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07.11.2004
Finanziaria, guai ai poveri
di Livia Turco

Aprire un asilo nido o ristrutturare una strada? Prevedere l'insegnante di sostegno per i ragazzi disabili oppure una stagione teatrale? È il dilemma su cui si dibattono i nostri sindaci. Un dilemma semplicemente pazzesco che costituisce però una metafora molto concreta e significativa degli esiti del governo Berlusconi. Da un lato promette la riduzione delle tasse, dall'altro obbliga i sindaci a diventare i becchini dello Stato sociale.
Nella legge finanziaria che si sta discutendo, infatti, vengono ulteriormente decurtate le risorse stanziate del Fondo Nazionale per le politiche sociali.
Ed è sparita qualsiasi misura di lotta alla povertà e di sostegno alle famiglie. La norma generale del tetto del 2% di contenimento della spesa, sia quella corrente che per investimenti, ha un impatto particolarmente negativo sugli Enti locali. Infatti, come documenta l'ANCI, quel tetto significa un contenimento della spesa dei Comuni pari a 1,48 miliardi di euro. Sulla base della relazione tecnica del Governo allegata alla legge finanziaria, complessivamente le autonomie locali subiscono un taglio alle spese pari a 1270 milioni di euro per il 2005; 2057 per il 2006; 3024 per il 2007.
Si tratta, dunque, non di un semplice contenimento della spesa, ma di un taglio che bloccherà la crescita. A ciò si aggiungano i 4 miliardi di euro che mancano alla sanità pubblica per finanziare i livelli essenziali di assistenza. Vengono ridotti i fondi per gli investimenti necessari per l'ammodernamento tecnologico delle strutture sanitarie e non viene prevista nessuna iniziativa per lo sviluppo e la riorganizzazione della sanità nel Mezzogiorno. Bisogna dunque reagire, con una mobilitazione adeguata: dei cittadini, delle famiglie e di tutti i “mondi” sociali e della “grande” politica.
Infatti, non c'è ancora abbastanza consapevolezza di che cosa significhi la distruzione di quello che abbiamo chiamato welfare locale e della sua rete integrata dei servizi alle persone ed alle famiglie. Che si accompagna all'indebolimento ed al rischio di frantumazione del sistema sanitario pubblico per via del mix tra sottofinanziamento e devolution.
Welfare locale e rete integrata dei servizi sono anzitutto opportunità concrete come i servizi per l'infanzia, il centro diurno per gli anziani, l'inserimento lavorativo per le persone disabili che sono di aiuto e sostegno alle persone ed alle famiglie e ne migliorano la qualità della vita. Sono opportunità che favoriscono la socialità e cercano di attivare in tutte le persone, a partire da quelle più fragili, le proprie capacità consentendo loro di dare un contributo alla vita della comunità. Sono opportunità che promuovono e rendono concreta la cittadinanza.
Il welfare locale e la rete integrata dei servizi alle persone ed alle famiglie si sono proposti anche obiettivi più ambiziosi del semplice sostegno a chi è in difficoltà. Come è indicato nella legge quadro sulle politiche sociali, la 328/2000 (quella che ha sostituito la legge Crispi del 1870) per creare equità e cittadinanza bisogna puntare alla promozione del benessere. “Stare bene insieme, stare bene tutti” è l'obiettivo cui deve tendere una moderna politica di welfare. Per essere capace di prevenire le sofferenze, i disagi, le povertà.
Questo obiettivo si può conseguire con un forte ruolo del soggetto pubblico, in particolare l'Ente locale, supportato però dalla Regione e dal Governo. Ruolo che si sostanzia nello stanziamento adeguato di risorse, ma soprattutto nella capacità di adottare un metodo: quello di avere fiducia in tutte le risorse umane, economiche, sociali e culturali presenti in un determinato territorio e di sollecitarle ad assumersi le loro responsabilità nei confronti della salute e del benessere delle persone.
Una sorta di “arte maieutica” per tirare fuori competenze, risorse, doti morali e per orientarle alla promozione del benessere delle persone.
Per questo l'Ente locale scopre la necessità di progettare e di realizzare la sua rete di servizi con: gli operatori, la famiglia, il volontariato, l'associazionismo, il mondo delle imprese.
I “piani di zona” della 328/2000 dove hanno funzionato è perché hanno saputo sprigionare questa creatività sociale. Il welfare locale e la rete integrata dei servizi hanno, dunque, messo in campo una straordinaria ed inedita forma di partecipazione democratica.
Si è così reso evidente che i servizi alle persone non sono solo prestazioni, ma sono, ad esempio: la capacità delle persone di stare in compagnia; il recupero di una piazza della città non solo per renderla bella, ma per consentire alle persone di incontrarsi in essa e di stare bene insieme; la ristrutturazione di un quartiere degradato a partire dai diritti dei bambini; la costruzione di un condominio prevedendo anche un asilo nido.
Insomma c'è una produttività del sociale che andrebbe misurata nella sua capacità di produrre reddito e di concorrere alla formazione del PIL.
Sempre più, non a caso, si parla di politiche sociali come politiche di sviluppo. Intendendo con tale espressione che gli investimenti finanziari e le risorse stanziate a favore della salute, dell'istruzione e del benessere delle persone non sono un costo, ma appunto un investimento altamente produttivo che contribuisce a rendere più competitiva la nostra economia perché investe su quella che è la sua risorsa fondamentale: la persona umana.
È sempre più chiaro infatti che l'obiettivo cui devono tendere l'Italia e l'Europa è la promozione dello “sviluppo umano” in cui la persona è al contempo il fine ed il mezzo della crescita e dello sviluppo.
Ciò significa che le politiche pubbliche per la salute, la formazione ed il benessere delle persone devono essere considerate il motore dello sviluppo economico e sociale.
D'altra parte sappiamo che un territorio per recuperare competitività deve saper attrarre investimenti e capitali e per fare questo è necessario un ambiente sociale accogliente, dunque dotato di buoni servizi sociali. E di buoni servizi per la salute.
L'esperienza di tante famiglie e di tanti operatori ci dice che solo una rete integrata di servizi può consentire a ciascuna persona di recuperare le sue capacità, di vivere in un contesto di socialità, di dare un suo contributo agli altri; di essere di sollievo alle famiglie.
La rete dei servizi e non i bonus e i voucher, non la monetizzazione del bisogno può consentire di realizzare l'obiettivo dello “star bene insieme, star bene tutti”.
Alla luce di queste considerazioni risulta ancora più iniqua la proposta fiscale del governo: non solo perché premia i più ricchi, ma perché sottrae le risorse per sviluppare quella fondamentale intelaiatura sociale che è appunto costituita dalla rete dei servizi sociali, la quale, non dimentichiamolo, è ogni giorno animata dalle competenze, dalle professionalità, dalla passione, dall'etica del dono di tanti medici, operatori, volontari, famiglie. Un colpo al welfare locale ed al Servizio Sanitario Nazionale, pubblico, universalistico e solidale è un colpo grave al tessuto di cittadinanza e di solidarietà più profondo e solido che esiste nel nostro Paese.
Dunque la partita che si sta giocando sugli Enti locali e sul Fondo Sanitario Nazionale riguarda il cuore di un moderno welfare, chiama in campo non solo il valore dell'equità e la tutela dei ceti più deboli, ma quello della cittadinanza e della qualità dello sviluppo.
Per questo i sindaci, gli amministratori locali, i presidenti delle giunte regionali non possono essere lasciati soli, ma devono vedere una mobilitazione degli operatori, dei volontari, dei cittadini e delle famiglie. E devono vedere in campo la politica, quella con la P maiuscola. È ora che si capisca che un servizio sociale conta quanto un'autostrada o un investimento nel software perché tante volte da esso dipende la possibilità di una persona fragile di aumentare la propria dignità, di sprigionare la sua creatività e di diventare produttiva alla società.
Noi faremo la nostra parte. Facendo vivere nel Paese, tra le persone, le proposte di governo che abbiamo elaborato ed alcune delle quali - come la legge D'Alema sulla sanità nel Mezzogiorno e la legge che istituisce un fondo per le persone anziane non autosufficienti - sono già iscritte nell'agenda parlamentare.
Proposte di governo che ruotano attorno ad un'idea forza: costruire una solidarietà tra le generazioni.
Le voglio elencare: la riforma degli ammortizzatori sociali e la Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, perché la buona e piena occupazione resti la priorità per una vita dignitosa; il Reddito Minimo di Inserimento per chi è in condizioni di povertà; la legge quadro a sostegno delle responsabilità familiari; le leggi per i diritti dell'infanzia e per i servizi socio educativi; le leggi a sostegno del volontariato e del no profit.
Queste leggi rappresentano l'intelaiatura di un vero e proprio secondo pilastro della politica di centrosinistra. Accanto alla politica economica.
Ma il benessere delle persone non è solo questione di leggi e di risorse, ma anche di qualità della politica. Una politica delle persone per le persone.
Ed allora conta molto la sua capacità di costruire legami forti con le persone, dimostrando di essere al contempo umana ed utile.
Per questo abbiamo lanciato la proposta di costituire in ogni federazione il Forum sociale dei Ds e la Casa dei diritti sociali.
Una proposta che vogliamo discutere e costruire durante i nostri congressi.