Ritorna a RIFORMA DEI SERVIZI SOCIALI
Relazione Signorino e dibattito, in occasione dell'approvazione - 2000
(dai resoconti parlamentari)
ELSA SIGNORINO, Relatore per la maggioranza.
Da "Appunti 5/99", p. 2
Sulla riforma dell'assistenza: alcune note sul dibattito fuori e dentro l'aula
La "riforma dell'assistenza", è arrivata in aula durante l'estate
e dovrebbe essere approvata entro i primi mesi del prossimo anno; è sui
"destinatari" e sulla "esigibilità" degli interventi che si
è concentrato il dibattito sia dentro che fuori dell'aula; di seguito si offre
una sintesi delle posizioni che si stanno confrontando
Lo scorso 5 luglio è approdato alla Camera dei deputati il testo unificato -
predisposto dalla Commissione Affari sociali - della cosiddetta "riforma
dell'assistenza" (in realtà il testo si intitola "Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"); una
riforma lungamente attesa (alcune norme risalgono alla legge Crispi di oltre un
secolo fa) che "rappresenta uno dei tasselli essenziali della innovazione
dell'attuale sistema di welfare" (dalla relazione dell'On. Signorino in
occasione della presentazione del testo).
L'approvazione della riforma rientrava tra i programmi e dell'Ulivo e lo stesso
governo nel maggio 1998 aveva presentato un proprio disegno di legge confluito
nel testo presentato in aula (complessivamente il testo presentato in aula
riunifica 16 proposte di legge).
Nonostante l'importanza del testo in esame, molto scarsa è stata l'attenzione
riservata dai mezzi di informazione al provvedimento; a conferma che all'interno
della cosiddetta riforma del "welfare", "l'assistenza"
assume - come peraltro nella ripartizione della spesa sociale - un ruolo
assolutamente marginale. A pochi mesi dalla "riforma ter"
l'approvazione di questo provvedimento viene visto come un ulteriore importante
tassello nella prospettiva del "nuovo welfare" che il governo
dell'Ulivo intende disegnare.
L'idea base della riforma può essere riassunta in queste affermazioni dell'on.
Signorino in occasione della presentazione del testo "Con la legge in
esame si vuol segnare il passaggio da una accezione tradizionale di
"assistenza" quale luogo di bisogni che possono essere
discrezionalmente soddisfatti, ad una accezione di protezione sociale attiva,
luogo di esercizio della cittadinanza. Il tutto secondo i principi di un moderno
universalismo selettivo orientato alla costruzione di un sistema integrato di
servizi e prestazioni, un sistema a più protagonisti, istituzionali e della
solidarietà, caratterizzato da livelli essenziali di prestazioni, accessibili a
tutti, in particolare a chi vive in condizioni di fragilità sociale; un sistema
finanziato per il tramite della fiscalità e partecipato nei costi dai cittadini
secondo criteri di equità sostanziale (…) Un sistema non più residuale e
perciò stesso più capace di dare risposte anche alle esigenze particolarmente
tutelate dal dettato costituzionale di cui all'art. 38."
Il dibattito in Aula
Nel dibattito in aula una radicale critica a questa impostazione è stata fatta
dal relatore di minoranza, on. Cè ("Quando parliamo di diritto
d'accesso dobbiamo fare riferimento preciso all'art. 38 della Costituzione,
garantendo che almeno per questi soggetti i diritti siano realmente esigibili
(..) Per quanto riguarda le modalità di finanziamento, nell'art. 22 che
concerne la definizione della rete integrata di servizi (..) non ritroviamo una
specificazione di questi livelli essenziali. Si tratta ancora una volta di una
norma di tipo programmatico, di indirizzo, che non da origine a diritti
realmente esigibili"; la stessa tesi è stata sostenuta dall'on.
Tiziana Valpiana, PRC, ("il testo non definisce un quadro di diritti
all'assistenza sociale certi ed esigibili su tutto il territorio nazionale da
una generalità di soggetti chiaramente identificati, né gli organi di governo
obbligati a garantire queste prestazioni e i destinatari degli stessi"). Viene,
dunque contestata l'affermazione che nel testo siano previsti diritti esigibili
e quindi il mancato rispetto del 1º comma dell'art. 38 della Costituzione
"Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale" al quale il
testo dovrebbe dare attuazione.
Tale posizione è fortemente sostenuta dal Coordinamento Sanità e Assistenza
(CSA) di Torino (vedi testo del documento in altra parte della rivista) secondo
il quale la legge non rispetta il dettato costituzionale (art. 38, Comma 1) il
quale non riconosce a tutti i cittadini il diritto al mantenimento e
all'assistenza sociale, ma esclusivamente a coloro che non sono in grado di
procurarsi da vivere in modo autonomo o, se minorenni, con l'aiuto dei propri
congiunti. Si destineranno così alla generalità della popolazione servizi che
dovrebbero essere rivolti a coloro che non possono lavorare (gli inabili al
lavoro) e a coloro che non hanno mezzi di sussistenza necessari per vivere.
Il testo in esame ritiene invece questa impostazione "residuale" e
dunque necessaria di superamento; lo stesso ministro Turco in sede di replica
rispondendo all'on. Cè rivendica l'importante novità del testo ed afferma:
"Sarebbe davvero non corrispondente ai bisogni della moderna società se
noi pensassimo ed impostassimo una legge quadro per l'assistenza operando,
ancora una volta, una distinzione tra i bisognosi, i deboli e le persone
cosiddette normali. Se facessimo una legge quadro di riordino dell'assistenza
rivolta esclusivamente ai soggetti bisognosi (..) non terremmo conto delle
esigenze proprie della nostra società (..) I servizi alla persona devono
essere impostati come servizi che si rivolgono alla normalità della vita
quotidiana delle persone e delle famiglie e questo è il merito del testo in
discussione". Sulla esigibilità dei diritti lo stesso ministro afferma
"Gli standard essenziali contenuti nell'art. 22 del provvedimento
soprattutto al comma 3, non sono aleatori, ma costituiscono servizi molto
precisi. La legge indica, infatti, un insieme di prestazioni di servizi che
ciascun ente locale sarà tenuto a fornire - certamente con gradualità - e che
pertanto, dovrà esigere".
Sul tema dell'esigibiltà pare utile riportare, a completamento, il contenuto di
un'intervista rilasciata da Livia Turco a Mario Tortello ("La stampa",
19.7.99). Alla domanda se il testo contiene diritti esigibili per i più deboli
il ministro risponde: "La riforma dell'assistenza non sarà piena di 'possono'.
Indicherà gli standard essenziali; individuerà le risorse, solleciterà
l'aiuto alle famiglie, valorizzando gli interventi a domicilio e contro il
ricovero negli istituti". L'intervistatore rilancia chiedendo: "Se
gli enti locali non garantiranno gli interventi, cosa potranno fare i
cittadini?" il Ministro così risponde: "Lei mette il dito sulla
piaga. Lo so: faccio fatica, ad esempio, a far applicare la legge che prevede
interventi a sostegno delle persone con handicap gravi. Vorrei avere maggiori
strumenti impositivi. Ma non posso. Il corso della legislazione va nella
direzione del federalismo; è un percorso irreversibile". Alla
ulteriore domanda se i servizi essenziali per i più deboli resteranno ancora
legati alla discrezionalità degli amministratori così Livia Turco conclude:
"La strada da seguire non è quella impositiva. Dobbiamo sostenere gli
enti locali, aiutarli nella progettazione degli interventi, far crescere i
livelli di consapevolezza dei problemi e il senso di responsabilità. Certo,
dobbiamo anche prevedere efficaci poteri sostitutivi, quando gli enti locali
sono latitanti".
La filosofia del provvedimento anima il dibattito anche fuori dell'Aula; abbiamo
già ricordato la posizione del CSA di Torino nettamente contraria a tale
impostazione. Opposta è la posizione di Domenico Rosati (1), che commentando il
testo di riforma, ritiene positiva la filosofia del testo licenziato dalla
Commissione Affari sociali; accettando, infatti, la posizione espressa dall'on.
Cè "viene a ripristinarsi la categoria dei 'poveri' come categoria
sociale fissa e si restringe ad essi la protezione sociale che la Costituzione
vuole per tutti i cittadini in nome del principio di uguaglianza". Lo
stesso concetto è espresso, ad esempio, da Giovanna Rossi (2) "Il
termine "assistenza sociale" tende a riproporre un approccio
pauperistico che, ritenuto obsoleto già quasi trent'anni fa, al comparire sulla
scena sociale delle istanze universalistiche proprie del welfare state di tipo
istituzionale (..) pare oggi essere corroborato da esigenze minimalistiche che
prefigurano uno scenario di vera e propria residualità per l'intero comparto
sociale, a fronte dell'insopprimibile e irriducibile esigenza di contenere i
costi relativi alla spesa sociale".
Sul banco degli imputati ritorna il cosiddetto "approccio residuale",
da superare attraverso un "universalismo selettivo" (vedi art. 2 del
testo unificato).
La domanda che pare opportuno porre a chi propugna un'approccio
"universale" all'assistenza è se tale impostazione fa i conti a
sufficienza con i contenuti del 1º comma dell'art. 38 della Costituzione;
l'articolo può anche non piacere o essere anch'esso ritenuto
"residuale"; ma non si può superarlo senza prima cambiarlo. Pare,
inoltre, che si tenda a sottovalutare che ci sono soggetti in particolare
difficoltà che richiedono "servizi aggiuntivi" certi. Si nota invece
una insofferenza verso la parola "assistenza" che pare francamente
esagerata; si tende a considerarla come una parola fondamentalmente negativa.
Non si può non concordare con Chiara Saraceno (3) quando afferma (il
riferimento è al Reddito minimo di inserimento) "E' una misura di base
di garanzia del reddito per coloro che sono al di sotto di un certo livello di
reddito. Quindi è una misura assistenziale e non dobbiamo vergognarci di questo
termine, perché "assistenziale" in Italia è diventata una brutta
parola. "Assistenziale passivo" sarà brutto, ma non vedo perché
debba essere percepito come sbagliato o negativo "assistenziale" nel
senso che qualcuno ha bisogno di un di più di sostegno. Recuperiamo la
positività dell'azione assistenziale, altrimenti sembra che non possiamo più
prestare attenzione a chi ha bisogno di un sostegno".
Certamente ogni intervento è un "servizio alla persona", ma la
tendenza a scandalizzarsi quando si usa la parola "assistenza" pare
poco comprensibile. Dobbiamo chiederci ad esempio che cosa rappresenta un Centro
diurno per un handicappato intellettivo non avviabile al lavoro? Ovviamente un
servizio alla sua persona; ma è così offensivo dire che si tratta di un
intervento di assistenza sociale? Oppure se una persona o un nucleo familiare
dispone di un reddito inadeguato per vivere, parlare di "assistenza
economica" è così fuori luogo?
Analizzeremo, ora, il testo unificato (t.u.) in particolare in riferimento agli
organi di governo e alla effettiva presenza di diritti esigibili e dunque di
servizi obbligatori (4).
Organi di governo
Posta la titolarità dei comuni riguardo gli interventi sociali (art. 6), uno
dei problemi più importanti connessi con la loro gestione è quello relativo
alle dimensioni territoriali degli organi di governo. Le piccole dimensioni
della stragrande maggioranza dei comuni (su 8.100, circa 7.500 hanno meno di
15.000 abitanti) richiedono gestioni associate (ambiti territoriali) che possono
permettere il governo di reti di servizi. Vediamo ora le parti del t.u. che
fanno riferimento agli organi di governo (le sottolineature sono nostre).
Art. 6 (Funzioni dei comuni), comma 1.
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli
interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione
regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano
territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al
rapporto con i cittadini, tramite associazioni intercomunali o decentramento
delle aree metropolitane, secondo le modalità previste dalle leggi 8 giugno
1990, n. 142, e 15 marzo 1997, n. 59, nonché dall'articolo 3 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 8 (Funzioni delle regioni), comma 3, lettera a.
3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31
marzo 1998, n, 112, spettano in particolare l'esercizio delle seguenti funzioni:
a) determinazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, tramite le forme di concertazione con gli enti
locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli
strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a
rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono
incentivi a favore dell'esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti
territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le
prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota del fondo regionale; Art.
19 (Piano di zona), comma 1.
1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui
all'articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti
della popolazione, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono
per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano
regionale di cui all'articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che
individua:
Art. 20 (Fondo nazionale per le politiche sociali), comma 3,
lettera b.
b) prevedere quote percentuali di risorse aggiuntive a favore
dei comuni associati ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettera a);
Art. 22 (Definizione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali), comma 3
3. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo
i modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni ambito territoriale di
cui all'articolo 8, comma 3, lettera a), almeno l'erogazione delle
seguenti prestazioni:
Il testo di riforma (art. 8, comma 3, lettera a) assegna dunque alle Regioni
(entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge) la determinazione degli ambiti
territoriali che, sembrerebbero obbligatori (peraltro l'art. 3, comma 2, del
decreto legislativo 112/98 assegnava alle regioni il compito di individuare i
livelli ottimali per l'esercizio delle funzioni assegnate ai comuni, affidandole
nel contempo anche poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte
dei comuni stessi).
In realtà la formulazione, seppur migliorata rispetto al testo predisposto dal
Comitato ristretto della Commissione Affari sociali nel novembre scorso, non
fuga tutti i dubbi in merito alla obbligatorietà delle gestioni associate; non
si capisce infatti, se gli ambiti sono obbligatori, perché all'art. 20 si
prevedono "quote percentuali di risorse aggiuntive a favore dei comuni
associati" o anche perché l'on. Signorino nella presentazione del testo
alla Camera afferma che "sono previsti, altresì, a fini di efficacia ed
economicità, incentivi per l'associazionismo dei Comuni".
Quello della obbligatorietà delle gestioni associate è un aspetto troppo
importante e non può rimanere ambiguo; la definizione di ambiti territoriali
è, infatti, condizione indispensabile per realizzare reti di servizi.
Servizi obbligatori?
Come abbiamo visto nel dibattito alla Camera, e non solo, molto si è discusso
se nel testo siano stati previsti servizi obbligatori e dunque diritti
esigibili; più volte nella discussione si è fatto riferimento agli articoli 2
e 22 del testo unificato che riportiamo di seguito integralmente (le
sottolineature sono nostre). L'on. Signorino nella presentazione della legge
così si è espressa "L'articolo 2 individua i soggetti
destinatari degli interventi e dei servizi disciplinati dal provvedimento,
secondo i richiamati principi di universalismo selettivo, che prevedono
l'individuazione di criteri preferenziali di accesso in base a caratteristiche
psicofisiche e reddituali. L'articolo 2 riconosce inoltre la natura di diritti
soggettivi alle misure disciplinate dagli articoli 24 (reddito minimo di
inserimento) e 25 (emolumenti economici connessi all'invalidità civile, cecità
e sordomutismo). Nel contempo, la definizione di livelli essenziali di
prestazioni, previsti all'articolo 22, intende garantire in generale tutte le
posizione soggettive disciplinate dalla legge".
Art. 2 (Diritto alle prestazioni).
1. Hanno diritto ad usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema
integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto
degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi
regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti alla Unione europea ed i loro
familiari, nonché i cittadini extracomunitari e gli stranieri presenti in
Italia per motivi di lavoro e in possesso di regolare permesso di soggiorno, o
in attesa di rinnovo dello stesso. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi
sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all'articolo 129, comma 1,
lettera h) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2. Al sistema integrato di interventi e servizi sociali, che riveste
carattere di universalità, accedono tutte le persone di cui al comma 1, con
priorità per quelle in stato di povertà o con limitato reddito o con
incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità
di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale e
attiva e nel mercato del lavoro, nonché per le persone sottoposte a
provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi
assistenziali. Ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, le persone di cui al comma 1 devono essere compiutamente
informate dagli erogatori dei servizi sulle diverse prestazioni di cui possono
usufruire, sui requisiti per l'accesso e sulle modalità di erogazione per
effettuare le scelte più appropriate. 3) Al fine di assicurare la tutela
delle posizioni soggettive garantite dalla presente legge sono definiti, ai
sensi dell'articolo 22, livelli essenziali di prestazioni da parte del sistema
integrato di interventi e servizi sociali.
4) Per le finalità di cui al comma 3, i soggetti di cui all'articolo 1,
commi 3 e 4, sono tenuti a realizzare il sistema integrato di interventi e
servizi sociali e a consentire l'esercizio del diritto soggettivo a beneficiare
delle prestazioni economiche di cui agli articoli 24 e 25.
Art. 22 (Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante
politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale,
integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure
economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia
delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle
risposte. 2. Per garantire uniformità di offerta sul territorio nazionale,
gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle
prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi, secondo le
caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale
e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali,
tenuto anche conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla
spesa sociale: a) misure di sostegno e promozione delle condizioni
dell'infanzia, dell'adolescenza e delle responsabilità familiari, attraverso
servizi, misure economiche e organizzazione dei tempi atti a favorire
l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare; b) misure di
sostegno nei confronti di minori e adulti con mancanza totale o parziale di
autonomia tramite l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie
di accoglienza; c) misure di contrasto alla povertà a favore di
cittadini impossibilitati a produrre reddito per limitazioni personali o
sociali; d) misure economiche per favorire la vita autonoma o la
permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere
gli atti propri della vita quotidiana; e) servizi di aiuto alla persona
per favorire la permanenza a domicilio di anziani, disabili e persone con
disagio psicosociale, nonché iniziative per promuovere e valorizzare il
sostegno domiciliare e l'integrazione sociale attraverso forme innovative di
solidarietà comunitaria; f) accoglienza e socializzazione presso
strutture residenziali e semiresidenziali di anziani e disabili, con elevata
fragilità personale, sociale e limitazione dell'autonomia, non assistibili a
domicilio; g) informazione e consulenza alla persona e alle famiglie per
favorire la fruizione dei servizi e promuovere iniziative di auto-aiuto; h)
prestazioni integrate di tipo socio-sanitario e socio-educativo per contrastare
dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura
preventiva, di recupero e reinserimento sociale; i) percorsi integrati
socio-sanitari tramite servizi e misure economiche per favorire l'inserimento
sociale, l'istruzione scolastica, professionale e l'inserimento al lavoro di
persone con disabilità psico-fisica.
3. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo i
modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni ambito territoriale di cui
all'articolo 8, comma 3, lettera a), almeno l'erogazione delle seguenti
prestazioni: a) servizio sociale professionale e segretariato sociale
per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; b)
interventi per le situazioni di emergenza sociale, personali e familiari; c)
assistenza domiciliare; d) strutture residenziali e semiresidenziali per
soggetti con fragilità sociali; e) centri di accoglienza residenziali o
diurni a carattere comunitario.
L'art. 22, in realtà, elenca al comma 2, una serie di possibili interventi,
specificando che gli stessi costituiscono il livello essenziale delle
prestazioni erogabili "nei limiti delle risorse del Fondo nazionale sulle
politiche sociali"; il comma 3 restringe, poi, il livello essenziale delle
prestazioni da erogare in ogni ambito territoriale ad almeno 5 tipologie di
servizi, peraltro abbastanza generici (ad esempio cosa si intende per strutture
residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali? e quando si
parla di Centri diurni o residenziali a carattere comunitario?), che dovranno
essere previsti nelle leggi regionali.
Ma, anche in riferimento ai servizi previsti nel 3º comma, non pare possibile
affermare che si tratti di servizi obbligatori e dunque di diritti esigibili.
Come afferma Salvatore Nocera "è noto a chiunque che non si può parlare
di esigibilità di un diritto soggettivo se non si è in presenza di prestazioni
determinate esattamente dalle norme, in modo tale che, in caso di inadempienza
del soggetto obbligato possa intervenire in via sostituiva il giudice" (5).
E questo il testo unificato non pare prevederlo.
(1) "E venne il tempo dei servizi alla persona", in
"Italia Caritas", p. 12, settembre 1999.
"I servizi alla persona in Italia. Due itinerari per l'analisi",
in "Sociologia e politiche sociali", n.1/1999, p. 9.
Intervento al seminario della CGIL "Il reddito minimo di inserimento. Un
intervento integrato di sostegno al reddito e di inserimento sociale",
Roma 15.1.99, in "Nuova rassegna sindacale", n. 31/99, p. 6.
Ovviamente ci sono molti altri aspetti del t.u. e che necessiterebbero di
approfondimento, primo tra tutti il ruolo delle IPAB (l'on. Signorino,
presentando il t.u., citando un censimento del Ministero della solidarietà
sociale, ha affermato che il numero delle IPAB - che gestiscono servizi
residenziali per anziani per 67.000 utenti - è stimato in circa 4.200, per un
patrimonio di 37 mila miliardi) ma anche la definizione delle prestazioni che
afferiranno al Fondo sociale e quelle al Fondo sanitario. Pare opportuno
ricordare che in occasione della "riforma ter" (Decreto Legislativo n.
229 del 16.9.1999), le regioni presentarono (cfr, ASI, n. 18/99) emendamenti
"essenziali", accolti dal ministro, volti a "sfumare" la
titolarità sanitaria (dunque le spese) nelle prestazioni definite ad alta
integrazione sociosanitaria di competenza delle aziende sanitarie. La parte
riguardante le prestazioni "sociosanitarie" nella "riforma ter"
è riportata in "Appunti", n. 4/99, p. 22. Per un dettagliato esame
del "percorso" della riforma sanitaria, dal testo approvato dal
Consiglio dei Ministri fino alla approvazione definitiva si può fare
riferimento ai numeri 12, 14, 15, 18, 19, 20, 21, 24/1999 della rivista
"ASI".
(5) "Il testo unificato della legge quadro sui servizi sociali",
in "Politiche sociali", n. 6/98, p.46.
Il dibattito sulla riforma dell'assistenza
Riportiamo di seguito alcuni interventi (ripresi dal resoconto stenografico) svolti alla Camera dei deputati durante l'esame del testo "Disposizioni per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali". Nel commento sopra riportato (cfr. anche il numero 5/99, pag. 2, di "Appunti"), avevamo dato conto delle diverse posizioni emerse. Posizioni che si sono confrontate anche nella seduta del 18 gennaio nella quale l'on. Novelli con un emendamento (poi respinto) proponeva l'obbligatorietà di alcuni interventi e servizi. I temi oggetto del dibattito riguardano in particolare l'esigibilità dei servizi e la concreta applicazione dell'art. 38 della Costituzione. Si può seguire il dibattito parlamentare sulla riforma attraverso il sito internet della Camera dei deputati (
www.camera.it) facendo una ricerca per numero (332) del progetto di legge.