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Corrado Augias, Il senso civico perduto degli italiani, La Repubblica 22 ottobre 2002

FRANCAMENTE non so se il nostro scarso ci­vismo sia legato alle poche letture; è possibi­le, anche se dei due termini (civismo e letture) non è nemmeno facile stabilire quale potrebbe essere la causa, quale l'effetto. Sappiamo che lo scarso civismo ci fa simili ad al­tre popolazioni del Mediterraneo, e che l'argo­mento è stato analizzato molte volte, spesso con amarezza.

Ne hanno parlato Ma­chiavelli e Guicciardini, ne ha scritto Leopardi che, nel 'Discorso sopra lo stato presente dei costu­mi degl'Italiani', tra l'altro anno­ta: «Le classi superiori d'Italia so­no le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popo­laccio italiano è il più cinico de' popolacci». Scritto nel 1824, il 'Discorso' è un po' caduto nell'o­blio ed è un peccato perché il no­stro massimo poeta contempora­neo aveva già capito dove si na­scondesse ildifetto.

Tra gli studi più recenti (numero­sissimi) ricordo 'L'Italiano'di Giulio Bollati nel quale compare questa citazione del Carducci spaventosamente profetica: «A questa nazione, giovine di ieri e vecchia di trenta secoli, manca l'idealità; la religione cioè delle tradizioni patrie e la serena e non timida coscienza che sole affi­dano un popolo all'avvenire. La religione non può essere dove uomini e partiti non hanno idee, o per idee si spacciano affogamenti di piccoli vantaggi: dove si baratta per genio l'abilità, e per abilità qualcosa di peggio; dove alfiere dell'au­torità è la vergogna sgattaiolante tra articolo e articolo del codice penale». Il libro venne scrit­to, con turgida prosa carducciana, nel 1882, an­che se pare scritto ieri.

Costretto dallo spazio, posso ancora citare solo Cesare Garbali che nei suoi'Ricordi tristi e civili' parla di : «Un popolo abituato da secoli a servi­re» dove lo Stato è sentito «non come una federazione di cittadini ma come realtà punitiva, estranea e usurpatrice».

I libri letti sono pochi, certo; ma forse manca, pri­ma ancora, la coscienza di sé. Di nuovo Leopar­di: «Una società stretta non può durare tra uo­mini continuamente occupati a deridersi gli uni egli altri, e darsi continui segni di scambievole disprezzo».