Rapporto Unicef sull’Hiv nel mondo:
in Italia a rischio le coppie
Aids, vittime sempre più
giovani Seimila ragazzi infettati ogni giorno
luglio 2002
Quattro
donne su dieci si contagiano consapevolmente: hanno un partner malato, ma
non usano precauzioni
MILANO - Cambia, nel mondo, l’identikit di
chi si contagia con il virus dell’Aids. Sono sempre più giovani le
vittime dell’infezione: secondo l’ultimo rapporto dell’Unicef, ogni
giorno seimila giovani vengono infettati dall’Hiv e la metà ha un’età
compresa fra i 15 e i 24 anni. «Due dati di fatto guidano l’attuale
evoluzione dell’epidemia di Aids a livello mondiale - ha detto il
direttore dell’Unicef Carol Bellamy, commentando il rapporto presentato
in contemporanea a Ginevra e a New York -. Il primo è che i giovani hanno
rapporti sessuali: è una realtà con cui si devono fare i conti, se si
vogliono costruire programmi di prevenzione efficaci. Il secondo è che
non hanno le conoscenze corrette per proteggersi».
LE DONNE - Cambia, anche in Italia, il profilo dei sieropositivi, ma in
maniera diversa: nel nostro Paese è diminuita la percentuale dei giovani
tossicodipendenti che si scoprono sieropositivi, mentre è in aumento
quella degli adulti, soprattutto tra i 30 e 40 anni, spesso diplomati e
con un lavoro fisso, che si contagiano con rapporti eterosessuali. Ma c’è
di più. Quattro donne su dieci si infettano consapevolmente: rinunciano
al sesso sicuro, pur sapendo che il partner è sieropositivo. «Il nuovo
volto dell’Aids nel nostro Paese, esattamente a vent’anni dalla
scoperta del primo caso - ha commentato l’infettivologo milanese Mauro
Moroni in occasione della presentazione del rapporto Icona a Roma - è
sempre più quello di una malattia della coppia normale».
LE COPPIE - Se nei primi anni Ottanta il 93 per cento dei sieropositivi
italiani era tossicodipendente o aveva alle spalle una storia di droga,
oggi il 34,3 è rappresentato da persone che si sono infettate per via
eterosessuale. E a portare il virus all’interno della coppia è spesso
l’uomo che «incontra» l’Hiv soprattutto nei rapporti con partner occasionali
(63 per cento dei casi), mentre la donna, di solito, lo acquisisce dal
partner abituale (39,3 per cento dei casi). «Parallelamente all’aumento
dell’età media dei pazienti - ha aggiunto Antonella D’Arminio
Monforte, infettivologa a Milano - cambia anche la loro condizione
sociale: la maggior parte ha un diploma di scuola media inferiore o
superiore e un’occupazione. I più rappresentati sono gli operai, ma ci
sono anche impiegati, artigiani e dirigenti, mentre sono pochi gli
studenti». Tutti questi dati emergono dal progetto Icona, una ricerca
partita nel 1997 e coordinata da sei università italiane, che finora ha
coinvolto oltre 5.000 persone sieropositive, mai trattate in precedenza
con farmaci. L’obiettivo è quello di «fotografare» la realtà dei
sieropositivi e di seguire nel tempo l’evoluzione della malattia.
NUOVI CASI - L’anno scorso in Italia sono stati registrati
all’Istituto superiore di sanità (Iss) 3.500 nuovi casi di infezione e
il 60 per cento di questi è stato diagnosticato quando ormai si trattava
di Aids conclamato. E dei 110.000 sieropositivi stimati, almeno il 50 per
cento, sempre secondo l’Iss, ignora di essere infetto.
PREVENZIONE - «Il ritardo della diagnosi - ha sottolineato Giuseppe
Ippolito, direttore scientifico dell’Ospedale Spallanzani di Roma - può
compromettere la cura della malattia». Un dato accomuna tutto il mondo:
la mancanza di informazione sul rischio di infezione. Se nei Paesi
industrializzati, Italia compresa, dove sono state condotte in passato
campagne di sensibilizzazione, si tende ora ad abbassare la guardia, in
altri Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, manca un’adeguata
diffusione delle conoscenze, fra i più giovani, sui rischi legati ai
rapporti sessuali. Proprio per questo gli esperti sostengono la necessità
di promuovere programmi di prevenzione e il rapporto dell’Unicef lancia
un appello per «dare vita a un impegno politico e creare alleanze
necessarie a raccogliere risorse umane e finanziarie».
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