E' stato approvato definitivamente dal Senato, in data 22
dicembre 2003, il provvedimento
che introduce in Italia il nuovo - attesissimo - istituto di
protezione civilistica degli infermi di mente: l'
"amministrazione di sostegno".
Si tratta di una riforma che è destinata a incidere
profondamente sulla quotidianità dei malati psichici.
Gli inconvenienti della disciplina in vigore - quella
imperniata sulle figure dell'interdizione e dell'inabilitazione,
vecchia ormai di due secoli - sono in effetti molteplici:
costosità del processo, eccesso di pubblicità (le sentenze
vengono annotate nel registro di stato civile), difficoltà per
l'interessato di difendersi. Soprattutto pesantezza delle
conseguenze tecniche: all'interdetto viene impedito di fare ogni
cosa; non può sposarsi, né fare testamento, né regalare un
oggetto a un amico, né riconoscere un proprio figlio naturale,
né ottenere un impiego pubblico. Qualunque contratto da lui
stipulato è annullabile, anche il più modesto, solo che al
tutore così piaccia. E all'inabilitato non va molto meglio.
Misure "totalizzanti" insomma, quasi sempre
sproporzionate alle necessità di protezione del soggetto.
Etichette odiose, che le famiglie sono le prime a temere per i
propri cari.
Oltre tutto misure spesso inapplicabili. E' quanto emerge
dall'art. 414 c.c.: per essere interdetti occorre versare
"in condizioni di abituale infermità di mente", e
tale stato deve rendere la persona "incapace di provvedere
ai propri interessi". Ebbene, fra i disabili psichici
viventi in Italia (circa 700.000) solo una piccola parte sta
effettivamente così male; gli altri non sono colpiti fino a
quel punto, comunque non sempre, non continuativamente. E per
soccorrerli legalmente , quando arriva un momento difficile ,
non esiste nulla oggigiorno. Come investire una piccola
liquidazione, quali clausole introdurre in un vitalizio, a chi
vendere i mobili di casa, quanto farsi dare per la cessione
delle quote in un'azienda, a quale appaltatore affidare un
restauro, a quanto affittare quel magazzino, come attuare una
divisione ereditaria? Il disabile psichico (se non ha una
famiglia, o se questa non lo ama) resta abbandonato a se stesso:
facile preda per chiunque.
Ecco perciò l'amministrazione di sostegno. Il giudice
tutelare - mettiamo - viene avvertito (dagli operatori, dai
vicini di casa, dal p.m.) che una persona si trova in difficoltà:
entra in azione allora, s'informa tramite gli assistenti
sociali, dispone eventualmente una perizia, se occorre va a
parlare con la persona, consulta chi le sta intorno. Alla fine
emetterà un decreto - anticipandone magari una parte, in via
d'urgenza - in cui provvede a nominare qualcuno (tratto dalla
famiglia, dal volontariato, dagli amici) amministratore di
sostegno: indicando quali operazioni costui potranno essere
compiute "in nome e per conto" dell'interessato,
precisando date d'inizio e fine dell'incarico.
Una "filosofia" opposta a quella dell'interdizione,
come si vede. Sul piano dei principi in primo luogo: l'
incapacitazione non è più a 360°, ma riguarda solo gli atti
specificamente menzionati (magari uno soltanto); per tutto il
resto il beneficiario conserva intatta la propria sovranità, i
suoi diritti. Sul piano della direzione della tutela, poi: le
misure tradizionali, non è chiaro se siano qualcosa che va a
pro' dell'infermo, o non piuttosto della società (emarginare
dal traffico i diversi) o magari della famiglia (bloccare
qualcuno che potrebbe dilapidare il patrimonio); il nuovo
provvedimento dovrà essere assunto, invece, tenendo
"conto, compatibilmente con gli interessi della persona,
dei bisogni e delle richieste di questa".
Sul piano delle garanzie, poi: l'infermo può attivare lui
stesso la procedura, nominare un proprio consulente, esigere un
rendiconto periodico, pretendere in ogni momento la modifica o
la revoca del provvedimento. Sul piano della snellezza
procedurale, ancora; ogni passaggio del rito si svolge in modo
informale, gli avvocati non servono, tutto è tendenzialmente
gratuito. Sul piano dei doveri dell'amministratore, infine:
costui - scelto "con esclusivo riguardo agli interessi e
alla cura della persona del beneficiario" - dovrà operare
per la miglior felicità del paziente, agendo "con la
diligenza del buon padre di famiglia"; e se non si comporta
bene potrà venir sospeso, rimosso, eventualmente condannato a
risarcire di danni.
La seconda grande differenza si coglie sul terreno dei
destinatari della protezione. L'interdizione riguarda solo gli
infermi di mente, nessun altro "debole" esiste per il
legislatore. Il nuovo strumento è pensato - invece - per venire
incontro a chiunque si trovi in difficoltà nell'esercizio dei
propri diritti. Non soltanto disturbati psichici: anche anziani
della quarta età, handicappati sensoriali, alcolisti,
tossicodipendenti, soggetti colpiti da ictus, malati, morenti.
In certi casi extracomunitari, detenuti.
Quante fra le persone che versano in frangenti simili non
risultano - effettivamente - sole al mondo, attorniate da
parenti di cui non si fidano, alle prese con decisioni superiori
alle proprie forze , impossibilitate a conferire una procura a
chicchessia?
Inutile dire che tutto ciò - milioni di futuri
"clienti" dell'a.d.s. - richiederà uno sforzo
organizzativo di prim'ordine: uffici giudiziari potenziati,
assistenti sociali capillari, scuole di formazione,
coordinamento fra i servizi , tecnologia e informatica a piene
mani. E' sufficiente dire che i beneficiari del'a.d.s. dovranno,
nella misura del possibile, contribuire al finanziamento
dell'apparato? Che si tratterà, in generale, di una maniera
diversa di impiegare risorse attualmente investite in altro
modo? E se emergesse che occorrono invece nuove spese, varrà la
pena per il paese di affrontarle? Ecco alcune domande del nuovo
welfare che si affaccia per il terzo millennio.
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