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Primo caso a
Cinisello. Francesca Floriani, presidente della Lega terapie palliative:
"Così si specula su chi soffre"
Malati terminali, scontro sulle cure
Gli ospedali riducono l´assistenza domiciliare, contestati i voucher
da Repubblica - 26 maggio 2005
L´ospedale chiude il centro di assistenza domiciliare ai malati di cancro. E
tocca alla Asl dare ai pazienti i voucher perché possano continuare a farsi
curare. Da chi? Da chi vogliono, scegliendo tra associazioni ed enti
accreditati. Succede all´ospedale Bassini di Cinisello, dove l´unità di cure
palliative e assistenza domiciliare dovrà chiudere dopo 19 anni. La direzione
del San Gerardo di Monza, da cui dipende il Bassini, minimizza la decisione:
«Resteranno gli stessi standard di prestazione, il servizio non viene chiuso ma
cambia soltanto la titolarità». La novità però divide gli operatori e le
associazioni non profit che si occupano di assistenza. E non mancano le
critiche.
ASNAGHI E PIANO A PAGINA III
L´iniziativa dell´ospedale di Cinisello che non manderà più i medici a casa
riporta in primo piano il caso dei voucher
Malati terminali lasciati più soli
È polemica sui buoni-acquisto per le cure a domicilio
Zucco: rischioso Il Vidas: no, buona scelta
GIUSEPPINA PIANO
Non
più i medici dell´ospedale che vengono a casa, arriva il voucher anche per
l´assistenza domiciliare ai malati di cancro. La novità tocca oggi ai pazienti
della zona di Cinisello, quelli che finora erano seguiti direttamente dai
dottori di un centro interno all´ospedale Bassini. Ma le iniziative di questo
tipo sono destinate a allargarsi con la Regione che spinge gli ospedali a
risparmiare sempre di più. Il servizio diretto viene bloccato. E trasferito
all´esterno: gli stessi malati avranno dalla Asl una sorta di voucher, uno di
quei buoni-acquisto sanitari inventanti dalla Regione, e se lo spenderanno con
chi vorranno. Scegliendo tra una lista di associazioni non profit «accreditate».
La novità divide gli stessi operatori.
Il passaggio di testimone a Cinisello potrebbe avvenire già il primo giugno.
Ambrogio Bertoglio, direttore dell´Ospedale San Gerardo di Monza da cui dipende
il Bassini di Cinisello, non conferma la data d´inizio. Ma conferma in pieno (e
difende) il progetto ormai deciso: «Per i malati di fatto non dovrebbe cambiare
nulla e resteranno gli stessi standard di prestazione. Il servizio non viene
affatto chiuso: cambia soltanto la titolarità della prestazione e lo strumento
di erogazione». Il voucher, appunto. Quelli classici regionali, per l´assistenza
degli anziani, valgono al massimo 600 euro al mese. Questi per i malati di
cancro dovranno essere più pesanti e ricchi. Ma non saranno più i medici
dell´ospedale ad andare a casa.
I pazienti potranno scegliere da chi farsi assistere a casa prendendo da una
lista di associazioni accreditate. L´effetto, dunque, sarà anche un regime di
«concorrenza». Ma Furio Zucco, medico esperto di cure palliative, non approva
affatto: «Questa decisione di chiudere il servizio domiciliare del Bassini mi
sorprende e mi preoccupa per il futuro, spero che non seguano altri ospedali. I
voucher sono uno strumento insufficiente. Dovrebbero essere solo un´integrazione
al servizio». Daniela Cattaneo dell´associazione Vidas, invece, dice che la
novità «può essere un tentativo giusto di affrontare un problema, nel progetto
della Asl non si parla di voucher tradizionalmente intesi ma c´è un´attenzione
alla specificità dell´assistenza ai malati di cancro». Per l´oncologo Gianni
Ravasi, presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori, la notizia
della chiusura del centro del Bassini spiace «perché una delle esigenze maggiori
oggi è l´assistenza domiciliare». Ma se questo è, ben venga anche il voucher
perché «l´unica cosa che conta è non lasciare il malato senza assistenza».
L´INTERVISTA
Francesca Floriani: chi sta male si disorienta se non vede i suoi dottori
"Non si deve risparmiare sul dramma della sofferenza"
le regole La Regione non è chiara. Appalta servizi delicati e complessi senza
definire i criteri per controllare il lavoro svolto
l´impegno Non è questione di far tornare i conti. Ci battiamo per evitare che
queste persone vengano trattate come pacchi postali
LAURA ASNAGHI
Francesca Floriani, lei che è la presidente italiana della Federazione per le
cure palliative, come giudica il caso dell´ospedale di Cinisello, che, a partire
da giugno, trasferisce all´Asl la cura a domicilio dei malati terminali?
«Questa è la punta di un iceberg che rischia di travolgere il lavoro fatto a
fianco del malato negli ultimi vent´anni».
Perché?
«Qui in Lombardia, ma anche in altre regioni, la sanità è gestita con una logica
che rispetta le regole del libero mercato e non i bisogni del malato. In
pratica, per risparmiare soldi, si preferisce appaltare ai privati un servizio
che finora hanno fatto gli ospedali pubblici. Ma seguire i malati terminali di
cancro è una questione complessa e delicata che non può essere "esternalizzata"
come dicono i burocrati della sanità».
Quali pericoli si corrono?
«Innanzitutto si rischia di moltiplicare le sofferenze di un malato che si trova
in un momento drammatico della sua vita. Il malato si aspetta di avere un punto
di riferimento certo e unico, sia in ospedale che a casa sua. Invece, dando in
appalto l´assistenza domiciliare questa rete si spezza».
E quindi cosa succede?
«La prima cosa che succede è che il malato si disorienta. Perché in ospedale
trova i suoi dottori, ma fuori di lì, cambia tutto, ad assisterlo saranno
altri».
Facciamo un esempio concreto.
«Se, come succede a Cinisello, l´ospedale passa alla Asl le cure domiciliari, al
malato viene dato un pacchetto di buoni che lui può spendere per comprare
l´assistenza di cui ha bisogno. Gli danno un elenco di centri a cui può
rivolgersi e da solo deve orientarsi nella scelta».
Un compito difficile?
«Ma certo, anche perché le regole del gioco definite dalla Regione Lombardia non
sono chiare. Si appaltano servizi molto delicati e complessi senza però definire
criteri per fare i controlli di qualità sul lavoro svolto. Non solo ma i
requisiti minimi di coloro che vengono ammessi a gestire i servizi in appalto
non sono improntati al massimo rigore».
Quindi con questa politica sanitaria legata ai buoni da spendere in assistenza,
non si fa "il bene del malato"?
«Ho molti dubbi. E del resto basta guardare in faccia i malati di cancro quando
scoprono che, una volta arrivati a casa, a curarli sarà un medico diverso da
quello dell´ospedale».
Però i manager della sanità sostengono che i buoni funzionano benissimo e che la
cura non si interrompe mai?
«I "voucher" come li chiamano loro, servono per mettere a posto la coscienza
degli amministratori e a far tornare i conti. Ma il meglio per il malato sta
altrove. È da più di vent´anni che ci battiamo per evitare che il malato
terminale sia trattato come un pacco postale. Non senza fatica, eravamo riusciti
a fare capire l´importanza della "continuità di cura". Ora, con i "voucher"
rischia di crollare tutto».
Cosa farà la Federazione per le cure palliative per contrastare questo piano?
«Faremo di tutto per fare capire alla gente che le cure destinate ai malati
terminali non sono degli "optional" sanitari, ma rientrano nei "livelli
essenziali di assistenza" garantiti dal servizio sanitario nazionale. Sono
quindi un diritto del cittadino. Ecco perché servizi come questi vanno gestiti
direttamente dagli ospedali. E non possono essere appaltati. Per intenderci: è
come se per farsi operare al cuore un cittadino dovesse passare all´Asl e
ritirare il buono per l´intervento che farà presso un centro che ha in appalto
il servizio. Non sarebbe uno scandalo?».