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Luciana commenta:
"Le
sorelle di via Borgo Vecchio"
Testo e regia
di Marco Ballerini
Recitato l'11 Marzo al Teatro di Limido
Comasco, ore 21.00
Emma, Mariangela Castelli
Wanda, Simona Vergani
Matilde, Laura Peregalli
Anna, Sonia Muollo
Rosa, Silvia Porcelli
Narratore, Giuseppe Bizzotto (Enoteca bellissima in centro a Como, via Bernardino Luini)
Chitarrista, Raffaele ...
Tecnico suono Fiorenzo Berardinelli
Quando le storie ti prendono per mano e ti conducono, attraverso la voce narrante fuori scena, in un giorno qualsiasi di una famiglia come tante, nel 1952 …
Sul palco una scenografia scarna ed essenziale, povera, ma dignitosa. Si intersecano le storie di cinque sorelle, cinque caratteri in cui ognuno può ritrovarvi le sue stesse piccole nevrosi, i grandi problemi, le immancabili illusioni, momenti di angoscia e dissipazioni poco realizzanti.
Chi cerchi e che cosa ti vogliono raccontare Emma, Wanda, Matilde, Anna e Rosa?
Una storia di ieri che può non essere così lontana da oggi. La diversità forse nell’uso di un certo tipo di abbigliamento, di una morte di qualche gallina che suscita solo preoccupazioni legate al fatto che ne rimangono di meno, di abluzioni eseguite con gesti antichi, orfani di rubinetti ed acqua calda.
Ma la sua modernità la riscontri nelle stesse contraddizioni che cinquant’anni dopo investono comunque persone e temperamenti.
Sei forse Emma, frustrata quarantenne dedicata solo all’ordine esterno per non metter mano in quello più tragico, interno?
Sei forse Wanda, suora fuggita dal convento in seguito ad un’incursione violenta di soldati e che si strazia della violazione della sua carne e dello scempio di cui è stata protagonista, aspirando e temendo il suo riavvicinamento alla chiesa?
O forse Matilde, donna che si direbbe di facili costumi, e altrettanto facile da emarginare come capro espiatorio di quell’apparire che ancora costituisce sicura facciata a maschere di perbenismo e rispettabilità, ma che, tuttavia, agita in cuor suo un eguale sentimento di delusione per ciò che è e per quello che può dare senza che gli altri se ne accorgano?
E che dire di Rosa, massacrata all’atto della sua nascita dall’uso insipiente di un forcipe che l’ha condannata ad un’eterna condizione di aliena, vittima di esclusione e bisognosa di continua assistenza?
O magari sei Anna, la sorella designata a sacrificarsi per la cura della minorata in carrozzina, non foss’altro perché nate insieme e, quindi, delle due, l’una deve pagare all’altra il pregio di essere sana?
Chi vorresti trovare in ognuna di loro: la resistenza al cambiamento e l’irriducibilità delle tue abitudini, la comprensione della tua fede turbata, il poter disporre del tuo corpo senza rinunciare alla tua anima, il tuo esser vista dagli altri come diversa, il tuo darti all’altro in cambio di nulla, se non solo amore?
La potenza di un autore che scrive una storia è quella di suscitare in chi la ascolta la capacità di acchiapparla e farla propria, riscrivendola e reinterpretandola secondo il suo modo di essere e di vivere.
La storia delle Sorelle di Borgo Vecchio rimane lì sospesa, aperta, con la prospettiva che, in ogni caso, gli eventi del tempo che passa sicuramente recheranno modifiche in quella fotografia degli anni Cinquanta.
Ma, uscendo dal teatro, l’uditore cullerà quell’interruzione con le sue immaginazioni, con le sue riflessioni sulla crudezza di alcuni profondi interrogativi, con le fantasticherie delle sue ipotetiche narrazioni.
E, al di là, di questo commentare errabondo, con il piacere di aver assistito ad uno spettacolo ricco di recita, di canto, di musica e di gestualità che ripagano appieno le parole di chi, questo spettacolo, l’ha scritto.