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Paolo Ferrario
Piergiorgio Welby è morto
Riflessioni in tema di
"Il diritto di morire"dicembre 2006
Magistrato 1:”Risulta
ormai acquisito alla cultura giuridica il principio secondo cui l'intervento
medico è legittimato dal consenso valido e consapevole espresso dal
paziente, in forza degli articoli 13 e 32 della Costituzione, che tutelano
non solo il diritto alla salute, ma anche il diritto di autodeterminarsi,
lasciando a ciascuno il potere di scegliere autonomamente se effettuare, o
meno, un determinato trattamento sanitario … II distacco del respiratore
senza sedazione violerebbe il rispetto del principio costituzionale della
dignità della persona … Il ricorso, invece, non è ammissibile, per quanto
riguarda la possibilità di ordinare ai medici di non ripristinare la
terapia, perché si tratta di una scelta discrezionale, anche se tecnicamente
vincolata …Il limite è nell'articolo 37 del codice deontologico: quando non
c’è possibilità di guarigione, prevede la norma, il medico deve limitare
la sua opera all'assistenza morale e alla terapia atta a risparmiare
inutili sofferenze, fornendo al malato i trattamenti appropriati (Procura
della Repubblica su istanza di Piergiorgio Welby di poter interrompere la
terapia con una dose di sedativi)
Religioso 1: Mi viene da dire che se qualcuno esprime il desiderio di affrettare la fine della propria pena, non è peccato. Anzi, può essere anche un desiderio sano. Però... c'è un principio a cui non possiamo sfuggire. La vita è un dono, è sacra, è intangibile. Lo riconoscono praticamente tutti, non solo i credenti, anche non credenti come Kant … Io Welby lo capisco, ma prima di agire bisogna pensarci dieci volte. Potrei essere tormentato per sempre, pensando di essere stato io a togliergli la vita (Cardinale Ersilio Tonini)
Filosofo 1: Io capisco e rispetto ciò che dice Welby. Il suo è un caso particolare reso possibile dalla prepotenza scientistica e tecnologica, dal dramma del rapporto uomo - tecnica … qui il problema è: posso io vivere ostaggio di una macchina? Ha senso? Dio mi chiede questo? No, non ho dubbi: Dio non chiede questo … Se una persona, credente o meno, vuole rinviare la propria morte indefinitamente va bene, ci mancherebbe, è una sua scelta. Però nessuno, magari in nome di Dio, può dire a un altro: te lo impongo. Ciascuno, se lucido, ha il diritto di decidere. E un cristiano può affermare: il buon Dio non mi ha detto che devo vivere attaccato a una macchina, ma di vivere finché la physis, la natura che ti ho dato lo permette (Giovanni Reale)
Medico 1: Dobbiamo paragonare la macchina che lo tiene in vita alla chemioterapia che si prescrive ai pazienti oncologici. Nei casi in cui la cura dia troppi effetti collaterali si sceglie di interrompere pur sapendo che la persona potrebbe morire prima del previsto … E’ la medicina che chiede queste scelte. Ogni giorno questo viene fatto nel chiuso delle camere degli ospedali e nelle case private dei pazienti. In silenzio, lontano dai riflettori. Sono decisioni che ci tormentano, spesso le condividiamo con i parenti. Sempre secondo scienza e coscienza (Roberto Santi) – medico dirigente della Asl 4 di Chiavari)
Giurista 1:
II diritto
al rifiuto di cure é entrato nella Carta dei
diritti dell'Unione Europea. Ed è già accaduto che
Medico 2: Chi conosce davvero la sofferenza sa che è un gesto nobile, direi quasi eroico, quello di offrire ai riflettori il proprio crudo dolore fisico e psichico. Per questo io ammiro Welby e da mesi appoggio la sua battaglia con commozione e con gratitudine, ma dentro di me penso che sia profondamente ingiusto che sia lui a doverla combattere. Credo che il principio dell'eutanasia rappresenti il diritto di morire. Dunque è parte del corpus dei diritti individuali pienamente riconosciuti dalla civiltà moderna : non è né di destra né di sinistra e non può essere una scelta isolata dei medici o dei giudici o dei politici del momento (Umberto Veronesi)
Magistrato 2:
II diritto di richiedere la interruzione della respirazione assistita,
previa somministrazione della sedazione terminale, deve ritenersi
sussistente ma trattasi di un diritto non concretamente tutelato
dall'ordinamento. In assenza della previsione normativa e degli elementi
concreti di natura fattuale e scientifica di una delimitazione giuridica di
ciò che va considerato accanimento terapeutico va esclusa la sussistenza di
una forma di tutela tipica dell'azione da fer valere. E ciò comporta di
conseguenza la inammissibilità dell'azione cautelare … Solo la
determinazione politica e legislativa, facendosi carico di interpretare
l'accresciuta sensibilità sociale e culturale verso le problematiche
relative alla cura dei malati terminali di dare risposte alla solitudine e
alla disperazione dei malati di fronte alle richieste disattese, ai disagi
degli operatori sanitari e alle istanze di fare chiarezze nel definire
concetti e comportamenti, può colmare il vuoto di disciplina anche sulla
base di solidi e condivisi presupposti scientifici che consentano di
prevenire abusi e discriminazioni. Allo stesso modo in cui intervenne il
legislatore nel definire la morte cerebrale (Angela Salvio, Giudice.
Tribunale di Roma)
Giurista 1: E' sconcertante, ai limiti della denegata giustizia, la decisione con la quale il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di Piergiorgio Welby di poter morire con dignità. La palla è stata rilanciata nel campo della politica. Ma i tempi della politica non sono quelli della vita ... Se l'ordinanza avesse ripercorso correttamente l'itinerario costituzionale, sarebbero stati evitati errori e sgrammaticature. L'articolo 32 fornisce una linea nitida: la salute è diritto fondamentale dell'individuo, non possono essere imposti trattamenti sanitari se non per legge e mai la legge può violare i limiti imposti dal rispetto per la persona umana. Poichè per salute deve intendersi il "benessere fisico, psichico e sociale, questo vuol dire che il governo dell'intera vita è fondato sulle libere decisioni degli interessati. Poiché nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario, l’argomentazione dell’ordinanza deve essere rovesciata: la mancanza di una legge rende illegittimo il trattamento, non la richiesta di interromperlo. Poiché nulla può esser fatto che violi la dignità, "il rispetto della persona umana", questo vuol dire, soprattutto in situazioni estreme e drammatiche, che nessuno può imporre la prigionia della sofferenza. (Stefano Rodotà, già garante della privacy e docente di diritto privato). [l'intero intervento di Rodotà è qui]
Medico 3: Secondo la religione cattolica la vita non ci appartiene, ci è stata donata da dio e non ne possiamo disporre. Cosa inaccettabile per chi in dio non crede e ritiene di essere padrone della propria esistenza. Siamo dunque a uno stallo, determinato dal fatto che ancora una volta si cerca di stabilire regole religiose per un principio che in un paese laico dovrebbe rispettare le decisioni individuali. Siamo di fronte alla contrapposizione di differenti ideologie ed è assurdo affrontare la questione cercando di stabilire maggioranze e minoranze: su questi temi deve prevalere il rispetto della laicità e debbono essere trovate soluzioni che tengano ugualmente conto dei principi etici di tutti i cittadini. E' comunque ora di affrontare il problema dell’eutanasia, senza lasciarsi fuorviare da false prospettive e da soluzioni ipocrite. Ad esempio, il fatto che si cerchi di predisporre nel paese centri di cure palliative e di terapie anti-dolore è importante, è civile, ma non modifica per niente la necessità di approvare una legge che stabilisca norme precise per l'eutanasia. Cure palliative e terapia del dolore, infatti non hanno a che fare con la dignità delle persone ed è proprio la sensazione di perdere questa dignità che persuade molti a chiedere di essere aiutati ad andarsene, possibilmente in modo quieto e indolore (Carlo Flamigni, medico)
Coro di medici prestati alla politica: Abbiamo deciso che la ventilazione meccanica non è accanimento terapeutico perchè Welby, che è in una situazione clinica devastata ma stabile, è un uomo lucido, in grado di intendere, ha grande intelligenza e capacità di vita e proposta. Inoltre non c'è una situazione di morte incombente, cioè un quadro clinico che lasci presagire che a breve termine possa morire (Cuccurullo, a nome del Consiglio Superiore di Sanità)
Sogno una morte diversa da quella di Piergiorgio Welby. Preferirei di no.
Preferirei la fine del cugino Michele, una casa di provincia linda come
non è mai stata, una stanza da letto che sembra un sacrario di specchiere
e madie senza un grammo di polvere, le visite dei parenti e degli amici che
sono accolti nel tinello dalle donne di famiglia e dai bambini, poi
introdotti discretamente dal malato semicosciente che subisce le loro
carezze, un viso sofferente e rassegnato sfiorato dall'amore al cospetto di
lenzuola bianche come la luce del mattino d'estate, i cateteri nascosti con
pudore, e forse anche la foto del Papa, forse anche un frate pieno di
bonomia che mi sfruculia e mi dice che sono sulla via del ritorno.
Il mio è un sogno laico, non credente, di chi non accetta la banalizzazione
della vita anche attraverso la serializzazione della morte come sfida
analgesica al significato del dolore. Ed è anche un sogno a cui non posso
dire di saper corrispondere, quando la realtà si metterà ad inseguirlo.
Penso anche che una società in cui si muore così come il cugino Michele ha
un rapporto più stretto e fiducioso con la verità, qualunque essa sia,
massima delle verità essendo quella che io agisco da uomo libero ma non sono
il mio padrone. Chi sia il padrone, poi si vedrà faccia a faccia, ma ora,
nell'enigma, so di non esserlo io stesso.
Tuttavia capisco il bisogno di requie, capisco il requiem laico di Welby e dei suoi compagni, compreso il medico anestesista che su sua richiesta lo ha sedato e ha staccato la spina. Sono contrario all'eutanasia per legge, che è la sostanza del problema dissimulata con grande e legittima abilità politica nella campagna di cui Welby ha voluto essere il banditore, ma non posso approvare l'obbligo di cura, che è una contraddizione in termini, e non posso negare ad alcuno le terapie sedative della sofferenza fisica quando la vita si esaurisce, per lo meno nel corpo. Vorrei che la norma giuridica se ne stesse il più possibile lontana dalla legalizzazione della morte, che ha già fatto progressi abbastanza spettacolari con il trionfo culturale e la pratica indiscriminata dell'aborto, con il protocollo di Groningen sull'eutanasia dei bambini ammalati, con lo spegnimento coatto per sentenza comminato a Terry Schiavo, con un disprezzo per il vicino che genera terrore senza fine e impone la brutta e bronzea legge della guerra giusta in soccorso del convivere e della tranquillità dell'ordine. Le uni-che norme che accetto sono quelle a difesa della vita dal suo inizio alla sua fine naturale, con la depenalizzazione dell'aborto come eccezione assoluta e non come forma relativistica di controllo della riproduzione o di contraccezione ex posi
Tuttavia considererei una sciagura un processo nato dal caso Welby, e idiota il grido di "assassino" indirizzato a coloro che hanno realizzato la sua volontà, amministrando il loro culto attraverso una strana forma legale di disobbedienza civile. Il culto radicale per le libertà civili, che ormai sistematicamente si converte in battaglie religiose intorno all'idolo giacobino dei diritti dell'uomo, compreso il diritto di ordinare la propria morte o comminarla ad altri in nome della libertà di vivere come si vuole, io lo combatto. Ma se i radicali, nell'ambivalenza che è propria di ogni guerra religiosa, si fanno scudo dell'orrore che non si può non provare per la sola idea dell'obbligo di cura, abbasso la mia lancia. Tra i radicali, per la sua e per la mia dignità, annovero anche Welby. Il cui gesto pubblico è ovviamente controverso. Il cui bisogno privato di riposo, imperativi della fede a parte, non lo è.