Angelo
Panebianco, Oltre le scelte di schieramento,
in
Il Corriere della sera 16 marzo 2005
Sulla fecondazione assistita è in atto uno «scontro
di civiltà». Tuttavia, nella prossima consultazione
referendaria, ci aspettano quattro distinti quesiti che si prestano
a riflessioni sui pro e i contro di ciascuna alternativa. Sullo
sfondo, certo, si stagliano le grandi questioni (i rischi di una
nuova eugenetica, i rapporti fra Stato e Chiesa). Ma chi vuole
coglierla ha la possibilità di mettere fra parentesi le suddette
grandi questioni e di ragionare con spirito pragmatico. Se i più
faranno probabilmente una scelta «di schieramento» (non
necessariamente partitico) c’è certamente anche una parte di
elettori che vorrà sfuggire a questa logica. Ad essi può essere
utile offrire qualche riflessione.
Chi scrive non ha alcuna competenza in materia, ha
cercato solo di maturare una decisione armato di qualche principio e
di una ricognizione degli argomenti dibattuti. Sia chiaro che ciò
che conta è solo l’atteggiamento (un altro può benissimo arrivare,
su ciascun quesito, a conclusioni opposte alle mie, avendo assunto
però, in partenza, il mio stesso atteggiamento). La posizione che
chi scrive ha maturato è, al momento,la seguente: un «sì» deciso, un
«no» altrettanto deciso, un «sì» con molti dubbi, un «non so» (o
«non so ancora »). Il «sì» deciso riguarda la ricerca sugli embrioni
già fabbricati e congelati. O li si dà alla ricerca scientifica o li
si butta via. Penso che non si sarebbe fatto torto alla coscienza di
chi equipara l’embrione alla persona se la legge avesse proibito la
creazione di «nuovi » embrioni soprannumerari (come fa) lasciando
però la ricerca libera di operare su quelli già creati. Il mio «no»
deciso riguarda l’eterologa.
Non è questione di «famiglia tradizionale». È in
gioco il fatto che occorre preservare i futuri concepiti da quel
groviglio di problemi psicologici che, con l’eterologa, possono
insorgere, già in età adolescenziale, nel rapporto con i genitori.
Il «sì» con molti dubbi riguarda l’abrogazione della norma che
tutela i diritti dell’embrione equiparandoli a quelli dei già nati.
La formulazione non mi pare accettabile. Se questa norma rimarrà,
una contraddizione si sarà installata nel cuore dell’ordinamento:
come conciliare quella norma con il mantenimento della legge
sull’interruzione della gravidanza? I dubbi nascono dal fatto che se
pure non è accettabile la formulazione, non è neppure giusto che
l’embrione, non essendo solo un ricciolo di materia, rimanga
totalmente sguarnito di protezione giuridica. Da ultimo, è massima,
allo stato, l’indecisione sul quarto referendum, quello che pone
vincoli al numero di embrioni da impiantare nel corpo della donna,
al fine di evitare l’ulteriore produzione di embrioni
soprannumerari. Qui sono in gioco diverse questioni, ad esempio
(dice chi ne sa più di me) quella della salute della donna messa a
rischio da un eccesso di stimolazione ormonale.
A me paiono decisivi i numeri, semplici numeri che
però non è facile ottenere. I numeri, in Italia, si sa, sono
«partigiani». Se valgono i numeri di chi dice che dal varo della
legge ad oggi non c’è stato un forte calo delle nascite, conviene
forse votare «no»: per evitare che riparta a pieno ritmo la fabbrica
di embrioni soprannumerari. Se invece un consistente calo c’è stato
conviene votare «sì» (perché obbligare la gente ad andare a cercare
fuori d’Italia ciò che è impossibilitata ad ottenere qui?). In
mancanza di informazioni chiare, chi scrive potrebbe decidere, solo
su questo quesito, di astenersi. Nessuno è invitato a condividere
queste scelte (che potrebbero anche essere totalmente sbagliate). Si
vogliono solo sommessamente sollecitare riflessioni sui pro e i
contro di ciascuna scelta. Al posto della solita routine, del solito
scontro di civiltà.