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I falsi miti sull'immigrazione
ILVO DIAMANTI

 

da Repubblica - 21 giugno 2002


L´INSICUREZZA pare stringere e costringere insieme, nello stesso cerchio, il fenomeno dell´immigrazione e le paure che costellano la nostra vita quotidiana. Pare, inoltre, alimentare la crescente domanda d´ordine e di controllo che pervade la società. Al punto da farci accettare l´ipotesi di limitare le nostre libertà. Il cerchio dell´insicurezza: in parte, almeno, è artificiale, perché i riferimenti attorno a cui ruota sono meno scontati, meno evidenti di quanto si tende a pensare. Di quanto ritengano e sostengano molti osservatori, molti attori della vita pubblica.

SEGUE A PAGINA 15

L'INSICUREZZA ARTIFICIALE
L´incertezza per il futuro aumenta e suggerisce di dare più poteri all´autorità


L´immigrazione, in particolare. Suscita preoccupazione, certamente. Ma senza raggiungere il livello, estremo, suggerito da molte descrizioni correnti. E non più, anzi, meno del passato. Il sondaggio realizzato da Eurisko per Repubblica fornisce, al proposito, alcune indicazioni significative. Tra gli italiani intervistati, il 25% considera gli immigrati un pericolo per l´identità culturale e religiosa, il 28% una minaccia per l´occupazione, il 35% un problema di ordine pubblico. Sono quote rilevanti. Ma stabili e anzi, per alcuni versi, in declino rispetto gli anni scorsi. In quanto all´ordine pubblico e alla sicurezza personale, in particolare, si registra un calo sensibile anche in confronto a pochi mesi fa.
Lo suggerisce la comparazione con i dati dell´indagine della Fondazione Nord Est, svolta negli scorsi mesi di gennaio e febbraio, in sette paesi europei, fra cui l´Italia. Da cui si desume, fra l´altro, come il fenomeno migratorio nel nostro paese sollevi minore allarme rispetto al resto d´Europa. Oggi. A differenza degli anni scorsi, quando l´Italia appariva una sorta di "penisola della paura". Dei sondaggi, peraltro, è lecito dubitare. E, comunque, vanno valutati con prudenza, in quanto registrano opinioni specifiche. Reazioni a quesiti stabiliti da chi progetta l´indagine.
Tuttavia, da anni proponiamo le stesse domande a diversi campioni di popolazione nazionale, ricorrendo a diversi istituti demoscopici. Con esiti coerenti. Che suggeriscono, insieme, un sentimento, verso gli immigrati, che si sta "normalizzando". Forse perché è ormai estesa l´opinione che li considera una risorsa per l´economia; ma anche un´opportunità di apertura culturale (quasi il 50% degli intervistati si esprimono in tal senso). Peraltro, circa tre italiani su quattro vedono con favore l´ipotesi di concedere il diritto di voto amministrativo agli stranieri regolari che pagano le tasse. Anche in questo caso si tratta di un orientamento stabile, verificato in altre indagini, in altri tempi. Un atteggiamento che non risente dei notevoli sbalzi d´umore registrati dal dibattito politico su questo argomento.
Gli italiani, quindi, appaiono ragionevolmente preoccupati da un fenomeno nuovo, che modifica il loro orizzonte. La loro mentalità, maturata in oltre un secolo trascorso a "emigrare". Partire per altre mète. Lontane. Mentre oggi è il loro – nostro - paese ad essere mèta di un esodo crescente. Preoccupati, ma senza enfasi.
Peraltro, di fronte all´immigrazione, essi presentano orientamenti differenziati. Un quarto di essi esprime posizioni chiuse e ostili. Vive l´immigrazione con fastidio, non ne coglie particolari motivi di utilità. Il 37%, sul versante opposto, dimostra grande apertura nei loro riguardi. Li considera "una risorsa". Non li teme. In mezzo, fra questi poli, altri due gruppi di persone approcciano gli immigrati con atteggiamento ambivalente. Il 10% in modo pragmatico. In quanto li considera una fonte di problemi. Ma, comunque, necessari, di fronte alle esigenze del mercato e della società.
E´ un orientamento condiviso soprattutto fra gli imprenditori e nel Nord Est, dove il disagio con cui la società affronta l´impatto dell´immigrazione è contrastato, sopito, da valutazioni di merito e di utilità. Perchè senza immigrati lo sviluppo rallenta; e le molteplici esigenze di assistenza, tipiche di una società anziana, come la nostra, non troverebbero risposta. Infine, quasi il 30% degli intervistati manifesta al proposito un atteggiamento agnostico e distaccato. Non teme l´immigrazione, ma non la ritiene una necessità, una leva essenziale per sollevare il mondo economico e dell´assistenza.
Gli italiani vivono, quindi, il fenomeno migratorio in modo distinto. Un quarto di essi con sofferenza. Oltre un terzo con apertura. Il resto senza posizioni preconcette. Senza ideologie. In modo pragmatico. Prudente. Distaccato. Nulla che denunci una sindrome acuta, un male oscuro che si propaga rapidamente.
Quindi, non sono gli immigrati; non è la presenza degli stranieri, in rapida crescita, che spiegano l´insicurezza degli italiani. Un sentimento diffuso. Che appare sempre più diffuso. E senza ideologia. Perché colpisce a destra come a sinistra. Soprattutto i più anziani. Gli strati più marginali sotto il profilo sociale e culturale. L´insicurezza. La preoccupazione, condivisa, percepita in modo più acuto, rispetto a un anno fa, dal 62% degli intervistati, quando si parla del degrado ambientale. Quando si evoca l´ombra del terrorismo. La preoccupazione: da cui metà degli italiani confessa di essere afflitta, sempre più, in riferimento al tema della criminalità. Ma anche in merito alla pensione o al lavoro. Al futuro. Crescono le incertezze degli italiani. La loro inquietudine. Tanto più dopo l´11 settembre dell´anno scorso. E si accompagnano alla richiesta di sorveglianza sugli ambienti di vita.
Due terzi tra gli intervistati vedono con favore l´aumento dei controlli sulle persone: nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle sedi pubbliche. Darebbero più poteri "discrezionali" alle forze dell´ordine, alle autorità. Ci piace sentirci più controllati. Anche a costo di rinunciare a porzioni significative della nostra libertà.
C´è meno disponibilità a legittimare i controlli quando entrano in gioco i nostri "conti" (bancari); le nostre comunicazioni private. Anche se la macchina della vigilanza, quando si mette in moto, difficilmente si ferma davanti ai recinti del nostro interesse, della nostra privacy.
La preoccupazione verso il fenomeno migratorio, quindi, non è aumentata nell´ultimo anno. Ma l´angoscia sociale sì.
Tuttavia, l´immigrazione è il principale bersaglio delle politiche securitarie. Il principale oggetto di interventi che mirano a rassicurare la società. Attraverso misure che, come mostra il sondaggio Eurisko-Repubblica, registrano un significativo consenso fra i cittadini. In particolare, è largamente condivisa l´idea di chiedere a tutti gli immigrati, compresi quelli di cittadinanza italiana, di portare con sè un documento di identità "speciale". Mentre una quota più ridotta aderisce alla proposta di rilevare le impronte a tutti gli immigrati. Anche a quelli regolari, già "certificati" e "identificati" dalle autorità.
Non fanno più tanta paura gli immigrati. Anzi, li riteniamo sempre più "necessari". Ma i provvedimenti che li riguardano in modo diretto non dispiacciono. Perché respiriamo un´aria inquieta. Flottiamo in un´atmosfera di incertezza. Delimitare il pericolo, dargli un nome preciso, ci conforta. Serve a dare un volto all´ombra indistinta che grava su di noi. Serve, alle istituzioni e ai soggetti politici, per "ridurre" i fattori di incertezza, contro cui intervenire. Riassumendoli in uno solo. L´immigrazione, appunto. Non importa se ci allarma meno di un tempo.
Per questo è meglio non illudersi. Non basterà la legge Bossi-Fini a spezzare il cerchio dell´insicurezza che ci stringe. Mentre rischia di accentuarne l´impronta.