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Cultura
NOI PERICOLOSI ESTREMISTI
intellettuali e politica
 
MASSIMO L. SALVADORI

 

da Repubblica - 15 febbraio 2002


Gli intellettuali non possono avere altra utile funzione nella società se non quella di sollevare problemi con serietà di argomentazione. Essi non sono tali di per sé perché fanno bene il loro mestiere di specialisti di questa o quella branca del sapere. Sono tali quando, servendosi degli strumenti che sono loro propri, escono sulla scena contribuendo a mantenere vivo il dibattito pubblico e ad arricchirne l´ordine del giorno. Essi fanno la loro parte non già quando pretendono di essere ascoltati perché dicono le loro verità, ma quando sottopongono i loro argomenti in maniera efficace a quella verifica di verità che è il confronto aperto, il quale contribuisce a rendere ciascuno più consapevole di ciò che è in gioco nelle scelte che i cittadini e coloro che li rappresentano in varia sede sono chiamati istituzionalmente a compiere.
La legittimazione degli intellettuali sta tutta qui. Essi non solo non hanno titolo a rappresentare nessuno, ma non devono pretendere di rappresentare nessuno. La loro sola ambizione in una società democratica dovrebbe essere quella di mettere sul piatto della bilancia della competizione dei soggetti politici ragionamenti chiari nelle loro motivazioni e implicazioni. In quanto cittadini e partecipi della competizione politica poi, gli intellettuali hanno naturalmente il pieno diritto di agire come componenti di una delle parti in lotta e di operare perché un progetto o una linea abbia la meglio sull´altra. Essi falliscono completamente quando si pongono strumentalmente al servizio di questo o di quel partito, poiché quando lo fanno finiscono inevitabilmente per contribuire non già ad arricchire l´ordine del giorno del dibattito democratico, ma a svilirlo e a deformarlo.
Gli intellettuali che intervengono nel dibattito pubblico con l´intento pregiudiziale di colpire chi esercita il potere o all´opposto di erigersene a difensori, rendendo funzionali i loro argomenti a questo scopo, delegittimano perciò ipso facto se stessi; e si riducono ad essere una sorta di "assistenti intellettuali" di chi è al potere o di chi aspira ad esso. Il che non significa ovviamente concludere che l´intellettuale non debba assumere le proprie responsabilità di fronte ai problemi attinenti ai modi in cui nella società in cui vive si esercita il potere, anche prendendo la tessera di un partito. Al contrario, egli è chiamato ad assumersi le sue piene responsabilità di cittadino se vuole obbedire al proprio compito. Infatti, l´intellettuale che "si chiama fuori" potrà anche essere anche un grande specialista del sapere, ma non sarà propriamente un "intellettuale".
Il tema del rapporto tra intellettuali e politica si è riacceso in Italia negli ultimi tempi in relazione alle posizioni che uomini di cultura hanno assunto di fronte alla politica del governo Berlusconi e alla sua maggioranza soprattutto in campi attinenti alla giustizia, all´informazione e al conflitto di interessi, sostenendo che questa politica per i suoi modi e le sue finalità contraddice i principi e le regole proprie di un sistema liberaldemocratico. Queste prese di posizione hanno provocato la reazione di personalità del giornalismo e della cultura, tra cui mi limito a ricordare Pierluigi Battista, Angelo Panebianco e Ernesto Galli della Loggia, i quali hanno sostenuto che era sorto un "partito dell´Apocalisse", composto da intellettuali di sinistra inclini all´estremismo incapaci di rassegnarsi alla vittoria di Berlusconi e di accettare il risultato uscito democraticamente dalle urne.
L´ultima "lezione" in materia agli intellettuali estremisti di sinistra l´ha impartita recentemente dalle colonne del Corriere della Sera Galli della Loggia. Il quale parla, appunto, di intellettuali radicali di sinistra che, partendo da una «pregiudizievole condanna della coalizione governativa», si oppongono agli intellettuali che questa pregiudiziale condanna non fanno propria e «divengono per ciò stesso rei di berlusconismo di fatto, colpevoli di una dissimulazione che prelude al tradimento, che anzi è già tradimento». Gli intellettuali estremisti di sinistra, erigendosi a custodi e rappresentanti «della verità e del bene», - continua Della Loggia - accuserebbero addirittura lui e chi come lui di non poter essere «persone per bene» perché «non di sinistra», di essere «come minimo un venduto reale o potenziale al potere». Una lezione tanto dura e pesante che chi la impartisce deve essere davvero sicuro dell´alta cattedra, non solo intellettuale e soprattutto morale, da cui la impartisce. Vorrei dire a Della Loggia, che accuse di questo genere, infamanti per chi le riceve, non si fanno sparando nel mucchio ma rivolgendosi eventualmente ai singoli, citandoli nome e cognome e adducendo le pezze di appoggio. In ogni caso sparare nel mucchio (non mi riferisco, naturalmente, agli aspetti politici ma a quelli morali) costituisce un bell´esempio di una inaccettabile esasperazione polemica. Ma vengo agli aspetti politici, quelli che più interessano.
A proposito di intellettuali estremisti di sinistra. Qui già l´argomento dei teorici dell´esistenza di un partito dell´Apocalisse che sarebbe da essi composto mostra pienamente la corda. Infatti, ad opporsi in prima fila alla politica di Berlusconi, e a sottolineare la pericolosità dei suoi programmi in relazione a una serie di punti cruciali per il corretto funzionamento di un sistema democratico, prima e dopo le elezioni, sono state personalità come Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini (sui quali certo pesa il vizio di origine "azionista"), Sartori (un noto estremista di sinistra!) e, tra gli altri, anche il sottoscritto, che di sinistra è ma non propriamente estrema. Fatto è che l´oggetto della loro polemica - questo è il punto - non è mai stata la legittimità della vittoria elettorale dello schieramento guidato da Berlusconi, ma determinati elementi della sua politica. L´ispirazione di fondo delle posizioni assunte dal cosiddetto "partito dell´Apocalisse" è stata unicamente la difesa di alcuni dei presupposti basilari su cui reggono i sistemi politici e istituzionali liberali e democratici.
Questi presupposti sono che i giudici possano esercitare il loro mestiere nel rispetto della divisione dei poteri e dell´ottemperanza della legge; che, secondo il principio osservato in tutte le democrazie, salvo che nell´Italia berlusconiana, chi detiene il potere politico non deve possedere una parte cospicua dell´economia nazionale; che, come avviene in tutti gli altri paesi occidentali, chi guida il potere esecutivo ed è il capo della maggioranza parlamentare non può essere al tempo stesso il maggior detentore di quel quarto potere che è l´informazione, con il godimento di concessioni governative a suo profitto. Ecco la materia del contendere, di fronte a cui gli "intellettuali estremisti di sinistra" conducono una battaglia di carattere eminentemente liberale in nome delle regole della democrazia moderna e gli intellettuali "liberali" sembrano dormire sonni tranquilli. Ebbene noi dinanzi a tutto questo non ci sentiamo affatto tranquilli. Non ci sentiamo tali perché la politica di Berlusconi va nella direzione di una concentrazione dei poteri che contraddice l´essenza stessa della democrazia liberale. Domando: stiamo proponendo all´ordine del giorno del dibattito pubblico problemi irreali, che ci siamo inventati? Se ce li siamo inventati o quanto meno li agitiamo in maniera irresponsabile (e personalmente mi spiace che tra chi inclina a crederlo vi siano anche Macaluso e Cafagna), allora siamo sicuramente degli "estremisti". Altrimenti il silenzio di chi tace su di essi o minimizza, ma leva la sua voce contro chi li solleva, parla da sé.
Per il 22 febbraio i Ds hanno indetto un raduno di intellettuali, non dei loro militanti. Mi auguro che l´oggetto della discussione non sarà come vincere alle prossime elezioni, poiché un simile scopo richiede diversi strumenti e soggetti, ma come una forza politica e intellettuali aderenti e non aderenti ad essa, possano contribuire al funzionamento di una democrazia più sana in grado di meglio garantire la libertà e le libertà di tutti i cittadini di sinistra, di centro e di destra.