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L´INTERVISTA
"Non voglio dire come mi esprimerò, i referendum servono a far parlare i
cittadini "
Amato: "Io andrò a votare
ma poi la legge va riscritta"
"I leader dell´Unione e della Cdl dicano che faranno dopo"
la scelta di fini In fondo ha fatto solo una parte del percorso,
preferirei che si esprimesse su quello che avverrà dopo la consultazione
la lista unica Sono per la lista unica dell´Ulivo, ma ci sono delle
difficoltà. Non vedo malafede, ma vanno affrontate con chiarezza
l´astensione A chi propone l´astensione chiedo: se vincete, davvero volete
lasciare le donne nella situazione i cui si trovano oggi?
deporre le armi Quel che serve non è il risultato sportivo, ma la
disponibilità dei contendenti a ragionare insieme sui problemi che
resteranno aperti
GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - Cosa facciamo
dopo il referendum? Per Giuliano Amato questa è la vera domanda in vista del 12
giugno. Non se e come votano i leader politici. «Se una cosa serve all´Italia e
agli italiani che si sentono toccati dal tema delle fecondazione assistita, non
è il risultato sportivo sui quesiti ma è la disponibilità dei contendenti a
deporre le armi e a ragionare insieme sui delicati problemi che comunque
rimarranno aperti». Cioè, a tornare subito in Parlamento.
Lei ha già detto che andrà alle urne. Ha deciso come votare?
«Vedo che sono stato incluso anch´io nell´elenco di chi dice quattro Sì. Ma non
ho mai detto come voterò, ho solo detto che voterò. Tra l´altro, potrei notare
che sull´eterologa c´è da tempo un mio disegno di legge che la prevede
esclusivamente sulle coppie sterili...».
Vuole dire che l´orientamento è per tre Sì e un No?
«Voglio dire che sono personalmente perplesso davanti a ciò che sta attirando di
più l´attenzione, cioè la caccia a chi dice sì, chi dice no e chi si astiene.
Una caccia che si spinge fino al punto della spasmodica attesa che chiariscano
le loro intenzioni sia Valeria Marini sia Romano Prodi... Data la diversità dei
due personaggi, questo "gioco" dà il senso che forse si sta creando una vetrina,
una vetrina che rischia di diventare fine a se stessa. Capisco bene che la
richiesta ai leader di dire come votano è intesa da molti, e giustamente, come
la richiesta di un´assunzione di responsabilità. Ma evitiamo che questa prova
finisca poi per generare una sollecitazione di voti, come dire, imitativi, per
cui ciascuno segue la figura pubblica per la quale ha più simpatia. Sarebbe un
rovesciamento del senso del referendum e della proclamata libertà di coscienza.
Il Parlamento esiste perché i rappresentanti convincano i cittadini della bontà
delle soluzioni che adottano, il referendum esiste perché i cittadini, di testa
loro, valutano ciò che i loro rappresentanti hanno fatto in Parlamento».
Spostando equilibri politici consolidati, come è avvenuto in passato...
«E sorprendendo gli stessi sollecitatori di voti. Per questo a Prodi, a Rutelli,
a Berlusconi e nel mio piccolo a me stesso chiedo non tanto di dire come
voteranno, ma che cosa intenderanno fare dopo il voto in materia di fecondazione
assistita, tanto più davanti a un referendum come questo nel quale
realisticamente ci troviamo davanti a due ipotesi sole: o che non si raggiunga
il quorum, perché prevalgono le astensioni, o che vinca il Sì. Considerare
l´ipotesi del successo del No mi sembra onestamente una perdita di tempo. Un
referendum nel quale non si raggiunge il quorum è istituzionalmente e
inesorabilmente un referendum attraverso il quale i cittadini dicono: tocca a te
Parlamento affrontare la questione. Facciamo bene attenzione. Non gli dicono:
non toccare più la legge oggetto del referendum. Questo sarebbe, semmai,
l´effetto della vittoria dei No. Senza quorum il significato del voto è che il
Parlamento deve riaffrontare la questione. Allora, a coloro che oggi propongono
di astenersi io voglio chiedere: se vincerete, vorrete davvero che la legge
resti com´è? Gli autorevoli colleghi che mi hanno detto in privato "mi asterrò
perché voglio che della questione si occupi in Parlamento", sono pronti a dirlo
sin d´ora pubblicamente che questo è il loro scopo? Sono pronti a dire che c´è
una questione donna nel lasciare la legge com´è perché non si possono fare
stimolazioni ovariche a ripetizione senza provocare gravi traumi? Sono pronti a
non voltare più la testa dall´altra parte, come la legge induce a fare, davanti
agli embrioni che periscono dimenticati nei frigoriferi? E se vincono i Sì, i
fautori di questa scelta intendono lasciare i vuoti delle norme abrogate o
intendono tenere conto delle ragioni di chi vuole evitare che si producano e si
congelino embrioni che non è necessario produrre o congelare? E come pensano che
gli embrioni rimasti possano essere utilizzati ad altri fini? E l´eterologa va
bene oltre che per la coppia anche per la donna single?»
Messa così, il referendum non rischia di apparire solo come un incidente di
percorso?
«Su questo tema non c´è un Sì o un No, se non sui grandi principi. Qui contano
le soluzioni specifiche che poi vanno trovate. Io non sono tra i promotori del
referendum, però non sono nemico del referendum. Siamo entrati nella vera e
propria campagna referendaria e il fatto che tanto se ne parli concorre comunque
a creare un clima che dà centralità al referendum e siccome un referendum è una
prova di democrazia più è all´attenzione dell´opinione pubblica meglio Quello
che sta accadendo alla Costituzione europea mi insegna che bisogna dare ai
cittadini molte occasioni di esprimersi. Altrimenti ogni opportunità che hanno
diventa l´esplosione di una pentola a pressione. Ma su temi così delicati ci
sono soluzioni specifiche su cui è importante formare un consenso in Parlamento
e ritrovare comunque le ragioni comuni».
Su quali basi di discussione?
«Io le trovo nel mio disegno di legge».
Anche se in mezzo c´è un voto referendario?
«Non penso che diventerà una minestra riscaldata. Anzi, considerò quel disegno
di legge una minestra che va al suo appuntamento. Quando partì la campagna
referendaria, diversi mi dissero: "Non importa, lo hai depositato per l´autunno.
Oppure per la prossima legislatura". Resto convinto che quell´appuntamento sia
ineludibile».
Il non voto è legittimo?
«Secondo me è bene affrontare nel merito la questione e non usare quello che poi
è un espediente tattico come il non voto. Ma sicuramente astenersi è legittimo.
È uno strumento che hanno usato i commercianti e i cacciatori, non vedo perché
non debbano usarlo i vescovi. Se viene usato da loro, non diventa meno
legittimo».
Non dirà come vota nemmeno alla stretta finale?
«Chi vuole esprimersi si esprima. Ma, ripeto, da un lato trovo pericolosa questa
attenzione perché può rovesciare il senso del referendum, dall´altro trovo più
importare che cosa si dirà dopo».
Quindi Fini ha fatto solo una parte del percorso?
«In fondo sì. Preferirei che anche lui dicesse cosa avviene dopo».
Cambiando argomento, davanti al Paese in recessione è giusto abbandonare
Berlusconi al suo destino o sarebbe meglio offrire una qualche forma di
collaborazione nell´interesse generale?
«Sono un convinto sostenitore della logica bipolare. Questa logica non esclude
affatto che ci siano dei momenti di collaborazione. Però la responsabilità del
governo deve toccare alla maggioranza che ha vinto le elezioni. Quindi, se le
difficoltà del governo sono tali da suggerire lo sbocco di un governo
istituzionale, è giusto che invece si vada a votare. Su questo non ho dubbi. Il
governo istituzionale è più nelle cose del sistema proporzionale che combinava a
incastro variamente i partiti in Parlamento e uno degli incastri possibili era
anche l´esecutivo istituzionale. Qui invece il corpo elettorale ha votato per
una maggioranza e se questa maggioranza non è in grado di governare la parola
torna agli elettori. Non a caso, in Inghilterra, il governo istituzionale non
viene in mente a nessuno».
Quando si voterà per le politiche ci sarà l´Ulivo sulla scheda?
«Che io sia un fautore della lista unica, è noto. Ma ci sono delle difficoltà.
Per intenderci, non vedo in nessuno della malafede, capisco i problemi, però ha
ragione chi dice: affrontiamoli con chiarezza, questi problemi, e usciamo da una
situazione di rinnovata incertezza, da questa discussione a corrente alternata».