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Presentata dal CNEL una ricerca sul mondo delle colf straniere in Italia. Fotografati dall'indagine "vizi e virtù" delle famiglie italiane

ROMA - Hanno lasciato la terra d'origine per aiutare i figli (66,8%), sono sposate (41,6%), possono vantare un discreto livello di istruzione (25,3% laureate, 46,4% diplomate), vivono presso le famiglie per cui lavorano (42,4%), a volte sono irregolari (23%) e sono indecise sulla loro futura permanenza in Italia (36%). E' questa in sintesi la fotografia collettiva delle collaboratrici familiari e "badanti" straniere presenti nel nostro Paese che emerge dalla ricerca - promossa dall'ONC, l’Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri del CNEL - dal titolo "Colf straniere: culture familiari a confronto". L'indagine, realizzata dalla Fondazione "Silvano Andolfi" su un campione di 400 collaboratrici domestiche provenienti da sette Paesi diversi, è stata arricchita da un apposito video che raccoglie le interviste più interessanti e significative.

Dalla ricerca, oltre ad un certo apprezzamento delle straniere per il lavoro svolto (le soddisfatte sono il 28,7%), viene anche evidenziata la forte tendenza al ricongiungimento familiare della categoria. Quasi il 70% delle colf intervistate sono infatti riuscite, dopo anni di sacrifici, a ricostituire l'originario nucleo familiare nel nostro Paese. Ma l'indagine ha anche posto in evidenza l'immagine che queste lavoratrici, che operano nel cuore della nostra società, si sono fatte della famiglia italiana. Un realtà familiare, quella fotografata dalle colf straniere, che appare caratterizzata da un eccessivo consumismo volto a viziare i figli, i quali però sono spesso lasciati a se stessi e non sempre rispettano i genitori. In questa Italia, delineata dalle lavoratrici straniere, le emozioni vengono espresse con grande libertà, gli anziani sono spesso considerati un peso da trascurare e le ipocrisie verso gli immigrati continuano a persistere.

Nel corso della presentazione della ricerca il Presidente del CNEL Pietro Larizza, dopo aver ricordato che l'indagine evidenzia un'inedita lettura della famiglia italiana che per la prima volta viene descritta da persone straniere che la vivono dal suo interno, ha sottolineato come a tutt'oggi il problema chiave sia il confronto ed il superamento, attraverso un progressivo e certo processo di integrazione, delle differenze culturali presenti nelle società multietniche europee. " Questa ricerca - ha invece commentato il Presidente Vicario dell'ONC Giorgio Alessandrini- si sofferma soprattutto sulla dimensione culturale delle nostre famiglie, ma rappresenta anche una grande sollecitazione per affrontare in maniera più seria ed impegnativa le politiche di integrazione nel nostro Paese. Oggi il Governo ha grandi e giuste preoccupazioni, come il controllo delle frontiere, della sicurezza e degli irregolari, che devono essere affrontate. Ma se noi ora - ha proseguito Alessandrini - non approntiamo delle serie politiche di integrazione sociale, visto che gli stranieri in Italia sono quasi tre milioni, ci prepariamo ad avere un futuro caratterizzato da problemi molto seri e veri e propri conflitti sociali. Da qui l'esigenza di sviluppare una conoscenza reciproca, fondata sulla consapevolezza della propria identità e sull'apertura all'altro. Un confronto che rappresenta il presupposto essenziale di ogni politica per l'immigrazione e di ogni convivenza ordinata civile e coesa".

Dopo l'intervento del Prof. Maurizio Andolfi volto a ricordare la profonda affettività, l'indiscussa dedizione, il forte senso della famiglia e la grande voglia di divenire imprenditrici di sé stesse espresso dalle colf straniere intervistate, ha preso la parola l'on. Livia Turco che ha sottolineato la positività di questa indagine che ci fa capire come le donne immigrate ci aiutino a vivere meglio. La rappresentante dei Ds ha poi evidenziato come dalla ricerca del CNEL, che finalmente non parla solo di numeri ma anche di storie, emerga il grande calore umano delle colf straniere e la notevole apertura al cambiamento di queste donne. Secondo Livia Turco inoltre, visto che non c'è alternativa ad una seria politica dell'immigrazione, sarebbe inoltre opportuno che cessassero le urla e si cominciassero a prendere nella dovuta considerazione gli oltre 3 milioni di stranieri che vivono in Italia e stanno cambiando il volto del nostro Paese. Un balzo in avanti verso la cultura della convivenza, quello auspicato dalla Turco, che va oltre i dettami legislativi e deve coinvolgere tutti noi.

Il Direttore della Caritas Diocesana di Roma mons. Guerino Di Tora ha ribadito la necessità di prestare un'attenzione particolare alle famiglia, che rappresenta il nucleo fondante della società. A maggior ragione, secondo Di Tora, bisognerà tutelare le famiglie immigrate che si stanno lentamente stabilizzando. In questo contesto, al fine di costruire una nuova società, dovrà infatti essere accettata l'idea che l'immigrato non è solo il lavoratore della manovalanze più scomode, ma una persona portatore di valori ben definiti. Un salto di qualità, che, secondo il Direttore della Caritas Diocesana di Roma, dovrà partire dall'ambito scolastico, il mondo dell'infanzia e dei bambini. (Goffredo Morgia-Inform)