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Immigrati e sicurezza una legge ingannevole
Si finge di ignorare il calo demografico e la necessità di manodopera
MASSIMO LIVI BACCI

 

da Repubblica - 25 giugno 2002


Nonostante le dichiarazioni aggressive della vigilia, il vertice di Siviglia non è andato oltre alcune opportune ma scontate conclusioni in materia di immigrazione. Niente ritorsioni sul piano dell´aiuto allo sviluppo per quei paesi che non "cooperano" nel contenimento dell´immigrazione clandestina. E del resto si tratta di un campo minato: nei paesi della riva Sud del Mediterraneo il flusso degli aiuti ufficiali allo sviluppo provenienti dai paesi ricchi - e oggi al loro minimo storico - resta assai inferiore al flusso delle rimesse dei loro emigrati. Niente corpo "sovranazionale" di polizia di frontiera, ma maggiore coordinamento tra le polizie nazionali.
Così la faccia feroce pre-vertice di Berlusconi, Blair e Aznar in tema di immigrazione si è alquanto stemperata nelle più pacate dichiarazioni finali. Ma a Roma, il progetto di legge Fini-Bossi, oramai in dirittura di arrivo al Senato, enuncia minacciosamente, all´articolo 1, comma 3 che "si può procedere alla revisione di programmi di cooperazione e di aiuto… qualora i Governi degli Stati interessati non adottino misure di prevenzione e vigilanza atte a prevenire il rientro illegale sul territorio italiano dei cittadini espulsi". Che le politiche di cooperazione debbano entrare nei negoziati bilaterali o multilaterali tra paesi ricchi e paesi poveri in tema di migrazioni è fatto scontato, ma l´inserimento in un articolo di legge è davvero un´inutile provocazione.
La legge in via di approvazione è una brutta legge, e per due motivi di fondo. Il primo è lo spirito generale che la informa, che paga pegno alle posizioni radicali della Lega: l´immigrazione è un pericolo dal quale occorre difendersi; le forze armate debbono essere mobilitate nelle azioni di contrasto; agli stranieri non comunitari che richiedono il permesso di soggiorno (inclusi Svizzeri e Statunitensi: quale imbarazzo!) debbono prendersi le impronte digitali; la casistica delle espulsioni viene infittita; le regolarizzazione dei clandestini (provvedimento inevitabile) viene limitata al servizio e all´assistenza domestica.

Questo è il messaggio della maggioranza, e che l´opinione pubblica non sappia alcune elementari verità. Per esempio, che il pattugliamento marittimo dirotta i flussi in zone meno controllate nelle quali gli sbarchi sono più difficili e pericolosi, così navi e natanti vengono abbandonate lontane dalla riva e i passeggeri buttati a mare con altissimi rischi. O, ancora, che di stranieri regolarmente soggiornanti e iscritti alle anagrafi ce n´è quasi un milione e mezzo, e non presentano problemi di identificazione. A che serve, per questi normali residenti, la misura discriminatoria delle impronte digitali, ammissibili per coloro la cui identificazione è dubbia, ma inutilmente vessatoria per gli altri? Perché regolarizzare i clandestini lavoratori domestici (molti dei quali sicuramente al servizio di famiglie abbienti) e non coloro che esercitano altre attività e professioni socialmente utili? Infine, è bene che al pubblico si taccia che la stragrande maggioranza dei clandestini non è formata dai disgraziati che arrivano nei cassoni dei Tir o nelle stive delle navi, ma bensì da individui indistinguibili dalle decine di milioni di viaggiatori di ogni colore e provenienza che la globalizzazione mondiale scarica dentro le nostre frontiere, e che semplicemente rimangono in Italia alla scadenza del permesso di soggiorno. Questi sono i clandestini, mescolati a studenti, facoltose persone in cerca di quiete, turisti che prolungano il loro soggiorno, coniugi parenti o amici stranieri di italiani. Ma il Governo, bontà sua, si guarda bene dal setacciare il paese per individuarli e, eventualmente, metterli alla porta, a rischio di mettere in crisi l´industria turistica e la pace sociale.

La legge è una brutta legge per altri e ancora più validi motivi. Il Governo sa benissimo che l´Italia ha un crescente bisogno di immigrati: i conti sono stati fatti e rifatti. La popolazione giovane in età attiva, tra venti e quarant´anni, si ridurrà di sei milioni nei due decenni avvenire. Industria e agricoltura reclamano manodopera. Nei servizi, pubblici e privati, c´è carenza di lavoro. Le famiglie vogliono aiuto domestico. Onestà e lungimiranza vorrebbero che si facesse il seguente discorso. "Abbiamo un crescente bisogno di immigrati che, fortunatamente, sono disponibili in abbondanza. Possiamo quindi sceglierli, ammettendoli sulla base delle loro capacità individuali e della loro volontà di intraprendere un cammino, con obblighi e diritti, che li può condurre alla piena integrazione nella società, con vantaggio generale. Questo processo implica, oltre ai benefici della maggior crescita, anche dei costi che non possono essere ignorati. L´integrazione richiede investimenti per case, scuole, infrastrutture e servizi. Chiede anche spirito di tolleranza e di comprensione per le lecite diversità di cultura e di costumi degli immigrati. Il Governo, e la legge sull´immigrazione, sono una garanzia che questo processo avvenga nel rispetto delle regole". Il Governo ha invece imboccato la strada opposta. Si cela il fatto, incontrovertibile, che crescita economica e debole demografia implicano immigrazione crescente. Si lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, ipotizzando così una rapida rotazione degli immigrati, col rientro in patria allo scadere del contratto. Si restringono le possibilità di ricongiungimento familiare. Si allunga a sei anni, invece di ridurre i già lunghi cinque anni attuali, il periodo di soggiorno necessario per ottenere un permesso illimitato di residenza. Si sposa una filosofia, fallita negli anni '60 in Germania, del lavoratore ospite di breve periodo, che non investe nella sua integrazione (perché dovrebbe imparare lingua, usi e costumi se deve rapidamente tornare in patria?), che minimizza i costi sociali immediati, rimediando le strozzature del mercato del lavoro. Si fa finta che un fabbisogno strutturale sia, invece, un fenomeno transitorio. Ma che avverrà quando, invece del milione e mezzo di immigrati non comunitari, ce ne saranno tre, quattro o cinque o più milioni, in maggioranza senza radici, senza famiglia, e senza interessi nel nostro Paese?
Una brutta legge, che inganna gli Italiani e danneggia i veri interessi del paese.