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Il cinema racconta ...

SENTIRSI DIVERSI

A BEAUTIFUL MIND

di HOWARD RON, USA 2001,

E’ la storia autobiografica di John Forbes Nash Jr. un genio della matematica, vincitore del Premio Nobel nel 1994,

costretto a lottare per molti anni con la schizofrenia. .

Non è un film sulla matematica: è un film sulla fragilità umana e sulla lotta per vincerla. E grazie ad una

sceneggiatura, una regia e a un cast superbi, riesce ad andare ancora più in alto: al di sopra della sofferenza.

ADDIO MIA CONCUBINA

di KAIGE CHEN, CIN 1993, 169'

Rievocazione della grandezza e delle miserie dell'Opera di Pechino attraverso mezzo secolo (1925-77) di storia

cinese. È la tela di fondo di una storia d'amore e di amicizia tra due attori, legati per sempre dai ruoli del re e della

sua fedele amante nell'opera Addio mia concubina. Il vincolo omosessuale si spezza quando uno dei due sposa

una prostituta. Epilogo tragico.

GB Alien

di SCOTT RIDLEY, GB 1979, 117'

Durante una sosta in un pianeta sconosciuto un essere indefinibile s'introduce nella Nostromo, gigantesca

astronave da carico, e semina terrore e morte tra i sette membri dell'equipaggio. Sopravvive soltanto la

coraggiosa Ripley, ufficiale in seconda. È un thriller fantascientifico di spavento con componenti di horror e

suspense che conta poco per quel che dice, ma che lo dice benissimo grazie a un apparato scenografico di

grande suggestione (dovuto al disegnatore svizzero H.R. Giger) e a un ritmo narrativo infallibile. La sua chiave

tematica è la paura dell'ignoto e, perciò, pesca nel profondo dello spettatore

ALMOST BLUE

di INFASCELLI ALEX, ITA 2000,

A Bologna è in azione un assassino periodico, chiamato l'Iguana dai mass media perché assume le sembianze

delle sue vittime. Alle indagini, guidate dall'ispettrice Grazia Negro, dà un grande contributo Simone, ragazzo

cieco che ascolta le frequenze radio e le comunicazioni digitali con apparecchi che trasformano le comunicazioni

delle chat in suoni. Dall'omonimo romanzo (1997) di Carlo Lucarelli (1960), sceneggiato con Sergio Donati

dall'esordiente Infascelli (1967). È un thriller a suspense in cui consapevolmente si trascurano le dimensioni

dell'azione e dell'introspezione psicologica per puntare, frantumando la narrazione, sui colori, le luci, le atmosfere

L' ALTRA META' DELL'AMORE

di POOL LEA, CAN 2001,

Scaricata dal padre e dalla sua terza moglie al Perkins Girl's College, l'introversa provinciale Mary (M. Barton)

trova conforto nell'amicizia di Paulie (P. Perabo) e Tory (J. Paré), legate da un intenso rapporto lesbico. La

scoperta della loro relazione suscita un ovvio scandalo con conseguenze funeste: mentre Tory rientra subito nei

ranghi, l'impetuosa Paulie affonda in un'autodistruttiva follia

UN' ANIMA DIVISA IN DUE

di SOLDINI SILVIO, ITA/FRA 1993, 127'

Pietro, milanese trentasettenne, separato e padre di un bambino che vede di raro, si imbatte in Pabe, una zingara

che disturbe i clienti del grande magazzino in cui l'uomo è addetto alla sicurezza. Paolo desidera conoscere da

vicino la ragazza e il suo mondo e i due partono insieme. Ma il tentativo di trovare un compromesso fra le loro

diverse esigenze di vita, purtroppo, fallisce miseramente. Silvio Soldini affronta il tema dell'incontro-scontro di

due culture, personalizzando una situazione che è insita nella nostra società. Senza pietismi e senza crudezze,

uno sguardo attento e sensibile, un film importante e di solido impegno civile.

ARANCIA MECCANICA

di KUBRICK STANLEY, USA 1971, 130 m

Dal romanzo (1962) A Clockwork Orange di Anthony Burgess: in una Inghilterra di un non molto lontano futuro

Alex e i suoi Drughi si dedicano di notte allo sport dell'ultraviolenza, arrestato per omicidio e stupro, Alex è

sottoposto a un lavaggio del cervello che lo rende inoffensivo, ma quando esce si trova in un mondo più violento

di quel che era ai suoi tempi. Dei 3 film di Kubrick che si possono considerare fantascientifici è il più violento e

quello in cui parla più del presente, appena caricato di connotazioni future. Come gli altri due, è una favola

filosofica che illustra con geniale lucidità il suo discorso sulla violenza e sul rapporto tra istinto e società anche

se nemmeno lui, pur nel suo palese sforzo di stilizzazione grottesca, si è sottratto ai rischi che si corrono al

cinema nell'illustrazione della violenza. Geniale l'uso della sinfonia rossiniana della Gazza ladra (1817),

arrangiata da Walter Carlos e Tachel Elkind.

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick. L'arancia meccanica, Lindau, Torino

Atto di forza

di Verhoeven, Paul, USA 1990, 109

Dal racconto di Philip K. Dick We Can Remember It for You Wholesale. Nel 2084 d.C., desideroso di compiere un

viaggio su Marte, l'operaio edile Doug Quaid si rivolge all'agenzia Recall che vende viaggi e avventure di turismo

virtuale, ma scopre di essere già stato su quel pianeta come Hauser, agente segreto al servizio dello spietato

dittatore locale, e si unisce al movimento popolare di rivolta. Film eccessivo nell'azione, nella violenza, nella

grandiosità delle scenografie, negli effetti speciali (Oscar per Eric Brevig), nella visibilità, nell'ideologia.

Suggestiva macchina narrativo-spettacolare con una vertiginosa struttura a scatole cinesi, imperniata

sull'ambiguità tra realtà e apparenza, con alleggerimenti grotteschi e parentesi erotiche.

IL BAGNO TURCO

di OZPETECK F., ITA , 95'

Logorato dal lavoro e da un matrimonio stanco senza figli con Marta, compagna e socia nella professione,

Francesco, giovane architetto romano, va a Istanbul dove ha ereditato una vecchia casa da un'eccentrica zia

materna. Il soggiorno gli cambia la vita, facendogli scoprire nuovi valori tra cui quelli dell'Eros

BANCHETTO DI NOZZE

di LEE ANG, TAIW-USA 1993, 111'

Giovane cinese omosessuale che ha fatto carriera a New York finge di sposare una compatriota pittrice che ha

bisogno di rinnovare il permesso di soggiorno per mettere il cuore in pace ai genitori ai quali non ha mai

confessato di essere gay

BELLI E DANNATI

di VAN SAINT GUS, USA 1991, 102

Storia di due ragazzi di vita e di marciapiede del Nord-ovest che si prostituiscono: Mike, narcolettico e drogato, è

alla ricerca della madre; Scott ha scelto i bassifondi in rivolta al padre ricco e potente, ma torna sulla retta via

grazie all'amore di una ragazza italiana. Il personaggio è modellato sul principe Hal di Enrico IV di Shakespeare e

corredato di un moderno Falstaff. Aduggiato da una greve retorica omosessuale di taglio freudian-americano,

riscattato da un raffinato senso figurativo e da belle invenzioni registiche.

BIRDY - LE ALI DELLA LIBERTA'

di PARKER ALAN, USA 1984,

Due amici d'infanzia, reduci dal Vietnam, sono rinchiusi in un manicomio militare.

Birdy è silenzioso, rannicchiato su se stesso, trasognante nel suo delino. Un tempo la sua passione erano gli

uccelli e gli sarebbe piaciuto imparare a volare come loro. Per questo dormiva spesso in gab-bia nudo per

carpirne il segreto del volo

II suo caso sembra senza via d'uscita ma con l'aiuto assiduo dell'amico Al, si risveglia dal suo torpore e si

accinge a spiccare il volo dal muro di cinta dell'ospedale psichiatrico che lo ospita

BLADE RUNNER

di SCOTT R., USA 1982,

Nella Los Angeles del 2019 ex poliziotto torna in servizio per ritirare dalla circolazione due uomini e due donne

“replicanti”, androidi prodotti di un'ingegneria genetica, così perfetti da risultare indistinguibili dai normali esseri

umani. Ispirato al romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) di Philip K. Dick, è il miglior film di SF

degli anni '80; dopo Metropolis (1926) di F. Lang nessun film, forse, aveva proposto un'immagine così suggestiva

e terribile del futuro come la metropoli multirazziale, modernissima e decadente.

Analisi del film: R. Menarini, Ridley Scott. Blade Runner, Lindau, Torino

IL BUIO OLTRE LA SIEPE

di MULLIGAN R., USA 1962, 2H 49

Alabama. Avvocato difende e dimostra l'innocenza di un nero accusato di aver sedotto una bianca. Ma il

giovane, condannato, fugge. Dall'omonimo romanzo di Harper Lee, un film coraggioso che si sviluppa a ritmo

incalzante, con un'ottima descrizione della provincia americana, una intelligente descrizione dei personaggi e

poca retorica. Ebbe 7 nomination e due Oscar

CANE RANDAGIO

di KUROSAWA AKIRA, 1949,

Derubato della pistola, giovane poliziotto, travestito da barbone, setaccia i quartieri malfamati di Tokyo finché

identifica il ladro e ingaggia con lui una lotta mortale. Storia di un'indagine poliziesca e di una ricerca morale,

questo film straordinario è anche quella di un'amicizia e di un'iniziazione, un bellissimo documentario su una

metropoli in mutazione, una straziante sinfonia dei bassifondi

LE CENERI DI ANGELA

di PARKER ALAN, USA 1999, 145'

Nel 1935 dopo la morte di una neonata, la famiglia McCourt – padre, madre e quattro maschietti – lascia Brooklyn

per tornare a Limerick, la città più santa e più piovosa dell'Irlanda cattolica, dove Frank, il maggiore dei figli, passa

dall'infanzia all'adolescenza in una miseria nera, illuminata dalla presenza della madre Angela e dalla volontà di

tornare negli Stati Uniti.

C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA

di LEONE SERGIO, USA 1984, 220 '

All'origine dell'ultimo film di Leone (1929-89) c'è il tempo con la sua vertigine. Come struttura narrativa, è un

labirinto alla Borges, un giardino dai sentieri incrociati, una nuova confutazione del tempo. La sua vicenda

abbraccia un arco di quasi mezzo secolo, diviso in 3 momenti: 1922-23, quando i protagonisti sono ragazzini,

angeli dalla faccia sporca alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York; 1932-33, quando sono

diventati una banda di giovani gangster; 1968, quando Noodles (R. De Niro), come emergendo dalla nebbia del

passato, ritorna a New York alla ricerca del tempo perduto. È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue,

paura, amicizia virile, tradimenti. E di sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate; la

pulsione sessuale è legata all'analità, alla golosità, alla morte, soprattutto alla violenza. È l'America vista come un

mondo di bambini.

IL CORRIDOIO DELLA PAURA

di FULLER SAMUEL, USA 1963, 101'

Giornalista si fa ricoverare in manicomio per scoprire un assassino. L'esperienza è terribile. Senza uscita. Girato

esclusivamente in interni, è un allucinante “a porte chiuse” che punta sull'emozione più che sul ragionamento. S.

Fuller fa un cinema da pugile, ma i suoi colpi sono i veicoli di un'idea da comunicare. Suggestivo bianconero del

veterano Stanley Cortez (1908). In alcune copie c'è una sequenza onirica a colori.

Così scura la notte

di Lewis, Joseph H., USA 1946, 70'

Un ispettore di polizia parigino comincia a indagare, mentre è in vacanza, su tre omicidi tra loro collegati. La

sceneggiatura fa acqua, l'ambientazione francese è di maniera, gli attori ignoti, ma il talento visivo, già emerso in

Mi chiamo Giulia Ross (1945), riscatta tutto in un noir inquietante sul tema ambizioso dello sdoppiamento della

personalità.

DEAD MAN WALKING

di ROBBINS TIM, , 122'

Dall'omonimo libro autobiografico (Bompiani ed.) di suor Helen Prejean. Una suora cattolica accetta di visitare

Matthew Poncelet, condannato a morte per stupro e duplice omicidio, ne diviene l'assistente spirituale, s'impegna

per il suo riscatto etico-religioso (“Ogni persona vale più della sua peggiore azione.”). L'esecuzione avviene per

iniezione in un carcere della Louisiana. Più che un'arringa contro la pena di morte (applicata in 36 Stati su 50 che

compongono gli USA, con circa 300 esecuzioni all'anno), è un film che – come Decalogo 5 di Kieslowski –

mostra, suggerisce, dimostra che le esecuzioni legali tendono a essere barbare e orribili come gli omicidi

commessi dagli individui.

IL DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

di RISI NELO, ITA 1968, 106'

Liberamente tratto dal libro omonimo di Marguerite Andrée Sécheraye: il calvario di una ragazza malata e dei

metodi terapeutici di cui la sua analista si serve per riportarla alla normalità, raccontato dal punto di vista della

seconda. Ambientato in una clinica svizzera, è uno dei rari film di contenuto psicanalitico corretti, accettabili ed

emozionanti. Hanno collaborato Fabio Carpi e, come consulente, Franco Fornari.

LA DONNA SCIMMIA

di FERRERI M., ITA 1963, 100'

Scoperta in un monastero, Maria, donna interamente ricoperta di peli, il trafficone Antonio Focaccia la sposa e la

espone come un fenomeno da fiera. Tra i due nasce l'amore, e poi un bambino. Maria muore di parto e il figlio non

le sopravvive, ma il marito continua a girare le fiere esponendo i corpi imbalsamati. Per intervento del produttore

Carlo Ponti quest'ultima parte fu eliminata. Il film si chiude con la morte della donna barbuta. È un grottesco che

continua con sgradevole genialità il discorso sull'anormalità familiare e sulla dimensione mostruosamente

economica della convivenza sociale avviato con L'ape regina (1962).

DOTTOR JEKILL

di MAMOULIAN R., USA 1931,

Dal romanzo (1886) di R.L. Stevenson: un rispettabile chimico inglese dell'Ottocento trova una formula per

separare il bene dal male nell'anima; decide di sperimentarla su sé stesso, ma a poco a poco lo sdoppiamento nel

malvagio Mr. Hyde diventa irreversibile e lo porta alla rovina. 3o film sonoro di R. Mamoulian, è considerato da

molti la migliore trasposizione filmica del celebrato romanzo o, almeno, la più impressionante nelle scene di

metamorfosi da Jekyll nel bestiale e scimmiesco Hyde. L'Oscar per la migliore interpretazione a F. March è anche

e soprattutto un premio per il reparto degli effetti speciali il cui segreto non fu mai rivelato. Oltre che per i valori

figurativi, ambientali e sonori e l'efficace uso soggettivo della cinepresa, l'adattamento di Mamoulian è ammirevole

per il modo con cui mette in risalto la componente sessuale (la forza della libido) nella personalità del

protagonista che nelle pagine di Stevenson e nelle prime versioni mute (7 tra europee e americane) era appena

indicata.

IL DOTTOR JEKYLL E MISTER HYDE

di FLEMING VICTOR, USA 1941, 122

2ª versione sonora del romanzo (1886) di R.L. Stevenson, anch'essa prodotta dalla M-G-M e ricalcata su quella

di R. Mamoulian con una bella colonna musicale (F. Waxman), dialoghi più letterari e prolissi e l'aggiunta di

sequenze oniriche di segno freudiano. Fleming non ha il talento di Mamoulian, ma il suo tentativo di puntare a una

maggiore finezza psicologica, staccandosi dal mostruoso, è apprezzabile. Tracy è un po' rigido come tutto il film,

ma nella parte di Ivy la Bergman è memorabile

E' STATA VIA (SHE'S BEEN AWAY)

di HALL PETER, GB 1989, 103'

Dopo sessant'anni in un ospedale psichiatrico, una vecchia viene affidata a un ricco nipote e alla sua riluttante

moglie. Tra le due donne, però, nasce un'amicizia solidale che è anche il riconoscimento di una diversità, di un

anticonformismo ribelle.

E.T. L'EXTRATERRESTRE

di SPIELBERG STEVEN, USA 1982,

Abbandonata dalla sua astronave in un bosco della California, una piccola creatura galattica è aiutata da un

ragazzino che la nasconde nella propria casa. Saranno ritrovati e catturati da un esercito di poliziotti e scienziati.

Un'orgia di carineria, una macchina perfetta il cui combustibile è fatto di zucchero e di una miscela calcolatissima

di umorismo e melodramma, pathos e invenzioni comiche, buoni sentimenti e critica ai valori costituiti, grande

spettacolo tecnologico e coinvolgimento emotivo, rimandi culturali ed effetti speciali. Costato un milione e mezzo

di dollari e frutto dell'ingegno di Carlo Rambaldi, il piccolo pupazzo elettronico è la carta vincente di questa favola

per bambini di tutte le età, munita anche di un messaggio: bisogna avere gli occhi (il cuore, la fantasia) di un

bambino per capire e accettare i “diversi”

EDWARD MANI DI FORBICE

di BURTON TIM, USA 1990, 101'

Un vecchio scienziato muore prima di essere riuscito a fare alla sua meravigliosa creatura tecnoumana le mani

che sostituisce con due paia di forbici. Il giovanotto, che vive in un castello, viene adottato da una famiglia, va ad

abitare nel sobborgo di una moderna città americana, ma è infelice perché odiato dai vicini per la sua diversità.

Pur con qualche ingorgo verso la fine, è la favola più originale uscita da Hollywood da molti anni, nella sua

miscela di tenerezza e crudeltà. Il talento grafico di Burton (il quartiere residenziale di pistacchio e caramello,

l'assurdo e minaccioso castello, Edward che con le sue cesoie tosa i cani e modella cespugli) è al servizio di un

universo intensamente “poe-tico”.

THE ELEPHANT MAN

di LYNCH DAVID, GB 1980, 125'

Partendo dalla vera storia di Joseph Merrick (uomo afflitto da neurofibromatosi, morbo che gli deturpa

gravemente il volto e gran parte del corpo), David Lynch plasma un film dalla singolare intensità emotiva, feroce

e commovente allo stesso tempo.

John Merrick (John Hurt) è un ventunenne che fin dalla nascita si porta dietro le deturpazioni dovute alla sua

terribile malattia: ha un corpo quasi totalmente ricoperto da escrescenze tumorali, la colonna vertebrale

deformata, la forma del cranio assolutamente irregolare e il labbro superiore così anomalo rispetto a quello

inferiore da fargli emettere suoni più simili a un animale che a un uomo. Tutto ciò ha contribuito a creargli l'epiteto

di UOMO ELEFANTE.

La sua vita è un calvario: trattato come la più turpe delle bestie dal suo tutore/padrone, che lo fa esibire come

fenomeno da baraccone nel circo, viene notato dal dottor Frederick Treves (Anthony Hopkins), giovane medico

londinese che decide di occuparsi di lui portandolo con sé a Londra e gli riserva una stanza nella clinica in cui

lavora.

Per John sembra l'inizio di una nuova vita e di una ritrovata dignità come uomo che non gli era mai stata

concessa...ma è tutta un'illusione: il dottor Treves, pur essendo legato a John da un sincero affetto, è animato

soprattutto dalla volontà di studiare approfonditamente un caso clinico rarissimo per guadagnare fama e

prestigio agli occhi dei suoi già affermati colleghi.

David Lynch sembra dirci: vedete qualche differenza tra il comportamento dell' ex padrone di John, crudele e

spietato, e l'atteggiamento del dottore elegante e premuroso?

Per entrambi John è ciò che appare: un'anomalia della natura e, in quanto tale, fonte di profitto.

Ma il dottor Treves gradualmente, come lo spettatore, riesce ad andare oltre l'aspetto esteriore di John,

scorgendo sempre più chiaramente chi è John Merrick: un animo nobile, uno spirito sensibile imprigionato in un

corpo mostruoso.

E qui torniamo a uno dei temi più cari a Lynch: nulla è mai come appare, ciò che ci sembra evidente, scontato non

è altro che la superficie delle cose. E spesso la verità è frutto di una ricerca introspettiva profondissima: solo

chi si sforza di andare oltre le apparenze può sperare di capire prima se stesso, e poi ciò che lo circonda... John

Merrick compreso!

Ed è quello che fa il dottor Treves quando, rivolgendosi alla moglie, si chiede: "Sono un uomo buono... o sono un

uomo cattivo?"

In quel preciso momento Frederick Treves si rende conto di come il suo comportamento nei confronti di John

Merrick non fosse molto diverso da quello dell'uomo senza scrupoli da cui l'aveva salvato; tutte le lodi dei giornali

e dell'alta società londinese, che lo vedono come un filantropo, non fanno altro che metterlo davanti alla propria

pochezza.

John Merrick finalmente ha una stanza in cui dormire, persone che gli danno un po' di calore umano e si

prendono cura di lui...insomma, recupera quella dignità umana che nella sua vita non aveva mai avuto.

Ma sono soprattutto le persone che lo frequentano ad uscire arricchite dalla sua conoscenza, come ad esempio

la famosa attrice di teatro (Anne Bancroft) che, incuriosita dalla popolarità di un uomo così spiritualmente nobile

ma fisicamente deforme, lo va a trovare.

La scena che Lynch ne ricava è di una suggestione e poeticità unica: lei gli regala una copia della tragedia di

William Shakespeare "Romeo e Giulietta" e John, visibilmente commosso da un gesto tanto generoso, inizia a

recitare a stento un brano della tragedia...seguito dall' incredula quanto emozionata attrice!

Lynch parla attraverso l'attrice: "Tu non sei l'uomo elefante...tu sei Romeo!".

Questa frase racchiude tutto il senso del film. Anche ciò che a prima vista appare "diverso" da quello a cui noi

siamo abituati può racchiudere un senso profondissimo e nascondere una nobiltà inaspettata.

E questo viene confermato anche dalle toccanti scene in cui John, chiuso nella stanza a lui adibita, costruisce il

modellino della cattedrale, di cui egli intravede solo la punta... e tutto il resto deve essere lasciato alla sua

immaginazione.

La scena è intensa, il bianco e nero che Lynch decide di adoperare rende l'atmosfera eterea, quasi fuori dal

tempo e dice quanto per il regista ciò che vediamo, che crediamo di riconoscere immediatamente non è altro che

una parte (la punta della cattedrale di John)... tutto il resto deve essere frutto dell' immaginazione del singolo, uno

sforzo che non tutte le persone vogliono fare!

John Merrick, pezzo dopo pezzo, immagina e costruisce tutta la cattedrale e ciò non è altro che una metafora

della presa di coscienza della sua umanità: egli si rende conto di non essere un animale, un mostro,un uomo-

elefante... ma bensì un ESSERE UMANO!

Il suo periodo di serenità, però, finisce ben presto.

Venuto a conoscenza del luogo in cui alloggiava, il suo vecchio e brutale padrone riesce a ricondurlo con sé

facendolo esibire nuovamente come attrazione da circo.

John Merrick ormai ha perso ogni speranza: dopo aver provato per poco tempo cosa vuol dire essere trattato

come un essere umano, ora sembra quasi accettare il triste destino che lo attende.

Inaspettatamente però viene aiutato a fuggire dalla gabbia in cui è imprigionato e, opportunamente camuffato,

prende il treno per Londra per tornare dall'unica persona che lo ha trattato da amico dimostrandogli affetto.

Sceso dal treno urta accidentalmente una bambina e, in preda al panico, fugge via rincorso da una folla ostile

fino a trovarsi in un vicolo cieco con davanti a sé la folla.

E qui l'opera raggiunge l'apice del pathos... John Merrick, ormai consapevole della sua umanità e di non essere

certo un fenomeno da baraccone, urla alla folla davanti a sé: "NON SONO UN ANIMALE... NON SONO UN

ELEFANTE! SONO UN UOMO... SONO UN UOMO!".

Questo è sicuramente il momento più straziante e coinvolgente di tutto il film...e Lynch ci conduce a questo

momento dopo una serie di scene memorabili, in cui conosciamo sempre meglio l'uomo John Merrick, fino ad

immedesimarci in lui.

Così, quando lo sentiamo urlare "NON SONO UN ELEFANTE, SONO UN UOMO!" è facile pensare a quando ci

siamo sentiti giudicati superficialmente e avremmo avuto voglia di dire a tutti quello che siamo realmente.

Tornato nella clinica del dottor Treves, John trova un nuovo periodo di serenità culminato nella realizzazione del

suo sogno: passare una serata a teatro.

Qui ritrova l'attrice che in passato era venuta a trovarlo e riceve l'applauso di tutto il teatro; finalmente gli sembra

di avere una vita come tutti gli altri essere umani.

John ormai sa di aver trovato la dignità di uomo che non aveva mai avuto da quando era nato, ha trovato in

Frederick Treves un AMICO, tanto da confessargli: "Sono felice ogni ora di ogni giorno della mia vita, perché mi

sento amato!".

Anche il personaggio del dottor Treves durante tutto il film si è evoluto; egli si è reso conto dell'opportunismo che

inizialmente lo aveva spinto a portare l'uomo elefante a Londra, ma ora si sente profondamente arricchito, ora

riesce a vedere oltre quel corpo deformato un essere gentile, un uomo, un AMICO!

Nel finale John sente di aver ormai realizzato ciò a cui teneva più di ogni altra cosa: sentirsi un essere umano e

come tale essere amato (questo processo viene fatto coincidere suggestivamente da Lynch con l'ultimazione del

modellino in miniatura della cattedrale di cui John intravede solo la punta). Ma c'è un ultimo gesto che l'uomo

elefante non ha mai potuto fare: dormire sdraiato sul letto come tutti, visto che appoggiare il suo cranio

deformato sul letto l'avrebbe soffocato.

Egli ha deciso, vuole dormire come un uomo... e, cullato dalla leggera brezza che entra dalla finestra della sua

stanzetta, si sdraia e pensando alla madre chiude gli occhi.

Il tema trattato da Lynch è attualissimo: la diversità ha sempre fatto paura, e questo timore nei confronti del

"diverso" è dovuto alla non-conoscenza e spesso è facile pensare che il diverso sia un male, un'anomalia da

evitare.

Il vero male è la leggerezza, la faciloneria con cui la nostra società ci ha abituati a giudicare le persone e le cose

cadendo spesso nella facile equazione bello = bene e brutto = male.

La superba regia di Lynch, la suggestione di certe atmosfere, la genialità di molte scene e la profondità delle

tematiche affrontate rendono questa pellicola un capolavoro assoluto.

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Recensione a cura di Antonio Cocco

da http://www.filmscoop.it/cgi-bin/recensioni/theelephantman.asp

ELLING

di NAESS PETTER, NOR 2000,

Dopo due anni trascorsi in una clinica psichiatrica, Elling e Kjel hanno la possibilità di uscirne e, grazie

all'assistenza sociale, è loro concesso l'usufrutto di un piccolo appartamento a Oslo.

Piano piano sapranno superare i loro problemi, anche nel dover svolgere le attività più banali, e riusciranno a

integrarsi nella società, Elling attraverso la poesia, Kjel at-treverso l'amore.

UNA ESTRANEA FRA NOI

di LUMET SIDNEY, USA 1992, 110'

Per identificare l'autore di un assassinio per rapina, una poliziotta di New York s'introduce nella comunità

hasidica di Manhattan. Quasi certamente il colpevole è uno di loro o qualcuno che li conosce bene. Più di quello

apparente, conta il contenuto latente: la metamorfosi di Emily, quel che impara a contatto con un mondo dove

vigono valori che le sono estranei. Indurita dalla vita, scopre la dolcezza.

FA LA COSA GIUSTA

di SPIKE LEE, USA 1989, 1H 50'

FAMILY LIFE

di LOACH KENNETH, GB 1971,

Oppressa dall'ambiente puritano della famiglia, costretta a lasciare il suo ragazzo e ad abortire “per il suo bene”,

Janice si ribella nevroticamente. Finirà in un ospedale psichiatrico. Racconto-inchiesta dalla scrittura sciolta,

rigorosa, onesta che alterna momenti descrittivi a squarci drammatici. La bravura di S. Ratcliff nel disegnare il

personaggio che s'inabissa nella malattia è esemplare

LE FATE IGNORANTI

di OZPETEK FERZAN, ITA 2001, 106'

,A Roma Massimo muore all'improvviso in un incidente di macchina. Dopo dieci anni di matrimonio, la moglie

Antonia sprofonda in un lutto totale, è incapace di riprendersi, non va al lavoro, trascura le amiche e intrattiene

rapporti difficili con la madre Veronica, a sua volta da tempo vedova. Un giorno dietro un quadro Antonia vede

una dedica, fa alcune indagini e scopre alla fine che il marito aveva un'amante da sette anni. Seguendo la traccia

di un cognome e di un indirizzo, Antonia si fa coraggio, suona all'appartamento di un quartiere popolare. Una

prima volta crede di avere sbagliato, torna in seguito e alla fine fa i conti con la verità: l'amante di Massimo era un

uomo, Michele, che vive in quella casa circondato da una vera e propria famiglia di amici che era diventata

anche la seconda famiglia del marito. Per Antonia si tratta di una scoperta che all'inizio cerca di rimuovere,

rifiutandola. Ma il desiderio di saperne di più la porta di nuovo in quella casa. Così a poco a poco entra a far parte

di quel nucleo in cui convivono uomini e donne senza alcuna distinzione di orientamento sessuale, di età, di

razza e stato sociale: tante vicende, anche difficili e drammatiche, con le quali Antonia comincia a confrontarsi. I

cambi di umore sono tuttavia frequentissimi: tra Antonia e Michele corrono offese, accuse, liti furiose. Michele si

lascia andare a nuovi rapporti, Antonia fatica a seguirlo, si avvicinano, sembrano scoprire intimità, ridono e

piangono. Ma il fantasma di Massimo resta tra loro, e allora Antonia decide di partire. Solo dopo un viaggio, e una

riflessione su se stessa, Antonia può sentirsi pronta a ricominciare una nuova vita.

FESTEN

di VINTERBERG THOMAS, 1998, 106'

Una grande famiglia dell'alta borghesia danese si riunisce in una lussuosa residenza di campagna per

festeggiare il 60o compleanno del patriarca . Durante il pranzo Christian , il primogenito, pronuncia un discorso in

cui denuncia il comportamento pedofilo e incestuoso del padre, accusandolo di essere responsabile del recente

suicidio della sua gemella Linda.

Formula per un delitto

di Schroeder, Barbet, USA 2002, 118'

Per dimostrare a sé stessi di essere liberi dalla morale “borghese” e fuori dal gregge, due liceali USA

programmano e attuano un delitto perfetto, uccidendo a caso una donna e beffandosi dei metodi scientifici della

polizia. Non hanno fatto i conti con Cassie detta la iena, poliziotta che ha grinta da mastino, cervello sveglio e un

subconscio in dissesto.

FORREST GUMP

di ZEMECKIS ROBERT, USA 1994, 142'

Nato e cresciuto in un paesino dell'Alabama, Forrest Gump, che alla scarsa intelligenza accoppia la generosità

del cuore, riesce a laurearsi perché è un campione di corsa, diventa un eroe in Vietnam, fa i miliardi, per caso,

con la pesca dei gamberi, diventa una specie di guru, è ricevuto da tre presidenti alla Casa Bianca, sempre per

caso provoca lo scandalo Watergate, dopo anni di attesa sposa il suo grande amore che gli dà un figlio e muore

di qualcosa che assomiglia all'Aids. Tratto dal romanzo di Winston Groom – che è stato sottoposto a un lavaggio

hollywoodiano – è un film che, come scrisse un critico americano, non ti fa pensare ma sentire, oppure ti fa

pensare al modo con cui si sente. Bravissimo T. Hanks, idiota gentile anche nei minimi dettagli. Efficaci gli effetti

speciali con nuove tecniche di editing digitale che consentono a R. Zemeckis di inserire Hanks in vecchi

telegiornali accanto a Nixon, Kennedy, Johnson, John Lennon e di moltiplicare le comparse davanti al Lincoln

Memorial di Washington.

FREAKS

di BROWNING TED, 1932,

La cinica trapezista di un circo sposa un nano per interesse e poi lo avvelena per impossessarsi del suo

denaro. I “mostruosi” amici del nano lo vendicano tremendamente, trasformandola in uno di loro. Film maledetto e

leggendario, prima prodotto e poi rinnegato dalla M-G-M, unico nella storia del cinema: i “mostri” sono autentici.

Inno alla mostruosità innocente contro la normalità colpevole. Un piccolo classico. Se fosse soltanto la traversata

di un mondo teratologico, sarebbe il frutto di un sensazionalismo abietto come Mondo cane, ma l'occhio del

regista ha rispetto e compassione per i suoi personaggi sensibili e vulnerabili. Subì diversi tagli in molti stati

dell'Unione e fu per trent'anni proibito nel Regno Unito.

Un giorno di ordinaria follia

di Schumacher Joel, usa 1993, 115'

Los Angeles, estate 1992, caldo torrido. Bill rimane bloccato con l'auto in un ingorgo, scende, la chiude e “va a

casa” con una passeggiata di quaranta chilometri che si trasforma in un'odissea violenta. A quella di Bill fa da

riscontro la vicenda parallela di un poliziotto al suo ultimo giorno di servizio. È lui che intuisce l'itinerario di sangue

e violenza che Bill traccia attraverso la città. Sarà lui a fermarlo. Tirato come un cavo ad alta tensione,

attraversato da lampi di umorismo sull'assurdità della vita metropolitana, sapientemente giocato sui binari delle

due azioni parallele, il film ha una prima parte quasi perfetta e un finale rassicurante con qualche caduta nella

parte centrale.

Il Gobbo di Notre-Dame

di Trousdale Gary; Wise, USA 1996, 85'

Liberamente ispirato al romanzo Notre-Dame de Paris (1831) di Victor Hugo. Conferma il cambio della politica

culturale della Walt Disney, avviato con La bella e la bestia (1991), per un cinema d'animazione più “adulto”. Con

quel film, diretto dagli stessi due registi, ha in comune la dimensione inquietante della paura e della mostruosità;

un contenitore spaziale di fosca grandiosità gotica; una vicenda ricca di conflitti drammatici. Ancor più importante

sul piano ideologico, c'è il tema del “diverso” combinato con la difesa delle minoranze etniche (i pellerossa in

Pocahontas, qui i gitani della Parigi nell'XI secolo): per la prima volta nei cartoon disneyani l'eroe è un disabile.

Funziona egregiamente a tutti i livelli: drammatico, figurativo, grafico, dinamico, anche per merito delle sue

componenti “adulte” come Frollo che è un “cattivo” di sinistra grandezza, le musiche di Alan Menken, la

dimensione carnevalesca, dunque trasgressiva e demoniaca, della Corte dei Miracoli e della festa dei fools

GRAND CANYON

di KASDAN LAWRENCE, USA 1991, 134'

Mentre un avvocato va in panne in un quartiere malfamato di Los Angeles, sua moglie trova un neonato

abbandonato e vuole tenerlo, un produttore di film violenti viene rapinato e ferito... è un racconto corale

attraverso le storie intrecciate di vari personaggi. Abilmente costruito, ricco di rime interne, ben recitato, è un film

che mette a fuoco le ragioni del malessere urbano con un moralismo schematico dov'è difficile separare

l'ingenuità americana dall'assillo un po' ruffiano di piacere. Orso d'oro a Berlino e una candidatura all'Oscar per la

sceneggiatura.

L' INVASIONE DEGLI ULTRACORPI

di SIEGEL DON, USA 1956, 80'

Strani invasori dello spazio atterrano sotto forma di baccelli in una tranquilla cittadina e a poco a poco occupano i

corpi dei suoi abitanti, alterandoli. Un piccolo grande film di fantascienza degli anni '50. È la scrittura asciutta,

concreta, essenziale di D. Siegel che lo trasforma in una parabola di inquietante suggestione, così sottile nella

sua ambiguità che fu interpretato come una parabola sia anticomunista sia antimaccartista. La prima parte

sembra dar ragione ai primi, il finale ai secondi.

IO TI SALVERO'

di HITCHCOCK ALFRED, USA 1945, 111'

Dal romanzo The House of Dr. Edwards di Francis Beeding sceneggiato da Ben Hecht e Angus McPhail. Un

giovane medico assume la direzione di una clinica psichiatrica, ma presto si scopre che è un amnesiaco

impostore, probabile assassino del vero dottor Edwards. Una bella collega innamorata crede nella sua

innocenza e fugge con lui. Il 1o dei 3 film di I. Bergman con Hitch, e il meno interessante ma di enorme successo.

Una storia di caccia all'uomo in un involucro di pseudopsicoanalisi, ma soprattutto una love-story. In un intrigo

macchinoso Hitchcock semina i segni del suo talento. Famoso per il sogno disegnato da Salvador Dalí,

scomposto in 4 parti ma pesantemente tagliato dal produttore.

LAMA TAGLIENTE

di THORNTON BILLY BOB, USA 1998, 130'

"Lama tagliente" è la storia di un disabile mentale di nome Karl Childers che, uscito dall'istituto di cura dove aveva

trascorso più di vent'anni, ritorna alla società. Sulle prime viene imprevedibilmente accolto. Tutti sono

consapevoli della sua menomazione, alcuni lo deridono chiamandolo ritardato, ma il suo dramma edipico (a 12

anni uccise con un coltello la madre e il suo amante cafone) sembra ormai lontano. Karl instaura con un bambino,

della stessa età di quando lui commise il duplice delitto, un delizioso rapporto, emozionante, basato su una

completa considerazione reciproca. Tuttavia il bambino ha una madre vedova, vive con un uomo molto rozzo che

la vessa e non sopporta il figlio e che, naturalmente, si vorrebbe sbarazzare anche di Karl. Così, vent'anni dopo,

si ripropone lo stesso dramma…

LEZIONI DI PIANO

di CAMPION JANE, FRA 1993, 118'

Nel 1825, venuta dalla Scozia, sbarca in Nuova Zelanda Ada, muta fin da bambina, sposa per procura a un

coltivatore inglese, con una figlia di nove anni, i bagagli e un pianoforte. Un vicino di casa, maori convertito,

l'aiuta a recuperare il piano che il marito rifiuta, e diventa il suo amante tra lo scandalo della piccola comunità

locale. 3o film della neozelandese J. Campion (1955), è un dramma che coniuga il romanticismo gotico di Emily

Brontë con l'acceso erotismo di D.H. Lawrence, filtrandoli attraverso la sensibilità e la lucidità di una donna di

oggi che rifiuta l'ipoteca del pessimismo tragico

MAGNOLIA

di Anderson, Paul Thomas, USA 2000, 188

In un giorno piovoso a San Fernando Valley, ai bordi di Los Angeles, s'intrecciano molte storie che fanno capo a

9 personaggi principali: un vecchio miliardario (J. Robards) in fin di vita, assistito dalla moglie isterica , troppo

tardi innamorata, e da un infermiere volonteroso ; suo figlio , invasato predicatore maschilista che lo odia; un

ragazzino , campione di quiz in TV; un ex ragazzino prodigio fallito; un anziano conduttore TV dal turpe passato

e sua figlia cocainomane; un goffo poliziotto che s'innamora di lei. Il 3o film di P.T. Anderson – che l'ha anche

scritto e coprodotto – sarà ricordato per la pioggia finale delle rane, evento (biblico? apocalittico?) con cui si

vorrebbe – come nella struttura narrativa e nelle ambizioni di amaro affresco sociale – echeggiare America oggi

di Altman. Sono tutte storie d'amore: negato, rimpianto, cercato, immaginato, manipolato, trovato, tradito,

sprecato.

MANHUNTER

di MANN MICHAEL, USA 1986,

Prima che Antony Hopkins diventasse un'icona con Hannibal Lecter, prima di Jonathan Demme e di Jodie Foster,

prima del "Silenzio degli innocenti" e di "Hannibal", prima di tutto c'era "Red Dragon", romanzo thriller da cui De

Laurentiis decise, nel 1985, di trarre un film.

Michael Mann, quando il produttore gli propone la regia, era all'apice del successo di "Miami Vice", serie-simbolo

degli anni '80 di cui era la mente. Aveva girato anche "Strade violente", noir con James Caan, che era rimasto

forse insoluto, confinato nel cinema di genere.

All'altezza di "Manhunter" si può forse piazzare il primo paletto, il punto di svolta nella carriera del regista.

Osservando tra le pieghe della storia, oltrepassando le convenzioni del genere, si scorgono già alcune delle

tematiche e degli stilemi dell'autore di "Heat". Il modo di ritrarre il personaggio principale, lo scontro tutto interiore

tra l'estrema competenza e il travaglio personale, ma anche certe scelte di regia, vanno ad incanalarsi

perfettamente nel percorso artistico di una delle personalità più dense e rilevanti della Hollywood

contemporanea.

Will Graham è un agente dell'FBI in congedo. Ha smesso la professione dopo essere rimasto fisicamente e

moralmente sconvolto dalla cattura del dottor Lektor (Mann cambiò curiosamente il nome che sarebbe divenuto

celebre qualche anno più tardi). Il suo collega e amico Jack Crawford, però, cerca di farlo tornare al lavoro per

sfruttare le sue incredibili doti di manhunter nella caccia ad un nuovo assassino, soprannominato Tooth Fairy.

Per forza di cose, la meccanica narrativa non è dissimile dal canovaccio tipico del genere: omicidi, indagini e

indizi fino alla risoluzione finale. Ciò che fa la fortuna di un film così (si pensi proprio a "Il silenzio degli innocenti"

o al successivo "Seven", per rimanere al cinema americano) è l'atmosfera, la forza dei personaggi o l'ispirazione

del regista: Manhunter sembra non aver avuto particolare fortuna in questo senso, eppure le premesse c'erano

(e ci sono) tutte.

Mann ha trasformato l'indagine di Graham in una ricerca ambigua di senso, tracciando una linea che permette di

congiungere l'universo diegetico con la suggestione metalinguistica.

Guardare ed essere guardati, questa è la cifra di Manhunter: non a caso spesso ci sono in campo superfici che

rimandano all'atto visivo. Finestre e porte, che segnano il confine fra lo spazio sicuro (quelle delle case delle

vittime) e il pericolo incombente al di fuori (l'assassino che guarda insistentemente le vittime prima di entrare in

azione). Ma anche sistemi più complessi: fotografie e videoregistrazioni, che sono un significante trasposto delle

uccisioni, del disegno del killer.

Il tutto ripetuto ed elevato al quadrato, visto che i due poli della visione sono Toot Fairy e Will Graham, i quali

sovente stabiliscono un filo comunicativo proprio attraverso le immagini, che ci consentono di entrare nella sfera

visiva ora dell'uno, ora dell'altro.

Non si tratta unicamente di una coppia oppositiva: un terzo polo, distanziato, è rappresentato dal Dottor Lektor.

Nel "Silenzio degli innocenti" lo sbilanciamento sarà rovesciato, fino a far diventare preponderante il rapporto di

Clarice con Lecter rispetto a quello con il killer. In "Manhunter" il profilo del geniale psichiatra viene tenuto sullo

sfondo, ma è ugualmente fondamentale per il travaglio di Graham: un rapporto da pari a pari, sempre sul filo della

competizione (i due si stuzzicano di continuo durante il colloquio). Benché la sua presenza si avverta spesso,

metonimia del passato di Will, i confini della presenza di Lektor sono ben saldi. La prigione, la telefonata. È con

l'assassino che Mann costruisce l'interscambio (la scelta più naturale, almeno fino al "Silenzio degli innocenti"),

servendosi, come detto, delle superfici. Quando Graham scopre l'indizio decisivo la sua attenzione

paradossalmente si distoglie, opponendo un anti-climax personale al climax narrativo che si avvia al suo culmine.

Graham guarda fuori da una finestra, tocca la superficie del vetro perché finalmente il contatto è stabilito.

Joan AllenOra i suoi sono veramente eyes wide shut, sospesi nell'epifania prima che la caccia giunga al suo

inevitabile epilogo. E proprio la regia di Mann sottolineerà questo scarto facendosi intrusiva, moltiplicando le

macchine da presa, ognuna a velocità diversa, che frammentano e intaccano lo schema di superfici creato lungo

tutto il film.

Brian CoxMann riesce insomma ad intervenire sulla narrazione siglando il film in ogni sua parte: dapprima

saturando l'orizzonte visivo senza sottrarsi (e anzi con convinzione) alla connotazione che noi chiamiamo oggi

"anni '80", e in seguito nobilitando la risoluzione finale. Anche con l'aiuto di Dante Spinotti, qui all'esordio come

direttore della fotografia per Mann, che avvierà un lungo e felice sodalizio con il regista.

Nulla di ciò si ritrova nel recentissimo remake "Red Dragon", che ha probabilmente un solo motivo di esistere:

chiudere il ciclo di Lecter restituendogli il nome e il volto che sono entrati nel mito contemporaneo. Poco importa

se per farlo occorre stirare l'anziana faccia di Hopkins e narrare una storia già raccontata.

Tratto da: http://www.cinefile.biz/manhunt.htm

Manila Paloma Bianca

di SEGRE DANIELE, 1992,

Ex attore, ricoverato più volte nei reparti psichiatrici degli ospedali di Torino, città che non è la sua e dove

vivacchia di espedienti con domicilio variabile, Carlo (C. Colnaghi) fa figura di un “extraterrestre con un'oliva in

mano”. Conosce Sara Treves (A. Comerio) e, attraverso di lei, il microcosmo ebraico torinese. S'installa nella

bella casa di lei in una ambigua e casta relazione e cerca inutilmente di riaccostarsi al teatro, scrivendo un

monologo. Anche Sara, impaurita, lo mette alla porta. Carlo ritorna alla vita, ai fantasmi, alle ossessioni di sempre.

Film anomalo come un meteorite nel panorama del cinema italiano, rigoroso, ruvido, duro con momenti di

struggente tenerezza, è imperniato, in bilico tra realtà e finzione, su Colnaghi, soggettista e soggetto,

impressionante per la sua epica antirecitazione, maschera e volto

MERY PER SEMPRE

di RISI MARCO, ITA 1989, 110'

Insegnante accetta l'ingrato compito di docente nel riformatorio Malaspina di Palermo dove sperimenta il suo

metodo antiautoritario e democratico, scoprendo nei ragazzi devianti e sbandati la dimensione della dignità

MI PIACE LAVORARE

di COMENCINI FRANCESCA, ITALIA 2004,

IL MIO PIEDE SINISTRO

di SHERIDAN J., USA 1989,

Storia vera di Christy Brown (1932-81), nono di tredici figli di una famiglia operaia irlandese, paraplegico dalla

nascita, che riuscì a esprimersi col piede sinistro, diventando un apprezzato pittore e scrittore. Opera prima

dell'irlandese J. Sheridan, ha molti meriti: la performance tormentata di D. Day-Lewis (premio Oscar come

protagonista insieme con B. Fricker, la madre, premiata come non protagonista) e, nonostante il taglio edificante

e nobilmente irrealistico del racconto, una ruvida sobrietà nella descrizione dell'ambiente operaio, con tocchi di

umorismo e notazioni che rimandano alla Dublino di Joyce, più volte citato, e alla Liverpool di Terence Davies.

MONSTER

di JENKINS PATTY, USA 2004, 111'

Aileen (Charlize Theron / L'avvocato del diavolo, The Italian job), una prostituta di mezza età, una sera incontra

Selby (Christina Ricci / La famiglia Addams, Sleepy Hollow), una giovane donna, in un pub per gay e se ne

innamora. Per trovare i soldi e portarla in un hotel è costretta a battere tutta la notte in strada, fino a quando

incappa in un "cliente" perverso e violento che prima la tramortisce poi tenta di ucciderla. La donna, per

difendersi, è costretta a sparargli. Da quel momento sarà un vortice di omicidi senza fine.

"Monster", diretto da Patty Jenkins, è basato sulla storia vera di Aileen Wournos, serial killer femminile spentasi

nel 2002 in Florida tramite iniezione letale dopo aver passato dieci anni nel braccio della morte. Charlize Theron

da corpo a questo complesso personaggio dopo aver accumulato tredici chili di peso ed aver deformato il suo

bellissimo volto grazie al lavoro della truccatrice Toni G.. Ma lo sforzo dell'ex modella non è stato vano, infatti, per

la sua interpretazione, oltre al golden Globe, le è stato insignito l'oscar come miglior attrice protagonista. Nel film

affianca la Theron l'intrigante Christina Ricci, la quale con il suo particolare estro riesce ad interpretare i ruoli più

originali. Per la sceneggiatura del film la regista Patty Jenkins ha letto le centinaia di lettere che la Wournos ha

scritto durante la sua permanenza nel braccio della morte, cercando di riportare in pellicola alcuni degli aneddoti

più importanti della sua vita e soprattutto cercando di far respirare allo spettatore la stessa aria che aveva

inalato lei nel corso della sua difficile esistenza. La cineasta filma questa storia ricalcando il linguaggio scarno e

semplice ma anche duro e crudele del nuovo cinema indipendente americano (basti pensare ad un film come

"Boys don't Cry"). La narratrice non si fa prendere la mano con virtuosismi inutili e non osanna l'estetica della

violenza, consegna il racconto alle due bravissime attrici, l'irriconoscibile Theron e la scapestrata Ricci. Anche

se qualche risoluzione è ingenua, e la storia abbastanza didascalica la Jenkins è riuscita a far brillare il film di

luce propria. Naturalmente che il "Monster" del titolo (oltre ad essere il ricordo dell'enorme giostra che la Wournus

ha da bambina) risulti poi la società, la famiglia e addirittura l'amore salta subito agli occhi, ma la pellicola proprio

per lanciare questo concetto non da un attimo di tregua allo spettatore cominciando dalle prime inquadrature sullo

sfondo dei titoli di testa per finire all'ultimo, straziante, epilogo.

Insomma, "Monster" è uno di quei film che prende allo stomaco sin dall'inizio e non lascia la presa fino a quando

non si accendono le luci in sala. Certo, non saprei se il discorso della Jenkins di far trasparire la serial killer di

turno come una vittima/vendicatrice della società che l'ha oppressa sin da piccola sia giusto, bisognerebbe

osservare il film con uno sguardo più metaforico, per guardare questo mondo attraverso il filtro di una perdente

senza aver mai potuto giocare la sua partita e invece di risorgere cade sempre più in basso.

Marco Massaccesi

DA http://filmup.leonardo.it/monster.htm

MORTE A VENEZIA

di VISCONTI LUCHINO, ITA 1971, 2 H

Nel 1910 Gustav von Aschenbach, anziano musicista fisicamente fragile e spiritualmente inquieto, giunge al Lido

di Venezia per una vacanza. Incontra il giovane, bellissimo Tadzio e muore. È, forse, il film più proustiano di L.

Visconti che carica di reminiscenze personali e familiari la sua trasposizione del racconto lungo (1912) di

Thomas Mann. Elegia sulla fine di un mondo con momenti memorabili – quelli dove emerge con una struggente

forza visionaria l'identificazione del regista con il personaggio – in un contesto di alto accademismo decorativo

LA MOSCA

di CRONENBERG DAVID, 1986,

Giovane scienziato tenta esperimenti di trasporto della materia smaterializzandola all'origine e ricomponendola a

destinazione. Usa sé stesso per le prime prove, ma l'intervento accidentale di una mosca lo rende vittima della

sua invenzione. Remake di L'esperimento del dottor K (The Fly, 1958) di K. Neumann. La situazione di base è la

stessa, aggiornata e più sofisticata, ma gli sviluppi sono radicalmente diversi. Dopo gli anni '70 l'horror è fondato

sul corpo, le sue metamorfosi, i suoi smembramenti, ma nessuno supera Cronenberg in direzione biologica. È il

suo film più costoso, e il più ricco per elaborazione formale, ma è anche una commovente storia d'amore.

Straordinario J. Goldblum.

LE NONPERSONE. DOCUMENTI FILMATI DELLA SHOAH

di OLLA ROBERTO, 1999, 55'

NOSFERATU

di MURNAU F., GER 1922, 1 H 20

Scritto da Henrick Galeen che s'ispirò liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, cambiando nomi e

posti per non pagare i diritti d'autore: dal suo castello nei Carpazi il vampirico conte Orlok, chiuso nel suo

sarcofago, si fa trasportare nel 1838 a bordo di una nave al porto di Brema dove si diffonde la peste. Soltanto il

volontario sacrificio di una giovane donna (Nina o Ellen, secondo le edizioni) sconfiggerà il vampiro che si lascia

sorprendere dalla luce dell'alba. È il più grande film vampiresco di tutti i tempi. Senza ricorrere alla manipolazione

dello spazio, tipica dell'espressionismo, Murnau sceglie la concretezza e il rischio degli scenari naturali,

ricorrendo a mezzi più specificamente cinematografici (angolazioni, montaggio, immagini in negativo, ecc.) e a

una fitta rete di richiami metaforici e simbolici. Nella sua complessità si presta a diverse letture in chiave psico-

sociologica, metafisico-esistenziale, romantico-dostoevskiana, psicoanalitica.

NOSFERATU IL PRINCIPE DELLA NOTTE

di HERZOG W., GER 1979,

Dal romanzo di Bram Stoker (1897). Jonathan Harker parte per la Transilvania per trattare un affare col conte

Dracula. Riportato in vita, Nosferatu semina la peste in Olanda, ma Lucy – la moglie di Jonathan – lo sconfigge

sacrificando la sua vita. Omaggio al capolavoro muto (1922) di Murnau, non è un film dell'orrore né del terrore:

raggiunge il fantastico con le immagini della realtà e per virtù di stile, con l'uso della luce. Del suo eroe,

incarnazione del Male, Herzog sottolinea la profonda, insondabile tristezza; della sua triplice qualità di Morto

Redivivo, Stregone e Entità Diabolica privilegia la prima. Leggerlo come una metafora sul Male e sulla Paura che,

ieri (Hitler) come oggi, abitano la Germania (e l'Europa) sembra una forzatura.

NOTTI SELVAGGE

di COLLARD CYRIL, FRA 1992, 126'

A Parigi, alla metà degli anni '80, il cineoperatore bisessuale Jean (C. Collard) amoreggia con la diciottenne Laura

(R. Bohringer), senza dirle subito di essere sieropositivo, e con il rugbista Samy (C. Lopez). Tratto da un

romanzo dello stesso Collard, qui esordiente nel lungometraggio dopo aver diretto alcuni corti e un telefilm, è

all'insegna di una patologica bulimia, un altro nome per chiamare la ridondanza, il culto dell'eccesso anche nella

recitazione, il narcisismo esibizionista, il gusto dell'ibridazione, evidente anche nel commento musicale dove il

rock s'alterna con canti gitani e arabi. È un film in cui in Francia (più di 1 milione di spettatori) una generazione ha

creduto di riconoscersi. Collard (1957-93) morì di Aids 4 giorni prima che il film vincesse 4 premi César: miglior

film, miglior opera prima, migliore promessa (Bohringer) e montaggio. I censori italiani che l'hanno tagliato e

proibito ai minori di 18 anni non hanno capito il suo forsennato romanticismo che verso l'epilogo diventa persino

edificante nella sua urlata voglia di vita.

L' ODIO

di KASSOWITZ MATHIEU, FRA 1995, 95'

Venti ore – una giornata balorda e una notte brava – nella vita di tre giovani proletari – un bianco ebreo, un

maghrebino e un africano – alla deriva tra il quartiere di Muguets, a 30 km dalla torre Eiffel, e il centro di Parigi.

Nel loro vagabondare c'è disperazione, rabbia, odio. Capofila dei film di banlieu – tendenza del cinema giovane

francese alla metà degli anni '90 che racconta la lacerata realtà della periferia metropolitana (parigina, ma non

soltanto) – i suoi meriti sono soprattutto stilistici: attori, dialoghi incalzanti a ritmo di rap (che traduzione e

doppiaggio italiano faticano a seguire), musica reggae, sapiente costruzione drammatica, abilità nelle digressioni,

bianconero sporco e allucinato

UN' ORA SOLA TI VORREI

di MARAZZI ALINA, SVIZZERA 2002,

PHILADELPHIA

di DEMME JONATHAN, USA 1994,

Brillante avvocato di Philadelphia è licenziato per inefficienza e inaffidabilità dal prestigioso studio legale dove

lavora. È una scusa, sostenuta con mezzi ignobili: in realtà hanno scoperto che è omosessuale e malato di Aids.

Sostenuto dall'affettuosa famiglia e dal suo tenero compagno, difeso da un grintoso avvocato nero, fa causa agli

ex datori di lavoro. 1ª produzione di alto costo (25 milioni di dollari) sull'Aids, è una lezione di tolleranza, una

requisitoria sui pregiudizi, un'arringa contro l'ingiustizia affidata a uno straordinario T. Hanks, interprete simpatico

e “leggero”, e a D. Washington, l'avvocato che lo difende, fiero eterosessuale e a disagio con i gay, che a poco

a poco disperde i suoi pregiudizi e le sue paure insieme a quelli dello spettatore

IL PIANETA DELLE SCIMMIE

di BURTON TIM, USA 2001, 120'

Uomini ridotti in schiavitù e scimmie che governano il pianeta: una realtà che assomiglia ad un incubo, un

mondo alla rovescia dove i ruoli sono ribaltati.

Ad occhi aperti l'astronauta Leo Davidson, uomo del 2029 precipitato dal cielo per un cortocircuito temporale,

deve prenderne atto e cercare di tornare a casa.

Remake del classico del 1968 diretto da Franklin J. Shaffner, Il pianeta delle scimmie nelle mani di Burton diventa

un apologo sulla diversità, che adotta un interessante punto di vista femminile.

L'uomo rozzo agisce per istinto, la scimmia evoluta oltre ad essere intelligente ha sensibilità e sentimenti.

Il pianeta delle scimmie

di Schaffner, Franklin J, USA 1968, 112'

Presi in un vortice del tempo, astronauti atterrano su un pianeta dove gli umani vivono come bestie in una società

di avanzata cultura governata dalle scimmie. Sorpresa finale. Il 1o, e il migliore, il più vispo dei 5 film ispirati al

romanzo di Pierre Boulle. Thriller di anticipazione che è anche una favola filosofica sui nostri tempi con risvolti

politici e sociologici

Quel pomeriggio di un giorno da cani

di Lumet, Sidney, usa 1975, 130

Tre balordi assaltano una piccola banca di Brooklyn. Due vi rimangono intrappolati con gli ostaggi: lungo sarà

l'assedio della polizia. E sanguinoso. Calibratissima ricostruzione di un fatto di cronaca nera del 1972, sostenuta

da una suspense che soltanto verso la fine ha qualche smagliatura, da un sagace equilibrio tra pathos e

umorismo, da un'attenta cura dell'ambientazione. Film d'azione, ma anche, a un secondo livello, di critica sociale

(polizia, mass media, intolleranza): insomma un Lumet di buona annata.

LA RABBIA GIOVANE

di MALICK TERRENCE, USA 1973, 95'

Kit (M. Sheen), giovane spazzino, e Holly (S. Spacek), majorette quindicenne, vagabondano per l'America diretti

in Canada, lasciandosi dietro una scia sanguinosa di omicidi. La polizia li bracca. La storia è simile a tante altre,

ma si avverte una sincerità insolita, una tenerezza singolare verso i 2 protagonisti sballati e deliranti. T. Malick è

alla sua opera prima ma che ricchezza interiore, che respiro potente. Dopo I giorni del cielo (1978) il regista,

appartenente a una famiglia texana di industriali petroliferi, ha diretto La sottile linea rossa (1998).

RAGAZZE INTERROTTE

di MANGOLD JAMES, USA 1999, 127'

Susanna, diciottenne depressa di buona famiglia, è internata per due anni in un ospedale psichiatrico, per

guarire da una malattia mentale indefinita. Ne esce arricchita dall'amicizia – fatta di confronti e di scontri con altre

pazienti, più di lei sulla borderline tra normalità e malattia – pronta ad affrontare la vita. Dal romanzo

autobiografico La ragazza interrotta di Susanna Kaysen, sceneggiato dal regista con 2 donne , uno

psicodramma claustrofobico al femminile che è anche un racconto di formazione e un viaggio iniziatico.

Coinvolgente sul piano della comunicazione emotiva più che su quello espressivo, è un film d'attrici

IL RAGAZZO DAI CAPELLI VERDI

di LOSEY JOSEPH, USA 1948, 82'

Accortosi una mattina di avere i capelli verdi, orfano di guerra dapprima si ribella poi decide di superare le beffe

del prossimo. Esordio nel lungometraggio di Losey. Nella contaminazione tra sogno e realtà c'è una scoperta

simbologia, un limpido, volutamente ingenuo, didascalismo pacifista, un elogio della diversità.

IL RAGAZZO SELVAGGIO

di TRUFFAUT FRANCOIS, FRA 1969,

La storia vera dello scienziato Jean Itard (1774-1838) che all'inizio dell'Ottocento cercò di educare un ragazzo

trovato allo stato brado nei boschi dell'Aveyron, in Francia. È il più grave, radicale, “freddo” dei film di Truffaut.

Non è un apologo umanistico. La sua parola d'ordine è: disubbidire al Padre, una spietata critica a certi metodi

educativi. Sotto la puntigliosa ricostruzione storica, un film poetico che nasce dalla sensibilità e da un grande

amore per l'infanzia.

RED DRAGON

di RATNER BRETT, USA 2000,

Temporalmente siamo 7 anni prima de "Il Silenzio degli Innocenti", alle origini della storia del cattivo più illustre di

tutti i cattivi: l'antropofago dottor Hannibal Lecter (Hopkins). Ancora libero ed incensurato, è uno dei più celebri

ed ammirati psicologi criminali del mondo, una mente geniale e perversa capace di entrare e di scrutare nei

pensieri altrui. L'agente speciale Will Graham (Norton) è sulle tracce di un misterioso maniaco omicida che

"sceglie" di "prendere" dalle sue vittime solo alcune parti anatomiche; la polizia non riesce a trovare il bandolo

della matassa, quell'illuminazione che porterebbe alla soluzione del caso e a smascherare il raccapricciante

colpevole. L'agente Graham, inconsapevole del guaio in cui si sta per cacciare, decide di rivolgersi al dottor

Lecter per una consulenza, e mai scelta fu più indovinata. Quando il cinico ed astuto psicologo, parlando con il

perspicace agente dell'FBI, scopre che quest'ultimo è riuscito ad entrare quasi in simbiosi con l'assassino (che in

realtà è proprio il dottor Lecter) e si rende conto di aver commesso un irrimediabile errore, le cose precipitano.

Le conseguenze saranno la reclusione in una prigione di massima sicurezza di Hannibal "the cannibal" Lecter e

l'abbandono della polizia da parte di Graham.

Tutto si riaprirà tempo dopo, quando l'investigatore capo dell'FBI Jack Crawford (Keitel),

arenatosi nelle indagini riguardanti un misterioso serial killer che massacra intere famiglie durante il sonno nelle

notti di luna piena, decide come ultima spiaggia di chiedere aiuto all'unica persona che potrebbe veramente

smuovere il caso con la sua esperienza e spiccata intuitività e cioè proprio Graham. Ormai lontano dalla grande

metropoli e trasferitosi con la sua famiglia a Marathon (Florida) per un periodo di riposo, il giovane si mostrerà

dapprima titubante, ma in seguito si farà coinvolgere dall'irrinunciabile occasione di salvare la vita di qualcuno e

dal fascino di sfidare una mente perversa che tanto gli ricorda quella dell'odiato dottor Lecter. Le difficoltà nel

cercare un collegamento tra le vittime porterà Graham, ironia della sorte, di nuovo a dover ricorrere ai

suggerimenti e alle geniali intuizioni del dottor Lecter, l'unico in grado di rispettare e decifrare con religiosa

attenzione la complessa personalità del "Lupo Mannaro" (l'assassino è anche chiamato dai media "Tooth Fairy",

la fata dei dentini).

Intrecci, violenza e travagli psicologici rendono questo thriller-poliziesco

incredibilmente appassionante, con i personaggi sempre sul filo del rasoio, capaci di trasmettere in ogni momento

una tangibile tensione emotiva, senza pause e quindi possibilità di riflessione. Intriganti ed avvincenti tutti i duelli

che si instaurano al suo interno: quello tra Graham e Lecter che si sfidano, temono, aiutano e rispettano a

vicenda come due "buoni amici" (espressione che il dottor Lecter ama usare per il suo rivale); quello tra la polizia

ed il (bellissimo) killer, interpretato da un algido Ralph Fiennes, che risponde al nome di Francis Dolarhyde ed, in

ultima battuta, il duello tra la parte più "umana" e "cosciente" della personalità dell'assassino e la sua indole

perversa e schizofrenica, simboleggiata dal 'Drago Rosso', un simbolo cinese in cui si è immedesimato e da cui

trae la forza per combattere le sue frustrazioni e le sue debolezze in cerca di una rivalsa sul mondo dopo anni di

soprusi ed umiliazioni subìte.

E' il capitolo iniziale (o finale o, se desiderate, conclusivo) della trilogia di Hannibal Lecter, iniziata nel

1991 con "Il Silenzio degli innocenti" di Jonathan Demme e proseguita nel 1999 con "Hannibal" di Ridley Scott.

Sebbene il prologo di tutta la storia fosse già stato portato brillantemente sugli schermi da Michael Mann in

"Manhunter - Frammenti di un omicidio" nel 1986 (prima volta assoluta in cui compare sugli schermi il personaggio

di Hannibal Lecter), qui la produzione ha voluto attenersi più al racconto, e mantenere un finale fedele al libro.

L'intento è di spiegare chi fosse e cosa facesse Lecter prima de "Il Silenzio degli innocenti", capolavoro vincitore

di ben 5 premi Oscar che costituiscono un record per un thriller (Miglior Film, Migliore Regia per Demme, Miglior

Attore Protagonista per Hopkins, Miglior Attrice Protagonista per la Foster, Migliore Sceneggiatura non originale).

 

Edward Norton con Anthony Hokins sullo sfondoUn plauso ed un '8' al giovane regista Brett Ratner, che finora

non si era mai confrontato con il grande pubblico se non con commedie sentimentali e d'azione come "The Family

Man", "Rush Hour - Due mine vaganti" e "Rush Hour 2 - Colpo grosso al Drago Rosso" (devono proprio piacergli

i draghi), e che qui se la cava egregiamente superando in maniera più che brillante il banco di prova (finora) più

difficile della sua carriera, sfornando un gioiello di suspense di straordinaria intensità.

Ed ora veniamo al cast. Formidabili Hopkins e Fiennes, ormai un mito nell'immaginario collettivo il primo, riuscito

con le sue performance nei panni di Hannibal Lecter a terrorizzare e incuriosire al tempo stesso anche i non

amanti del genere, ed un professionista nel momento d'oro della sua carriera il secondo; lo ricordiamo splendido

in "Schindler's List", "Il paziente Inglese", "Strange Days" e nel recente thriller psicologico "Spider", diretto dal

grande David Cronenberg presentato a Cannes 2002 e in uscita a dicembre, in cui potremo ammirarlo nei panni

dello psicopatico protagonista. Più anonima a mio avviso la recitazione di Edward Norton, un pò incolore per la

parte da protagonista che gli era stata assegnata, e che gli fa guadagnare uno striminzito '6' (ed un bel -1 al suo

parrucchiere); '6' anche per la Watson (che forse ha lo stesso parrucchiere di Norton) per una normale

amministrazione senza infamia e senza lode che forse sminuisce un pò lo straordinario personaggio di Reba,

l'unica persona che riesce ad 'avvicinare' l'assassino, frutto dell'ingegnosa mente di Thomas Harris (autore dei 3

best sellers che hanno dato vita a questa trilogia). Ritroviamo invece un brillante Harvey Keitel in un ruolo

perfetto per lui, pur sempre di contorno ma importante ai fini della storia, '7'. Nel cast anche Philip Seymour

Hoffman nei panni di un bizzarro giornalista e Mary-Louise Parker nel ruolo della signora Graham.

Anthony Hopkins

tratto da: http://www.cinefile.biz/dragon.htm

 

RIFLESSI SULLA PELLE

di RIDLEY P., ITA 1990, 92

Nella campagna dell'Idaho nei primi anni '50 il piccolo Seth Dove (J. Cooper) di 7 anni è un perverso polimorfo che

ha una visione deformata della realtà. Come rivela il l'urlo finale del bambino per la scoperta della presenza del

Male nel mondo, quest'opera prima di P. Ridley (1960) – pittore, romanziere, drammaturgo e sceneggiatore – è

una storia gotica che ha il ritmo allucinato del migliore Stephen King, la perversa sottigliezza di Henry James, la

forza visionaria di David Lynch: un universo fantastico che affonda le sue radici nella realtà: “L'innocenza può

essere un inferno”

ROMANZO CRIMINALE

di PLACIDO MICHELE, ITA 2005, 153

l Libanese, il Freddo, il Dandi, sono i capi della banda della Magliana, che per 25 anni ha sparso il terrore a Roma

e in Italia. Durante questo periodo, attraverso tutte le vicende italiane come il terrorismo degli anni '80, il caso

Moro e la strage di Bologna, il commissario Scialoja si getta in una feroce caccia alla banda…

Recensione di http://www.cinemadelsilenzio.it/index.php?mod=film&id=1103:

Il film si presenta come una storia nera, fredda, dura come la continua vendetta che la anima.

Si tocca con mano l'espressione della Storia, uno sguardo dal basso, una banda intrisa degli anni di piombo e

misteri, un'Italia ripetutamente sconvolta dalle sue cupe trame come il terribile caso Moro, l'uccisione di Mino

Pecorelli, la delirante strage alla stazione di Bologna, fino all'attentato a Papa Karol Wojtyla.

Impossibile saper individuare fino a che punto la banda della Magliana possa essere implicata in tutto questo, ma

sicuramente ne è testimone. Sono i loro anni quelli divisi tra la strada, la galera e il muro di Berlino che lento inizia

a crollare.

Il film è un colpo d'occhio feroce e atroce che affonda nel buio di una fotografia capace di ricreare come un

affresco la Roma anni '80, dove le barriere tra politica e crimine si sfaldano fino a confondersi.

E’ la storia di uomini, assassini, violenti, reali quanto più è immaginabile da capire nel profondo e scoprire ogni

attimo della loro vita.

Freddo, Dandi, Libanese, Nero, Secco…la Banda della Magliana, sono un’invenzione crudele del loro tempo, una

sorta di eroi tragici, sconfitti prima già di nascere, segnati dal destino, infame e capace di inseguirti ovunque.

Michele Placido rende incarnazione l’interpretazione di Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Claudio

Santamaria, Riccardo Scamarcio, Stefano Accorsi e compagni; li rende vicini allo spettatore trascinandoli in un

ruolo ripido come una discesa all’inferno.

Anche l'uomo della legge il Commissario Scialoja non è diverso dai suoi avversari, quel che si fa non cambia chi

si è…

La fine è ruvida come l’inizio, il film: uno scorcio commosso con contorni e confini, sui diavoli protagonisti, su

un’epoca che sembra lontana eppure tuona dietro l’angolo; come usciti dalla sala, si passeggia confusi, sapendo

che tutto è storia, il male come il bene, importante comunque…spesso più affascinante.

Vaniel Maestos

ROSETTA

di DARDENNE LUC, BEL-FRA 1999, 91'

Rosetta vive nel carrozzone di un campeggio con la madre alcolista che si prostituisce. Ogni giorno va in città in

cerca di un lavoro che trova, perde, ritrova, che le portano via, che si riprende. È ossessionata dalla paura di

scomparire e dalla vergogna di essere un'emarginata. Vuole una vita normale: come loro, con loro.

SENZA DI ME

di CATTI DANILO, SVIZZERA 2004,

SHINING

di KUBRICK STANLEY, 1980,

Dal romanzo (1977) di Stephen King: sotto l'influenza malefica dell'Overlook Hotel sulle Montagne Rocciose dove

s'è installato come guardiano d'inverno con moglie e figlio, Jack Torrence sprofonda in una progressiva

schizofrenica follia che lo spinge a minacciare di morte i suoi cari. Più che un film dell'orrore e del terrore, è un

thriller fantastico di parapsicologia che precisa, dopo 2001: odissea nello spazio e Arancia meccanica, la

filosofia di S. Kubrick. L'aneddotica di S. King diventa fiaba e rilettura di un mito, di molti miti, da quello di Saturno

a quello di Teseo e del Minotauro, per non parlare del tema dell'Edipo. Il prodigioso brio tecnico-espressivo è al

servizio di un discorso sul mondo, sulla società e sulla storia. Totalmente pessimista, Kubrick nega e fugge la

storia, ma affronta l'utopia riaffermando che le radici del male sono nell'uomo, animale sociale, ma non negando,

anzi esaltando, la possibilità di una riconciliazione futura, attraverso il bambino e il suo shining (luccicanza).

Analisi del film: G. Cremonini, Stanley Kubrick, Shining, Lindau, Torino

SLEEPERS

di LEVINSON BARRY, USA 1996, 147'

Da un romanzo di Lorenzo Carcaterra, sceneggiato dal regista che l'ha anche prodotto, il film, scomponibile in tre

blocchi, racconta le peripezie di quattro ragazzi del quartiere di Hell's Kitchen nel West Side di New York che,

chiusi in riformatorio, subiscono un infame calvario di maltrattamenti e abusi sessuali. Una dozzina di anni dopo

due di loro uccidono il più sadico degli aguzzini (K. Bacon). Al processo sono assolti grazie a uno degli altri due

(B. Pitt), divenuto procuratore distrettuale, aiutati dal quarto (J. Patric) che fa il giornalista (e il narratore della

storia), da un sacerdote (R. De Niro) e da un avvocaticchio alcolizzato (D. Hoffman) che li difende. Il prete

contribuisce all'assoluzione offrendo un falso alibi ai due imputati, dopo aver giurato sulla Bibbia. Polemiche e

dibattiti. Il fine giustifica i mezzi?

TAXI DRIVER

di SCORSESE MARTIN, USA 1975,

Psicodramma intimistico, spaccato del lato oscuro degli anni '70, vivido ritratto della decadenza americana post-

Vietnam: Scorsese filtra Schrader, soggettista e sceneggiatore, e il risultato è un pilastro della storia del cinema

moderno. New York: Travis Bickle, veterano del Vietnam in congedo, soffre d'insonnia e decide di impegnare le

proprie notti facendo il tassista. Completamente disadattato ma idealista alla ricerca di uno scopo, l'uomo si

invaghirà di una ragazza e le chiederà di uscire. Quando le cose tra i due andranno storte, Travis,

definitivamente disilluso riguardo la società, si chiuderà in se stesso. Comincerà così per il tassista una

claustrofobica discesa nel baratro della solitudine, in bilico sui margini della sanità mentale. Scorsese

accompagna lucide ricostruzioni contestuali a ritmi ipnotici, dando vita ad alchimie capaci di avvolgere lo

spettatore. Il senso di vuoto, di distanza, che permea la vita del protagonista è trasmesso con efficacia da

ambienti e situazioni presentate; ogni inquadratura è coerente, a creare un tutt'uno coeso, uniforme nel dare

spessore vivo alle atmosfere. La solitudine è ovunque nella jungla urbana, ma per Travis diventerà una vera e

propria vocazione, elemento scatenante di un disturbo mentale latente; lo straniamento del protagonista arriverà

ad essere totale e lo stato di primordiale libertà, così acquisito, libererà le pulsioni represse in una esplosione di

violenza. Il genio è nel paradosso: dopo tortuose deviazioni, i binari della psiche porteranno ad esiti anomali ma

riconducibili ad un estremo ideale di giustizia, impossibile da raggiungere per qualsiasi individuo "normale". Le

confuse luci di New York filtrate da un parabrezza bagnato, fumose atmosfere dai sapori jazz: su inquietanti

interrogativi, apertura e chiusura si ricongiungono, a serrare il cerchio tracciato da Scorsese. L'opera, presente

come poche nella memoria collettiva grazie anche ad un grandissimo De Niro, è un inossidabile monumento al

cinema.

LE TENTAZIONI DELLA LUNA

di KAIGE CHEN, CINA 1998, 130'

Shangai 1921. Shongliang – sottaniere che si fa mantenere dalle donne, quando non le ricatta – è invitato nella

ricca casa dove fu cresciuto come parente povero (e dove ebbe un rapporto incestuoso con la sorella) col

compito di sedurre e derubare la giovane cognata Ruyi, diventata capofamiglia. Si innamora, invece, della ex

compagna di giochi. Epilogo funesto. Recitazione straniata, arabeschi formali, fotografia calligrafica

dell'australiano Chris Doyle (già collaboratore di Wong Kar-wai, che dà l'impressione di credersi un nuovo

Storaro) per una storia di amore, dissoluzione, droga e infanzia perduta. Tagliato di un quarto d'ora dal

distributore Miramax. Sceneggiatura firmata per motivi diplomatici dal regista di Hong Kong Shu Kei, ma scritta da

C. Kaige con la scrittrice Wang Anyi. Titolo inglese: Temptress Moon.

THELMA & LOUISE

di SCOTT R., USA 1991, 128 '

Da una cittadina dell'Arkansas due amiche partono in auto per un week-end lasciando volentieri a casa i

rispettivi uomini. Quando Thelma (G. Davis), la più giovane, sta per essere violentata, Louise (S. Sarandon)

interviene e uccide l'aggressore: la loro gita si trasforma in fuga. Braccate dalla polizia, le due fuggitive scoprono

una nuova dimensione della vita e una parte sconosciuta di loro stesse. 7o film dell'inglese R. Scott e uno dei

suoi migliori. Il merito è anche della sceneggiatura – premiata con l'Oscar nell'anno di Il silenzio degli innocenti – di

Callie Khouri che gli ha fornito una bella storia, una feconda combinazione di dramma e commedia, due

personaggi vivi, un punto di vista nuovo, un discorso insolito che riprende l'anarchismo liberale del cinema di

strada degli anni '60. Con due ottime interpreti – ben doppiate da Rossella Izzo e Donatella Nicosia – è uno dei

film più euforicamente femministi mai arrivati da Hollywood.

TUTTO SU MIA MADRE

di Almodóvar, Pedro, SPA-FRA 1999, 101'

La nubile Manuela (C. Roth) perde l'adorato figlio diciassettenne Esteban in un incidente. Va a Barcellona per

ritrovare un altro Esteban (T. Canto), ignaro di essere il padre del ragazzo, che intanto ha cambiato sesso,

diventando Lola, e ha messo incinta anche Rosa (P. Cruz), suora laica, rendendola sieropositiva (“Non sei un

essere umano: sei un'epidemia!”). Manuela ritrova l'amica transex Agrado (A. San Juan), diventa segretaria di

Huma (M. Paredes), famosa attrice di teatro lesbica, e sostituisce sulle scene l'amante di lei Nina (C. Pena)

tossicodipendente. Rosa muore di parto, dando alla luce un terzo Esteban

TWIN PEAKS - prima serie (prologo e 7 episodi)

di LYNCH DAVID, USA 1990, 405'

Twin Peaks è una serie televisiva andata in onda all'inizio degli anni '90 e frutto del lavoro di David Lynch e Mark

Frost. Le vicende sono ambientate in una tranquilla cittadina degli Stati Uniti al confine con il Canada chiamata

appunto Twin Peaks ed iniziano con il ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, ragazza modello da tutti

conosciuta e stimata (di cui però si scopriranno particolari agghiaccianti),ed il conseguente arrivo per l'indagini

dell'agente speciale Dale Cooper. Quest'ultimo troverà nella cittadina amore e amicizie che lo legheranno al luogo

sentimentalmente pur riscondrando una doppia vita nella maggior parte degli abitanti i quali nascondono ognuno

numerosi segreti. Ad aiutare l'agente nella soluzione del caso saranno esseri e situazioni soprannaturali che si

uniranno alle sue doti sensitive ed intuitive. Non di secondo piano si dimostrerà il lavoro dei membri della polizia

locale di Twin Peaks come lo Sceriffo Truman, Hawk e Andy che si riveleranno anche ottimi amici. Questa è solo

una piccola descrizione della storia che ovviamente è molto più complessa e ricca di personaggi senza contare

che anche dopo la scoperta dell'assassino la serie continua e, anzi, si fà ancora più interessante.

Moltissimi sono i messaggi o le immagini che si susseguono di continuo nella serie (come il fuoco,la luna, il

semaforo,i gufi o la cascata) ma il cui vero significato rimane sempre oscuro.

Compaiono inoltre numerosi personaggi enigmatici il cui ruolo non è mai veramente chiaro come Bob,Mike, il

gigante o il nano che però sembrano tutti legati a luoghi denominati rispettivamente loggia bianca e loggia nera

(ne capirete di più guardando la serie). L'intera serie è stata girata a Snoqualmie ed a Bend, nello stato di

Washington.

TWIN PEAKS - seconda serie (episodi 8-29)

di LYNCH DAVID, USA 1991, 405'

Twin Peaks è una serie televisiva andata in onda all'inizio degli anni '90 e frutto del lavoro di David Lynch e Mark

Frost. Le vicende sono ambientate in una tranquilla cittadina degli Stati Uniti al confine con il Canada chiamata

appunto Twin Peaks ed iniziano con il ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, ragazza modello da tutti

conosciuta e stimata (di cui però si scopriranno particolari agghiaccianti),ed il conseguente arrivo per l'indagini

dell'agente speciale Dale Cooper. Quest'ultimo troverà nella cittadina amore e amicizie che lo legheranno al luogo

sentimentalmente pur riscondrando una doppia vita nella maggior parte degli abitanti i quali nascondono ognuno

numerosi segreti. Ad aiutare l'agente nella soluzione del caso saranno esseri e situazioni soprannaturali che si

uniranno alle sue doti sensitive ed intuitive. Non di secondo piano si dimostrerà il lavoro dei membri della polizia

locale di Twin Peaks come lo Sceriffo Truman, Hawk e Andy che si riveleranno anche ottimi amici. Questa è solo

una piccola descrizione della storia che ovviamente è molto più complessa e ricca di personaggi senza contare

che anche dopo la scoperta dell'assassino la serie continua e, anzi, si fà ancora più interessante.

Moltissimi sono i messaggi o le immagini che si susseguono di continuo nella serie (come il fuoco,la luna, il

semaforo,i gufi o la cascata) ma il cui vero significato rimane sempre oscuro.

Compaiono inoltre numerosi personaggi enigmatici il cui ruolo non è mai veramente chiaro come Bob,Mike, il

gigante o il nano che però sembrano tutti legati a luoghi denominati rispettivamente loggia bianca e loggia nera

(ne capirete di più guardando la serie). L'intera serie è stata girata a Snoqualmie ed a Bend, nello stato di

Washington.

UN UOMO DA MARCIAPIEDE

di SCHLESINGER JOHN, USA 1969, 109'

Cow-boy texano arriva a New York deciso a fare soldi con le donne ma passa brutte esperienze e un duro

inverno con Ratso Rizzo, un italo-americano zoppo e tubercolotico. Cinedramma patetico su una strana amicizia

che sboccia come un fiore nel fango di Manhattan.

IL VIAGGIO DI FELICIA

di EGOYAN ATOM, USA - CAN 1999, 116'

Anziano e tranquillo scapolo con il complesso di Edipo e dei fornelli, ghiottone di cibo e di ragazze sole che ama,

protegge e poi mette a riposare nella pace eterna, Mr. Hilditch attira in casa l'infelice irlandese Felicia, giunta a

Birmingham in cerca del giovanotto che l'ha messa incinta.

Victor Victoria

di Edwards, Blake, USA 1982, 133

3ª versione di una commedia tedesca del 1933 di Rheinhold Schünzel: nella Parigi del 1934 una cantante

disoccupata finge, su suggerimento di una vecchia e simpatica checca, di essere un conte polacco

omosessuale che di mestiere si traveste da donna. E sfonda. W il remake! in questo caso. Come operazione in

puro stile rétro è un trionfo, in linea con i musical M-G-M degli anni '40 e '50. In perfetto equilibrio tra farsa e

sentimento, tra umorismo di parola e comicità d'immagine, è una delle migliori commedie del decennio, degna di

Lubitsch.

LA VITA APPESA A UN FILO

di KAIGE CHEN, CINA 1992, 120'

West Side Story

di Wise, Robert, USA 1961, 151

Versione cinematografica di un musical (1957) di A. Laurents-L. Bernstein-S. Sondheim: è la storia di Giulietta e

Romeo trasferita nei quartieri popolari della West Side di New York City, non senza insistenza sui temi dei

conflitti razziali e della violenza e con qualche spunto polemico verso i miti di libertà e tolleranza negli USA

WILDE

di GILBERT BRIAN, GB-USA-GIA 1997, 116'

Successi, gioie, dolori e disgrazie dello scrittore irlandese Oscar Wilde (1854-1900): la vita di società, il

matrimonio con Constance , il successo delle commedie, l'amore per i figli, il fatale incontro con il nobile Alfred

Douglas detto Bosie di cui s'innamora, il processo per sodomia, la condanna, i due anni di lavori forzati. Scritto

da Julian Mitchell e ispirato a un libro di Richard Elman, è più accurato storicamente dei 2 film inglesi del 1959

sullo stesso personaggio (Il garofano verde e Ancora una domanda, Oscar Wilde!) e, ovviamente, quello che

può esporre più liberamente il tema dell'omosessualità. Ma il tema profondo è il destino di reietto che fece del

geniale irlandese un giullare di corte da togliere di mezzo per non turbare l'anima puritana della Londra dell'ultimo

'800