www.segnalo.it - Società, politica cultura - Saggi e Articoli

HOME PAGE

FORMAZIONE    

BIBLIOTECA / CINETECA   

POLITICHE / LEGGI    

TRACCE / SENTIERI

8.02.2006 La sinistra italiana e lo Stato di Israele
intervista a Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 28 febbraio 2006
Pagina: 6
Autore: Mario Sechi
Titolo: «"Per i suoi rapporti con Israele la sinistra vada dallo psicanalista"»
 
Mario Sechi sil GIORNALE  di martedì 28 febbraio 2006 intervista Fiamma Nirenstein circa i rapporti tra sinistra italiana e Israele. Ecco il testo: 

Quello della sinistra italiana con lo Stato d’Israele è sempre stato un rapporto ambiguo e spesso di aperta ostilità. Con Fiamma Nirenstein, scrittrice ebrea, editorialista della Stampa, esperta di Medio Oriente, ripercorriamo questo travagliato rapporto. Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, afferma di sostenere l’idea deiduepopoli indue Stati. Eppure nella loro manifestazione è stata bruciata la bandiera d’Israele e lo scontro con la comunità ebraica è al calor bianco. Lei che ne pensa? «Occorrerebbe da parte della sinistra una presa di coscienza maggiore della propria storia e hanno anche bisogno di uno psicanalista». Lo psicanalista? Perché? «Perché se a livello consciopuò darsi che Diliberto non desideri affatto la distruzione di Israele, nella storia della sinistra italiana, anche in quella più recente, ci sono fatti che dimostrano che è proprio la legittimità dello Stato di Israele ad essere messa in discussione. È difficile negarloquandosi pensa cheunrapporto con Hassan Nasrallah non risulta lesivo del concetto stesso di esistenza di Israele. Nasrallah, nelle piazze libanesi, evoca e desidera e costruisce concretamente, insieme all’Iran, l’idea della distruzione di Israele. Per dimostrare di non prendere parte a quello che è diventato un chiaro e presente pericolo per Israele, bisogna sconfessare l’amicizia con gli Hezbollah e Hamas. Diliberto nel 2004 fece visita agli Hezbollah e oggi deve dire di essere contro quelle organizzazioni addestrate e armate che si battono in maniera primaria e decisiva per la distruzione di Israele ». Nei Ds però - è il caso di D’Alema - c’è una linea morbida. «Quando D’Alema sostiene che Hamasnon è una pura e semplice organizzazione terroristica vuol dire che non ha mai visto un autobus saltato per aria con dei bambini morti, fatti a pezzi. Su Israele meglio, molto meglio, le cose dette da Piero Fassino e Francesco Rutelli». La sinistra però sostiene di nonessere affatto anti-israeliana. «È una professione di innocenza non rispettosa della storia. Se andiamo al 1967, dopo la guerra dei Sei giorni, il Pci prese una linea fortemente anti-Israele, sulla scia dell’Urss. Sull’Unità dell’epoca possiamo leggere una serie di prese di posizione che non sono una critica alla politica di Israele, ma ben altro. Ricordo un articolo che diceva di sostituire lo Stato ebraico con quello palestinese, ricordo il licenziamento di Fausto Coen da Paese Sera, ricordo Piero Della Seta sostenere la tesi dello Stato bi-nazionale...». ... e se fosse stata solo una conseguenza di una politica sinceramente terzomondista? «Esistevanoduesinistre.Daunaparte, i comunisti legati all’Unione Sovietica che vedevano Israele come la longamanusdell’imperialismomondiale e dell’America in Medio Oriente. Dall’altra, quella legata al Pdup e al Manifesto, che vedeva Israele comela creazione di un’ideologia, il sionismo, che non si confà agli ebrei». Cioè? «Per loro la creazione dello Stato di Israele è un errore della storia, pensano che l’ebraismo ha in sé per sé un carattere diasporico». Aproposito del Manifesto: Rossana Rossanda ha condannato chi brucia la bandiera di Israele. «Questo mi convince che c’è affezione segreta di una parte della sinistra verso Israele. Per loro è il Paese in cui l’ideale socialista si realizza nel kibbutz, è l’Israele che fa rifiorire il deserto. È qualcosa che suscita in persone che hanno coscienza, come la Rossanda, un sentimento di sacro rispetto». Una sinistra diversa da quella di Berlinguer? «La sinistra ha fatto della questione israeliana una questione primaria.Con Berlinguer ci fondarono la loro politica terzomondista e molta parte del cattocomunismo che guardava acriticamente ai palestinesi e chiudeva gli occhi sul terrorismo». AncheBettino Craxi era terzomondista e filoarabo. «Certo, ancheCraxi.Checercava giustamente di fondare una politica estera diversa da quella comunista, ma dovendo mantenere un rapporto con la sinistra, scelse di sacrificare Israele e gli ebrei. Sigonella, l’amicizia con Arafat, furono un tributo che pagò alla sinistra». Anche il mondo degli intellettuali italiani però è sempre stato filoarabo. Eccezioni? «Ricordo Pasolini che nel ’67, dopo la guerra, diceva: “Leggendo l’Unità hoprovato lo stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale borghese, per essere amici del popolo arabo bisogna aiutarlo a capire la follia politica di Nasser”». Ieri c’era Pasolini, oggi parlano in piazza migliaia di no global. «Queste alleanze che si sono fatte nelle piazze sono preoccupanti se diventano strategiche. C’è il rischio di riportare la sinistra su posizioni arretrate».