TORNA A: CAMBIAMENTI LEGISLATIVI IN ATTO
Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
Ricordo che nella seduta antimeridiana si è conclusa la discussione
generale.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
TURRONI (Verdi-U). Facci sognare!
PRESIDENTE. Colleghi, intendo ascoltare con il rispetto che si deve a tutti
il ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, onorevole Bossi.
Si diceva: "Si disintegrerà l’Italia" e altro ancora, poi
l’Italia non si è disintegrata. Semmai, le Regioni da sole non sono bastate a
fare un’Italia migliore. Regioni con poche competenze, senza finanza propria
non sono bastate a salvare il Paese dall’irresponsabilità diffusa conseguente
alla riforma fiscale Visentini, che ha accentrato tutto il potere fiscale nello
Stato, azzerando l’autonomia impositiva degli enti locali, che sono stati
trasformati in centri di spesa, senza un preciso dovere-potere impositivo.
Così la riforma Visentini, sbandierata come riduttrice delle tasse, si è
rovesciata nel suo esatto contrario. Naturalmente, lo Stato è diventato
l’intermediario dei flussi di ricchezza del Paese, che è quello cui ambivano
i partiti che sostennero quella riforma. Ma intanto era avvenuta la scissione
tra potere di imporre - riservato allo Stato - e potere di spesa degli enti
locali. Un fatto che preannunciava quello che sarebbe avvenuto di lì a poco,
cioè la crescita, attraverso l'incremento della spesa pubblica, del debito
pubblico.
Ebbene, il catastrofismo di oggi sulla devoluzione e sul federalismo è
identico a quello brandito contro la riforma regionale del 1970 ed è, ancora
una volta, soltanto strumentale. Venti sanità, venti organizzazioni
scolastiche, venti polizie locali: un dramma, insomma. Venti, certo, come venti
sono le Regioni. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, ce ne sono non solo
venti, ma oltre cinquanta, eppure l’America ci bagna il naso in tante cose; né
mi pare che essa sia mai stata sul punto di disintegrarsi.
Il secondo argomento agitato in questi giorni contro la devoluzione sostiene
che essa porterebbe allo scontro tra Nord e Sud. Anche questo è falso. La
devoluzione non stimola lo scontro tra Nord e Sud, ma fa l’esatto contrario,
perché impone la necessità di gestire la cosa pubblica, sia a Nord che nel
Meridione, con l’identica responsabilità. (Applausi dai Gruppi FI, LP e
AN).
Né la devoluzione tocca la solidarietà, che è legata all’articolo 119
della Costituzione, e non alle competenze esclusive delle Regioni, che
riguardano il disegno di legge in esame (articolo 117, quarto comma, della
Costituzione), e neppure tocca i livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti
sull’intero territorio nazionale, in particolare il diritto alla salute
(articolo 117, secondo comma, lettera m)), il diritto all’istruzione
(lettera n)), l’ordine pubblico e la sicurezza (lettera h)), sui
quali lo Stato ha legislazione esclusiva.
Inoltre, il disegno in legge in esame lascia intatta anche la considerazione
per i princìpi contenuti nella prima parte della Costituzione, in particolare
per il principio di eguaglianza, per il diritto alla salute (articolo 32) e per
il diritto allo studio (articolo 33). Non può che essere così, perché le
materie della devoluzione sono aggiuntive e non sostitutive. Quindi, ciò che
era previsto già prima come diritti fondamentali e come competenze dello Stato
resta anche dopo la devoluzione.
Inizialmente il testo era costituito da un secondo articolo che faceva salva
la competenza legislativa esclusiva dello Stato relativa alla determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla salute, che
devono essere garantiti sull’intero territorio nazionale, alle norme generali
sull’istruzione, all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale. Fu poi
suggerito di non inserire nella riforma questioni ultronee, cioè pleonastiche;
adesso qualcuno, come il senatore D’Onofrio, sostiene che sarebbe auspicabile
reinserire questo secondo articolo, inutile per la sostanza, ma come bandiera
per l’opinione pubblica.
In realtà, le considerazioni dell’opposizione, almeno quelle che ho
ascoltato finora, sono state solo strumentali e lo dimostra il numero enorme di
emendamenti e la pretestuosità della gran parte di essi. Tutto ciò dimostra
come lo scopo dell’opposizione non sia quello di una normale dialettica
parlamentare, ma di un ostruzionismo che mira soltanto a ritardare
l’espressione della volontà del Senato.
Vi è da chiedersi quale rispetto abbiano di questa Assemblea coloro che
hanno proposto emendamenti che riguardano il rilascio della licenza per
l’esercizio del mestiere di fuochino, di istruttore di tiro, di saltimbanco, o
coloro che vorrebbero che un articolo della Costituzione facesse riferimento ad
un decreto legislativo o ad una legge ordinaria. Anche nell’ostruzionismo, a
mio parere, ci sono regole che devono essere rispettate da tutti: la prima è
quella di non gettare il ridicolo sui lavori del Parlamento. (Applausi dai
Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN. Proteste dai banchi dell’opposizione.
Richiami del Presidente).
Se gli emendamenti proposti dall’opposizione si limitassero allo scopo di
ritardare l’approvazione del disegno di legge non vi sarebbero molte novità
rispetto al passato. Ma qui ci sono illustri esponenti della minoranza, che
ebbero un ruolo di primo piano nella formulazione e nell’iter
parlamentare della riforma costituzionale, che propongono emendamenti che
rappresentano una sconfessione non della riforma dell’articolo 117, della
quale stiamo oggi discutendo, ma della loro stessa riforma del Titolo V. Così
vediamo alcuni senatori proporre che l’istruzione diventi competenza esclusiva
dello Stato, il che contrasta non soltanto con il Titolo V vigente, non
contrasta solo con la nostra riforma di cui oggi si discute, che viene proposta
dal Governo, ma anche con ogni logica, con ogni esperienza di qualsiasi Paese
occidentale. Soltanto una visione anacronisticamente giacobina e statalista può
ritenere che l’istruzione debba continuare ad essere diretta
centralisticamente, senza tener conto dei livelli territoriali di Governo.
A cosa serve invocare il principio di sussidiarietà se poi, quando si
presenta l’occasione concreta per metterlo in pratica, tornano tutti i vecchi
pregiudizi nei confronti della capacità di autogoverno della società civile,
delle Regioni, degli enti locali in materia di istruzione scolastica?
In effetti, non vi è un solo emendamento proposto dall'opposizione che vada
nella direzione di aumentare il grado di federalismo. Vi è una profonda lezione
che si deve trarre da tutto ciò, diversamente sarebbe se l'attuale opposizione
condividesse davvero la logica federalista. E con questo rispondo a chi mi ha
chiamato in causa.
La logica federalista è stata sbandierata da voi alla fine della scorsa
legislatura. L'opposizione, (cioè voi), avrebbe dovuto approfittare di questa
discussione per proporre emendamenti che allarghino ulteriormente i poteri e le
competenze delle Regioni. E' successo esattamente il contrario, proprio come se
l'attuale opposizione si fosse pentita di aver votato una riforma costituzionale
che essa stessa giudica come eccessivamente federalista.
L'opinione di questa maggioranza e del Governo è del tutto diversa: noi
vogliamo cambiare l'articolo 117 della Costituzione non perché dà troppe
competenze alle Regioni, ma perché non ne dà abbastanza.
Alcuni interventi qui svoltisi sono stati davvero inaccettabili, perché
intolleranti contro il Nord, come se il Nord non avesse sempre dato non due ma
dieci mani al Meridione. (Proteste dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, e
Verdi-U)
Secondo qualcuno il Nord non dovrebbe neppure esistere, l'abbiamo sentito
questa mattina: un'entità senza storia né simboli suoi. (Proteste dai
Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e Misto-RC. Richiami del Presidente). E' vero
che la necessità del federalismo l'ha sentita prima il Nord: non è una colpa!
E questo per motivi in parte storici in parte socio-economici, integrati
profondamente gli uni negli altri. La società del fare, padana, ha ricevuto
dalla politica troppi sospettosi rifiuti (Vive proteste dai Gruppi Mar-DL-U,
DS-U. Commenti del senatore Vitali).
PRESIDENTE. Senatore Vitali, per cortesia. Lasciate proseguire il ministro
Bossi. Colleghi, io vi prego di farlo proseguire. Ma perché il Ministro non
deve avere il diritto di parlare? Avete parlato tutti! (Vive proteste dei
Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e Misto-RC).
Colleghi, io chiedo rispetto per l'Aula e per il Ministro. (Proteste del
senatore Garraffa). Senatore Garaffa, la prego. La richiamo all'ordine. Se
lei continua, sa che cosa accade.
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. A volte
non sembra ancora finito il tempo del disprezzo di Francesco Crispi, che
definiva il Nord che operava "lo Stato di Milano", da imbrigliare e
controllare con una raffica di nuovi ed estesissimi poteri prefettizi.
TOIA (Mar-DL-U). Siamo in Italia!
BRUTTI Massimo (DS-U). Siete i parassiti del Nord!
PRESIDENTE. Senatore Brutti, non c'è bisogno di un commento di questo
genere!
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Una
simile concezione centralistica ed oppressiva dello Stato - è chiaro - ha
provocato un disamoramento del Nord verso quel Paese unito che proprio il Nord
aveva unito con le Guerre di indipendenza, combattute nel Risorgimento in
pianura padana, con l'avventura dei Mille (Vive proteste e ilarità dai
Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Verdi-U), i cui componenti erano soprattutto
bergamaschi e bresciani.
PRESIDENTE. Colleghi non è questo il modo! Non è adeguato al dibattito
parlamentare quello che state facendo! Vi prego di tacere.
Dovete ascoltare il Ministro perché poi avrete diritto di parlare e di
essere ascoltati. Non siate intolleranti. Ministro Bossi la invito a proseguire
(Applausi ironici dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. È vero
però che il disamoramento del Nord cominciò presto e non fu solo Carlo
Cattaneo, esule volontario in Canton Ticino, a dichiararsi sconfitto. Purtroppo,
nel tempo, il disamoramento si è esteso a molti cittadini che continuano a
sentire l'inadeguatezza della politica centralizzata (Commenti del senatore
Brutti).
PRESIDENTE. Senatore Brutti, posso pregarla di non interrompere? Lei non ama
essere interrotto, posso richiamarla all'osservanza di un diritto di reciprocità
o è una richiesta eccessiva?
ANGIUS (DS-U). (All'indirizzo
del ministro Bossi) Ma cosa ridi?
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. I
cittadini vivono nell'ansia di dover incanalare i fermenti sociali della
modernizzazione inarrestabile, trovando come unico appoggio le istituzioni
locali entro cui lo spirito civico produce magari grandi sindaci, accademie,
scuole, ordini professionali di primordine; è tanto, ma è un tanto che non
basta.
FORCIERI (DS-U). Il Presidente del Consiglio è di Milano.
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Ebbene,
questa mattina il Nord è stato tirato in ballo in modo razzistico.
MARITATI (DS-U). Parliamo complessivamente di Nord e Sud!
PRESIDENTE. Senatore Maritati, questo non è un dibattito tra lei e il
Ministro.
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. Siete
voi ad aver parlato di Nord e Sud, io non volevo toccare questo problema. È
chiaro che, nelle vicende storico-politiche che si sono snodate in questi anni,
sono state incontrate grandi difficoltà ad ottenere un cambiamento federalista
del Paese. Il nostro programma politico fu chiaro fin dall'inizio: ci siamo
impegnati per la riforma federalista del Paese, ma non è stato possibile
ottenerla. Dopo anni di difficoltà politiche per realizzare un minimo
cambiamento prendemmo atto dell'impossibilità di bonificare la palude
centralista. (Commenti ironici dei senatori Manzella e Morando).
VOCE DAI BANCHI DEL CENTRO-SINISTRA. La palude siete voi!
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione.
Decidemmo comunque di non arrenderci e di costruire la politica autonomamente.
Poi, con la Casa delle Libertà, siamo arrivati qui e abbiamo avviato un
processo importante di cambiamento federalista. Credo che il nostro lavoro sia
servito al Paese: ha rotto incrostazioni, ha rimesso in moto, seppur lentamente,
il cambiamento. Chi la dura la vince, dice un vecchio proverbio popolare. (Applausi
ironici dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U). Infatti, negli ultimi anni, il processo
politico si è incamminato verso il federalismo con i lavori della Bicamerale
che hanno avuto come sbocco la modifica del Titolo V della Costituzione. A
quella riforma si aggiunge ora la devoluzione di alcune fondamentali materie,
tra cui la sanità, che rappresenta da sola l'80 per cento del bilancio delle
Regioni e per tale motivo obbligherà il Governo e il Parlamento ad attivare,
accanto al federalismo costituzionale, il federalismo fiscale.
L'onorevole Mancino, nel suo intervento di ieri, ha chiesto, con un tono
quasi di sfida verso il Governo, come faremo a promuovere il federalismo
fiscale, considerato che tutto il potere fiscale è dello Stato. Realizzeremo
quella riforma grazie all'articolo 119 della Costituzione il quale prevede che
gli enti locali e le Regioni abbiano risorse autonome, stabiliscano e applichino
tributi propri, secondo princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario, e dispongano di compartecipazioni al gettito dei tributi
erariali riferibili al loro territorio.
Mi permetto, comunque, di darle un suggerimento: non dia retta agli articoli
del giornale della Confindustria, visto che mi sembrava di sentir riecheggiare
il contenuto di uno di essi. Dopo lo spostamento delle competenze previste dalla
devoluzione, lo stimolo riformatore del Governo punterà sulle istituzioni
centrali dello Stato per ottenere una nuova Corte costituzionale, il Senato
federale ed il presidenzialismo.
PASSIGLI (DS-U). È questa la posizione del Governo?
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione. È
quella che sto spiegando.
Un’altra considerazione riguarda il Meridione, oggi più favorevole al
federalismo che nel passato…
GARRAFFA (DS-U). Ma che dice?
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione…un
Meridione che nel dopoguerra aveva accettato di scambiare sovranità con
sussidio.
Ebbene, oggi che l’Unione Europea apre ad Est e si prepara a spostare in
quella direzione i suoi fondi strutturali, oggi che la torta del Nord è
diventata più piccola, il Meridione ha bisogno di riprendersi la propria
sovranità per difendere quanto ha costruito dal dopoguerra ad oggi.
Per sottolineare il momento storico attuale un poeta direbbe che, accanto a
Pontida, al Leone di Venezia, si uniscono i Vespri siciliani a chiedere il
federalismo. (Applausi dal Gruppo LP. Applausi ironici dai
Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e Misto-RC).
PAGANO (DS-U). Basta!
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione.
Dobbiamo evitare adesso che il mito del federalismo diventi un’icona di cui
tutti tentano di approfittarsi solo perché è vendibile sul mercato elettorale.
Vi ho fatto un discorso non politicante, sincero. Sta a voi tutti adesso operare
al meglio per cambiare il Paese. Indietro non si può ritornare. Tutto questo ha
convinto la Casa della Libertà che ha deciso di travolgere ogni oscurantismo,
ogni menzogna, ogni strumentalizzazione per gettare copiosamente il seme del
federalismo in questa legislatura che farà più grande e felice domani il
nostro Paese. Mi sia concesso di inviare un particolare ringraziamento al
sentore D’Onofrio… (Applausi ironici dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U,
Misto-Com e Misto-RC)
PAGANO (DS-U). E’ un venduto!
BOSSI, ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione…
relatore del disegno di legge in Commissione, dove in cinque mesi si sono
prodotti solo venti emendamenti, e a tutti i senatori dell’alleanza della
libertà che non faranno mancare il loro sostegno al cambiamento federale del
Paese.
In merito alla possibilità di prevedere un Titolo V alternativo, cosa che
sento ripetutamente dire in questi giorni ed anche questa mattina, senza cioè
le competenze concorrenti proposte dal senatore D’Onofrio, ribadisco che il
problema non è quantitativo - credo di concordare col senatore D’Onofrio - ma
qualitativo. La vera essenza del federalismo non è certo l’estensione
dell’area di interazione tra le decisioni dello Stato centrale e quello delle
entità federate, nel nostro caso le Regioni. Il federalismo non è solo dare
nuovi poteri alle Regioni, aumentare i loro bilanci o il loro personale.
L’essenza del federalismo è che per una serie fondamentale di questioni, le
entità federate godano di potestà esclusiva, limitata certo esclusivamente dai
principi generali dei valori costituzionali. Soltanto in quanto le entità
federate avranno questa potestà potrà nascere il circolo virtuoso del
federalismo che porta ad un potere più efficiente e più legittimato dal
consenso dei cittadini. Laddove non è chiaro se a decidere veramente sia lo
Stato o le Regioni, continueranno a perpetuarsi i vizi del centralismo. Concordo
col senatore D’Onofrio sul fatto che l’articolo 117, in altre parole, dovrà
essere riscritto. Anzi, con le competenze concorrenti rischiamo di avere un
centralismo ancor peggiore perché l’operato non sarà visibile al giudizio
dell’elettore.
Penso che questo è quanto dovevo dirvi anche se avrei insistito molto di più
per l’attacco razzista avvenuto questa mattina contro il Nord da parte di
qualche senatore (Applausi dai Gruppi LP, FI, AN e UDC:CCD-CDU-DE).
(Applausi ironici dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e Misto-RC).
PAGANO (DS-U). Senatore La Loggia, non gli dia la mano.
CALVI (DS-U). Referendum, referendum!
MARITATI (DS-U). Referendum, referendum!
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione. Non sapevo,
senatori Calvi e Maritati, che foste così bravi nel canto. Non vi è noto che
non è consentito cantare in Aula?