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Hillman James, La forza del carattere,
Adelphi, , 2001, p. 11-12
Invecchiare non è
un accidente. E’ una necessità della condizione umana; ed è l'anima a volerlo.L'invecchiamento
è inscritto nella nostra fisiologia; eppure, il fatto che la vita umana duri a
lungo dopo l'età feconda da e ben oltre il periodo di funzionalità dei muscoli e
di acuità dei sensi ci rende perplessi.
Per questo motivo si sente il bisogno di idee immaginative capaci di aggraziare
il diventare vecchi e di parlare alla vecchiaia con l'intelligenza che essa si
merita. Nel presente libro troverete appunto questo tipo di visione. Esso offre
la promessa di dare refrigerio alla mente del lettore con una pioggia di
intuizioni che mirano a influire profondamente, addirittura indelebilmente,
sulla transizione agli anni più tardi della vita.
Insomma, perché viviamo tanto a lungo? Gli altri mammiferi si danno per vinti,
mentre noi andiamo avanti per quaranta, cinquanta, talvolta addirittura sessanta
anni dopo la menopausa. A ottantotto anni, eccoci ancora qui, che tiriamo la
carretta o indugiamo sulle nostre sdraio.
Io non mi sento di aderire alla teoria secondo la quale la longevità umana è il
risultato artificiale della civiltà, della sua scienza e dei suoi servizi
sociali, che sfornerebbero questa schiera di mummie viventi, paradossi sospesi
in una zona crepuscolare. I vecchi come ritardatari.
Proviamo invece a carezzare l'idea che il carattere ha bisogno di quegli anni in
più e che la lunga durata della vita non ci è imposta né dai geni né dalla
medicina conservazionistica né da un accordo collusivo con la società. Gli
ultimi anni della vita confermano e portano a compimento il carattere.