il Pm dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà quando ritiene di non dover richiedere l’applicazione di misure coercitive». Misure che, in questi casi, non sono applicabili. Dunque il rito si dovrebbe tenere con l’imputato libero.

«Noi riteniamo - ha affermato il presidente della seconda sezione penale del Tribunale, Sergio Cornia - che il pubblico ministero debba scarcerare lo straniero appena arrestato dalla polizia. È vero che la polizia è obbligata all’arresto, ma siccome il magistrato sa che non sarà possibile chiedere una misura cautelare, è meglio che lo scarceri subito: alcuni giudici lo hanno fatto notare nelle sentenze, credo che sia un’interpretazione più ovvia di quella della Procura». Nei giorni scorsi un altro giudice monocratico della seconda sezione, Letizio Magliaro, aveva censurato la Procura bolognese sullo stesso punto. In sostanza il giudice aveva detto che se ci si trova a fare processo con un imputato detenuto per una contravvenzione (come nel caso dei clandestini), dopo che la polizia come giusto lo ha arrestato è il Pm che deve liberare l’imputato. In base, appunto, all’articolo 121.

Il guazzabuglio creato dalla Bossi-Fini continua dunque a tenere sulla corda giudici, pubblici ministeri e gli stessi imputati, che tramite i loro avvocati danno giudizi ancora più duri dei magistrati obiettori sulla situazione che si è venuta a creare e sulla stessa legge Bossi-Fini. Da parte di un difensore è anche stato avanzato (e non accolto) un ricorso alla Corte costituzionale per illegittimità. «La legge Bossi-Fini è sbagliata - ha dichiarato l’avvocato Roberto d’Errico, presidente della Camera penale di Bologna -: l’arresto non è previsto per una contravvenzione ed il Pm deve scarcerare le persone ingiustamente arrestate: plaudo a quei Pm che hanno sollevato il problema».