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GIDE ANDRE', Appendice a ''Lettere a Andre' Gide'' di Marcel Proust
Biglietto ad Angele di Andre' Gide
Lo si e' detto spesso: i giudizi che diamo sui nostri contemporanei sono
contraffatti. Oltre a essere vincolati dalle nostre amicizie , non abbiamo il
distacco necessario e, a seconda dell'umore, denigriamo o esaltiamo fino
all'eccesso coloro che operano troppo vicino a noi. Alcuni che ci sembrano
notevoli, la cui rinomanza, grazie alla complicata dei critici, sembra, anche
agli occhi dello straniero, conferire nuovo lustro alla Francia, stupiranno ben
presto per la loro mediocrità. Voglio che mi si dimentichi se, prima che siano
passate due generazioni, i nomi di Curel, di Bernstein, di Bataille saranno
molto piu' stimati di quanto non sia gia' oggi quello di Mendes... mi ero
ripromesso di non parlare più che dei morti; ma tuttavia mi affliggerebbe non
lasciare nei miei scritti alcuna traccia di una delle ammirazioni pi vive che
abbia mai provato per un autore contemporaneo- e direi senza dubbio la pi viva,
se non ci fosse Paul Valery.
Malgrado cioè che ho detto sopra, non ritengo di sopravvalutare l'importanza di
Marcel Proust; non ritengo che si possa sopravvalutarla. Mi sembra che, da molto
tempo, nessuno scrittore ci abbia più arricchito.
La signora b... mi raccontava ieri che da sempre aveva avuto la vista debole; i
suoi genitori non se ne accorsero subito, e soltanto verso i dodici anni
cominciarono a farle portare gli occhiali.<< ricordo cosi' bene la mia gioia>>
mi diceva ,<< quando per la prima volta fui in grado di distinguere ogni
sassolino del cortile>>. Quando leggiamo Proust, incominciamo a percepire
improvvisamente il particolare dove fino a quel momento ci appariva soltanto una
massa. E’, mi direte, cio' che viene definito un analista. No: l'analista separa
con sforzo; spiega; si applica: Proust sente così del tutto naturalmente. Proust
e' uno il cui sguardo e' infinitamente più sottile e più attento del nostro, e'
uno che ci presta questo sguardo, per tutto il tempo che lo leggiamo. E poiché
le cose che guarda ( e con tanta spontaneità che non ha mai l'aria di osservare)
sono le più naturali del mondo, ci sembra continuamente, leggendolo, che sia in
noi cio' che ci permette di vedere ; grazie a lui tutta la confusione del nostro
essere esce dal caos , prende coscienza; e poiché i sentimenti più diversi
esistono in ogni uomo allo stato larvale , più frequentemente a sua insaputa , e
non attendono a volte che un esempio o una designazione- stavo per dire: una
denuncia- per affermarsi , noi immaginiamo , grazie a Proust, di avere
sperimentato noi stessi quel particolare, lo riconosciamo, lo adottiamo ed e' il
nostro personale passato che una simile abbondanza viene ad arricchire.
I libri di Proust agiscono alla maniera di quei rivelatori potenti sulle lastre
fotografiche semivelate che sono i nostri ricordi, in cui improvvisamente
ricompaiono un certo volto, un certo sorriso dimenticato e certe emozioni che i
ricordi stessi, svanendo, avevano trascinato con se' nell'oblio.
Non so cosa si debba ammirare di più, se questa sovracutezza dello sguardo
interiore, o l'arte magica che si impadronisce di quel dettaglio per offrircelo
incantevole di freschezza e di vita. La scrittura di Proust e' ( per ricorrere a
una parola che i Goncourt mi avevano fatto prendere in forte antipatia, ma che,
quando penso a Proust, cessa di dispiacermi) la piu' artistica che io conosca.
Egli non se ne sente mai impedito se, per dare forma all'indicibile, viene a
mancargli la parola, ricorre all'immagine; dispone di tutto un tesoro di
analogie, di equivalenze, di similitudini così precise e così squisite che a
volte ci si chiede quale presti all'altra più vita, più luce e divertimento e se
al sentimento venga in soccorso l'immagine o se questa immagine svolazzante non
attendesse che il sentimento per posarvisi. Cerco il difetto di questo stile, e
non riesco a trovarlo. Cerco le sue qualità dominanti, e non riesco a trovare
neppure queste; non c'e' la tale o la tal altra qualità: le ha tutte ( questo
non e' forse unicamente un elogio ) non una alla volta, ma contemporaneamente;
se la sua scioltezza e' sconcertante, ogni altro stile, in confronto al suo,
sembra ampolloso, piatto, impreciso, sommario, inanimato. Devo confessarlo ?
ogni volta che mi capita di rituffarmi in questo lago di delizie, per molti
giorni non oso più riprendere in mano la penna incapace di ammettere -come
accade per tutto il tempo in cui un capolavoro esercita su di noi il suo dominio
- che ci siano altre maniere di scrivere bene, incapace di vedere, in cio' che
voi chiamate la >> la purezza >> del mio stile, altro che povertà.
Mi avete detto che spesso trovate estenuante la lunghezza delle frasi di Proust.
ma attendete il mio ritorno e vi leggero' queste interminabili frasi ad alta
voce: come tutto si organizza! Come si sovrappongono i piani ! come acquista
profondita' il paesaggio del pensiero!...immagino una pagina di Guermantes
stampata alla maniera del colpo di dadi di Mallarme'; la mia voce fa risaltare
le parole-supporto; posso orchestrare a mio modo le preposizioni, le sfumo,
mitigando o affrettando il mio eloquio; e vi proverò che nulla e' superfluo in
questa frase che non occorreva una parola di meno per mantenere i diversi piani
alla giusta distanza e permettere alla sua cmplessita' una fioritura completa.
Per dettagliato che Proust sia, non lo trovo mai prolisso; per quanto
abbondante, mai confuso. << minuzioso >>, ma non < meticoloso > diceva
saggiamente Louis Martin-Chauffier.
Proust mi chiarisce esemplarmente cio' che Jacques Riviere intendeva per la
parola ''globale'' di cui si serviva per denunciare la pigrizia mentale di
quelli che si accontentavano di cogliere a bracciate i sentimenti che la
consuetudine a legato e il cui fascio ci appare ingannevolmente omogeneo. Proust
al contrario scioglie accuratamente ogni mazzo, ne disfa l'intrico. Ne’ si
ritiene soddisfatto se non ci mostra con il fiore, lo stelo, e poi anche il
delicato filamento della radice che strani libri ! vi si penetra come in una
foresta incantata; fin dalle prime pagine vi ci si perde, e si e' felici di
perdersi in essa; presto non si sa più da dove si sia entrati ne’a che distanza
ci si trovi dal limitare, a momenti sembra che si cammini senza procedere, e a
momenti che si proceda senza camminare; si guarda tutto fuggevolmente; non si sa
più dove ci si trovi, ne' dove si vada, e:
<< tutt'a un tratto mio padre ci faceva fermare e domandava alla mamma:’' dove
siamo ?''. sfinita dal camminare, ma orgogliosa di lui, ella gli confessava
teneramente che non lo sapeva. egli alzava le spalle e rideva allora, quasi
l'avesse tratta dalla tasca della sua giacca insieme con la chiave, c'indicava
dritta davanti a noi la porticina sul retro del nostro giardino, venuta ad
aspettarci, con l'angolo della Rue Du Saint-Esprit, al termine di quelle strade
sconosciute. La mamma gli diceva con ammirazione'' sei straordinario''.
Voi siete straordinario, mio caro Proust! Sembra che parliate soltanto di voi, e
invece i vostri libri sono popolati come tutta la commedia umana; la vostra
narrazione non e' un romanzo, non intrecciate ne' dipanate alcun intrigo, e
tuttavia non ne conosco altre che si seguano con un interesse più vivo; ci
presentate i vostri personaggi solo incidentalmente e per fortunata
combinazione, si potrebbe dire, ma presto li conosciamo così a fondo come il
cugino Pons, Eugenie Grandet o Vautrin. Si ha l'impressione che i vostri libri
non siano ''composti'' e voi sembrate spargere la vostra profusione a caso; ma,
pur attendendo i vostri libri successivi per ben giudicare, gia' sospetto che
tutti gli elementi si disporranno secondo un ordine nascosto, come le aste di un
ventaglio che a un'estremita' si ricongiungono e la cui apertura e' unita da una
trama sottile in cui si dispiega la screziatura della vostra maja. E trovate il
modo, cammin facendo, di parlare di tutto, mescolando alla dispersione apparente
del ricordo riflessioni così sagge e così nuove che si finisce per desiderare,
in appendice alla vostra opera, una specie di lessico che ci permetta facilmente
di ritrovare quelle particolari osservazioni sul sonno e sull'insonnia, sulla
malattia, la musica, l'arte drammatica e la recitazione degli attori..., lessico
che glia sarebbe fitto, ma nel quale penso che dovrebbero figurare pressoché
tutte le parole della nostra lingua, quando saranno usciti i volumi che ci
promettete ancora.
Se ora cerco cio' che ammiro maggiormente in quest'opera, credo che sia la sua
gratuita'. Non ne conosco di più inutili, ne' che cerchino meno di dimostrare.
So bene che e' precisamente cio' a cui aspira ogni opera d'arte, e che ognuna di
esse trova il proprio fine nella propria bellezza. Ma, ed e' questa la sua
qualità, gli elementi che la compongono vi concorrono tutti, e se anche
l'insieme e' inutile, nulla vi compare o dovrebbe comparirvi che non sia inutile
all'insieme, e sappiamo che tutto cio' che in essa non serve, vi nuoce. Nella
ricerca del tempo perduto, questa subordinazione e' cosi' nascosta da sembrare
che una dopo l'altra ogni pagina del libro trovi il suo fine perfetto in se
stessa. Di li' quella estrema lentezza, quel non-desiderio di andare più in
fretta, quella soddisfazione continua. Non conosco una simile noncuranza che in
Montaigne, ed e' per questo, senza dubbio, che posso paragonare il piacere che
provo nel leggere un libro di Proust soltanto a quello che mi procurano '' i
saggi''. La lettura di queste opere richiede molto tempo. E non voglio affatto
dire che soltanto l'autore per produrle deve sentirsi l'animo perfettamente
disimpegnato dalla fuga delle ore, ma che esse esigono anche dal lettore un
simile disimpegno. Contemporaneamente esse lo esigono e lo ottengono; e' questo
il loro più autentico beneficio. Mi direte che la caratteristica dell'arte e
della filosofia e' appunto di sfuggire alle rimostranze del tempo; ma il libro
di Proust ha questo di particolare, che tiene conto di ogni istante; si direbbe
che ha per oggetto la fuga stessa del tempo. Sfuggito alla vita, non si
allontana dalla vita; chino su di essa, la contempla, o piuttosto contempla in
essa il proprio riflesso. E più inquieta e' l'immagine, più sereno e' lo
specchio, piu’contemplativo lo sguardo.
E’ strano che simili libri vengano alla luce in un'epoca in cui l'evento trionfa
ovunque sull'idea, in cui il tempo manca, in cui l'azione si burla del pensiero,
in cui la contemplazione non sembra piu' possibile, piu' permessa, in cui,
prosciugati dalla guerra, non abbiamo piu’considerazione se non per cio' che
puo' essere utile, che può servire. E ad tratto l'opera di Proust, così
disinteressata, così gratuita, ci appare più proficua e di maggiore aiuto di
tante opere che hanno l'utilità' come unico scopo.
marzo-aprile 1921