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Giunta Regionale
Direzione Generale Famiglia e solidarietà sociale
Il Direttore Generale
Data:29.04.2002
Protocollo: G1.2002.0007697
Ai Direttori Generali
delle ASL
Ai Direttori Sociali delle ASL
Ai Presidenti·delle Assemblee distrettuali dei Sindaci
delle Conferenze dei Sindaci
per il tramite delle ASL
Al Comune di Milano
Ripartizione Assistenza
Al Presidente dell'ANCI Lombardia
LORO SEDI
Oggetto: Linee
guida esplicative della d.g.r. 11 novembre 2001, n. VII/7069.
Con la presente circolare si intendono fornire indicazioni relative alle modalità
di utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali
attraverso la predisposizione ed attuazione dei Piani di zona previsti dall'art.
19 della legge 328/2000.
1.1 Individuazione
dell’ambito distrettuale di riferimento dei piani di zona
Secondo quanto disposto
dalla legge 328/00 e recepito dalla regione Lombardia con DGR. VII/7069 del
23/11/01 l’ambito territoriale di riferimento per la redazione e attuazione
dei P.D.Z. è individuato nell’ambito distrettuale (distretti sociosanitari
delle ASL).
E’ facoltà dei comuni
appartenenti al medesimo distretto di associarsi, in presenza di particolari
condizioni, con altri distretti per dare vita ad un unico piano di zona che
pertanto ricomprenderà tutti i comuni appartenenti ai distretti associati.
E’ esclusa invece la
possibilità che i comuni si associno all’interno di un medesimo distretto per
dar vita a più piani di zona.
1.2 Individuazione
dell’organo di rappresentanza “politica“ della programmazione zonale
L’organo di
rappresentanza politica per la programmazione del sistema di interventi e
servizi sociali è individuato nell’assemblea dei sindaci di distretto ai
sensi dell’art. 6 della l.r. 31/97 e della d.g.r. VI/41788 del 5 marzo 1999.
Per il Comune di Milano
l'organismo è individuato nel Consiglio di indirizzo definito al punto 2.1
dello schema quadro di protocollo d'intesa tra Comune di Milano e ASL della Città
di Milano (d.g.r. VI/39652 del 20 novembre 1998).
1.3 Individuazione
della struttura “tecnica” di programmazione zonale
In ognuno degli ambiti,
cosi’ come definiti al punto 1.1), può essere attivato un organismo tecnico
di programmazione (”Ufficio del piano” o altra idonea struttura) che
opera, in pieno raccordo con l’organo di rappresentanza politica, per la
programmazione e attuazione del piano di zona; le modalità di costituzione,
organizzazione e le competenze dell’organismo tecnico sono stabilite
all’interno dell’accordo di programma.
1.4 Ruolo delle
aziende sanitarie locali
L’ASL, ferme restando
le competenze in materia di programmazione sociosanitaria e sociale previste
dalle ll.rr. n. 31/97 e n. 1/2000, con l'obiettivo di assicurare un corretto e
proficuo rapporto con i comuni, attraverso una stretta collaborazione tra la
direzione generale dell'ASL stessa e la conferenza dei sindaci:
§
può collaborare con i comuni fornendo informazioni e dati utili per la
definizione dei P.d.Z.;
§
cura che gli ambiti distrettuali operino all’interno del contesto zonale
ricompreso nel territorio dell’intera ASL in maniera integrata e coerente;
§
svolge il ruolo di raccordo e sintesi nei confronti della Regione per costruire
il quadro complessivo del sistema a livello dell'intero territorio ASL, nonché
di gestione del debito informativo degli ambiti distrettuali;
§
manifesta l’intesa tenendo conto di quanto stabilito negli atti programmatori
regionali con particolare riferimento al Piano socio-sanitario regionale
2002-2004 e alla d.g.r. 7069/2001 assicurando inoltre l’attribuzione agli
ambiti distrettuali delle risorse così come stabilito dalla citata
deliberazione.
In sintesi, la procedura
per il raggiungimento dell’intesa tra ambito distrettuale e ASL può
essere esemplificata negli “step” seguenti:
·
elaborazione del P.d.Z., da parte dell’ambito distrettuale;
·
presentazione del P.d.Z. da parte dei comuni all’ASL per l’acquisizione
dell’intesa;
·
manifestazione dell’intesa da parte dell’ASL da assumersi con atto
deliberativo;
·
sottoscrizione e approvazione dell’accordo di programma da parte dei comuni a
seguito dell'intesa con l'ASL;
·
erogazione del finanziamento all’organismo di gestione individuato
dall’A.d.P.
Per il comune di Milano,
in merito all'approvazione del piano di zona e alla successiva erogazione delle
risorse, si fa riferimento a quanto disposto con d.g.r. VII/7069/2001.
L’ASL effettua la
verifica e il monitoraggio dell’attuazione dei P.d.Z. per le annualità di
vigenza dei medesimi e, nella logica del continuo miglioramento, anche degli
eventuali aggiornamenti degli stessi, in accordo con i comuni. L'ASL dovrà
esprimere una nuova intesa sugli aggiornamenti dei P.d.Z. proposti dall'ambito
distrettuale.
1.5 Obiettivi e
priorità regionali di riferimento
Gli obiettivi e le
priorità d'intervento sono delineati nel Piano sociosanitario regionale 2002 -
2004 approvato dal Consiglio regionale con atto 13 marzo 2002, n. VII/462. Tali
obiettivi dovranno essere tradotti operativamente all'interno dei Piani di zona.
1.6 Finalizzazione
delle risorse
La quota indistinta del
FNPS, di competenza dei singoli distretti, è indicata nelle apposite tabelle di
riparto allegate alla DGR. 7069/01: il 2% di tale somma è riservato agli
adempimenti connessi all’avvio della riforma di cui alla legge 328/00.
In sede di prima
attuazione della L. 328/00, nella DGR. 7069/01, sono state individuate, nel
rispetto della "libera scelta del cittadino", precise modalità di
finalizzazione delle risorse del fondo:
a) una
percentuale che tenda - nel triennio - al 70 % della quota assegnata deve essere
destinata allo sviluppo di interventi volti al mantenimento al domicilio dei
soggetti fragili (art. 15 e 16, comma 3, lettera d) ed e) L. 328/00) da
realizzarsi attraverso l’erogazione di “buoni” e “voucher”.
Entrambi i “titoli
sociali” (buoni e voucher) sono finalizzati a sostenere il soddisfacimento
di bisogni di tipo sociale:
·
il buono è un titolo per mezzo del quale si riconosce e sostiene,
prioritariamente, l’impegno diretto dei caregiver familiari o appartenenti
alle reti di solidarietà nell’accudire in maniera continuativa un proprio
congiunto in condizione di fragilità. Lo stesso, inoltre, può essere orientato
a soddisfare i bisogni di altri soggetti in condizioni di fragilità sociale
nell'ambito di progetti individualizzati definiti con i servizi sociali dei
comuni;
·
il voucher è un titolo per mezzo del quale è possibile acquistare
pacchetti di prestazioni sociali erogate da parte di caregiver professionali
(es. assistenza domiciliare, pasti a domicilio, servizi di lavanderia ecc).
In considerazione del
divario esistente tra risorse disponibili e bisogni assistenziali dell'utenza,
nella definizione dei programmi di intervento e sostegno alla persona, sono da
privilegiare obiettivi e percorsi in modo tale che i "titoli", siano
essi buono/voucher sociale che voucher sociosanitario, non insistano, se
possibile, sullo stesso beneficiario.
Parimenti a quanto già
previsto per il voucher sociosanitario, il buono/voucher sociale viene sospeso
al momento del ricovero del beneficiario in strutture residenziali e
semiresidenziali e ospedali, escluso il “ricovero di sollievo” per un
massimo di trenta giorni consecutivi, per non più di due volte nel corso
dell'anno.
b)
la restante percentuale che tenda - nel triennio - al 30 % della quota assegnata
deve essere destinata alla razionalizzazione e al potenziamento dei servizi
indicati ai commi 2, 3, 4, dell’art. 20 legge 328/00 con particolare riguardo
al servizio di pronto intervento sociale, ai ricoveri di sollievo, e al
riconoscimento degli oneri per il potenziamento dei servizi non cofinanziati con
risorse autonome regionali.
Per quanto riguarda
l’indicazione contenuta nella DGR. 7069/01 circa i criteri di
ripartizione del fondo sociale in interventi (70%) e razionalizzazione e
potenziamento dei servizi (30%), va sottolineato che sono da considerarsi
legittimi all’interno delle singole annualità di vigenza del P.D.Z. eventuali
scostamenti dalla ripartizione percentuale indicata in delibera.
Si raccomanda tuttavia al
programmatore locale, di non prevedere nelle singole annualità scostamenti
eccessivi rispetto alle percentuali indicate nel provvedimento citato.
Si ricorda che le quote
di finanziamento del Fondo Nazionale per le politiche sociali (risorse
indistinte) non possono, in alcun modo, essere considerate sostitutive dei fondi
autonomi comunali; ciascun comune è quindi tenuto a confermare almeno gli
impegni finanziari già in atto precedentemente all’assegnazione delle risorse
in oggetto.
Tale impegno dovrà
essere dimostrato attraverso la compilazione e la sottoscrizione delle schede
allegate relativamente alla spesa sostenuta per gli anni 2000 e 2001 (si veda il
successivo punto 2.6).
Si rammenta che anche i
finanziamenti regionali (fondo sociale regionale - ex "circ. 4") sono
sussidiari rispetto alle risorse che ciascun comune deve rendere disponibili per
il funzionamento della rete dei servizi e degli interventi sociali. La stabilità
del fondo sociale regionale potrà essere assicurata nei limiti previsti
annualmente dalla programmazione economica e finanziaria nazionale e regionale.
I soggetti coinvolti sono
principalmente i seguenti:
·
comuni dell’ambito distrettuale;
·
ASL;
·
soggetti del Terzo settore (come da l.328/00).
L'art. 19 della legge di
riforma contiene elementi di dettaglio per puntualizzare gli obiettivi, anche
operativi, che un Piano di Zona deve avere, in particolare:
a) favorire
la formazione dei sistemi sociali integrati, promuovendo risorse di solidarietà
e di auto-aiuto;
b)
responsabilizzare i cittadini e le strutture nella programmazione, nella
co-progettazione e nella verifica dei servizi;
c)
qualificare la spesa con un impiego coerente delle risorse finanziarie e con
l'adozione di procedure efficienti di spesa e di controllo della stessa;
d)
promuovere iniziative di formazione e altre azioni di sistema, per consentire la
crescita delle competenze professionali delle risorse umane impegnate nella
promozione e nell'attuazione del Piano di Zona, ma anche per supportare la
costituzione di una struttura organizzativa dedicata e coerente con il complesso
di azioni da realizzare.
Il Piano di zona non
deve, pertanto, essere inteso come uno strumento meramente distributivo di
risorse ma come uno strumento dinamico e flessibile capace di cogliere i bisogni
della collettività e di assicurare le risposte più coerenti ed adeguate.
Il Piano di Zona deve
garantire la possibilità di fruizione delle prestazioni previste all'art. 22,
comma 4, della legge 328/2000, nell'ambito distrettuale di riferimento.
Per particolari
situazioni (economicità di gestione, dimensioni territoriali, …) tali
prestazioni possono essere garantite anche a livello sovradistrettuale senza che
debba essere necessariamente realizzata l'associazione tra ambiti. Tale modalità
di gestione dovrà essere esplicitata all'interno dei P.d.Z. e dei relativi
Accordi di programma.
Il PDZ deve divenire il
luogo privilegiato in cui riconoscere e agevolare il ruolo del Terzo settore
creando le condizioni per affidare ad esso, in maniera significativa e
rilevante, l'organizzazione e la gestione del sistema integrato degli interventi
e dei servizi ai fini della concreta attuazione del principio di sussidiarietà
orizzontale.
L'art. 19 della legge di
riforma definisce la logica di sviluppo del Piano di Zona, mentre gli obiettivi
e le priorità regionali delle aree sono illustrate nel PSSR 2002-2004 che
individua i contenuti e le azioni che i comuni dell'ambito distrettuale, e il
Comune di Milano, devono programmare.
Oggetto della
programmazione zonale saranno i servizi e gli interventi sociali, intendendo per
sociali tutti quei servizi, unità d'offerta e interventi che non ricevono
finanziamenti sul Fondo sanitario regionale.
L'articolazione del piano
di zona deve svilupparsi secondo i seguenti contenuti che costituiscono pertanto
l'indice del piano di zona:
a)
RILEVAZIONE DEI DATI sui principali fenomeni sociali e sull'offerta di servizi e
prestazioni della zona con la lettura dei punti di forza e di debolezza del
tessuto sociale dell'area territoriale interessata;
c) OBIETTIVI STRATEGICI (corredati di opportuni
indicatori di risultato e definizione delle tempistiche e fasi di attuazione);
d) PRIORITÀ' DI INTERVENTO;
e) AZIONI DI SISTEMA necessarie per sostenere gli attori
pubblici e del terzo settore nella implementazione di nuovi modelli
organizzativi, di procedure semplificate e di metodi di lavoro più flessibili e
rispondenti alla domanda;
f) MODALITÀ ORGANIZZATIVE della
struttura amministrativa e tecnico-gestionale per l'attuazione degli interventi
g) MODALITA' ORGANIZZATIVE E DI GESTIONE dei
servizi e degli interventi previsti;
h) RISORSE FINANZIARIE, STRUTTURALI ED UMANE
necessarie per la realizzazione degli obiettivi;
i) MODALITÀ DI INTEGRAZIONE tra
le prestazioni offerte dai diversi servizi in modo da fornire risposte
complessive a bisogni differenziati che riguardano lo stesso persona o la stessa
famiglia;
j) MODALITÀ DI COLLABORAZIONE E
DI COORDINAMENTO:
· tra i servizi pubblici e i soggetti del Terzo Settore
operanti sul territorio;
· con gli organi periferici dell'e amministrazioni
statali connesse;
k) DEFINIZIONE DEGLI ACCORDI con l'Azienda
sanitaria locale e con gli altri soggetti titolati.
Uno strumento operativo
per la redazione dei piani di zona è rappresentato dalle schede di rilevazione
allegate alla presente circolare (ALLEGATO n. 2); le schede permetteranno
di rilevare il quadro complessivo del sistema a livello degli ambiti fornendo
informazioni sulla presenza degli specifici servizi ed interventi e,
conseguentemente, la definizione di quelli da attivare per costituire la rete
integrata dei servizi ed interventi sociali; di rilevare o definire le modalità
di gestione, diretta o esternalizzata, e le spese sostenute o da sostenere nonché
le entrate relative alla gestione dei servizi e degli interventi.
Dovranno essere
individuate tutte le risorse di carattere finanziario, strutturale e umane,
pubbliche e private che concorrono alla realizzazione del sistema dei servizi e
degli interventi sociali previsti nel piano.
Le medesime schede
dovranno essere utilizzate per la rendicontazione annuale dei servizi e degli
interventi realizzati in attuazione del Piano di zona.
Nel P.d.Z. dovrà trovare
collocazione, oltre ai servizi e agli interventi complessivamente erogati, anche
quanto realizzato con i finanziamenti disposti con le c.d. leggi di settore. Le
progettazioni finanziate dovranno allinearsi, laddove possibile, alla dimensione
territoriale e temporale del P.d.Z. (si pensi ai progetti biennali o triennali
relativi alla legge 285/97 o alla legge 45/99) mentre le nuove progettazioni
saranno da subito inserite nell'ambito distrettuale di riferimento.
In ogni caso è esclusa
la possibilità che tali progetti prevedano la realizzazione di servizi o di
interventi già altrimenti finanziabili. I progetti dovranno, inoltre, essere
orientati a favorire una presenza diffusa del terzo settore nella realizzazione
degli stessi, prevedendo significativi incrementi rispetto alle situazioni in
atto.
2.4 Durata del Piano
di zona
Il P.d.Z. decorre
dall’anno 2002 e ha durata triennale: 2002-2004. Lo stesso prende avvio
“operativo” nel momento in cui l’ASL dispone nei confronti dell’ambito
distrettuale l’assegnazione del fondo per le politiche sociali. Le risorse
rese disponibili vanno ripartite nel periodo di vigenza del Piano di Zona (2002
- 2004).
Si rammenta che la prima
annualità dei P.d.Z. godrà della disponibiltà di risorse riferite agli anni
2001 e 2002 del FNPS (quota indistinta). Tale circostanza eccezionale non potrà
ovviamente ripetersi nelle successive annualità, pertanto, si raccomanda al
programmatore locale di tenerne debito conto al fine di garantire la fattibilità/sostenibilità
di quanto programmato.
2.5 Scadenze
La scadenza per la
presentazione dei Piani di zona all'ASL competente per territorio, da parte
degli ambiti distrettuali, dovrà avvenire, di norma, entro il 30 giugno 2002.
2.6 Debito informativo
In relazione a quanto
accennato al punto 1.6, ed in ottemperanza di quanto previsto dalla d.g.r.
7069/01, ogni Piano di Zona deve contenere, con riferimento agli anni 2000 e
2001, per ogni comune dell’ambito le indicazioni relative alla spesa sociale
sostenuta, secondo le schede allegate (ALLEGATO n. 1).
I dati dovranno essere
riferiti agli impegni di spesa ed agli accertamenti delle entrate effettivamente
assunti nell'esercizio di bilancio di riferimento.
La rilevazione delle
risorse, serve anche a dimostrare il rispetto del carattere aggiuntivo e, quindi
assolutamente non sostitutivo, dei finanziamenti statali ex lege 328/00 rispetto
alla spesa storica di ogni comune in campo socio-assistenziale.
Le schede di rilevazione
dei dati relativi agli interventi e ai servizi sociali nonché alla relativa
spesa, opportunamente validati dall’organismo tecnico, dovranno essere
trasmesse alle ASL di riferimento e costituiscono il “debito informativo”
nei confronti della regione. Le rilevazioni dovranno avere cadenza annuale per
consentire la verifica dell'attuazione dei piani di zona.
3. Predisposizione,
sottoscrizione e approvazione accordo di programma
L’accordo di
programma è lo strumento con il
quale le diverse amministrazioni interessate all’attuazione del Piano
coordinano i rispettivi interventi per il raggiungimento degli obiettivi comuni,
determinando il ruolo e gli impegni di ogni soggetto, i sistemi di regolazione
interna delle relazioni reciproche, i tempi, il finanziamento e gli adempimenti
necessari alla realizzazione degli obiettivi.
Attraverso l’A.D.P. i
comuni dell'ambito distrettuale si dotano della configurazione necessaria e
sufficiente per la gestione delle funzioni di loro competenza nell'attuazione
del piano di zona.
L’autonomia decisionale
e organizzativa che contraddistingue il ruolo degli enti locali renderà
possibile lo sviluppo delle diverse forme di gestione associata previste dalla
legislazione vigente.
3.1 Soggetti coinvolti
nell’A.d.P.
L’Accordo di Programma
viene sottoscritto dai soggetti istituzionali del territorio ai sensi
dell’art.34 del DLgs. 267/00.
Per quanto riguarda i soggetti
non istituzionali, e in particolare i soggetti del terzo settore,
ferma restando la necessità di coinvolgere e favorire l’apporto di tutti i
soggetti attivi nella progettazione e comunque in grado di dare apporti in tal
senso, si prevede la loro adesione all’A.d.P in qualità di soggetti che
aderiscono agli obiettivi del P.d.Z. e dichiarano la propria volontà di
concorrere alla loro realizzazione. Questi ultimi saranno i soggetti
prioritariamente coinvolti, a livello locale, nella gestione dei servizi e degli
interventi sociali, nonché nell'individuazione dei criteri di valutazione e
verifica della realizzazione degli obiettivi.
Si distinguerà quindi
tra soggetti sottoscrittori dell’Accordo di programma e soggetti
aderenti all’Accordo medesimo, per sottolineare la responsabilità dei
soggetti istituzionali nella realizzazione del sistema locale dei servizi
sociali a rete, e la necessaria valorizzazione e coinvolgimento dei soggetti del
Terzo settore e degli altri soggetti interessati alla costruzione e gestione del
sistema, fin dalla fase della programmazione.
3.2 Validità dell’A.d.P.
Nella logica di
costruzione delle rete integrata dei servizi e degli interventi sociali tutti i
comuni dell’ambito distrettuale devono essere inclusi nel P.d.Z. e partecipare
all’A.d.P. sottoscrivendolo.
Nel caso alcuni comuni
dissentano dai contenuti del P.d.Z. l’approvazione dello stesso può essere
assunta secondo le modalità previste dal regolamento dell’assemblea
distrettuale dei sindaci per l’approvazione degli argomenti a maggioranza.
3.3 Contenuti dell’A.d.P.
Al fine di facilitare una
lettura comparata degli accordi di programma si propone il seguente indice di
contenuti:
1)
soggetti sottoscrittori;
2) soggetti aderenti;
3) contenuti;
4) finalità;
5) durata dell’accordo;
6) descrizione degli
adempimenti e dei compiti di ogni soggetto sottoscrittore;
7) descrizione degli
adempimenti e dei compiti di ogni soggetto aderente;
8) quadro delle risorse
umane, finanziarie e strumentali impiegate;
9) modalità di
coordinamento e di verifica;
10) istituzione della struttura
tecnica per l’attuazione del Piano di Zona e definizione delle modalità di
organizzazione e gestione;
11) intesa con l'ASL;
12) clausole arbitrali.
4. Riferimenti
normativi
·
Legge Regionale 11 Luglio 1997, n. 31 "Norme per il riordino del servizio
sanitario regionale e sua integrazione con le attività dei servizi
sociali";
·
Regolamento Regionale 24 aprile 1998, n. 1 “Regolamento regionale concernente
le attribuzioni e il funzionamento della conferenza dei sindaci e del consiglio
di rappresentanza dei sindaci, in attuazione dell’art. 3, comma 14, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e
integrazioni e dell’art. 6, commi 7 e 8 della legge regionale 11 luglio 1997,
n. 31”;
·
Regolamento regionale 12 giugno 1999, n.1 “Regolamento di funzionamento del
dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate delle Aziende Sanitarie
locali, di cui all’art. 8, comma 10 della l.r. 11 luglio 1997, n.° 31
<Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione
con le attività dei servizi sociali>”;
·
Legge Regionale 5 gennaio 2000, n. 1 ” Riordino del sistema delle autonomie in
Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31marzo 1998 n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali in
attuazione del Capo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59)" ( art. 4, commi
1-90);
·
Legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali”;
·
Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali emanato a norma della
legge 328/2000;
·
Atti di indirizzo nazionali a norma della legge 328/2000 relativi ai rapporti
con il terzo settore ed i requisiti minimi delle strutture residenziali;
·
DGR. VII /7069 del 23/11/01 “Ripartizione delle risorse indistinte del fondo
nazionale per le politiche sociali in applicazione della L. 8 novembre 2000 n.
328 ed assegnazione alle Aziende sanitarie Locali e, per la parte di competenza,
al Comune di Milano , dei finanziamenti destinati agli ambiti distrettuali anno
2001";
·
Piano Socio sanitario Regionale 2002-2004 DCR VII/0462 del 13/3/02.
f.to
Il Direttore generale
Umberto Fazzone