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Questioni etiche nell'assistenza
alle persone affette da patologie croniche
documento del Consiglio superiore della sanità (aprile 1999) riguardante l'assistenza alle persone affette da patologia cronica
La condizione della persona con patologia cronica e i
problemi sanitari connessi a tale condizione coinvolgono comportamenti singoli e
decisioni pubbliche, valori umani e competenze professionali, urgenze immediate
e necessità di programmazione.
Si tratta di un ambito in cui l'attenzione alla dimensione etica si esprime come
attenzione alla qualità umana delle relazioni attraverso cui si attuano
l'attività sanitaria e sociale, dalle relazioni più semplici allo strutturarsi
di relazioni complesse come quelle organizzate nei servizi sanitari.
La sfida della responsabilità personale si esprime nell'intreccio delle libertà,
quando occorre accettare i limiti reali e insieme perseguire efficacemente il
bene possibile.
Definizione e rilevanza della patologia cronica
Una persona con patologia cronica è "persona affetta da una malattia di
lunga durata, tendenzialmente lunga quanto la vita del soggetto. Questa procura
invalidità di vario grado; è dovuta a cause non reversibili; richiede speciali
forme di riabilitazione; impegna l'interessato ad osservare prescrizioni e,
spesso, ad apprendere un nuovo stile di vita (dietetico, relazionale, motorio,
ecc.)
Necessita di consistenti periodi di controllo, di osservazione e di cura sia a
domicilio sia in ambiti specialistici" (Fabris, 1997).
La malattia cronica ben diversa dalla malattia acuta. La malattia acuta può
essere considerata un fenomeno episodico e completo in sé; la condizione di
malattia, cioè quello che il paziente prova, è tutta spiegabile con il
meccanismo anatomo-fisio-patologico della malattia. Al contrario, ciò che il
paziente prova in caso di malattia cronica non è spiegabile solo in base al
meccanismo fisiopatologico della malattia (Cassel, 1998). Questo può costituire
la base dell'esperienza del paziente, ma tale esperienza include anche l'impatto
sulla vita di ogni giorno, il danno a funzioni necessarie per svolgere il
proprio lavoro, il cambiamento delle prospettive future del malato, una pesante
influenza sul suo patrimonio economico.
La patologia cronica è certamente la nuova frontiere della medicina negli anni
presenti, e destinata ad aumentare negli anni futuri: basti ricordare che, come
il Psn 1998-2000 sottolinea, una categoria di persone sovente affette da
patologie croniche, gli anziani (>65 aa), nel 2020 costituirà il 23% della
popolazione italiana mentre la prospettiva di vita alla nascita sarà di 78,3
anni per i maschi e 84,6 per le femmine; nella popolazione anziana di oggi,
rispettivamente il 52% dei maschi e 60,7% femmine dichiara almeno due malattie
croniche in atto.
La patologia cronica è la protagonista delle patologie nella nostra società ed
il già citato Psn le attribuisce attenzione prioritaria, non soltanto laddove
essa viene espressamente menzionata (parte dell'obbiettivo II ed obiettivo IV),
ma anche in tutte le parti che riguardano la prevenzione.
Esito della malattia cronica: le alternative alla guarigione
La cura della persona affetta da patologia cronica non ha necessariamente come
esito la guarigione. Come sopra accennato, dalla maggioranza delle malattie
degenerative non si guarisce completamente: si può superare una fase, uscire da
un episodio, compensare una situazione alterata, rendere la malattia compatibile
con un determinato livello di richiesta funzionale.
Pertanto, il concetto di cura va visto estensivamente, includendo gli interventi
che permettano una migliore convivenza con la malattia cronica. Alla diagnosi
della malattia deve allora accompagnarsi una valutazione delle funzioni del
paziente e delle sue potenzialità. L'obiettivo della terapia può essere non
quello della guarigione, quando non realistico, ma quello dell'ottenimento della
migliore possibile funzione residua. Troppe volte viene trascurato il risultato
parziale. Di fronte ad una persona affetta da patologia cronica l'obiettivo del
risultato totale può distrarre da risultati limitati accessibili (Fabris,
1997).
Una particolare considerazione va attribuita alle persone con patologie
evolutive irreversibili: il Psn prevede la realizzazione di interventi
domiciliari e residenziali al supporto dei malati ormai inguaribili ma che hanno
diritto a ricevere tutte le cure possibili nel tentativo di ridurre la
sofferenza per migliorare la qualità del tempo che resta loro da vivere. Tali
cure costituiscono la cosiddetta "medicina palliativa", ormai
ufficialmente accreditata (Butler et al., 1996), cui scopo è controllare il
dolore, altri eventuali sintomi ed il disagio psicologico.
Necessità e diritti della persona affetta da patologia cronica
In rapporto a quanto detto in precedenza, deve modificarsi il "privilegio
dell'acuto" che ancora caratterizza largamente sia la mentalità medica che
la mentalità della popolazione generale.
I bisogni da soddisfare
E' eticamente corretto soddisfare in via prioritaria:
- i bisogni legati alla possibilità di sopravvivere. Tenendo presente che la
cura della malattia, in particolare della patologia cronica, non ha
necessariamente come esito la guarigione, si tratta di assicurare la
sopravvivenza della persona, senza necessariamente pretendere che essa coincida
con la salute.
- I bisogni indispensabili non solo in termini di pura sopravvivenza; sono
quelli legati al poter esprimere l'intelligenza e la libertà in una vita
guidata da coscienza responsabile. Questi sono citati dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità nella sua definizione di "stato di salute".
Infatti, nella definizione data nel 1986, veniva definito "salute":
Uno stato potenziale di benessere corrispondente alle caratteristiche
fisico-biologiche, Queste possono costituire una riserva: può essere una
riserva buona, modesta o scarsa, e che può variante a seconda della vita che
una persona conduce. Perciò una persona può costruirsi una riserva di salute o
anche dissiparla. In questa interpretazione la salute viene considerata come un
mezzo per raggiungere un fine: una risorsa per la vita di ogni giorno, che
permette alla persona di condurre una vita produttiva dal punto di vista
individuale. Sociale ed economico" (Oms, 1986), mettendola in grado di
condividere attivamente con la condizione cronica, come puntualizzato nel Piano
Sanitario e significativamente descritto nell'espressione "Patto di
solidarietà con il cittadino".
Un aiuto a questo riguardo è fornito ancora dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità, che, quanto riguarda la patologia cronica, ha promosso una
classificazione nella quale tende a mettere in risalto non tanto la malattia
quanto le sue conseguenze. Si tratta della Classificazione Internazionale delle
Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap" (Oms, 1980). Questa
classificazione si è rivelata uno strumento utile per programmare la
prevenzione (primaria, secondaria e terziaria), per identificare i bisogni e la
messa a punto di interventi concernenti l'ambiente fisico, psicologico e
sociale, e per valutare programmi individuali di riabilitazione.
I diritti della persona affetta da patologia cronica
Nella prospettiva di convivenza attiva con la propria condizione, espressa dall'Oms
e ripresa dal Piano sanitario nazionale, è da considerare che la persona con
patologia cronica presente una serie di esigenze alle quali corrisponde una
serie di diritti, dei quali sovente l'operatore sanitario non tiene conto a
sufficienza.
Si citano, ad esempio (Santanera et al., 1994; Fondazione Zancan, 1988), oltre
ai diritti fondamentali della persona ad essere curata anche se inguaribile ed a
essere aiutata a mantenere lo stato di salute che le resta, il diritto:
- a non venire trascurava perché non costituisce un caso scientificamente
interessante
- a non vedersi negati ausili che aiuterebbero a vivere meglio
- a non venire trasferita in modo forzato dove "c'è posto", lontano
dalla casa e dagli affetti
- ad essere ascoltata quando esprime parere sulle cose che la riguardano
direttamente…
E' necessario menzionare il diritto a non essere segregati dalla vita sociale,
anzi al contrario essere aiutati e stimolati a prendervi parte per quanto lo
stato di salute lo consenta. Questo ha tanto maggior rilievo quanto più giovane
è la persona affetta da patologia cronica, poiché in genere è più lungo il
periodo di vita che le si prospetta. Si prendono ad esempio coloro che sono
affetti da diabete giovanile, malattia che può comparire anche nell'infanzia,
oppure persone affette da una condizione congenita parzialmente disabilitante.
In persone come queste la prospettiva di vita può essere di molti decenni e
pertanto la socializzare è particolarmente importante ed è in ogni caso utile
anche per la cura stessa di alcuni effetti della patologia.
Gli operatori sanitari tendano talora a curare solo il guaribile, a ridurre il
"prendersi cura" al "curare", con conseguenti problemi di
medicalizzazione della vita; mentre è necessario fare di maggior sintesi tra
due aspetti diversi e complementari, la dimensione tecnico-professionale e
quella etico-antropologica.
Altro diritto che merita di essere sottolineato è quello di poter stare a casa
propria, in quanto, per il paziente con patologia cronica, ciò significa essere
circondato dai propri affetti, ed è stato osservato che il paziente che può
essere curato a domicilio prova meno ansia e depressione che in una struttura di
ospedalizzazione.
I doveri verso la persona affetta da patologia cronica
Doveri e responsabilità della pianificazione sanitaria
Uso delle strutture sanitarie. La pianificazione sanitaria dovrebbe prevedere un
uso delle strutture sanitarie diverso da quello tradizionalmente prevalente.
L'ospedalizzazione tradizionale, con un ingresso ed un periodo di degenza che si
conclude, non è più la risposta adatta per la persona affetta da patologia
cronica.
Altre modalità possono meglio servire ad assistere i cronici:
- ospedalizzazione di giorno (day hospital);
- ospedalizzazione ciclica: due-tre giorni ogni tanto, per controllare il
paziente e per aiutare la famiglia a sopportare il peso dell'assistenza;
- ospedalizzazione a domicilio, pianificata in modo da fornire prestazioni in
buona misura equivalenti a quelle ospedaliere (tranne che per gli interventi che
richiedano apparecchiature che sono solo nell'ospedale), sulla base di un
programma terapeutico definito anche nel tempo;
- assistenza domiciliare integrata, realizzata garantendo continuità
terapeutica fra ospedali e territorio, nella logica di un circuito assistenziale
e riabilitativo che accompagna e sostiene la persona nel suo spazio di vita.
Per questo è necessario garantire un'assistenza continuativa ed integrata fra
ospedale e territorio e la presenza, nei distretti, di unità di valutazione
multidimensionale. Occorre inoltre rispondere ai bisogni formativi nei servizi
affinché essi siano capaci, nel fornire assistenza sanitaria, anche di
accogliere la persona nella sua globalità.
Per realizzare un'adeguata assistenza domiciliare sono necessarie tre
condizioni: il consenso del soggetto, un buon livello organizzativo della
struttura sanitaria territoriale, un sufficiente grado di accettazione e di
preparazione della famiglia: la seconda di queste condizioni è responsabilità
della pianificazione sanitaria.
Attenzione alla riabilitazione. Dovrebbe essere più accentuata l'attenzione
alla riabilitazione. Si nota che questo aspetto della cura dei pazienti viene
per lo più sottovalutato. Ad esempio, mentre i Drg per la cura di fatti acuti
prevedono anche la fase della riabilitazione, in genere le aziende sanitarie
tendono a dimettere al più presto un paziente guarito, anche se non ancora
sottoposto a riabilitazione.
Al contrario dovrebbe essere garantita la continuità assistenziale nell'ambito
dei percorsi riabilitativi personalizzati.
Le ragioni della scarsa attenzione alla riabilitazione potrebbero essere più di
una:
- la scarsa preparazione dell'operatore sanitario a questa fase della cura del
malato (causata a sua volta da una modesta valutazione del valore della
riabilitazione da parte della maggioranza dei docenti nelle facoltà mediche).
- Una concezione dell'assistenza sanitaria eccessivamente "ospedalocentrica",
da parte del Ssn.
- Il fatto che la riabilitazione fornisce in generale alla struttura sanitaria
una limitata gratificazione in termini di immagine.
Una larga parte delle attività di riabilitazione viene considerata di
pertinenza non dell'assistenza sanitaria bensì dell'assistenza sociale. Da
parte sua l'Oms sostiene l'opportunità di coniugare l'assistenza sanitaria e
l'assistenza sociale, integrando le varie dimensioni dell'inabilità in un
approccio bio-psico-sociale (Oms, 1997).
La riabilitazione della persona con patologia cronica dovrebbe invece essere
vasta, per tendere non solo al recupero nei limiti del possibile della funzione
dell'organo leso, ma anche ad un recupero globale della persona. Ciò in linea
con la definizione di salute dell'Oms citata in precedenza. Tale recupero
permetterebbe in molti casi alla persona con patologia cronica di esercitare il
diritto di avere cura di sé stessa, convivendo attivamente con la cronicità, e
di svolgere una propria attività nella società: pertanto risulterebbe
vantaggiosa sia per la persona che per la società, anche dal punto di vista
economico.
Attenzione alla prevenzione. Dovrebbe essere accentuata l'attività dei servizi
sanitari nel campo della promozione della salute, allo scopo di prevenire
malattie croniche infatti molte malattie croniche, non congenite, derivano da
stili di vita dannosi: per questo va promossa l'assunzione di responsabilità da
parte di ogni persona circa gli effetti (su di sé e sugli altri) di determinati
stili di vita, ad esempio connessi al fumo, all'abuso di alcol e di altre
sostanze, ad abitudini alimentari inadeguate.
L'indirizzo di promozione della salute è coerente con quanto previsto dal Piano
Sanitario nell'Obiettivo I: "Promuovere comportamenti e stili di vita per
la salute".
In questo la corresponsabilità sociale coinvolge in particolare gli operatori
del Servizio sanitario, ma anche in generale gli insegnanti e tutti gli
operatori culturali.
Strettamente connessa a tale dimensione culturale e formativa, con una seria
attenzione all'ecologia, è la dimensione politica e di programmazione, con
l'esigenza di una reale collaborazione tra i diversi organi istituzionali
preposti, quando si tratta, ad esempio, di opere urbanistiche e viarie,
insediamenti industriali, regolamenti e normative che incidono nel formarsi di
modelli di comportamento rilevanti sul piano della salute.
Doveri e responsabilità degli operatori sanitari
Il lavoro di équipe. Il medico che cura la persona affetta da patologia cronica
deve lavorare con tutta l'équipe assistenziale per il vantaggio psicofisico del
paziente e per una corretta ed etica gestione delle risorse disponibili. Infatti
l'assistenza domiciliare diventa integrata quando professionalità diverse,
sanitarie e sociali, collaborano per realizzare progetti di cura unitari e
mirati alla soddisfazione dei bisogni della persona e della famiglia.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario rivedere le modalità formative
del medico e degli altri professionisti che andranno a costituire l'équipe
"curante", ma soprattutto è necessaria l'attivazione della formazione
permanente che, se attuata sistematicamente e in forma multidisciplinare,
consente un'adeguata integrazione fra gli operatori sanitari, garantendo in
questo modo continuità assistenziale e dando così sicurezza alla persona
stessa ed alla sua famiglia.
Il rapporto con il paziente. Il rapporto con la persona affetta da patologia
cronica deve essere di qualità analoga a quella che il medico e gli altri
operatori sanitari e sociali tengono con il paziente acuto, dedicando
particolare attenzione alle valenze etiche del rapporto con l'assistenza. Poiché
questo rapporto è suscettibile di essere mantenuto lungamente, deve essere
adeguatamente approfondito sia con il paziente che con i familiari. Tale
rapporto probabilmente non può essere demandato solo ad una singola figura
professionale deresponsabilizzando gli altri operatori che hanno in carico il
paziente.
L'équipe curante deve essere, per quanto possibile, sempre la medesima,
garantendo continuità delle cure da parte dei medesimi operatori. Mentre il
paziente acuto viene curato del tutto dal personale sanitario, la persona
affetta da patologia cronica di solito (quando non è ricoverata) si cura da sé
con il contributo dell'équipe. E c'è una differenza sostanziale se il paziente
viene visto da sanitari diversi nel corso di viste successive.
L'ambiente di vita del paziente. L'operatore deve prestare particolare
attenzione all'ambiente nel quale il paziente si trova. Notevole importanza ha l'ambiente
familiare. La presenza in casa di un paziente con patologia cronica incide
su tutto il nucleo familiare, che diventa più vulnerabile. E' compito dei
servizi e dei servizi sociali fornire un sostegno alla famiglia, sia nella fase
di preparazione ad accogliere il paziente in casa sia successivamente. Il
sostegno necessario può essere educativo-relazionale, economico-sociale e di
altra natura. Anche l'ambiente edilizio nel quale la persona affetta da
patologia cronica vive (nella struttura sanitaria o, soprattutto, nella propria
abitazione) deve venire adeguato alle sue necessità. Sovente sono importanti
accorgimenti non onerosi, come l'acqua da bere a portata di mano o la facilità
di raggiungere i servizi igienici. Si tratta di fattori che nella persona
affetta da patologia cronica costituiscono un importante complemento alla
terapia e un fattore determinante di qualità della vita.
Infatti l'ambiente di vita del paziente è importante per aiutare a convivere
attivamente con la patologia cronica, valorizzando le proprie capacità. Lo
spazio domestico del paziente affetto da patologia cronica, deve essere
interpretato ed organizzato con sensibilità attenta alla necessità di chi sia
in qualche misura disabile (Moss, 1997). Nel campo degli ausili per l'autonomia
prevale una logica di profitto che talora costituisce la prima vera barriera per
il paziente affetto da patologia cronica. In una prospettiva etica questo
atteggiamento deve essere contrastato e denunciato. Sotto questa luce
l'intervento pubblico non dovrebbe assumere costi tenuti artificialmente
elevati, bensì individuare strumenti di politica economica tendenti a farli
abbassare.
Doveri e responsabilità dei familiari della persona affetta da patologia
cronica e dei servizi nei confronti della famiglia stessa
Le famiglie con persone affette da patologia cronica sostengono carichi
assistenziali a volte molto gravi, derivanti dal lavoro di cura, dalla continuità
dell'impegno, dall'intensità emotiva del confronto con la sofferenza e la
morte. Spesso esse sono lasciate sole a sostenere responsabilità che, pur
derivanti dai legami affettivi e parentali, non possono essere viste come una
questione privata, da gestire nel solo ambito dei rapporti familiari.
Esse hanno bisogno e diritto di essere aiutate, e sostenute per convivere
positivamente con la cronicità; a questo scopo dovrebbero poter contare
sull'aiuto dei servizi sanitari e socio-assistenziali e sul sostegno di altre
persone che, a titolo di volontariato e di solidarietà sociale, condividano i
problemi della persona malata e della sua famiglia. Questo può avvenire più
facilmente facendo prendere coscienza delle responsabilità reciproche, radicate
nei comuni diritti e doveri di solidarietà. Si tratta cioè di investire sul
piano culturale per allargare le responsabilizzazioni: dallo spazio familiare
verso spazi più ampi di natura interpersonale e sociale.
Le situazioni familiari sono molte diversificate. Spesso le contraddizioni e le
esperienze di conflitto all'interno della famiglia, tenuto conto anche
dell'attuale condizione dei nuclei familiari, rendono più difficoltose la
gratuità e la reciprocità proprie dei legami familiari, riducono la percezione
del dovere di aiuto, fanno sembrare opzionale l'impegno di tutela dei soggetti
più deboli.
A fronte dei doveri della famiglia vanno però resi espliciti anche i doveri che
i servizi hanno nei suoi confronti, sotto forma di protocolli operativi e linee
guida finalizzate a qualificare il lavoro domiciliare, mettendolo in grado di
dare risposte ai bisogni di tutti i suoi destinatari: la persona con patologia
cronica e chi si prende cura di lei.
In particolare va evitato che lo scarso impegno dei servizi, la frammentazione
delle prestazioni, le mancate integrazioni delle responsabilità e delle risorse
professionali diventino ragione o alibi per la resa di chi non si sente più in
grado di gestire carichi assistenziali molto gravosi.
La mancata assistenza dei servizi sanitari può alimentare questi atteggiamenti,
venendo meno ai compiti istituzionali, oltre che professionali, del servizio e
di quanti operano al suo interno.