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Paolo Ferrario - Direzione Rsa Settore Servizi sociali del Comune di Milano

 Scalettone per l’intervento al Convegno  “Interfacciamo le città”  30 novembre 1995

per  prof.sa Graziamaria  Dente - assessore ai Servizi Sociali del Comune di Milano

 


 


MUTAMENTO DEI BISOGNI

 

evoluzione del MERCATO DEL LAVORO

 e in particolare la CRESCENTE DISOCCUPAZIONE determinata dalla INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

 

  TENDENZE DEMOGRAFICHE

e in particolare INVECCHIAMENTO  DEMOGRAFICO

 

 

  trasformazioni della struttura della FAMIGLIA:

diminuzione della  NATALITA’

mutate immagini dell’ INFANZIA

mutamenti delle forme della SOCIALIZZAZIONE

   in rapporto alla SCUOLA ed al TEMPO LIBERO

 

 

  crescente incidenza della POVERTA’

     delle SITUAZIONI DI DISAGIO

                                     e dell’ESCLUSIONE SOCIALE

 

  fragilità socio-culturali nelle FASI DI PASSAGGIO  DELLA VITA 

   ( adolescenza, rotture relazionali, vecchiaia, malattia)

 

 

cresce la POLARIZZAZIONE  fra

 

chi ha una collocazione sociale “SICURA”

e possono co varie combinazioni di risorse resistere alla crisi:

 

LAVORO

 

FAMIGLIA

 

CASA

 

RISPARMI, INVESTIMENTI

 

ed invece  chi rischia l’ EMARGINAZIONE

ed è più esposto al ridimensionamento del welfare state:

 

LAVORO MARGINALE

 

BASSA QUALIFICAZIONE

 

        ESTROMISSIONI DOVUTE ALLA INNOVAZIONE TECNOLOGICA

 

ANZIANITA’

 

BASSI LIVELLI DI PENSIONE
 

TRASFORMAZIONI DELLA DOMANDA SOCIALE

 

 

crescita della DOMANDA VISIBILE QUANTITATIVA  DI SERVIZI

  e in particolare dell’ASSISTENZA SOCIO - SANITARIA

 

 

  formazione  di una CULTURA DEI DIRITTI DI  CITTADINANZA

 

 

  aumentata sensibilità sulla QUALITA’ DEI SERVIZI

 

 

 

 

 

 

TRASFORMAZIONI DELL’OFFERTA

 

calo dell’offerta di LAVORO DI CURA (donna, gruppo parentale) per:

  aumento della scolarizzazione ed occupazione femminile

 

 

  tagli alla SPESA SOCIALE in rapporto all’aumento della domanda

 

 

  forte differenziazione delle STRUTTURE DI OFFERTA

 

 

  aumento della necessità dei rapporti fra PUBBLICO E PRIVATO
LA DIFFERENZIAZIONE DELL’OFFERTA

 

Negli anni recenti vi è certamente stato un fenomeno di crescita ed estensione quantitativa e qualitativa dell'offerta dei servizi socio-sanitari ed educativi.

Questo fenomeno è visibile anche  attraverso l’analisi dell'ampliamento della quantità e della tipologia degli operatori che lavorano in questi sistemi organizzativi: dal 1976 i dati che riguardano assistenti sociali, psicologi, educatori, animatori, ausiliari socio-assistenziali rivelano questo continuo processo di crescita.

Negli anni '80 è osservabile un'ulteriore estensione che però non riguarda il solo settore pubblico: si amplia  e rafforza la presenza e l’azione del 'privato sociale', come  le cooperative di servizio ed il volontariato organizzato

Tale situazione pone innanzi tutto  problemi di professionalità per chi agisce in questi ambiti: si diversificano e specializzano i servizi e contemporaneamente si articolano le professioni. Questo processo sociale distingue gli anni '80 rispetto agli anni '70, nei quali anche le politiche sindacali tendevano ad unificare le figure professionali piuttosto che a rafforzarne  le specificità.

Tali processi  sono stati appoggiati e sostenuti anche dalle norme legislative sulla formazione. Basti pensare alla definizione statale del profilo professionale degli assistenti sociali, alla regolamentazione della professione di psicologo e alla situazione di movimento in questa direzione che si intravvede in rapporto agli educatori, agli animatori, agli ausiliari socio-assistenziali, ecc.

Un fenomeno importante che si accompagna  all'incremento degli operatori è la grande differenziazione delle unità di offerta.

Il sistema dei servizi, cioè, si è sempre più articolato in unità di offerta specifiche che sono nate, cresciute per  per intervenire su domande di aiuto sempre più particolari.

Questi processi istituzionali ed organizzativi hanno particolari conseguenze fra cui:

        alla formazione di una domanda sempre più differenziata corrisponde una articolazione delle unità di offerta;

        ciascuna di queste particolari unità organizzative di servizio ha propri criteri di selezione della domanda;

        in certi casi è possibile trasferire la domanda  ad altre unità organizzative maggiormente congruenti;

        in altri casi ancora c’è uno “scarico” della domanda e molti bisogni sono irrisolti poichè non trovano canali istituzionali capaci di affrontarli.

Il grafico seguente tenta di rappresentare il problema:

 

 

Tale articolazione del sistema ha costi finanziari, organizzativi e professionali. E’ su questi processi che si fonda la domanda di formazione di base e permanente degli operatori dei servizi.

Lo schema mette anche in evidenza le conseguenze delle politiche neo-liberiste dei servizi: una accentuazione dello “scarico” degli utenti ed un allargamento delle situazioni di abbandono nel momento delle situazioni problematiche difficili (invalidità, non autossufficienza, malattia cronica, malattia terminale).

 

Nonostante tale fenomeno di crescita, il sistema dei servizi sociali resta, come anche dice il Piano socio-assistenziale lombardo, "residuale". Residuale perchè il sistema amministrativo considera sempre tali politiche pubbliche come aggiuntive, attribuendo più importanza, nell’agenda delle decisioni, ad altri settori operativi: l'urbanistica, la politica della casa, le politiche pensionistiche, l'istruzione.

Permane cioè una cultura dei servizi sociali intesi come "consumo di risorse" piuttosto che come "produzione di risorse".

 


 

 

I SERVIZI: STRATEGIE NAZIONALI E PROGRAMMI LOCALI

 

Nella recente storia della repubblica italiana sono individuabili due fasi nella  evoluzione delle normative socio-sanitarie.

Una prima fase di  estensione quantitativa del sistema dei servizi che si colloca negli anni ‘70. In questo periodo si è determinata una congiuntura favorevole allo sviluppo delle infrastrutture di servizio. In particolare occorre segnalare i seguenti processi che si sono manifestati nel decennio:

a) la costruzione del sistema amministrativo decentrato: creazione e consolidamento delle amministrazioni regionali; individuazione di nuovi livelli territoriali amministrativi (comunità montane; consigli di circoscrizione; consorzi di gestione; comprensori di programmazione; associazioni intercomunali); tendenziale centralità dei comuni nel governo locale, anche per quanto riguarda la sanità;

b) l’ estensione dell'offerta dei servizi, che è stata promossa anche attraverso una rilevante produzione normativa: leggi nazionali di settore (asili nido, consultori, tossicodipendenze, handicap, psichiatria); leggi regionali di settore (anziani, minori); creazione delle unità sanitarie locali; progressiva trasformazione degli enti locali territoriali da autorità amministrative ad erogatori di servizi;

c) la mobilitazione sociale di vari attori collettivi: i movimenti per la promozione della salute; i partiti, che erano fortemente legittimati nel sistema politico italiano e che hanno tradotto in regole legislative una parte di queste spinte; i sindacati, la cui posizione era rafforzata dalla situazione del mercato del lavoro e che hanno sostenuto molte innovazioni nello sviluppo dei servizi.

L'importanza storica di questo decennio sta soprattutto nella costruzione del sistema amministrativo pubblico dei servizi. Il triangolo amministrativo Regioni-Comuni-Usl  è stato determinante per favorire la fase espansiva dell'offerta dei servizi. Infatti le politiche locali hanno determinato l’immissione di gruppi professionali (soprattutto assistenti sociali, psicologi, psichiatri, medici di igiene pubblica) che hanno costruito  esperienze importanti  nella costruzione di una cultura dei servizi alla persona..

Una seconda fase di  regolazione amministrativa del sistema, è individuabile negli anni ‘80 e primi anni ‘90.

Alcuni tratti caratteristici della legislazione socio-sanitaria prodotta in tale periodo sono individuabili nel modo seguente:

a) forte ruolo delle legislazioni regionali: azione sostitutiva delle regioni in materia di servizi sociali attraverso le leggi di riordino; produzione di piani regionali di sviluppo dei servizi;

b) progressiva frammentazione dei soggetti produttori dei servizi: autonomizzazione delle Usl; autonomizzazione dei comuni; privatizzazione e autonomizzazione delle Ipab; riconoscimento della risorsa del volontariato; valorizzazione delle cooperative sociali;

c) possibili contraddizioni fra un tendenziale rafforzamento della posizione dei cittadini in rapporto alla pubblica amministrazione (leggi regionali sui diritti degli utenti, trasparenza dei procedimenti amministrativi, norme statutarie sulla partecipazione dei cittadini) e l’accentramento delle decisioni in capo ai sindaci e giunte nei comuni  ed ai direttori generali nelle unità sanitarie locali.


 

LE RETI LOCALI DEI SERVIZI

 

In riferimento a questi mutamenti istituzionali ed organizzativi si deve segnalare l'allentamento della relazione Comune-Usl, che era molto forte nel DPR 616/177 e nella legge 833 a favore di un maggiore legame fra Usl e Regione: mentre i servizi sociali devono essere amministrati dai comuni, la sanità è sostanzialmente regionalizzata.

E’ evidente che in tal modo i rapporti Comuni - Aziende sanitarie  in ordine alla gestione integrata  dei servizi socio-sanitariali diventano molto difficili e sono affidati solo alle capacità degli amministratori e dei dirigenti di attivare politiche inter-istituzionali fondate su progetti ed obiettivi.

E’ necessario circostanziare questi elementi per mettere in evidenza le conseguenze determinate dalla progressiva "autonomizzazione" dei soggetti in campo e quindi per sostenere la necessità di coordinare le politiche parziali di ciascuno di essi, soprattutto nelle aree a forte integrazione socio-sanitaria (minori in difficoltà, handicap, tossicodipendenze, anziani non autosufficienti, salute mentale, Aids).

Accanto alla coppia strutturale dei servizi locali, costituita dai Comuni e dalle Aziende sanitarie, si è ampliato e strutturato un articolato sistema del privato-sociale. Si tratta delle grandi risorse che possono essere espresse dal volontariato e dalle cooperative sociali. Queste ultime sono un  importantissimo pezzo del mercato del lavoro: si tratta di 2000 cooperative sociali con 40.000 lavoratori e 1600 miliardi di fatturato. Esse offrono spazi di lavoro protetto per disabili, sofferenti psichici, tossicodipendenti, ed organizzano funzioni di servizio professionale (per esempio l’assistenza domiciliare) che entra in connessione con le attività dei servizi pubblici. Tale situazione pone nuovi problemi di azione amministrativa alle istituzioni pubbliche. Infatti al processo irreversibile della crescita della domanda sociale si può rispondere con un aumento dell’offerta di servizi gestite conforme miste fra pubblico e privato.

Il successivo fornisce una rappresentazione della domanda e dei programmi di offerta frammentata che si configurano nell’attuale situazione istituzionale.

 

 

Per questo diventano sempre più necessarie strategie di collaborazione inter-organizzativa che possono realizzarsi solo attraverso il reciproco riconoscimento e la consapevolezza che i singoli attori dei servizi sono portatori di risorse parziali.

La contrapposizione fra pubblico e privato, che è stata importantissima e necessaria, per costruire la rete pubblica dei servizi, può essere ora sostituita con un diverso modello culturale che si impernia sulle finalità pubbliche dei servizi alla persona cui possono corrispondere forme differenziate di gestione amministrativa, fra cui quella delle convenzioni basate su trasparenti contrattazioni.

In un tale contesto il sistema pubblico, valorizzando molte delle regole presenti nella recente legislazione, può ancora mantenere una propria nuova centralità spostando una parte consistente dei propri interventi verso obiettivi di promozione, regolazione e controllo delle reti di servizio

Nelle condizioni attuali questa è una possibilità aperta per valorizzare le risorse esistenti e per costruire nuove “alleanze”, omologhe a quelle fra amministratori locali ed operatori negli anni ’70, finalizzate a rispondere alla crescita dei bisogni e della domanda di diritti. La formazione di base ed in servizio può positivamente contribuire alla attivazione di questi processi.