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Serra Michele, La sfida tra religioni
la Repubblica 13/04/04, 2004, p.
In un lungo e popoloso dibattito televisivo sulla "Passione" di Mel Gibson, nel
giorno di Pasqua, ho atteso invano che uno, almeno uno dei tanti contendenti
rappresentasse anche il mio punto di vista: quello di un non credente.
Inutilmente. Ulteriore sintomo che, nell' intreccio infocato della discussione
sul mondo, l' invadenza delle fedi e dei fedeli è, in questo momento,
travolgente e, se mi è concesso dirlo, opprimente. Non mi sento previsto, anzi,
non sono previsto. Nelle discussioni delle scuole coraniche, se ebrei e
cristiani debbano restare al mondo oppure sprofondare, non sono previsto. Alla
chiamata alle armi del cristiano rinato Bush (e del cristiano rifatto Berlusconi),
Dio è con il Pentagono, non solo non voglio, ma proprio non posso rispondere:
non capisco la domanda. Nella nuova (?!) geopolitica etnico-confessionale che
cerca di ridividere l' umanità secondo la decrepita antinomia Mori e Cristiani,
davvero non compaio. E se una bomba dovesse interrompere il mio distratto
transito per le strade della mia città, nessun fanatico barbuto sarebbe
autorizzato a iscrivermi nell' elenco dei crociati uccisi, e nessun devoto alla
memoria di Lepanto potrebbe iscrivermi tra i martiri della fede: gli farei
spedire una querela postuma. Spiazzati, anzi sfrattati dal rinvigorire furibondo
delle fedi religiose, noi senzadio siamo al margine di ogni discorso. Una
parentesi vuota, forse perché la nostra indegnità è tale da renderci indegni
perfino di essere nemico di qualcuno, forse perché ci danna la nostra vaga
eppure sentita religione dell' uguaglianza tra gli umani, che ci costringe a
essere, in qualche modo, amici di tutti. E così, quando leggiamo certi proclami
che sortiscono dall' islam più razzista, che annunciano morte alle altre due
religioni di Abramo, la tentazione ilare di un sogghigno da imboscato (si sono
dimenticati degli atei, forse la scampo~) cede presto il passo allo scoramento.
Compaiono (giorni fa, a Napoli) manifesti del Cristo di Gibson guarniti di
appelli neocrociati (e neofascisti) che invitano a vendicare armi in pugno il
Nazareno. Per contraccolpo da undici settembre, negli Usa spopolano chiese e
chiesette di reverendi reazionari, evangelizzatori del mondo in punta di Bibbia
e di cannone. Da Haider a Le Pen al cattolicesimo vandeano della Lega, molti
europei rigettano l' idea che siano stati i Lumi e la Rivoluzione francese a
darci diritto e libertà, e il revisionismo della destra italiana rivaluta le
insorgenze sanfediste e fruga nel brigantaggio per scovarne il valore "popolare"
e antiborghese dell' antistatalismo. Con un amico miscredente ci si chiedeva,
con allegro malumore, se non siano maturi i tempi per organizzare una jihad
atea. Ma, per la verità, già ebbe luogo, nel comunismo dell' Est, non meno
repressiva e catechistica di tutte le offensive confessionali. E finì male, come
meritava, perché l' evangelizzazione atea è un ossimoro, e il proselitismo è in
sé la proiezione dogmatica di un Principio al quale informare, con le buone o
con le cattive, gli altri. Sì, l' idea di organizzare gli atei ha un che di
involontariamente chiesastico, di intruppato e escludente. E tuttavia, bisognerà
pure fare qualcosa, noi che visitiamo con uguale rispetto le cattedrali e le
moschee, le sinagoghe e i templi indù. Noi che consideriamo l' accusa di
"deicidio" agli ebrei, le feroci faide confessional-condominiali in Gerusalemme,
o il revanscismo islamico in Europa, come vischiosi e folli cascami di tragedie
arcaiche, morti che ghermiscono i vivi, vecchie ossa che mandano a crepare i
ragazzi~ La tolleranza è un pensiero debole, non consente di colmare il vuoto
identitario con l' attraente immutabilità delle certezze confessionali, delle
tradizioni ispirate dal Cielo, soffiando sulle braci antichissime che ancora
covano sotto la cenere. Soprattutto, la tolleranza non fornisce il conforto di
un Nemico da odiare. Ma, santo cielo, sospesi come siamo sul baratro di nuove
guerre di religione, bisognerà pure che la mediocre ragionevolezza degli
agnostici trovi, e il più presto possibile, una sua voce udibile, una sua forma
culturale e fors' anche politica, e reclami il suo posto in questo pandemonio di
Verbi confliggenti. Non resta molto tempo, toni e volumi salgono, e non
illudiamoci: il rumore delle bombe minaccia di coprire ogni voce tranquilla,
ogni espressione di gentilezza. I tempi sono di ferro e sangue, e organizzare i
disarmati e i tolleranti di tutti gli angoli del mondo, oltre che la sola via di
scampo, è anche la cosa più difficile da fare, quando non si ha un Libro da
brandire o un paradiso da promettere.