www.segnalo.it - Politica dei servizi sociali - Saggi e Articoli
HOME PAGE |
L´INTERVISTA
Parla l´assessore della Toscana Rossi, che è anche coordinatore dei
colleghi delle altre giunte
Regioni, no agli antiabortisti
"Sui consultori sovranità a noi"
Convenzioni previste, ma fuori della struttura pubblica"
Offensivo che il Vaticano dica: rilasciano solo certificati per abortire
MARIO REGGIO
ROMA - «Siamo contrari alla presenza dei volontari nei consultori, perché la
legge 194 prevede che si possano fare convenzioni con gli enti Locali e le
formazioni sociali con l´obiettivo di contribuire a risolvere i problemi
economici e sociali che spingono la donna ad abortire, ma fuori dalla struttura
pubblica. Sempre che le convenzioni salvino la libertà di scelta delle donne.
Per modificare questi principi dovrebbero modificare la legge. Per il momento
anche la maggioranza di governo ripete di continuo che nessuno ha in mente di
cambiarla. I latini dicevano "excusatio non petita accusatio manifesta". Cambino
registro... «.
Enrico Rossi, assessore alla Sanità della Regione Toscana e coordinatore
nazionale dei responsabili alla Salute, risponde così al ministro Storace che
sta preparando un protocollo d´intesa da sottoporre alle amministrazioni locali.
Rossi, cosa pensa dell´iniziativa del ministro?
«Intendo chiarire alcuni punti fermi. In primo luogo, in base alla legge
sull´interruzione volontaria della gravidanza, ogni anno le Regioni relazionano
il ministero della Salute sul funzionamento dei consultori, con tanto di cifre e
di analisi sugli interventi e sulla prevenzione.
È contrario all´ipotesi di Storace su un protocollo d´intesa con le Regioni?
«Ci dicano di cosa si tratta. Se il ministro vuole discutere ce lo faccia
sapere, noi siamo sempre disponibili. Ma tutti i giorni se ne inventa una, non
riesco a capire dove andrà a finire questa storia. In ogni caso non deve
dimenticare che la competenza sui consultori spetta alle Regioni e che noi ogni
anni presentiamo una relazione al ministero della Salute che serve a illustrare
la situazione ai parlamentari».
Vuole lanciare un messaggio al ministro?
«Per prima cosa dovrebbe iniziare una fase di ascolto, conoscere cosa succede
davvero nei duemila consultori italiani, le richieste delle donne, soprattutto
immigrate ma non solo, che hanno difficoltà ad affrontare la vita quotidiana,
prima di lanciare anatemi e tranciare giudizi. Non accetto che l´Osservatore
Romano affermi che i consultori sono uffici che rilasciano solo certificati
d´aborto. È un´offesa pesante alle donne, ai medici, agli infermieri, agli
psicologi che tutti i giorni si confrontano con il dramma dell´aborto».
Il ministro vi accusa, come Regione Toscana, di aver aperto il fronte
dell´acquisto all´estero della pillola abortiva Ru486. La definisce una manovra
politica.
«Che sia legittimo non lo può negare. Eppure ci ha sommerso di invettive sopra
le righe. Perché non si domanda per quale motivo le donne, soprattutto
immigrate, arrivano alla decisione di interrompere la gravidanza? Se il sostegno
alle famiglie si ferma ai mille euro al primo figlio, come prevede una
Finanziaria ancora in alto mare, mi sembra poca cosa. Allora parliamo con
chiarezza di educazione alla sessualità, al valore della maternità e paternità
consapevole e all´uso degli anticoncezionali. Storace ne vuole discutere? Siamo
a sua disposizione».
La maggioranza ripete che non pensa alle revisione della 194.
«Il modo migliore di fugare qualsiasi dubbio è applicare quello che prevede la
legge: abortire o meno riguarda il rapporto esclusivo tra la donna e il medico.
La politica deve fare un passo indietro. Chiedo al ministro Storace: cosa ha
fatto nei cinque anni in cui ha governato la Regione Lazio? Adesso, convocando
una parte e poi l´altra, oltre a lanciare messaggi politici, fa balenare che ci
sia una soluzione di destra alla legge sull´aborto».
I
PROTAGONISTI
Il Movimento per la vita, 20.000 aderenti e 600 sedi, è pronto ad operare nei
consultori: ma servono strumenti
I volontari cattolici si preparano
"È bello quando lei ci ripensa"
Già oggi offrono sostegno, anche economico, nei Centri di aiuto alla vita: in 20
anni 50 mila nascite
"Non vogliamo essere gli unici presenti, sì anche agli islamici. E l´importante
è che la scelta sia della donna"
FRANCO VERNICE
MILANO - Ogni loro passo sul palcoscenico sociale inevitabilmente divide la
platea come la marcia di Mosè attraverso il Mar Rosso: da una parte gli
ammiratori festanti, dall´altra gli oppositori irriducibili. Dalle loro fila
dovrebbero arrivare i "vigilantes" cattolici e antiabortisti da mandare nei
consultori. Sono i volontari del Movimento per la vita di Carlo Casini, i
militanti temperati da anni di battaglie. Un piccolo esercito appena uscito
vittorioso dal referendum sulla procreazione assistita che lo ha visto
agguerritamente schierato dietro al condottiero Camillo Ruini. Ma cos´è oggi il
Movimento per la vita? I dati ufficiali raccontano di un´organizzazione con
20mila aderenti sparsi per l´Italia (Milano e Roma le piazze più importanti),
quasi 600 le sedi, calcolando anche i presidi dei Cav, i Centri di aiuto alla
vita che del movimento sono un po´ il braccio operativo e secolare, quello che
direttamente si incarica di offrire accoglienza e assistenza alle donne che ne
fanno richiesta. I Cav hanno spesso sede presso gli ospedali, come la storica
clinica Mangiagalli di Milano.
Dice con un mezzo sospiro e fra una chiamata e l´altra Emma, pensionata e
volontaria da due anni, seduta davanti al centralino di una delle sedi: «Da noi
arrivano sempre più numerose le extracomunitarie. Noi offriamo aiuto economico e
psicologico a tutte. Il nostro è un lavoro in prima linea. Aiutiamo come
possiamo, attraverso le assistenti sociali, oppure in solido, a seconda se si
tratta di donne sole, oppure lasciate dal marito. E a fare tutte queste cose
siamo sempre troppo pochi». In 20 anni di attività, i Cav avrebbero aiutato la
nascita di 50mila bambini. Il loro slogan, ricorda ancora Emma, è questo: «Le
difficoltà della vita non si risolvono eliminando la vita, ma superando le
difficoltà».
A inventare questo slogan, è stata la psicoterapeuta Paola Bonzi che nel 1984 ha
fondato il Cav della Mangiagalli e poi, a seguire un altro centro milanese, 450
metri quadrati sempre in via Commenda, davanti al liceo Berchet: «A me piace
poter usare anche un altro slogan. Dire: "Oggi è nata una mamma". Perché il
nostro lavoro non deve essere solo quello di far nascere i bambini, ma anche
quello di aiutare le donne di fronte ad un bivio a diventare madri». Così, con
un milione e 140mila euro di bilancio, questo centro non si occupa solo di donne
in gravidanza, ma anche di accompagnare per mano le neo-madri: «Attualmente
riforniamo di pannolini 640 bambini», sorride la dottoressa Bonzi.
Il Movimento per la vita, in questi mesi conosce una nuova espansione alimentata
dall´ondata di piena referendaria. Spiega Paolo Sorbi, sociologo, ex leaderino
del ´68 cattolico a Trento, ex Lotta continua ed ex Pci, presidente milanese del
Movimento per la vita: «Noi siamo il cervello pensante del popolo della vita.
Per noi la campagna referendaria ha rappresentato un ´68 spirituale. Sono
moltissimi i giovani che oggi vengono da noi. Dovremo adeguare le nostre
strutture alla richiesta del territorio che, dopo il referendum, è stata
imprevista. Per noi i giovani sono una leva per andare oltre. Ora a Milano, per
esempio, dovremo fare un congresso straordinario. Le strutture attuali sono
assolutamente inadeguate e vogliamo diventare un movimento ecumenico basato
sulla morale naturale, aperto anche ai musulmani moderati e agli ebrei».
Ma intanto sull´agenda di lavoro spicca marcato con l´evidenziatore rosso il
capitolo volontari antiabortisti comandati nei consultori. Ancora Paola Bonzi:
«L´importante è che siano dotati di strumenti adeguati. Poi i volontari non
devono essere necessariamente cattolici. E la scelta non deve mai essere
dell´operatore, ma della donna». «Il discorso della nostra presenza nei
consultori è un discorso da prendere, diciamo, molto con il dialogo. Non
vogliamo essere gli unici, e se ci vogliono essere gli islamici a me va
benissimo. Io non ho nessun problema. Noi ci muoviamo su una dinamica
multiculturale. Questa è la strategia», ci tiene a precisare Paolo Sorbi.
D´accordo, ma, concretamente, come potrebbero muoversi in un consultorio quelli
del Movimento per la vita? «Potrebbero insieme agli altri operatori discutere
con il soggetto che vuole abortire, con la potenziale mamma, il perché lei vuole
fare una cosa negativa. Poi, se non si riesce a convincerla, per esempio anche
portando i genitori, se alla fine di tutta questa fiera, la ragazza vuole
abortire, che abortisca pure». Il rischio, però, è quello di castigare una donna
già in difficoltà, imponendole un dibattito da Porta a Porta fra favorevoli e
contrari. Sorbi non ha molti dubbi: «E´ quello che voglio. Questo è
positivissimo. Più dibattiti ci sono, più la ragazza matura». E Paola Bonzi
aggiunge: «L´importante è fare in modo che la scelta sia sempre della donna, mai
dell´operatore. E a volte basta offrire accoglienza. Se le donne capiscono che
noi possiamo accogliere una persona mai vista prima, capiscono anche che loro
stesse possono accogliere il loro bambino. Ed è bellissimo, dopo un colloquio di
quaranta minuti, vederle stracciare il certificato per l´aborto, fissato magari
per il giorno dopo».