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Insisto, quella scuola non va parificata
La vicenda della scuola islamica di via Quaranta a Milano ci sta offrendo uno spaccato tragicomico del nostro Paese. Se dovessimo valutare la realtà interna italiana da questa storia, dovremmo dire che c’è un generale sbandamento sul piano del riferimento alle leggi dello Stato.
Si assiste all'emergere di un asse trasversale — che va dal sindaco Albertini e dall'assessore all'Educazione Simini (di Forza Italia) al capo dell'opposizione di centrosinistra Antoniazzi — sostanzialmente favorevole, al di là del funambolismo retorico, alla parificazione della scuola islamica dichiaratamente fuorilegge. Così come se dovessimo valutare la credibilità internazionale dell'Italia dal fatto che 500 studenti stranieri di fede islamica siano in grado di dettare legge facendo leva sulla minaccia di una loro possibile deriva estremista, ebbene ci sarebbe poco da stare tranquilli.
E poi c'è il teatrino dei paradossi. Mentre da un lato un ampio fronte di italiani di ogni colore s'ingegna per apparire più realista del re, dall'altro un ampio fronte di musulmani dice, senza se e senza ma, di essere contrario alla parificazione della scuola islamica. Tra loro spicca, con un'intervista sulle pagine milanesi di Repubblica che ha il sapore del parricidio, Abdel Hamid Shaari, presidente della moschea di viale Jenner, al cui interno è nata la scuola islamica prima di trasferirsi per esigenze di spazio nella succursale di via Quaranta. Ebbene, ieri Shaari ha così emesso la sentenza capitale nei confronti della sua creatura: «L'esperienza di via Quaranta non ha più senso di esistere. Chi vuole rimanere in Italia deve studiare come qualsiasi altro italiano per potersi inserire nella società, nel mondo del lavoro».
Mi spiace contraddirla, sindaco Albertini. Ieri sul Corriere, lei da un lato reitera il convincimento che «nessuno ha mai pensato di rendere paritaria la scuola di via Quaranta». Dall'altro, dopo aver premesso che non vi sarebbe alcuna realistica possibilità che i 500 studenti si iscrivano alle scuole pubbliche e che, all'opposto, vi sarebbero «ovvie possibilità che i più intransigenti radicalizzino la loro condizione di clandestinità», si è convenuto con i «musulmani di via Quaranta... che lo strumento più adatto a questo fine è la scuola paritaria». Così come mi spiace contraddire Antoniazzi. La scuola islamica sorta all'ombra delle due moschee più colluse con il terrorismo in Italia, non è fuorilegge solo per l'Italia ma è disconosciuta anche dall'Egitto. L'ambasciatore egiziano a Roma, Helmy Bedeir, mi ha confermato che «l'Egitto non ha nulla a che fare con quella scuola» e che «una commissione ministeriale presso il consolato egiziano a Milano esamina gli studenti a titolo personale».
Quanto alla supposta pregiudiziale verso la parificazione delle scuole islamiche mentre ci sono le scuole paritarie cattoliche, ebraiche, americane o francesi, il paragone è fuori luogo. Non possiamo prescindere dal fatto che anche l'Italia è in prima linea nella guerra al terrorismo islamico e che questo terrorismo si alimenta grazie a una rete di moschee e scuole coraniche che indottrinano alla «guerra santa» e al «martirio». La scuola islamica è come afferma Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo, «una struttura ideologica e catechistica che è la negazione del sapere».
Per contro le scuole cattoliche e ebraiche sono parte integrante della storia italiana, mentre le scuole straniere paritarie fanno riferimento a istituzioni accreditate nel mondo. L'ultima parola in questa sconcertante vicenda spetta alla ministra Moratti che, secondo Mauro, «ha assicurato che non rilascerà mai alcuna autorizzazione a parificare la scuola di via Quaranta ». Comunque vada a finire l'insegnamento da trarre è che prima ancora di poter risolvere i problemi altrui, gli italiani devono risolvere i propri.
 
Magdi Allam
03 settembre 2005