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Il cinema racconta ...

NASCERE, CRESCERE


* ABOUT A BOY - UN RAGAZZO

di WEITZ CHRIS, USA 2002,

Il trentottenne Will è ricco, scapolo e abituato a uscire ogni sera con una ragazza diversa. Resosi conto che è

più semplice abbordare le donne - sole o divorziate - con prole, finge di essere un ragazzo-padre e si iscrive a

un circolo per genitori single. Qui stringe amicizia con Marcus, un dodicenne difficile e solitario che gli farà aprire

gli occhi su una realtà diversa…

* L' acchiappasogni

di Kasdan Lawrence, 2003,

Stephen King, indiscusso re del romanzo horror americano, è un autore decisamente troppo prolifico, ma allo

stesso tempo capace di sfornare di tanto in tanto delle piccole "perle" di narrativa; negli ultimi anni una di queste

è stata senza dubbio "L'Acchiappasogni", riuscito cocktail in cui il mago del brivido ha mescolato tutti i suoi temi

preferiti: l'amicizia, l'infanzia perduta, la scoperta di sé stessi; il tutto, ovviamente, condito con una generosa

dose di brividi e sangue.

* LE ACROBATE

di SOLDINI SILVIO, SVI 1997, 121'

Impersonato da un'anziana slava che vive in povertà, il caso fa incontrare due donne, la benestante Elena di

Treviso e la malmaritata Maria di Taranto, entrambe insoddisfatte, ma non rassegnate. Insieme con la bambina di

Maria, fanno un viaggio al Nord che finisce tra le cime innevate della Val d'Aosta. Non dramma né racconto

psicologico, tocca temi gravi, ma con delicatezza.

* L' ALBATROSS

di SCOTT RIDLEY, USA 1995, 115

Nell'autunno 1960 tredici liceali americani s'imbarcano su un brigantino, nave-scuola, compiono una crociera di

6000 miglia tra il Golfo del Messico e il Pacifico finché, durante una tempesta, un'onda anomala provoca un

epilogo tragico. Su sceneggiatura di Todd Robinson, ispirata a una storia vera, è, in cadenze di cronaca, un film

epico senza eroi, un racconto di formazione sul tema della conquista della responsabilità che ha il suo acme

nell'emozionante sequenza del naufragio e la sua catarsi nel capitolo conclusivo in un'aula giudiziaria.

* ALICE NELLE CITTA' (Alice in den Stadten)

di WENDERS WIM, GER 1973,

Una ricerca del senso. Spaesato e senza identità, il fotografo sa solo rappresentare la realtà, non viverla. In

viaggio con una ragazzina di 9 anni imparerà le cose concrete (mangiare, ridere, sentire). E alla fine entrambi

guarderanno fuori dal treno il mondo. Mentre lo sguardo di Wim Wenders si allarga sul paesaggio. Bellissimo.

Rivedendolo, dopo 30 anni, si è rinnovata l'esperienza psichica di quella fase del ciclo di vita. Tuttavia meglio di

allora: senza più intellettualismi iper-razionali (tipici di quei tempi), ma solo con la serena tranquillità di partecipare

ad una trasformazione esistenziale

* AMARCORD

di FELLINI FEDERICO, ITA 1974, 127'

Rivisitazione – tutta ricostruita e mai così vera – della Rimini dei primi anni '30 col fascismo trionfante,

l'apparizione notturna del transatlantico Rex, il passaggio delle Mille Miglia, la visita allo zio matto e la bella

Gradisca. Vent'anni dopo I vitelloni F. Fellini torna in Romagna con un film della memoria e, soltanto parzialmente,

della nostalgia. La parte fuori dal tempo è più felice di quella storica. Umorismo, buffoneria, divertimento, finezze,

melanconia. Oscar per il miglior film straniero.

* American Beauty

di MENDES SAM, USA 1999, 122

Morto da un anno, il 42enne Lester racconta la sua storia. Infelicemente sposato con Carolyn, la cotta che

prende per Angela, compagna di scuola di sua figlia Jane, gli cambia la vita. Fa in tempo a guarire

dall'infatuazione quando un ex ufficiale dei Marines, suo nuovo vicino di casa e padre di Ricky, innamorato di

Jane, gli rivela la propria latente omosessualità, lo uccide e si uccide. Da una sapiente sceneggiatura del

commediografo nordamericano Alan Ball e dalla frontale messinscena dell'esordiente S. Mendes, regista teatrale

britannico, è uscito un film di grande successo (pubblico, critici, premi) fintamente trasgressivo. Ironico, persino

divertente, ma di fondo amaro, espone, esorcizzandoli, il disagio e il vuoto della società contemporanea, infinita

contiguità di solitudini, e analizza la sua peculiare patologia, “l'incapacità di relazionarsi... di sentirsi... responsabili

della vita degli altri” (Salvatore Natoli). Soltanto i due figli si salvano in questo deserto del disamore. È fin troppo

perfetto e furbetto nel far tornare i conti: nei dialoghi, nel disegno di personaggi problematici (la moglie, il suo

amante yuppie, il gay represso in divisa, la ninfetta vantona e vergine), nella meccanica narrativa.

Tragicommedia double-face: realistica nell'analisi sociologica, ricca di elementi simbolici, sull'orlo del Kitsch (i

petali di rosa) a livello di scrittura.

* GLI AMICI DI GEORGIA

di PENN ARTHUR, USA 1981, 115'

l'itinerario esistenziale dell'adolescente Danilo (Wasson), figlio di immigrati iugoslavi nel Midwest, attraverso

quattordici anni (1956-69), itinerario che s'intreccia con le vicende dei suoi amici David, Tom e Georgia. È uno dei

migliori film di A. Penn, e il più sottovalutato, per il sagace equilibrio tra dramma e commedia, nostalgia e

riflessione critica, fine delle illusioni e crisi dei valori di tutta una generazione, e per la sapienza con cui sa

iscrivere i processi storici nella vita dei personaggi

* AMICI PER LA PELLE

di ROSSI FRANCO, 1955, 90'

Di diversa estrazione sociale e di dissimile temperamento, due ragazzi di una III media romana fanno amicizia,

praticano insieme la corsa campestre finché la rivalità li divide. Un bel film, intenso e sensibile, sull'educazione

alla vita e al dolore nella difficile stagione dell'adolescenza

* GLI ANNI DEI RICORDI

di MOORHOUSE JOCELYN, USA 1995, 116'

Dal romanzo omonimo di Whitney Otto. Incerta se accettare una proposta di matrimonio, studentessa passa

l'estate in casa della nonna e della prozia che con le loro amiche cuciono la sua trapunta di nozze, ciascuna

rimembrando il passato. Film tutto al femminile con il sesso forte (generalmente spregevole) fuori campo.

Garbato, gentile, ben recitato da una prestigiosa compagnia di attrici famose tra cui la scrittrice nera M. Angelou,

ma drammaticamente inerte.

* GLI ANNI IN TASCA

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1976,

Storie di ragazzini s'intrecciano in una vicenda corale che si svolge a Thiers, cittadina dell'Alvernia. Gli adulti

stanno a guardare, spesso indifferenti, talvolta crudeli. Specialista in psicologia infantile, Truffaut ha la mano

giusta nel raccontare i suoi ragazzini, passando dall'umorismo all'amaro.

* ARANCIA MECCANICA

di KUBRICK STANLEY, USA 1971, 130 m

Dal romanzo (1962) A Clockwork Orange di Anthony Burgess: in una Inghilterra di un non molto lontano futuro

Alex e i suoi Drughi si dedicano di notte allo sport dell'ultraviolenza, arrestato per omicidio e stupro, Alex è

sottoposto a un lavaggio del cervello che lo rende inoffensivo, ma quando esce si trova in un mondo più violento

di quel che era ai suoi tempi. Dei 3 film di Kubrick che si possono considerare fantascientifici è il più violento e

quello in cui parla più del presente, appena caricato di connotazioni future. Come gli altri due, è una favola

filosofica che illustra con geniale lucidità il suo discorso sulla violenza e sul rapporto tra istinto e società anche

se nemmeno lui, pur nel suo palese sforzo di stilizzazione grottesca, si è sottratto ai rischi che si corrono al

cinema nell'illustrazione della violenza. Geniale l'uso della sinfonia rossiniana della Gazza ladra (1817),

arrangiata da Walter Carlos e Tachel Elkind.

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick. L'arancia meccanica, Lindau, Torino

* ARRIVEDERCI RAGAZZI

di MALLE LOUIS, 1987,

Tre ragazzini ebrei, clandestinamente ospitati in un collegio cattolico, sono prelevati, in seguito a una spiata, dagli

sgherri della Gestapo col direttore del collegio. Leone d'oro a Venezia '87. Nella carriera di Malle è, dopo Il soffio

al cuore, il 2o film esplicitamente autobiografico, il più vicino a Truffaut e non soltanto per l'argomento. Meno

originale, forse, ma emotivamente più coinvolgente (con qualche concessione agli stereotipi) di Lacombe Lucien,

anch'esso ambientato nella Francia di Pétain, conta per la cura dei particolari e dell'ambientazione, la ricchezza

delle invenzioni, una pagina di alta retorica didattica (l'omelia del padre direttore), un epilogo straziante.

* ATTIMO FUGGENTE

di WEIR PETER, 1989, 124'

John Keating, giovane insegnante di materie umanistiche, arriva alla Welton Academy, di cui era stato allievo,

dove regnano Onore, Disciplina, Tradizione e ne sconvolge l'ordine imbalsamato insegnando ai ragazzi,

attraverso la poesia, la forza anarchica e creativa della libertà. Coraggioso nella scelta tematica, discutibile nella

sua poco critica esaltazione dell'individualismo e con qualche forzatura retorica, è una macchina narrativa

perfettamente oliata che non perde un colpo sino al finale che scalda il cuore, inumidisce gli occhi e strappa

l'applauso

* LE AVVENTURE DI OLIVER TWIST

di LEAN DAVID, GB 1947,

Dal romanzo (1838) di Charles Dickens, già portato sullo schermo nel 1922 e nel 1933: le dolorose disavventure

di un orfanello di otto anni nella Londra del primo Ottocento. Qualcosa di più di un film britannico di qualità e di

origine letteraria: Lean porta la maniera allo stile con uno straordinario bianconero di forte suggestione e una

squadra affiatata di attori. Famosa l'interpretazione di Guinness come l'ebreo Fargin dal lungo naso, ma ancor più

inquietante R. Newton come Bill Sikes. La storia dickensiana ebbe anche una versione musicale con Oliver!

(1968) di C. Reed e un rifacimento per la TV (1982) diretto da C. Donner.

* BELLI E DANNATI

di VAN SAINT GUS, USA 1991, 102

Storia di due ragazzi di vita e di marciapiede del Nord-ovest che si prostituiscono: Mike, narcolettico e drogato, è

alla ricerca della madre; Scott ha scelto i bassifondi in rivolta al padre ricco e potente, ma torna sulla retta via

grazie all'amore di una ragazza italiana. Il personaggio è modellato sul principe Hal di Enrico IV di Shakespeare e

corredato di un moderno Falstaff. Aduggiato da una greve retorica omosessuale di taglio freudian-americano,

riscattato da un raffinato senso figurativo e da belle invenzioni registiche.

* BILLY ELLIOTT

di DALDRY STEPHEN, GB 2001,

Inghilterra del Nord, durante gli scioperi del 1984: un giovane di nome Billy scopre di avere una forte passione

per la danza, ma il padre vorrebbe indossasse due

guantoni da boxe. La sua ostinata insegnante di danza lo incoraggia e lui si lascia guidare, tra crisi familiari e

ricerca di se stesso. Debutto cinematografico del regista

inglese Stephen Daldry, considerato dalla critica "il volto del teatro contemporaneo", Billy Elliot ha ricevuto 3

nomination agli Oscar.

* BORD DE MER

di LOPEZ - CURVAL JULIE, FRA 2002, 88'

In una cittadina costiera della Somme (Piccardia), nella Francia del Nord, che d'estate si rianima con la presenza

dei villeggianti, c'è una vecchia fabbrica che esporta i sassi della spiaggia in tutto il mondo. Vi lavora come

operaia l'inquieta e sognatrice Maria, fidanzata di Paul, preoccupato per sua madre Rose che sperpera la

pensione alle slot machines del locale casinò. È lei che, pur non appartenendo a nessuno, fa da tramite ai vari

ambienti di questo racconto corale, scandito in quattro stagioni, dall'autunno all'estate successiva. Di

compostezza classica nell'uso dello schermo largo e nel suggerire l'atmosfera di un posto di mare dove incombe

l'idea di partire, è un film sul tempo che passa, la solitudine, le parole non dette, l'incapacità a esprimersi.

Intessuto di silenzi, sospensioni, movimenti leggeri, è un film delicato e contemplativo, di fragile eppur sapiente

equilibrio, che chiede allo spettatore di non aver fretta e di seguire i personaggi disegnati con sottigliezza

psicologica ma anche di far caso alle figure minori sullo sfondo, alla fiamma scura eppur dolce di Maria (H.

Fillières), alla bravura con cui l'inimitabile B. Ogier rende la sua Rose col modo di camminare e muoversi.

* CANE RANDAGIO

di KUROSAWA AKIRA, 1949,

Derubato della pistola, giovane poliziotto, travestito da barbone, setaccia i quartieri malfamati di Tokyo finché

identifica il ladro e ingaggia con lui una lotta mortale. Storia di un'indagine poliziesca e di una ricerca morale,

questo film straordinario è anche quella di un'amicizia e di un'iniziazione, un bellissimo documentario su una

metropoli in mutazione, una straziante sinfonia dei bassifondi

* LE CENERI DI ANGELA

di PARKER ALAN, USA 1999, 145'

Nel 1935 dopo la morte di una neonata, la famiglia McCourt – padre, madre e quattro maschietti – lascia Brooklyn

per tornare a Limerick, la città più santa e più piovosa dell'Irlanda cattolica, dove Frank, il maggiore dei figli, passa

dall'infanzia all'adolescenza in una miseria nera, illuminata dalla presenza della madre Angela e dalla volontà di

tornare negli Stati Uniti.

* C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA

di LEONE SERGIO, USA 1984, 220 '

All'origine dell'ultimo film di Leone (1929-89) c'è il tempo con la sua vertigine. Come struttura narrativa, è un

labirinto alla Borges, un giardino dai sentieri incrociati, una nuova confutazione del tempo. La sua vicenda

abbraccia un arco di quasi mezzo secolo, diviso in 3 momenti: 1922-23, quando i protagonisti sono ragazzini,

angeli dalla faccia sporca alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York; 1932-33, quando sono

diventati una banda di giovani gangster; 1968, quando Noodles (R. De Niro), come emergendo dalla nebbia del

passato, ritorna a New York alla ricerca del tempo perduto. È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue,

paura, amicizia virile, tradimenti. E di sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate; la

pulsione sessuale è legata all'analità, alla golosità, alla morte, soprattutto alla violenza. È l'America vista come un

mondo di bambini.

* LE CHIAVI DI CASA

di AMELIO GIANNI, ITA 2004, 105'

Gianni, un giovane uomo come tanti, dopo anni di rifiuto, incontra per la prima volta, su un treno che va a Berlino,

suo figlio Paolo, quindicenne con gravi problemi ma generoso, allegro, esuberante. Il loro soggiorno in Germania

e poi un imprevisto viaggio in Norvegia fanno nascere tra i due un rapporto fatto di scontri, scoperte, misteri e

allegria. Dopo tanti anni finalmente riusciranno a conoscersi e scoprirsi lontani da casa.

Ispirato al libro di Giuseppe Pontiggia "Nati due volte". Che cosa succede in una famiglia quando nasce un figlio

handicappato, come si evolvono le paure, le speranze, l'angoscia, le normali esperienze di tutti i giorni. Come

reagiscono i familiari, gli amici, i medici, "la gente", e il padre, la madre, il fratello. I bambini disabili, come

suggerisce il titolo, nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda è una rinascita affidata

all'amore e alla intelligenza degli altri. Coloro che nascono con un handicap devono conquistarsi giorno per

giorno, più degli altri il proprio diritto alla felicità. Il libro è un romanzo coraggioso e anticonformista che alterna a

pagine tese, drammatiche e commoventi altre eccentriche o decisamente comiche.

* A CHORUS LINE

di Attenborough, Richard, USA 1985, 113'

Venti ballerini si presentano per essere selezionati in uno spettacolo musicale che sta per andare in scena, ma i

posti sono solo otto. Condotto da un regista, l'esame si trasforma in una sorta di psicodramma. Dal musical di N.

Dante e J. Kirkwod che ha battuto ogni record di durata a Broadway, superpremiato e assai imitato. La regia di

R. Attenborough non fa danni, ma non ha invenzioni notevoli. Rispetta la danza, ma non la esalta. Tra i vari

numeri si distaccano “At the Ballet”, “Nothing” e “Surprise”.

* COLPEVOLE DI OMICIDIO

di CATON-JONES MICHAEL, USA 2002, 100'

Poliziesco con complesso d'Edipo a rimorchio, ispirato a una vicenda realmente accaduta, riferita da un

giornalista di Esquire e sceneggiata da Ken Hixon. Vincent La Marca, figlio di un infanticida, è un poliziotto di

scorza dura, strenuamente obbediente alle regole di Law and Order. Va in crisi quando deve occuparsi di un

caso di omicidio di cui è sospettato il figlio suo, trascurato e da tempo estraneo. Confezione di mestiere robusto.

* COME DUE COCCODRILLI

di CAMPIOTTI GIACOMO, ITA , 100'

Esperto d'arte torna da Parigi vent'anni dopo sul lago di Como per vendicarsi, con perfida raffinatezza, dei due

fratellastri che l'hanno angariato durante l'adolescenza.

* DICIASSETTE ANNI

di Yuan, Zhang, CIN-IT 1999, 90'

In un impeto d'ira, una adolescente uccide la sorellastra. Dopo 17 anni di carcere le viene concesso un

permesso di 48 ore per passare il Capodanno in casa, scortata da una sorvegliante. Ma tutto è cambiato: città,

traffico, consumi, pubblicità. L'incontro con i genitori – che non sono mai andati a farle una visita – è fonte di

malessere, anche se la guardia carceraria che la guida si comporta come un angelo custode.

* DIETRO LA MASCHERA

di BOGDANOVICH PETER, USA 1984, 115'

Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky

Dennis è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle prese

con una storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente senza

indulgere né agli effetti né al sentimentalismo.

* DOV'E' LA CASA DEL MIO AMICO?

di KIAROSTAMI ABBAS, IRAN 85',

Si può fare un film di un'ora e mezzo sulla restituzione di un quaderno a un compagno di scuola che per sbaglio

un ragazzino del villaggio di Koker ha messo nella propria cartella? È il film - il suo 1o lungometraggio in 35 mm a

colori - che fece conoscere in Europa l'iraniano Kiarostami (1940), regista dal 1970. A livello realistico, è una

parabola sul bisogno di comunicazione, di rapporto con il prossimo, di cambiare un ordine vecchio con un ordine

nuovo: “Con ostinazione Ahmad buca il muro di incomprensione profonda che divide il mondo dell'infanzia dal

mondo adulto” (Emanuela Imparato). A una lettura di 2o grado, più metaforica, si arriva attraverso la traduzione

esatta del titolo (Dov'è la dimora dell'Amico?), verso del poeta iraniano Sohrab Sepehri, citato nei titoli di testa.

Ahmad e Nemattzadeh sono compagni di scuola e di banco, non amici. Abitano troppo lontano l'uno dall'altro e

non possono giocare insieme, fuori dalla scuola. Ahmad non sa nemmeno dove abita il compagno. Perché

quando finalmente lo trova, non entra, torna a casa, fa il suo compito e lo ricopia sul quaderno, ingannando così

il maestro?

Sa che non può rendere il quaderno tale e quale al suo proprietario? Comprende, a due passi dal fiore della

solitudine, che non avrà mai risposta alla domanda: dov'è la dimora dell'Amico? (Che è uno dei nomi del profeta.)

Quello di Kiarostami che pur si ferma sulla soglia del simbolico è anche un film mistico: il fascino della semplicità.

* DUETS

di Paltrow, Bruce, USA.CAN 2000, 112'

3 storie di strane coppie sulle strade d'America che conducono tutte a Omaha (Nebraska) dove si svolge il

campionato nazionale di karaoke con 5.000 dollari in palio. Duetti a contrasto: amore filiale rifiutata commesso

viaggiatore bianco interessante , è una commedia con canzoni (belle e vecchie) dai risvolti ora comici ora

drammatici che rimanda implicitamente a Lo spaccone di R. Rossen e a Nashville di R. Altman nei suoi trasparenti

accenni di critica sociale e antropologica sul “sogno americano”, le sue disillusioni e le speranze.

* E.T. L'EXTRATERRESTRE

di SPIELBERG STEVEN, USA 1982,

Abbandonata dalla sua astronave in un bosco della California, una piccola creatura galattica è aiutata da un

ragazzino che la nasconde nella propria casa. Saranno ritrovati e catturati da un esercito di poliziotti e scienziati.

Un'orgia di carineria, una macchina perfetta il cui combustibile è fatto di zucchero e di una miscela calcolatissima

di umorismo e melodramma, pathos e invenzioni comiche, buoni sentimenti e critica ai valori costituiti, grande

spettacolo tecnologico e coinvolgimento emotivo, rimandi culturali ed effetti speciali. Costato un milione e mezzo

di dollari e frutto dell'ingegno di Carlo Rambaldi, il piccolo pupazzo elettronico è la carta vincente di questa favola

per bambini di tutte le età, munita anche di un messaggio: bisogna avere gli occhi (il cuore, la fantasia) di un

bambino per capire e accettare i “diversi”

* EASY RIDER

di HOPPER DENNIS, USA 1969,

Billy e Wyatt, detto Capitan America, partono sui loro choppers (motociclette degli hippy dei '60). Fanno molti

incontri, piacevoli e no. Nel viaggio di ritorno sono uccisi a fucilate. Il più famoso “film di strada” della storia del

cinema. Il tema classico del viaggio si mescola con quelli della cultura alternativa degli anni '60: marijuana, musica

pop, protesta hippy, pacifismo, crisi del mito americano

* Eroi di tutti i giorni

di Keaton, Diane, USA 1995, 94'

Agli inizi degli anni '60 un dodicenne ebreo cresce alle prese con un distratto padre inventore, un'amatissima

madre che s'ammala di tumore e due zii eccentrici. Un piccolo romanzo di formazione dove, più che l'intreccio,

contano i pittoreschi personaggi, soprattutto la coppia degli zii (Richards/Chaykin) di irresistibile umorismo

* L' ESTATE DI DAVIDE

di MAZZACURATI CARLO, ITA 1998, 100'

Superato l'esame di maturità a Torino, Davide (S. Campi) investe i suoi pochi risparmi in una vacanza nel

Polesine, in casa degli zii, dove si innamora di Patrizia (P. Piccinini), più anziana di lui e più torbida di quel che

sembra, e fa amicizia con Alem (S. Mujic), energico ragazzo bosniaco. La prima esperienza sfocia nel dolore e

nella disillusione, la seconda in un epilogo tragico. Davide, sopravvissuto, torna a Torino, alla sua vita precaria.

Dieci anni dopo l'esordio in Notte italiana (1987), Mazzacurati torna con il suo 6o film nella natia Bassa veneta. È

un dolente racconto di formazione, scritto con Claudio Piersanti, che è anche la sua opera più modernamente

pittorica (fotografia dell'ottimo Alessandro Pesci), contrassegnata da una lentezza che sconfina nell'astrazione:

“Il paesaggio ... si abbandona a questa lentezza, la riconosce come propria; non si limita a reinventare lo spazio,

a creare una sorta di vuoto bressoniano attorno al rilievo plastico dei corpi, ma va oltre” (Tullio Masoni)

* FACCIA A FACCIA

di Turteltaub Jon, USA 2000,

Ricco quarantenne, consulente di immagine di grande successo, cinico, prepotente, single impenitente e talvolta

crudele (sbeffeggia con gratuita cattiveria la sua assistente che ha un debole per lui), arroccato nei suoi tic e

nelle sue manie, sorprende una notte in casa un bambino grasso, goffo, teneramente imbranato e di irresistibile

simpatia. E il ladruncolo altri non è che... lui stesso da piccolo. La convivenza forzata gli farà ritrovare il suo

passato, i dolori dell'infanzia, le umiliazioni e le ferite ancora aperte, consentendogli di chiuderle e cicatrizzarle, di

crescere e di buttarsele alle spalle per poter provare finalmente a vivere e magari a essere felice.

* FANNY E ALEXANDER

di BERGMAN INGMAR, 1983,

Divisa in 5 capitoli (1. il Natale; 2. il fantasma; 3. il commiato; 4. i fatti dell'estate; 5. i demoni), un breve prologo e

un lungo epilogo, è la storia della famiglia Ekdahl di Uppsala tra il Natale del 1907 e la primavera del 1909 con una

sessantina di personaggi, divisi in quattro gruppi, che passa per tre case e mette a fuoco tre temi centrali: l'arte

(il teatro), la religione e la magia. Congedo e testamento di Bergman, uomo di cinema, è una dichiarazione

d'amore alla vita e, come la vita, ha molte facce: commedia, dramma, pochade, tragedia, alternando riti familiari (lo

splendido capitolo iniziale), strazianti liti coniugali alla Strindberg, cupi conflitti di tetraggine luterana che

rimandano a Dreyer, colpi di scena da romanzo d'appendice, quadretti idillici, intermezzi di allegra sensualità,

impennate fantastiche, magie, trucchi, morti che ritornano. Un film “dove tutto può accadere”. Compendio di

trent'anni di cinema all'insegna di un alto magistero narrativo.

* FILM BLU. LA LIBERTA'

di KIESLOWSKI KRZYSZTOF, POL 1994,

Analisi del film: C. Simonig, KIESLOWSKI KRZYSZTOF, Film blu, Lindau, Torino

* IL FIUME ROSSO

di HAWKS HOWARD, 1948, 89'

Tom Dunson decide di tentare un'impresa mai realizzata prima: la transumanza di 10000 capi di bestiame per

1000 miglia lungo il Chisholm Trail fino ad Abilene. L'aiuta il figlioccio che, durante il tragitto, si ribella al suo

dispotismo e gli toglie il comando.

Il primo dei 5 western di H. Hawks, cineasta sotto il segno dell'evidenza, e il più epico in apparenza anche se

strutturato su un forte rapporto edipico tra padre e figlio

* FRATELLO, DOVE SEI?

di Coen, Joel, USA 2000, 106

Durante la Grande Depressione (probabilmente nel 1932, durante la campagna elettorale) tre delinquentelli

evadono, incatenati, dai lavori forzati nel Mississippi per recuperare un tesoro che non esiste. Attraversano

tragicomiche peripezie, scampano due volte alla forca finché, grazie al successo di una improvvisata incisione

del classico “I'm A Man of Constant Sorrow”, riescono a cavarsela. Buffonescamente ispirato all'Odissea

(Tiresia, le sirene, Polifemo e una Penelope prolifica e ringhiosa che si chiama Penny) è una “malincomica”,

mimetica e centrifuga commedia musicale di viaggio. Ha come sfondo una società – quella del Profondo Sud, ma

più in generale gli USA – in un momento di trasformazione e affonda le radici nel folclore musicale nordamericano

(il bluegrass, il country, gli spirituals, le marcette di parata, i gospel da chiesa) con divertiti omaggi filmici (I

dimenticati di P. Sturges, i baffetti e la brillantina alla Clark Gable di George Clooney, lo scatenato George “Baby

Face” Nelson).

* LA FUGA DEGLI ANGELI. STORIE DEL KINDERTRANSPORT

di HARRIS MARK JONATHAN, 2000,

Poco prima della seconda guerra mondiale una straordinaria operazione di salvataggio soccorse le vittime più

giovani del terrore nazista. Diecimila bambini ebrei, insieme ad altri, furono trasportati dai paesi occupati dalla

Germania a rifugi e case di accoglienza in Gran Bretagna. Alcuni strinsero nuovi legami familiari; altri dovettero

resistere al Blitz. Altri ancora trovarono modi incredibili di salvare i propri genitori dalla tirannia di Hitler. E tutti

hanno storie indimenticabili da raccontare. Mark Jonathan Harris, scrittore e regista del documentario vincitore

dell'Oscar® The Long Way Home, insieme alla produttrice Deborah Oppenheimer (la cui madre fu una dei 10.000

bambini) sono gli ideatori di questo eccezionale documentario vincitore dell'Oscar1 nel 2000 come Miglior

Documentario, ricco di immagini d'archivio e testimonianza avvincente dell'esperienza dei bambini sopravvissuti,

dei loro salvatori e dei genitori dell'eroico Kindertransport. Narrato da Judi Dench (nella versione originale).

* FULL MONTY

di CATTANEO PETER, 1997, GB

A Sheffield, già principale centro siderurgico del Regno Unito, cinque operai e un caporeparto, licenziati e senza

lavoro, decidono di esibirsi in un numero di spogliarello integrale per un pubblico femminile. Ovvero come far

ridere sulla disoccupazione. Altri temi complementari: l'umiliazione dell'ozio obbligato, la perdita del lavoro che si

trasforma in perdita di identità e autostima e, inedito, la presa di coscienza del proprio corpo. I 6 maschi di questa

commedia british a 18 carati imparano quel che le donne sanno da sempre: quanto può essere umiliante essere

classificati e giudicati in base all'aspetto fisico. Le donne, qui trasformate nella penultima ruota del carro – l'ultima

sono i maschi in quanto disoccupati – si divertono in allegria allo strip senza la cupezza masturbatoria degli

uomini

* GENTE COMUNE

di REDFORD ROBERT, USA 1980, 122'

La vita ordinata e serena dei Jarrett di Chicago è devastata dalla morte di uno dei due figli. L'altro è straziato da

un forte senso di colpa. Uno psichiatra li aiuta.

* IL GIARDINO SEGRETO

di HOLLAND AGNIESKA, USA 1993, 101'

È la storia della decenne Mary Lennox che, accolta nel maniero di uno zio misantropo, vi riporta la gioia di vivere

e riesce anche a rimettere in piedi il malandato cuginetto: la felicità è lì, a portata di mano, nel magico,

inaccessibile giardino. Scritto nel 1910 da Frances Eliza Hodgson Burnett (1849-1924), sceneggiato da Caroline

Thompson e prodotto dall'American Zoetrope di Francis Ford Coppola, il film è impeccabile per figurazione, ma

non riesce quasi mai a prendere il volo, appesantito dall'eccessivo carico delle sue virtù decorative. Da non

perdere la luce dei paesaggi dello Yorkshire e certi primi piani della piccola K. Maberly. Già filmato nel 1949 dalla

M-G-M.

* IL GIGANTE

di Stevens, George, USA 1956, 201'

Rick Benedict, barone del bestiame del Texas, sposa Leslie Lynnton, bella e ricca ragazza del Maryland. Jett

Rink, bracciante innamorato senza speranza di Leslie, scopre il petrolio in un terreno ereditato. Molti anni dopo,

per prendersi una rivincita, Jett, ormai ricchissimo, corteggia una giovane Benedict. Da un romanzo di Edna

Ferber (1887-1968) un Via col vento alla texana. Saga familiare, affresco storico-sociale, melodramma con tanti

temi al fuoco: razzismo, matrimoni misti, bigottismo, conflitti tra generazioni, ossessioni psicoanalitiche

* GIOVENTU' BRUCIATA

di RAY NICHOLAS, USA 1955,

Due ragazzi e una ragazza – tutti alle prese con difficili situazioni familiari – partecipano ai giochi pericolosi di

una banda. Sono ricercati dalla polizia dopo un incidente mortale. Uno di loro muore. Uno dei 3 film che fecero di

Jimmy Dean un divo, emblema della gioventù “ribelle senza causa” degli anni '50 e confermò in N. Ray uno dei

cineasti più sensibili e originali di Hollywood. Molte sequenze memorabili

* UNA GITA SCOLASTICA

di AVATI PUPI, 1983,

Ambientato nel 1914, è il racconto di una gita-premio che gli allievi di una terza liceo mista di Bologna fanno, a

piedi, attraverso l'Appennino fino a Firenze. Appoggiandosi alle piacevoli musiche di Riz Ortolani, P. Avati impone

al film le cadenze, le magie, gli stereotipi di una commedia musicale. Bravo per la calibrata mistura di comicità e

patetismo C. Delle Piane

* IL GRANDE FREDDO

di KASDAN LAWRENCE, USA 1983, 103'

Sette ex studenti contestatori degli ultimi anni '60 all'università del Michigan si ritrovano ai funerali di un amico e

passano il weekend insieme. Ricordano i vecchi tempi, parlano del presente e del futuro. È diventato un film di

culto per gli ex sessantottini di mezza Europa. Sapiente e un po' ruffiano ritratto collettivo di una generazione

disillusa, divertente e amaro, sostenuto da un dialogo scoppiettante e da un'ottima squadra di attori, sebbene

“troppo scritto”. John Sayles è più autentico e originale sullo stesso tema in The Return of the Secaucus Seven

(1980).

* GRANDI SPERANZE

di LEAN DAVID, GB 1946, 118

Dal romanzo (1860-61) di Charles Dickens: l'orfanello Pip riesce a studiare, diventare un gentiluomo, arricchirsi,

frequentare la buona società, ignorando che il suo benefattore è un assassino galeotto, da lui aiutato da piccolo.

Per giunta, ne sposa la figlia Estella di cui s'è innamorato. Con Le avventure di Oliver Twist (1948), è uno dei

due ammirevoli film dickensiani di D. Lean, “uno dei grandi film della storia del cinema britannico...” (E. Martini). “Fa

per Dickens quello che Enrico V (di Olivier) fece per Shakespeare...” (J. Agee).Uno dei migliori Dickens portati

sullo schermo

* HAROLD E MAUDE

di HASHLEY HAL, USA 1971, 90'

Ricchissimo, afflitto da madre possessiva, incline a mettere in scena finti suicidi, il giovane Chasen fa amicizia

con una contessa ottantenne che gli insegna il gusto della vita e della libertà

Nella sua mescolanza di toni, è un testo tipico da fine anni '60 che rivendica il diritto alla fantasia, alla marginalità,

alla libertà individuale.

* IN MEZZO SCORRE IL FIUME

di Redford, Robert, USA 1992, 123'

Intercalata da documenti (veri o finti) fotografici d'epoca in color seppia, è la storia del rapporto tra due fratelli

che il padre, severo pastore presbiteriano, educa nel culto di Dio, del bene e della pesca alla lenza. Ma i due

fratelli sono diversi: uno è serio, studioso e discretamente noioso, l'altro è un simpatico scapestrato, accanito

frequentatore di gonnelle e tavoli da gioco. Film nostalgico della memoria è ambientato nel Montana tra il 1910 e il

1925 e ricalca fedelmente il romanzo autobiografico di Norman McLean

* JONA CHE VISSE NELLA BALENA

di FAENZA, ITA 1993, 100 '

Tratto da Anni d'infanzia (1977) di Jona Oberski, fisico nucleare, è la storia di un bambino olandese di quattro

anni, arrestato nel 1942 dai tedeschi e deportato a Bergen-Belsen dove gli muore il padre. Perde la madre nel

1945, subito dopo la liberazione. Il piccolo Jona è adottato da una coppia di olandesi che con lui dovranno patire

non poco. Fedele al libro, Faenza (1943) adotta l'ottica del suo piccolo protagonista, lo sguardo inconsapevole

dell'infanzia che dell'atroce realtà che lo circonda coglie soltanto alcuni particolari. Non a caso nella seconda

parte quando Jona ha sette anni, il film cambia stile perché lo sguardo s'è fatto più adulto. Film sulla tenacia

dell'amore: semplice, asciutto, intenso senza concessioni al dolorismo né al sensazionalismo.

* KOLYA

di SVERAK JAN, CEC 1997, 105'

Praga, 1988. L'anziano Louka (Z. Sverák), esimio violoncellista disoccupato, indebitato e scapolo sottaniere,

accetta per denaro di sposare una russa (L. Safranková), madre di Kolja (A. Chalimon) di cinque anni, per

permetterle di acquisire la cittadinanza ceca. Ottenutala, la donna se ne va in Germania, lasciando Kolja alla

nonna che, però, ha un infarto e muore. Kolja passa a Louka. Rapporto difficile: il musicista non parla il russo, il

bambino non sa il ceco. Intanto la macchina burocratica si mette in moto. Si vorrebbe mandare Kolja in un

brefotrofio russo, ma è ormai la fine del 1989, il regime socialista crolla. Finale logico e agrodolce. “È fatto di

spostamenti progressivi del ‘sentire’ l'emozionante avvicinamento tra il vecchio e il bambino. Per il musicista si

tratta di scoprire il luogo della comunicazione da dove arrivano i messaggi del bambino: la reticenza, il dolore, la

solitudine, l'istinto al gioco” (Silvio Danese)

* IL LADRO DI BAMBINI

di AMELIO GIANNI, ITA 1992,

Antonio (Lo Verso), giovane carabiniere calabrese, ha il compito di accompagnare l'undicenne Rosetta (Scalici),

prostituita dalla madre, e il fratellino Luciano (Ieracitano) in un orfanotrofio di Civitavecchia che, però, si rifiuta di

accoglierli. Il viaggio prosegue per un istituto in Sicilia. Il cuore di questo film bellissimo e importante – scritto dal

regista con Sandro Petraglia e Stefano Rulli – è nel rapporto tra carabiniere e bambini: lenta conquista,

avvicinamento, osmosi. Grazie ad Antonio i due bambini – che nei film di Amelio sono sempre una maschera

dell'adulto non cresciuto – imparano per pochi giorni a ridiventare bambini. Pur nella fedeltà a un'alta idea di

cinema che dice attraverso il non detto e tende a esprimere l'inesprimibile, Amelio ha fatto un film emozionante

anche nella sua durezza e nel rifiuto di ogni consolazione. La sua concretezza disadorna si può cogliere nel

modo, sommesso e lucido, con cui si dà testimonianza dell'Italia sia nel paesaggio (la mescolanza di sfascio e

benessere ) sia nell'acquiescenza tranquilla della piccola gente di Calabria e Sicilia

* LEON

di BESSON JEAN LUC, FRA 1994, 104'

Léon è un killer, un sicario a pagamento della peggior specie, introvabile e indistruttibile, fin quando un topolino

penetra nel suo universo: un topo piccolo con gli occhi immensi della dodicenne Matilde. A parte J. Reno, per il

quale il film è stato scritto su misura, la piccola N. Portman è la rivelazione del film. È la bizzarra, perversa e

onesta storia d'amore tra una dodicenne e un sicario. Amore senza sesso. Lui, l'adulto bambino, la istruisce a

uccidere; lei, la bambina adulta, gli insegna a vivere. L. Besson è un manierista, ma sa prendere i suoi rischi: il

suo è un cinema d'azione che non esclude, però, né una strenua attenzione alla psicologia né la cura puntigliosa

dei personaggi

* MASTER & COMMANDER

di WEIR PETER, 2004,

Cari genitori, e soprattutto cari papà, prima che queste vacanze finiscano, prendete per mano i vostri figli, e

regalate loro, ma anche a voi, un bel pomeriggio di cinema. Vi farà bene, a tutti. No, non vi sto spedendo

dall'ultimo Boldi, e neppure dal Pieraccioni di Natale. I difensori del cinema nazionale si arrabbieranno, ma il fatto è

che c'è un giro un film come non se ne vedono spesso. Si tratta di Master and Commander, regia di Peter Weir,

quello (tra l'altro) di “L'attimo fuggente”, un altro film che papà, e educatori in genere, dovrebbero ogni tanto

ripassarsi in video. Cos'ha di straordinario questo film? Intanto una cosa rarissima, e quindi preziosa di questi

tempi di “pensiero debole”: un concentrato di energia maschile che l'Europa non conosce più da tempo, l'America

solo a sprazzi, ed evidentemente l'arcipelago australiano conserva ancora.

Di quelle parti sono, infatti, il regista Peter Weir, australiano appunto, e il protagonista Russel Crowe (ricordate Il

Gladiatore?), neozelandese. Cosa intendo per “energia maschile”? Non preoccupatevi, nulla che abbia a che

fare con la New Age, più attenta all'energia di quanto sia l'Enel. Intendo piuttosto, mi perdonino i pacifisti di ogni

ordine e grado, il gusto di fare a botte. Quello che si manifesta in tutti i ragazzini sani, poco dopo che hanno

cominciato a camminare. Ma anche, badate bene, quello proclamato da quel giovanotto di cui si parla molto in

questi giorni, che diceva: “Non sono venuto a portare la pace, ma la guerra”, e faceva volare i tavoli dei mercanti

dinanzi all'ingresso del tempio di Gerusalemme: insomma da Gesù di Nazareth. Non sto parlando quindi del gusto

della violenza, ma di quello di lottare, per una causa giusta. Una cosa da trasmettere ai ragazzini di oggi, che

legioni di insegnanti più o meno “disobbedienti” stanno precipitando in un “pacifismo piagnucoloso”, come lo

chiamava il vecchio fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud, da cui nasce solo ipocrisia, e depressione.

Mentre invece Master and Commander, Australia aiutando, questo gusto lo trasmette. Aggiungendoci un

ingrediente molto importante per miscelare bene la voglia di fare a botte: una certa aggressiva eleganza, che la

cultura maschile conosce bene. Insomma niente sbudellamenti insistiti (caso mai solo intravisti, tra un maroso

che irrompe e un pennone che cade, a tacitare quel po' di sadismo che, ahimè, i ragazzini hanno), e invece la

finezza dell'inseguimento della nave nemica, una specie di vascello fantasma che rimane sempre tra le nebbie e i

colpi di cannone, per materializzarsi solo al momento giusto. L'inseguimento navale nei mari del sud (persino alle

Isole Galapagos, dove voleva giustamente filarsela il cavalier Tanzi): un archetipo del coraggio che oggi nessuno

mostra più, scivolati come siamo tra guerre stellari e battaglie tra cammelli puzzolenti, e paludi. La guerra è

sprofondata nel fango, tra armi chimiche e uranio impoverito, e sta a noi, a voi, i padri, dimostrare ai vostri figli

che la lotta è stata (e ancora può essere) anche altro, intelligenza, senso dell'onore, conoscenza della natura,

lealtà e rispetto per i propri compagni. Perché dobbiamo dimostrarlo? Ma perché se la lotta non ha senso, è solo il

sangue a fiumi dell'horror trash, allora sarà ben difficile staccare l'aggressività dei ragazzi dai sassi

dell'autostrada, o da rischi privi di senso, come sdraiarsi sui binari, o su una provinciale. Il problema

dell'aggressività non è sopprimerla, come pensano gli psicologi-moralisti. L'aggressività va educata, bisogna

darle uno scopo, (che nelle società giuste è la sconfitta dei malvagi), e una disciplina, di cui poi l'individuo si potrà

avvalere per tutta la vita. Qui il marinaio che dà uno spintone all'ufficiale con fama di menagramo si prende le

sue frustate davanti a tutta la ciurma (anche se il capitano che infligge la condanna è il primo a pensare che, in

effetti, il tipo mena gramo), e nessuno fiata. Alla faccia dell'educazione antiautoritaria, che, infatti, non ha mai

educato nessuno. L'intellettuale, l'esperto e coraggioso medico di bordo, protesta, ma il capitano non fa una

piega. Il Master and Commander è lui. Compito dell'intellettuale è un altro: scoprire nelle leggi della natura come

uscire dai guai. E, infatti, il medico scova un insetto, che si trasforma in uno stecco, e suggerirà al capitano come

mimetizzarsi per riuscire a piombare sul rivale. Infine, dopo la vittoria, altra lezione di suprema eleganza del

maschile coraggioso e aggressivo quanto serve, i due si organizzano un eccellente concertino per violino, tra i

legni e gli argenti della cabina di Russel Crowe, alias Jack, il capitano fortunato.

Claudio Risè

* UN MERCOLEDI' DA LEONI

di MILIUS JOHN, USA 1978, 120'

Tre inseparabili amici furoreggiano col surf sulle spiagge della California negli anni '60. Il tempo passa, la vita li

divide, ma le grandi ondate ritornano. Scandito su 4 tempi che sono 4 stagioni e 4 celebri mareggiate (estate '62,

autunno '65, inverno '68, primavera '74) e che quasi corrispondono alle burrasche politiche (dalla morte di

Kennedy allo scandalo del Watergate), non è soltanto un film sul surf e la sua mistica eroica (come l'ha praticato

lo stesso J. Milius), ma anche una malinconica saga sull'amicizia virile, su una generazione americana segnata

dal malessere esistenziale e dalla guerra del Vietnam. Uno dei più misconosciuti film dei '70. Eppure la sua

importanza – non soltanto sociologica – è pari a quella di Il cacciatore di Michael Cimino, uscito nello stesso anno.

* MERY PER SEMPRE

di RISI MARCO, ITA 1989, 110'

Insegnante accetta l'ingrato compito di docente nel riformatorio Malaspina di Palermo dove sperimenta il suo

metodo antiautoritario e democratico, scoprendo nei ragazzi devianti e sbandati la dimensione della dignità

* MIA ADORABILE NEMICA

di Wang, Wayne, USA 1999, 114'

Storia di un rapporto tra madre e figlia 14enne on the road, in viaggio di trasferimento da una cittadina del

Wisconsin alla grande Los Angeles. La più infantile delle due è la madre. Da un romanzo di Mona Simpson,

adattato dal provetto Alvin Sargent (Gente comune) e diretto con garbo, delicatezza e intelligente scelta dei

particolari dal cino-americano W. Wang (Smoke) che qui si è messo in contatto con lo yin, il suo lato femminile. Le

2 protagoniste l'hanno assecondato ammirevolmente.

* LA MIA VITA A QUATTRO ZAMPE

di HALLSTROM LASSE, SVE 1988, 98'

Da un romanzo di Reidar Jönsson. Alla fine degli anni '50 il dodicenne Ingemar ha molte ragioni per essere

infelice: madre sempre malata, padre assente in mari lontani, fratello maggiore che lo tormenta. Ma infelice non è.

Film insolito, fondato sul principio del “nonostante che”. Inquietante, quasi sgradevole nella parte dei rapporti con

la madre, trova momenti felici nella vacanza di Ingemar in casa dello zio dove s'accende nel disegno dei

personaggi di contorno.

* MIGNON E' PARTITA

di ARCHIBUGI FRANCA, 1988,

A Roma la scombinata famiglia Forbicioni ospita la giovinetta Mignon che viene da Parigi. È un po' antipatica, ma

turba i sogni del cugino Giorgio cui lei, però, preferisce un ragazzo di borgata. Poi parte. La vita continua. Scritta

con due coetanee, è la brillante opera prima della giovane F. Archibugi (1961), premiata da pubblico e critica.

Sceneggiatura sapiente in delicato equilibrio tra patetico e comico sottovoce e un'omogenea squadra di attori

* NEL CORSO DEL TEMPO

di WENDERS WIM, 1975,

* NELL

di APTED MICHAEL, USA 1994, 113'

Medico di paese della Carolina del Nord scopre nella foresta una ragazza che ha trascorso ventisei anni in

completo isolamento dal mondo civile con la madre, che soffriva di una grave paresi facciale, dalla quale ha

imparato una specie di strano idioma infantile. Con l'aiuto di una psicologa di città, il medico si occupa di lei,

impedendone il ricovero a scopi di studio. Tratto dal libro di Mark Handley Idioglossia e ispirato a un fatto vero

* Niagara, Niagara

di Gosse Bob, USA 1997, 97'

Adolescente allo sbando, dedita all'alcol con cui cerca di esorcizzare la sindrome di Tourette di cui è affetta,

Marcy (R. Tunney) si unisce al coetaneo ladruncolo Seth (H. Thomas), anch'egli con problemi di rapporti

interpersonali. Diretti a Toronto, compiono piccole rapine e inconsulti atti di violenza fino al tragico epilogo, non

lontano dalle celebri cascate. 2o film indipendente di B. Gosse (1963), scritto da Matthew Weiss, valse alla sua

giovanissima protagonista la Coppa Volpi della migliore attrice alla Mostra di Venezia 1997. Oltre a un intermezzo

di lirica serenità in cui spicca un solitario anarchico e iconoclasta (M. Parks), c'è un'interessante dimensione

tragicomica

* NON E’ GIUSTO.

di De Lillo Antonella, 2002,

I bambini ci guardano. In scena ci sono due ragazzini alleati contro le bugie dei grandi. Quante volte abbiamo

detto o sentito dire la frase “non è giusto”. Magari in risposta al classico “lo faccio per il tuo bene”. I bambini della

De Lillo dimostrano di sapere bene qual è il loro bene, molto meglio dei loro genitori.

Sofia e Valerio hanno dodici anni e s’incontrano casualmente per i vicoli di una Napoli d’agosto. Sono entrambi

soli, costretti a passare le vacanze in compagnia dei rispettivi padri, due quarantenni afflitti da ogni genere di

problema sentimentale ed esistenziale. I due uomini tentano di celare le loro insicurezze ai figli ricorrendo spesso

a menzogne. Naturalmente non ci riescono e, per fare del bene, finiscono col combinare una serie di guai.

Valerio e Sofia si ribellano e a loro modo si alleano per affrontare il mondo degli adulti con distacco ed ironia che

servono a non avere più paura.

* NOSTOS IL RITORNO

di PIAVOLI F., ITA 1989,

Poema audiovisivo sul ritorno a casa per mare di un ulisside con una vicenda ridotta ai minimi termini e pochi

dialoghi. Enigmatico, impervio, affascinante, con una straordinaria colonna sonora. Dopo Il pianeta azzurro

(1982), poema sulla terra, questo outsider lombardo (1933) del cinema italiano ha fatto un poema sul mare.

Troppo astratto, estatico, atteggiato per lo spettatore comune, ma non per chi è abbastanza aperto e sensibile

per riceverlo in sé, per riuscire a immergersi nel suo flusso di immagini e suoni

* NOTE DI UN INQUILINO GALANTUOMO

di OZU YASUJIRO, GIA 1947, 72'

NEL GIAPPONE DEL DOPOGUERRA UN UOMO TROVA UN RAGAZZINO CHE SEMBRA SPERDUTO.

SE LO PORTA A CASA ,MA NESSUNO GLI DA' UNA MANO. SOLO UNA VEDOVA LO ACCETTA E SI AFFEZIONA

PIU' DI QUELLO CHE VOLEVA

* NOTTURNO INDIANO

di CORNEAU ALAIN, FRA 1989, 110'

Un "Indiano" trentenne è alla ricerca di un vecchio compagno di scuola, il portoghese Xavier Janata Pinto, di cui

da un anno si sono perse le tracce. Parte per l'India e giunge a Bombay, dove pernotta in un albergo malfamato.

L'indomani, su vaghe indicazioni raccolte da una prostituta, va a cercare l'amico in un ospedale; da qui, ancora

seguendo indizi estremamente incerti, si reca a Madras con la sua inseparabile valigia, scoprendo, sgomento, le

infinite miserie dell'India più povera, e sforzandosi di coglierne l'anima religiosa. Raggiunge infine Goa, sempre

alla ricerca dell'introvabile Xavier, col quale sembra essersi identificato. Nel suo vagare incessante s'imbatte in

tipi strani: un ebreo che ha vissuto l'esperienza del lager nazista e va cercando, astioso, un medico tedesco di

quel campo; un professore di teosofia che lo intrattiene sulle sue suggestive ipotesi. A Goa, un antico archivio

abbandonato attira la sua curiosità e una strana veggente dall'aspetto deforme gli fa intendere che il suo vero io

è altrove. Su quest'indicazione, "L'uomo" cambia improvvisamente itinerario e, dopo un bagno rituale nel mare di

Oman, lascia intendere che, in realtà, il suo inquieto vagare era alla ricerca di se stesso. Dopo aver confidato a

una fotografa incontrata nell'albergo le sue curiose vicissitudini, alla domanda di lei se tutto sia veramente

accaduto o se le abbia raccontato un film, "L'uomo" non risponde, ma le sorride enigmaticamente.

* NOVECENTO (ATTO PRIMO)

di BERTOLUCCI BERNARDO, ITA 1976,

* L' ODIO

di KASSOWITZ MATHIEU, FRA 1995, 95'

Venti ore – una giornata balorda e una notte brava – nella vita di tre giovani proletari – un bianco ebreo, un

maghrebino e un africano – alla deriva tra il quartiere di Muguets, a 30 km dalla torre Eiffel, e il centro di Parigi.

Nel loro vagabondare c'è disperazione, rabbia, odio. Capofila dei film di banlieu – tendenza del cinema giovane

francese alla metà degli anni '90 che racconta la lacerata realtà della periferia metropolitana (parigina, ma non

soltanto) – i suoi meriti sono soprattutto stilistici: attori, dialoghi incalzanti a ritmo di rap (che traduzione e

doppiaggio italiano faticano a seguire), musica reggae, sapiente costruzione drammatica, abilità nelle digressioni,

bianconero sporco e allucinato

* OGNUNO CERCA IL SUO GATTO

di KLAPISCH CEDRIC, 1996, 85'X

Chloé, ventenne estetista parigina, perde il suo gatto. Durante la ricerca fa incontri, amicizia, esperienze belle e

brutte. Il gatto è un pretesto per un vivo ritratto di ragazza d'oggi, la descrizione di un quartiere (l'11o

Arrondissement, quello della Bastiglia) in trasformazione, una colorata galleria di tipi tra cui è impossibile

distinguere gli attori professionisti e gli altri. Un bell'esempio di cinema di strada.

* L' ORO DI ULISSE

di Nuñez, Victor, USA 1997, 115

Ulysses Jackson detto Ulee (Fonda), apicultore nelle paludi di Panhandle (Florida), accudisce due nipotine

abbandonate dai disordinati genitori: Jimmy in galera, Helen tossicodipendente vagabonda. Costei viene

sequestrata da balordi, disposti a tutto per recuperare il bottino di una vecchia rapina, nascosto da Jimmy che

dal carcere chiede al padre Ulee di intervenire.

* UN PADRE IN PRESTITO

di MENGES CHRIS, GB - USA 1994, 105'

Quarantenne solo e solitario adotta un ragazzino di dieci anni, orfano di madre e con padre in carcere. Le

difficoltà non sono poche e aumentano quando, uscito dal carcere e malato di Aids, arriva il babbo

* IL PICCOLO FUGGITIVO

di ASHLEY, ENGEL, ORKIN, USA 1953, 1H 10

Joey abbandona il fratello maggiore e va a Coney Island, la grande spiaggia dei divertimenti di New York. Piccolo

gioiello di narrativa cinematografica che, pur nella gracilità del filo narrativo, non ha una sbavatura. Il protagonista

è incantevole per intuito ed espressività. Produzione indipendente, opera collettiva, è uno dei primi manifesti

teorici del New American Cinema sull'uso del cine-occhio come strumento di esplorazione della realtà. Leone

d'argento alla 14o Mostra di Venezia.

* Preferisco il rumore del mare

di Calopresti, Mimmo, ITA-FRA 1999, 90'

Calabrese che a Torino con il lavoro si è arricchito e padre deluso dell'inquieto e svogliato Matteo , Luigi aiuta il

conterraneo adolescente Rosario a trasferirsi a Torino, ospite di una comunità di giovani a rischio, guidata da un

generoso e impegnato sacerdote . Tra i due ragazzi così diversi nasce un difficile rapporto amicale che per vie

indirette porta il disadattato Matteo a una velleitaria ribellione e il caparbio Rosario a tornare al paese natio con la

speranza di poterlo, un giorno, cambiare.

* I QUATTROCENTO COLPI

di TRUFFAUT FRANCOIS, 1959,

Piccolo parigino, trascurato dai genitori, scappa di casa due volte, ruba, è chiuso in un riformatorio da dove

fugge per arrivare al mare che non aveva mai visto. Straordinario 1o lungometraggio di F. Truffaut che, premiato

per la regia a Cannes, contribuì al lancio della Nouvelle Vague francese. 1o film della serie Antoine Doinel che –

caso unico nella storia del cinema – segue un personaggio dall'adolescenza alla maturità. Uno dei film più teneri e

lucidi sull'infanzia incompresa, tema che attraversa tutta l'opera del regista

* LA RABBIA GIOVANE

di MALICK TERRENCE, USA 1973, 95'

Kit (M. Sheen), giovane spazzino, e Holly (S. Spacek), majorette quindicenne, vagabondano per l'America diretti

in Canada, lasciandosi dietro una scia sanguinosa di omicidi. La polizia li bracca. La storia è simile a tante altre,

ma si avverte una sincerità insolita, una tenerezza singolare verso i 2 protagonisti sballati e deliranti. T. Malick è

alla sua opera prima ma che ricchezza interiore, che respiro potente. Dopo I giorni del cielo (1978) il regista,

appartenente a una famiglia texana di industriali petroliferi, ha diretto La sottile linea rossa (1998).

* RAGAZZE INTERROTTE

di MANGOLD JAMES, USA 1999, 127'

Susanna, diciottenne depressa di buona famiglia, è internata per due anni in un ospedale psichiatrico, per

guarire da una malattia mentale indefinita. Ne esce arricchita dall'amicizia – fatta di confronti e di scontri con altre

pazienti, più di lei sulla borderline tra normalità e malattia – pronta ad affrontare la vita. Dal romanzo

autobiografico La ragazza interrotta di Susanna Kaysen, sceneggiato dal regista con 2 donne , uno

psicodramma claustrofobico al femminile che è anche un racconto di formazione e un viaggio iniziatico.

Coinvolgente sul piano della comunicazione emotiva più che su quello espressivo, è un film d'attrici

* RAGAZZI FUORI

di RISI MARCO, ITA 1990,

Che cosa succede ai ragazzi di Palermo quando escono dal riformatorio? Questo il tema di un film scomodo che

divise i critici, indispettì i politici, scandalizzò i benpensanti. Un film di scorrevole scrittura giornalistica e

televisiva, seguito di Mery per sempre (1989), anch'esso scritto dal siciliano Aurelio Grimaldi.

* IL RAGAZZO DAI CAPELLI VERDI

di LOSEY JOSEPH, USA 1948, 82'

Accortosi una mattina di avere i capelli verdi, orfano di guerra dapprima si ribella poi decide di superare le beffe

del prossimo. Esordio nel lungometraggio di Losey. Nella contaminazione tra sogno e realtà c'è una scoperta

simbologia, un limpido, volutamente ingenuo, didascalismo pacifista, un elogio della diversità.

* IL RAGAZZO SELVAGGIO

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1969,

La storia vera dello scienziato Jean Itard (1774-1838) che all'inizio dell'Ottocento cercò di educare un ragazzo

trovato allo stato brado nei boschi dell'Aveyron, in Francia. È il più grave, radicale, “freddo” dei film di Truffaut.

Non è un apologo umanistico. La sua parola d'ordine è: disubbidire al Padre, una spietata critica a certi metodi

educativi. Sotto la puntigliosa ricostruzione storica, un film poetico che nasce dalla sensibilità e da un grande

amore per l'infanzia.

* RAPSODIA IN AGOSTO

di KUROSAWA AKIRA, GIA 1991, 98'

D'estate, in una casa di campagna vicino a Nagasaki, quattro ragazzi passano le vacanze con la nonna,

sopravvissuta all'attacco atomico del 1945. Dalle Hawaii arriva un loro cugino nippo-americano. Piccolo film,

forse, ma non film minore: un po' verboso e didattico, ma di una semplicità così tersa e franca nell'esporre grandi

temi (la strage atomica, la memoria del dolore, il lutto) da non poter essere scambiata per semplicismo. Magici

intervalli descrittivi e, nell'epilogo, un grande momento di cinem

* LE REGOLE DELLA CASA DEL SIDRO

di HALLSTROM LASSE, USA 1999, 130'

Cresciuto nell'orfanotrofio di St. Cloud (Maine) con la guida paterna del suo fondatore Wilbur Larch, medico

umanista e abortista, nel 1943 Homer Wells lascia la sua grande famiglia per conoscere il mondo. Grazie

all'amicizia di una giovane coppia benestante, conosce anche l'amore e trova un lavoro come raccoglitore di

mele. Morto Larch, torna all'orfanotrofio a prenderne il posto. Tratto dal romanzo (1986) di John Irving che l'ha

adattato, potandolo ed espungendone i passaggi ginecologici e sessuali più crudi, è una bella storia di

formazione, un film all'antica sotto il segno di Dickens, generoso nel raccontare emozioni, buoni sentimenti, l'etere

e le mele, sagace nel suo svariante registro narrativo che passa dal pathos all'umorism

* RICOMINCIA DA OGGI

di TAVERNIER BERTRAND, FRA 1998, 113'

A Harnaing, (Nord Est della Francia), in una zona mineraria dove la disoccupazione (2000 su 7000 abitanti) è

all'origine di un profondo degrado sociale, Daniel (P. Torreton), direttore di una scuola materna, combatte contro

burocrazie ottuse, servizi sociali insufficienti, genitori assenti, ispettori parolai, colleghi integrati, sindaco

comunista allineato. Scritto dal regista con un insegnante vero, Dominique Sampiero, suo genero, e con sua figlia

Tiffany, girato in Cinemascope in luoghi autentici, è interpretato da attori mescolati alla popolazione locale e ai

bambini di due classi. Nonostante la linea narrativa un po' pasticciata con qualche concessione alla predica e un

finale un po' accomodante, è “uno di quei film in cui, quando si entra, non si vorrebbe più uscire” (Lorenzo

Pellizzari) per la forza del suo approccio semidocumentaristico, il gusto dell'improvvisazione della veloce

cinepresa guidata da Alain Choquart, la coinvolgente tenerezza dei bambini di cui “si ruba” la spontaneità.

Tavernier riesce a inquadrare con una cinepresa mobile, inquieta ma mai nervosa, sezioni del tessuto sociale. La

macchina del cinema, gli attori professionisti (su tutti Philippe Torreton), le convenzioni della finzione reagiscono,

chimicamente, con vicende verosimili di bambini e genitori difficili, buoni per la mensa, lentezze dell'assistenza

pubblica, suicidi familiari, alcolismo, tenerezze didattiche, abitazioni miserabili, feste scolastiche. Senza retorica.

* LES ROSEAUX SAUVAGES

di TECHINE' ADRE', FRA 1994, 110'

Nel 1962, quando gli accordi di Evian mettono fine alla guerra d'Algeria, nel liceo di una cittadina francese del

Sud-ovest arriva il pied noir Henri che col suo oltranzismo suscita le ire di Maïté , figlia di una insegnante

comunista che pure ne è attratta, ma anche la gelosia di Serge , figlio di contadini italiani immigrati, e il turbamento

di François , il più bravo della classe, che sta scoprendo le proprie inclinazioni omosessuali. Il bel film di A.

Téchiné (1943) appartiene a una serie di 9 film per la TV – “Tous les garçons et les filles de leur âge” – tra cui fu

il più elogiato insieme con L'Eau froid di Assayas. Specialmente nella 1ª parte i rapporti, i conflitti, gli amori fra i

quattro personaggi principali sono descritti con tenerezza, leggerezza, credibilità e un affetto che nasce

probabilmente dalla nostalgia e dalla memoria. È girato in una regione che il regista conosce bene e che

restituisce in immagini suggestive, quasi a far da controcanto idillico agli orrori di una guerra lontana, ma ancora

incombente, e al groviglio dei conflitti psicologici.

* ROSETTA

di DARDENNE LUC, BEL-FRA 1999, 91'

Rosetta vive nel carrozzone di un campeggio con la madre alcolista che si prostituisce. Ogni giorno va in città in

cerca di un lavoro che trova, perde, ritrova, che le portano via, che si riprende. È ossessionata dalla paura di

scomparire e dalla vergogna di essere un'emarginata. Vuole una vita normale: come loro, con loro.

* SCOPRENDO FORRESTER (FINDING FORRESTER)

di VAN SANT GUS, USA 2000, 131'

L'anziano William Forrester vive "isolato" dal resto del mondo. Quaranta anni prima vinse il premio Pulitzer col suo

unico romanzo, che ora sembra solo uno sbiadito ricordo.

Un giovane studente di colore, però, che a sua volta sogna di diventare scrittore, irrompe nella sua vita,

s'intrufola nella sua casa, lasciando un quaderno con i suoi scritti e gli diventa amico. E il vecchio leone torna a

ruggire.

Questo incontro finirà per modificare il corso dell'esistenza di entrambi.

Prodotto da Sean Connery, ecco un altro romanzo di formazione firmato Gus Van Sant, dopo Will Hunting - Genio

ribelle. Dietro le scelte di vita dello scrittore protagonista, si intravedono quelle del grande Salinger.

* LA SCUOLA

di LUCCHETTI DANIELE, ITA I995, 110'

Una mattina di pioggia d'ottobre. La professoressa Majello, una donna spenta, senza più entusiasmi, sta

preparando l'orario delle lezioni. Tra i tanti colleghi, si distinguono il professor Vivaldi, interamente preso

dall'insegnamento, e il vicepreside Sperone, energico e aggressivo. Trascorre un interminabile anno scolastico;

ma la frenesia delle ultime interrogazioni e l'angoscia degli scrutini ha allontanato da Vivaldi l'attrazione che ha

sempre provato per la Majello. Gli attori funzionano e Luchetti disegna con leggerezza questo "mondo a parte". In

modo (fin troppo) esplicito il soffitto della scuola crolla e schiaccia le aspettative, gli amori incompresi, li

frustrazioni.

* SLEEPERS

di LEVINSON BARRY, USA 1996, 147'

Da un romanzo di Lorenzo Carcaterra, sceneggiato dal regista che l'ha anche prodotto, il film, scomponibile in tre

blocchi, racconta le peripezie di quattro ragazzi del quartiere di Hell's Kitchen nel West Side di New York che,

chiusi in riformatorio, subiscono un infame calvario di maltrattamenti e abusi sessuali. Una dozzina di anni dopo

due di loro uccidono il più sadico degli aguzzini (K. Bacon). Al processo sono assolti grazie a uno degli altri due

(B. Pitt), divenuto procuratore distrettuale, aiutati dal quarto (J. Patric) che fa il giornalista (e il narratore della

storia), da un sacerdote (R. De Niro) e da un avvocaticchio alcolizzato (D. Hoffman) che li difende. Il prete

contribuisce all'assoluzione offrendo un falso alibi ai due imputati, dopo aver giurato sulla Bibbia. Polemiche e

dibattiti. Il fine giustifica i mezzi?

* STAND BY ME

di REINER BOB, USA 1986, 96'

Estate del 1959, nell'Oregon. Quattro ragazzini partono per un'escursione di cinquanta chilometri lungo la

ferrovia, affrontando varie avventure e scoprendo il cadavere di un ragazzo scomparso giorni prima. Da un

racconto (The Body, 1982) di Stephen King, uno dei film più belli sull'adolescenza degli anni '80, nel miracoloso

equilibrio della memoria tra sentimento e avventura. Sarebbe piaciuto a Truffaut. Bravissimi i quattro ragazzini.

Fotografia stupenda.

* LA STRADA PER IL PARADISO

di DONOGHUE MARY, ,

* I TENENBAUM

di ANDERSON WES, 2002,

Quella dei Tanenbaum è una famiglia sgangherata di geni precoci in una New York molto pop e fiabesca. Da

piccoli i figli brillano nella finanza, nel teatro, nel tennis. Cresciuti e perduto il talento, sono diventati vulnerabili,

nevrotici, depressi, mentre il loro padre, simpatica e irresponsabile canaglia senza successo, si rifà vivo

fingendosi malato terminale, per riconquistare moglie e figli. È una psicocommedia grottesca, malinconica nel

fondo e spassosa in superficie, originale nel linguaggio, imparentato con la grafica e la meccanica dei cartoon,

dove persino le scenografie sono divertenti, ricca di dettagli intelligenti, fraseggio svelto, trovate visive e sonore,

buffe e amabili figurine di contorno. 3o film del giovane W. Anderson (1969), oscilla tra sentimenti contraddittori

(è troppo tardi, non è mai troppo tardi), tra tenerezza e crudeltà, omaggio e critica all'istituzione familiare.

* TREDICI VARIAZIONI SUL TEMA.

di Sprecher Jill, 2002,

Un uomo che si avvicina alla mezza età decide di cambiar vita. Un brillante avvocato vede progetti e ambizioni

sconvolti da un singolo atto. Una donna deve fare i conti con l’infedeltà del marito. Un rancoroso uomo d’affari

vuole vendicarsi di un collega sereno e cordiale. E una donna delle pulizie, aspetta con inguaribile ottimismo, un

miracolo.

Tutte queste persone si trovano a porsi la fatidica domanda che li rende comuni mortali: cos’è la felicità, ma

soprattutto, come si fa ad ottenerla?

* TUTTO SU MIA MADRE

di Almodóvar, Pedro, SPA-FRA 1999, 101'

La nubile Manuela (C. Roth) perde l'adorato figlio diciassettenne Esteban in un incidente. Va a Barcellona per

ritrovare un altro Esteban (T. Canto), ignaro di essere il padre del ragazzo, che intanto ha cambiato sesso,

diventando Lola, e ha messo incinta anche Rosa (P. Cruz), suora laica, rendendola sieropositiva (“Non sei un

essere umano: sei un'epidemia!”). Manuela ritrova l'amica transex Agrado (A. San Juan), diventa segretaria di

Huma (M. Paredes), famosa attrice di teatro lesbica, e sostituisce sulle scene l'amante di lei Nina (C. Pena)

tossicodipendente. Rosa muore di parto, dando alla luce un terzo Esteban

* L' ULTIMO BACIO

di MUCCINO GABRIELE, ITA 2001, 100'

Tracce di vita amorosa e destini incrociati. Generazioni a confronto: con gli altri, con il mondo, con se stesse. Un

girotondo che coinvolge tutti: ventenni, trentenni,

cinquantenni. Occorre fare i conti con il tempo che passa, con il peso delle responsabilità, con la voglia di

cambiare. E dare una svolta alla propria esistenza, con il desiderio di (non) crescere e cercare nuove

esperienze. Ecco il segreto del successo del giovane Muccino, che con mano sicura tratteggia un ritratto

transgenerazionale, parlando di decisioni e di indecisioni, di maturità e di immaturità, voglia di partire e voglia di

restare.

* L' UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI

di Redford, Robert, USA 1998, 169'

Dal romanzo omonimo (1995) di Nicholas Evans, sceneggiato da Eric Roth e Richard Lagravenese. Figlia di ricchi

professionisti , la quattordicenne Grace MacLean è vittima a New York di un incidente stradale in cui muore una

cara amica, lei perde una gamba e il suo amato purosangue Pilgrim rimane malconcio. Convinta che l'avvenire

della figlia sia legato a quello del cavallo, la madre Annie si reca con la figlia in una fattoria del Montana dove vive

Tom Booker, celebre per la sua conoscenza dei cavalli. Lunga la cura: Grace e il suo Pilgrim guariscono, Annie

s'innamora di Tom, ma decide di continuare la sua vita accanto al marito e alla figlia.

* L' UOMO SENZA VOLTO

di GIBSON MEL, USA 1993, 156'

Il professor McLeod, dal volto sfigurato, vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck,

con madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di non

farcela. I due sono destinati a incontrarsi, a capirsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. La città

maligna li separa e il professore è allontanato dall'allievo con l'infamante accusa di pedofilia.

* VERSO IL SOLE

di CIMINO MICHAEL, USA 1966, 120'

Meticcio (mezzo Navajo, mezzo nero) e malato terminale di cancro, Brandon Monroe, detto Blue , capobanda

sedicenne di L.A., sequestra un oncologo carrierista e benpensante e lo costringe ad andare verso il sudovest,

alla ricerca di un lago sacro di montagna. 7o film di Cimino (1943), comincia come un thriller di azione

metropolitana, mescolato a una commedia ospedaliera. Diventa un film di strada e di inseguimento e si trasforma

in un viaggio iniziatico verso le radici mitiche dell'America. Se si bada a quel che dice la sceneggiatura di Charles

Leavitt le riserve sono inevitabili: freudismo di terza mano, greve contrapposizione didattica tra i due protagonisti,

flashback in BN ripetitivi. Avvince il “come lo dice”. Cimino che continua a raccontare “un'America che vuole

diventare America” con talento visionario, energia narrativa, rabbia, eccessi, capacità di dirigere e trasformare

gli attori. Film epico che tende all'esaltazione del mito cresce nella seconda parte, prende quota, diventa bellissimo

* VERSO SERA

di ARCHIBUGI F., ITA 1990, 1H 35

Un anziano vedovo, docente di letteratura russa e liberalcomunista amendoliano, si vede scaricare in casa

Pàpere, nipotina di quattro anni, nata da un immaturo accoppiamento tra il suo scompaginato figlio Oliviero e

Stella, una compagna che sta inseguendo i sogni generosi e le rabbiose utopie della contestazione giovanile nel

1977. Il 2o film di F. Archibugi (e il 122o di Mastroianni) parla di politica attraverso i sentimenti e analizza il

conflitto tra due generazioni con grazia, tenerezza, lucidità critica

* IL VIAGGIO DI FELICIA

di EGOYAN ATOM, USA - CAN 1999, 116'

Anziano e tranquillo scapolo con il complesso di Edipo e dei fornelli, ghiottone di cibo e di ragazze sole che ama,

protegge e poi mette a riposare nella pace eterna, Mr. Hilditch attira in casa l'infelice irlandese Felicia, giunta a

Birmingham in cerca del giovanotto che l'ha messa incinta.

* LA VITA E' BELLA

di BENIGNI BRUNO, ITA 1997,

Guido Orefice, toscano montanino ed ebreo, s'innamora sul finire degli anni '30 della maestrina Dora, la corteggia

in modi stravaganti, la sposa. Sei anni dopo – nell'intervallo sono venute le leggi razziali (1938), la guerra e le

deportazioni – Guido con il figlioletto Giosuè parte per il campo di concentramento. Dora, che ebrea non è, li

segue volontariamente. Per proteggere il figlio dall'orrore, Guido gli fa credere che quel che stanno vivendo è un

gioco a premi con un carro armato in palio. 6o film di Benigni regista, è il più ambizioso, difficile e rischioso e il

migliore: 2 film in 1, o meglio un film in 2 parti, nettamente separate per ambientazione, tono, luce e colori –

essenziali i contributi della fotografia – ma complementari: la 1ª spiega e giustifica la 2ª. Una bella storia d'amore,

scritta con Vincenzo Cerami: prima tra un uomo e una donna, poi per un figlio, ma l'una è la continuazione

dell'altra. Il frenetico dinamismo di R. Benigni è felicemente sfogato, la sua torrentizia oralità ora debordante ora

dimezzata. Un'elegante leggerezza distingue G. Durano nel più riuscito dei personaggi di contorno. 5 Nastri

d'argento, 7 nomination agli Oscar e 3 statuette (film straniero, attore per Benigni, musica per Nicola Piovani).

* VOCI NEL TEMPO

di PIAVOLI FRANCO, ITA 1996, 87'

Ideale continuazione di Il pianeta azzurro (1982) che ha per tema l'uomo invece della natura, un altro saggio di

cinema polifonico senza un intreccio né una battuta di dialogo, quasi senza musica se si toglie quella interna

all'azione. Lo scorrere delle stagioni nella cittadina mantovana di Castellaro, dalla primavera all'inverno, va in

parallelo con il filo biologico della vita umana, dall'infanzia alla vecchiaia. Senza personaggi, girato con gli abitanti

di Castellaro, è intessuto di microstorie e ricco di emozioni, spesso risolte in un primo piano, in un gesto, in un

piano di ascolto. I suoi temi sono il fluire delle cose e il corso del tempo, entrambi senza fine. Quando arriva

l'inverno, nuovi bambini sono pronti a giocare su un laghetto gelato: accanto a loro i vecchi osservano e li

tengono per mano. Un film fuori dal mucchio. Si rivolge a spettatori che abbiano la pazienza del cuore,

l'attenzione dell'orecchio, l'acutezza dell'occhio.

* WILL HUNTING, GENIO RIBELLE

di VAN SANT GUS, USA 1998, 100'

Nei quartieri poveri a sud di Boston, Will Hunting, venti anni, vive in modo precario e disordinato insieme ad alcuni

amici teppisti e guadagna qualcosa, lavorando come inserviente nel dipartimento di matematica del famoso MIT.

Tra una chiacchiera e l'altra, e in incontri occasionali, Will si lascia andare ad improvvise citazioni storiche e

risolve senza fatica un problema di matematica che sembrava difficilissimo. Tutto ciò attira l'attenzione del prof.

Lambeau, che comincia a seguire Will fin quando il ragazzo, arrestato dopo l'ennesima rissa in un bar, viene

condannato alla prigione. Lambeau interviene e ottiene la libertà, promettendo al giudice di affidarlo, per un

adeguato trattamento, ad uno psicologo. Dapprima Will deride i medici che provano a curarlo, poi Lambeau

decide di affidarsi a Sean, vecchio compagno di università. I due cominciano a parlare. Sean ha perso da poco

la moglie, ed è un vuoto che non riesce ancora ad assorbire. Will lo capisce e se ne serve per metterlo in

difficoltà. Tra i due si instaura un rapporto difficile ma molto schietto che tuttavia sembra sfociare in una rottura.

Molto seccato per l'andamento delle cose, Lambeau rimprovera aspramente Sean, facendo riaffiorare antichi

attriti dei tempi dell'università. Intanto Will, che ha rifiutato importanti proposte di lavoro, conosce Skylar, una

studentessa di Harvard, con la quale inizia una relazione. Skylar gli confessa di essere innamorata ma lui rifiuta

qualunque discorso affettivo, memore delle delusioni e delle violenze ricevute durante l'infanzia e l'adolescenza.

Avendo passato le stesse difficoltà, Sean trova finalmente gli argomenti e le parole giuste per arrivare ad una

nuova comprensione con il suo paziente, che alla fine scoppia in lacrime e si lascia convincere ad andare in

California a raggiungere la ragazza che lo ama. Will allora parte sull'auto che gli amici gli hanno regalato per i suoi

21 anni.