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Aborto, la piazza delle donne
Duecentomila in corteo. Pera: ma è un piccolo omicidio
Cori contro Ruini e Cdl. Bonino: "Ormai è chiaro che le molestie clericali
superano i limiti. Storace: "È stato un Carnevale"
GIUSEPPINA PIANO
MILANO - «Siamo già centomila», dice Susanna Camusso, donna ma anche capo della
Cgil lombarda, quando il corteo è appena partito. In marcia dalla Stazione
Centrale a piazza Duomo. E quando le prime manifestanti con lo striscione "Siamo
uscite dal silenzio" arrivano davanti al sagrato della cattedrale, non è
cresciuto solo l´entusiasmo. Si aggiornano anche i numeri. «Duecentomila
persone», è la certezza delle organizzatrici di una manifestazione in difesa
della legge 194 sull´aborto nata, in due mesi, dal passaparola via Internet
lanciato da un gruppo di donne milanesi.
Le madri e le figlie, ma anche i mariti e i padri, femministe che marciavano più
di trent´anni fa e ragazze con il piercing. Il corteo che, ieri, ha bloccato il
centro di Milano non è solo una fiumana di donne. Anche se sono loro che si
fanno sentire di più in cori che prendono di mira su tutti la Cei ma anche i
politici della Cdl, a partire dal ministro della Salute Francesco Storace che a
distanza dice: «Si è celebrato il Carnevale. Il governo non vuole modificare la
legge 194». Non sarà l´unico, il ministro, a criticare il corteo. Il presidente
del Senato Marcello Pera usa parole severe: «L´aborto è un piccolo omicidio. Ho
conosciuto tragiche situazioni di scelta tra sacrificare la salute, la serenità
di una coppia o sacrificare il feto. Il problema è aiutare le donne a non
abortire».
Manifestazione auto-organizzata, e dunque i partiti dell´Unione ci sono ma
restano indietro. Ds (compreso il presidente della Provincia Filippo Penati:
«Questa è una maggioranza che non vuole far tornare indietro il Paese»),
Rifondazione, Comunisti italiani e Rosa nel pugno (Emma Bonino: «La gente ormai
si è resa conto che le molestie clericali hanno superato i limiti»), i quattro
candidati alle primarie dell´Unione per la poltrona di sindaco di Milano (Bruno
Ferrante, Dario Fo, Milly Moratti e Davide Corritore). E poi la Margherita in
ordine sparso, c´è l´anima laica del partito, manca quella cattolica e
soprattutto mancano le donne. «La Margherita non contribuirà mai a un clima dove
le donne sono ricacciate nella clandestinità», ci tiene a dire Nando Dalla
Chiesa. Ma di donne del partito non se ne vedono, e «mi dispiace, credo sia
un´occasione persa per loro», scuote la testa un altro onorevole della
Margherita come Pierluigi Mantini. Diplomatica, o ottimista, la ds Barbara
Pollastrini: «Sono sicura che la prossima volta ci saranno anche loro. Comunque
siamo tutte d´accordo: la 194 non si tocca».
Tutti nelle retrovie, i politici. Aprono dietro lo striscione "Siamo uscite dal
silenzio" le donne che si sono «autoconvocate», sindacaliste e impiegate,
professoresse universitarie e lavoratrici precarie, giornaliste come Assunta
Sarlo che a novembre mandò la prima email in giro per dire «facciamo qualcosa».
Quel qualcosa, ieri, è diventata una piazza Duomo tanto piena che la coda del
corteo neppure è riuscita ad arrivarci. «Adesso tutti ci dicono che la 194 non
si tocca: lo consideriamo il nostro primo risultato, ma non ci fidiamo», urla
nel microfono la sindacalista Susanna Camusso. Si chiude cantando O bella ciao.
E con una promessa: «Non finisce qui: ci vediamo tutte a Napoli l´11 febbraio».
Delegazioni da tutt´Italia, clima di orgoglio ritrovato. La promotrice: ora guai
a tornare a casa
Il testimone delle femministe alle ragazze nate dopo la
legge
Sfilano anche tanti uomini: libere voi, liberi noi
I figli li fanno le madri non i Santi Padri
Le donne votano con la pancia
L´integralismo non è lontano in Italia abbiamo il Vaticano
Ma quale famiglia ma quale ministero voi ci sfruttate con il lavoro nero
CINZIA SASSO
MILANO - E
adesso? Adesso che su piazza Duomo comincia a scendere il buio, che le bandiere
di tutti i colori, i fiori di carta, le coccarde coi colori della pace, gli
striscioni scritti a mano, perfino i canovacci della cucina innalzati a
stendardi continuano a sventolare, che le note di Bella ciao rimbombano come al
25 aprile mentre le donne sul palco ballano tra loro e quelle che riempiono la
piazza battono le mani, ecco, adesso, che si fa? Assunta Sarlo scuote i riccioli
spettinati: «Adesso nessuno può tornare a casa». Quando ha letto al microfono,
lei, piccolina, infagottata in un paio di pantaloni larghi, davanti una folla
che non finiva più mentre ancora gente marciava in piazza Scala e anche in via
Manzoni, il messaggio in bottiglia che il 22 novembre ha spedito per e. mail a
un gruppo di amiche, l´inizio di tutto questo (e chi l´avrebbe detto), la voce
era rotta dalla commozione. Adesso ride felice, certo, guarda quante sono. Ma
qui la piazza chiede: e adesso?
Scomparse dalle strade, rintanate nelle loro vite fatte di lavoro e per le
fortunate magari anche di carriera, figli, casa, spesa, genitori da accudire, di
colpo, un sabato pomeriggio, le donne sono ricomparse. Tante, tantissime. Con i
treni speciali arrivati da Torino, Genova, Trieste, Venezia, Firenze, Roma; con
i pullman da Brescia, Lecco, La Spezia, da ogni paese della Lombardia e da mezza
Emilia; con i voli dal sud, da Olbia e da Palermo, pagati con una lotteria e
anche con una colletta fatta ieri, per strada, «se avete un piccolo contributo
per le spese, grazie». Sono le vecchie femministe, quelle che in piazza ci
andavano eccome e trent´anni fa gridavano slogan che ripetono anche oggi; ma ci
sono anche le ragazze che trent´anni fa sono nate, le giovani e perfino le
giovanissime che all´uscita dalla scuola hanno trascinato qua anche i compagni.
Ci sono gruppi di straniere, Aliga, eritrea, è bellissima, oggi è la sua
giornata libera, che gioia ritrovarsi così in tante. Il fatto è che, ancora più
inattesi, sono comparsi anche tanti uomini: anche loro, di ogni età e mestiere,
qui perché convinti che la parola d´ordine - la libertà di scegliere - meritasse
il freddo e il viaggio. E anche la compagnia di tante donne. Quelli di Maschile
plurale innalzano: «Libertà femminile, liberazione maschile».
Ha capito male il ministro Storace, che ha definito il corteo un anticipo di
Carnevale; hanno capito male quelli, come il post-fascista La Russa, che hanno
irriso, dicendo cosa vogliono queste che la 194 nessuno ha intenzione di
cambiarla. «Bene - dirà dal palco Susanna Camusso, la segretaria regionale della
Cgil che è stata tra le prime a rispondere all´e. mail e che ha messo a
disposizione della manifestazione l´aiuto organizzativo del sindacato -
consideriamo questa dichiarazione la nostra prima vittoria». La prima, appunto.
«Vogliamo più finanziamenti ai consultori, la sperimentazione della Ru486, la
pillola del giorno dopo, un legame scuola-consultori. Vogliamo un rapporto con
la politica, con i candidati, sennò questa piazza è pronta a mandarli a quel
paese». I partiti, alle due, nel piazzale della stazione, si sono presentati
puntuali. A parte quelli della Margherita, c´erano tutti con le loro bandiere e
qualche loro deputato. Ma i cartelloni, gli slogan, i nomi dei gruppi, erano
soprattutto un´altra cosa.
Giovanna ha 24 anni, un cappello verde da strega, viene da Trieste insieme alle
ragazze del Gattanera: «Siamo studentesse, da un mese e mezzo abbiamo fondato il
collettivo, sentivamo il bisogno di mettere in gioco noi giovani». Edda, classe
‘33, toscana: «Era ora! Il femminismo non era morto, era solo stato sotterrato.
E adesso ricominciamo a parlare del futuro». Nunzia, 54 anni, consigliere
comunale a Meda: «Non vogliamo un ritorno al passato, ma vogliamo anche un
domani diverso, vogliamo contare». Margherita, da Taranto, Bernardette da La
Spezia, Alidina da Firenze: «Ragazze, tranquille, adesso si riparte». Alice, 22
anni, da Roma: «Qualche mese fa ho votato al referendum, venire mi sembrava un
dovere». Anna, 49 anni, manager: «Lo scriva che oggi ci sono anche le donne che
in genere non frequentano le manifestazioni». Donatella, 40 anni, Palermo:
«Siamo precarie, non siamo mai state zitte e continueremo a parlare ancora più
forte». Alessandra, 25 anni, da Torino: «La vicenda della Ru486 ci ha fatto
risvegliare, dobbiamo difendere la libertà delle donne». Nina, 63 anni, da
Genova, urla con le mani a cono «Tremate, tremate, con le figlie e le nipoti non
avrete i nostri voti».
Sul palco, intanto, Sandra Ceccarelli legge un brano da una lettera: «Ero
distesa su un tavolo, a gambe divaricate, con la sedicente levatrice che
immetteva acqua bollita e sapone a forza su per l´utero. Spero solo che nessuno
debba più vivere questo dolore e questa umiliazione»; Maddalena Crippa una
poesia; Debora Villa ringrazia Storace, se non era per lui, mica eravamo qui;
Paolo Hendel fa ridere: «Le donne sono troppo avanti agli uomini... però mi ha
deluso un po´ la moglie di Ruini, speravo lo convincesse»; Cristina Gramolini
chiede i Pacs («Alcuni vorrebbero imporre una società che non c´è più»); Franca
Rame racconta del suo, di aborto; Ottavia Piccolo tiene i contatti con la piazza
di Roma, da dove parla Lella Costa. Alle cinque c´è ancora gente che deve
entrare in piazza Duomo. Lea Melandri, abbracciata da tutti come una madonna,
sorride sorniona: «E adesso? Adesso le donne - in quanto donne, sì, torneranno
ad essere un interlocutore obbligato. Esistono, esiste un loro pensiero e potrà
condizionare qualsiasi scelta».
LA
STORIA
I segni e le provocazioni delle manifestazioni femministe degli anni settanta
Quei giorni delle "streghe"
minaccia gioiosa e beffarda
Dietro quegli slogan c´erano un mondo vitale, fantasia e rabbia Come scrisse
Rossanda, c´era una storia antichissima
FILIPPO CECCARELLI
«Il movimento
delle donne ha lunghe pause - ha scritto una volta Rossana Rossanda - Penso che
siano pause davanti a un vuoto che vedono, non pause d´indifferenza. C´è la
inarticolatezza dei bambini e il silenzio di alcune persone molto anziane e non
disposte a dare alle domande sul senso delle vita troppo facili risposte. Il
movimento femminista non è nato giovane; sa secoli di cose, e ne è spesso
atterrato». Altrettanto spesso, verrebbe da aggiungere dopo la giornata di ieri,
si risolleva e ritorna visibile. Ma quasi sempre a sorpresa.
Più che alla politica o alla vita pubblica di un paese, questa andatura ciclica
appartiene probabilmente alla vita. Resta da chiedersi quante, delle donne scese
in piazza a Milano e a Roma, l´avevano fatto pure trent´anni orsono. E a questo
punto magari anche valutare, con pacatezza, la perenne attualità di quello
slogan: «Tremate, tremate - diceva - le streghe son tornate». Classica minaccia
gioiosa e beffarda, come si ricorderà, accompagnata da cappellacci neri e
fiocchi rosa, scopettoni e nastri d´argento, maschere e aquiloni; e quei gesti,
quei «segni» così spudoratatamente primordiali, le mani alzate sopra la testa, i
pollici e gli indici che si univano a significare l´organo sessuale femminile.
Cortei colorati, serpentoni di gonne a fiori che attraversavano le città senza
metterle - come allora succedeva con qualche frequenza - a ferro e fuoco.
Alla fine di novembre del 1976 ventimila donne si diedero appuntamento alle otto
e mezzo di sera a piazza Esedra, vicino a quella Stazione Termini che
rappresentava la zona più mal frequentata e quindi più pericolosa della
metropoli. Si trattava appunto di «riprendersi la notte». Diretta a piazza del
Popolo, la fiaccolata femminista fece rapida sosta davanti al cine-teatro
"Volturno", rinomato ma triste luogo di strip-tease, per strapparne le
locandine. Quindi si riversò allegramente a piazza del Popolo, sparpagliandosi
in piccoli spettacoli e girotondi. Racconta Giampiero Mughini ne «Il grande
disordine» (Mondadori, 1998) che un cerchio si chiuse attorno al giornalista
Giuliano Zincone, che ne ebbe un po´ paura: «Era la prima volta che mi vedevo
considerato avversario di un movimento che dall´esterno avevo sempre
fiancheggiato».
Commentò l´indomani Lietta Tornabuoni: «E´ una marcia indetta per esigere non si
sa da chi qualcosa che nessuno può dare. Nello slogan "riprendiamoci la notte"
si esprimevano infinite esperienze mortificanti, limitanti e anche paurose
vissute da tutte le donne». Vero. Così come era vero che in quella come in tante
altre manifestazioni sull´aborto, aperte o separatiste che fossero, non ci fu
mai nessuna tensione.
O meglio: una volta, nel dicembre del 1975, per un «malinteso» a proposito del
separatismo alcune donne di Lotta continua vennero aggredite e malmenate dal
servizio d´ordine dell´organizzazione. Ma proprio questo episodio innescò il
processo di autodistruzione del gruppo. Quando, nel 1977, Simon de Beauvoir
venne a Roma volle informarsi: «E´ vero che le femministe hanno abbandonato Lc
perché si trovavano oppresse?». Sì, le risposero quelli del giornale, «se ne
sono andate quasi tutte». «Quindi eravate oppressori...». «E già - le risposero
- ma da quando sono uscite, i nostri rapporti con loro sono molto migliorati».
Il sospetto è che questa specie di insegnamento è valso per qualche milione di
italiani le cui mogli, figlie, sorelle e fidanzate scesero allora in piazza a
gridare slogan che suonavano del tutto incendiari sul piano della costruzione
del senso comune. Uno, forse il più giocherellone, pur nella sua drammaticità,
recitava: «Col dito, col dito/ orgasmo garantito!». E proseguiva, crudamente:
«Col cazzo, col cazzo/ orgasmo da strapazzo!». Un altro slogan, sempre in un
modo che a quei tempi cupi suonava eccezionalmente creativo, faceva: «Finalmente
siamo donne/ non più puttane, non più madonne». E rivolgendosi ai maschi, o
almeno ai più brutali fra loro: «La vostra violenza/ è solo impotenza». E infine
rivolgendosi a se stesse: «Io sono mia - era la premessa - e la liberazione non
è un´utopia».
Diverse voci (22 donne di Forza Italia, l´onorevole Volontè, dell´Udc, il
Movimento per la Vita) hanno ieri richiamato gli anni settanta. Per deplorarli:
con qualche semplicismo, tuttavia. Perché è difficile, su due piedi, e forse è
perfino impossibile stabilire che cosa è stato e cosa ha rappresentato in quel
periodo il movimento delle donne. C´è un bel volume a più voci appena uscito,
«Il femminismo degli anni Settanta», a cura di Teresa Bertilotti e Anna
Scattigno, libreria editrice Viella, pieno di spunti ed erudite riflessioni.
Ma certo, dietro a quegli slogan, c´era tutto un mondo vitale. C´era una storia
antichissima, come la intende la Rossanda; c´era una fantasia, una rabbia,
un´ansia di legittimazione; c´erano madri fondatrici e intellettuali di vaglia,
pratiche e problematiche, luoghi di ritrovo, riviste, librerie, case editrici.
Mentre negli anni settanta gli uomini si pestavano e si scomunicavano gli uni
con gli altri appresso al potere e alle ideologie, le donne - o meglio: certe
donne - riversavano o almeno cercavano di riversare nella dimensione pubblica la
centralità del corpo, la sessualità, la vita affettiva, il subconscio, le
relazioni d´autocoscienza.
In qualche modo c´era, dietro quegli slogan degli anni settanta, un pezzo di
futuro. Magmatico, a tratti superbo e incomprensibile come quello di chi vuole
ricostruire il mondo, ma a suo modo profetico. Un´insurrezione domestica,
intima, sotterranea; forse proprio per questo più riuscita di tante altre.
Erano quasi 200mila in difesa della legge sull´aborto. Traffico nel caos per
tutto il pomeriggio, critiche al Comune e ai vigili urbani
Piazza Duomo, la città delle donne
dalla 194 ai bambini già nati
Duecentomila, oltre ogni attesa
Il traffico paralizzato per ore
Leader e candidati del centrosinistra in piazza
Davanti al Duomo lo spazio non basta a contenere la folla arrivata da tutta
Italia
Striscioni e balli in mezzo alla strada dalla cerchia dei Navigli fino ai
gradini di Porta Venezia
Critiche ai vigili: "Erano pochi"
ORIANA LISO
(segue dalla prima di cronaca)
Neppure le più rosee previsioni - nonostante il balletto di cifre con la
questura - potevano far pensare a una partecipazione così alta: il corteo per
difendere la legge sull´aborto ha conquistato la città, con buona pace di chi
non pensava di partecipare e invece ci si è trovato in mezzo. Una folla di
giovani e meno giovani donne, gruppi ben visibili di uomini accanto alle loro
compagne. Politici e sindacalisti, donne straniere, diventate le nuove
protagoniste e destinatarie della battaglia post femminista che ha invaso
Milano. Gli striscioni e i balli blocca-traffico che hanno ingolfato tutto per
ore, fino alla cerchia dei Navigli, fino ai giardini di Porta Venezia.
Ma tant´è. Anche dal palco montato in piazza Duomo gli altoparlanti continuavano
a diffondere lo stesso invito: «Chi è già in piazza faccia spazio a chi sta
arrivando, altrimenti non potremo dire che siamo in duecentomila». A Susanna
Camusso, segretario regionale della Cgil, brillavano gli occhi davanti allo
spettacolo di femministe storiche a fianco di giovani precarie: «È
straordinario», diceva mentre a spinte entravano in piazza anche i tanti
arrivati da tutta Italia, con treni speciali e trecento pullman parcheggiati in
zona stazione Centrale e i giovani dei centri sociali in coda. Sparsi nella
piazza, ad ascoltare gli interventi di attrici, cantanti, lavoratrici, anche
tanti politici: dai quattro candidati alle primarie dell´Ulivo Milly Moratti,
Davide Corritore, Bruno Ferrante e Dario Fo, alla candidata sindaco Ombretta
Colli, dal presidente della Provincia Filippo Penati («Questa è una maggioranza
che con grande gioia e civiltà non vuole fare tornare indietro il Paese»), a
Pierfrancesco Majorino, segretario cittadino dei Ds, che commentava: «Tantissime
donne e tantissimi uomini hanno difeso la libertà di scelta e la nostra città
potrà essere in prima linea per far vivere concretamente le parole d´ordine di
questo corteo».
Un successo, per il movimento di difesa della legge 194, appena guastato dai
problemi che il corteo ha creato alla città, in un sabato pomeriggio di saldi,
con il mercato di viale Papiniano e i lavori di piazza Diaz a fare da "tappo".
Le critiche più grandi sono cadute sulla polizia municipale, che si è fatta
trovare impreparata. Troppa gente rispetto alle aspettative, e troppo pochi i
vigili a deviare il traffico. Tanto che nei tratti più caldi manifestanti e
automobilisti in coda si sono lanciati qualche insulto e qualche sfottò:
soprattutto all´angolo tra piazza della Repubblica e via Vittor Pisani, dove
solo pochi vigili bloccavano le auto mentre il corteo sfilava lentamente. Più di
un´ora di attesa, per molti, e due autoambulanze dirette al Fatebefratelli che
si sono fatte largo con grande fatica tra le auto che non erano riuscite a
deviare prima dei blocchi.
l´intervista
Mantini: nel mio partito pluralismo e dialogo, ecco perché c´ero
"Io, della Margherita e con loro"
Pierluigi Mantini, deputato della Margherita, perché lei era in piazza a
differenza delle donne del suo partito?
«Per almeno tre ragioni. Perché difendo una legge che fu approvata anche dalla
Dc, perché sono contrario agli intrusi travestiti da angeli nei consultori e
perché sono per il dialogo».
Vale a dire?
«Nè laicismo nè collateralismo, ma dialogo tra credenti e non credenti sui
principi civili di uno stato laico. E il dialogo lo si promuove con la presenza
n,on con l´assenza».
Hanno sbagliato gli esponenti del suo partito che non sono venuti?
«Difendo il pluralismo della Margherita e del futuro partito Democratico. Ma
osservo che il dialogo si fa meglio partecipando».
Il centrodestra dice che non è in pericolo la 194.
«Per fortuna non credo che riusciranno a modificarla. Tuttavia il clima politico
alimentato dal centrodestra e da un certo clericalimo è è preoccupante. Spero
che non dimentichino quante donne sono scese in piazza».
(a. m.)
Colli: diritti in
pericolo non potevo mancare
l´intervista
MILANO - Ombretta Colli, come ha trovato la manifestazione?
«Vivace, bella. Ma pensavo che ci fossero più donne della società civile, non
solo organizzate. In piazza ho parlato con molte persone del fatto che sono
quasi 30 anni che la legge c´è e si pensava che dopo tanto tempo fosse
accettata».
E invece?
«Magari stiamo esagerando, però la sensazione è che non sia così».
Perché ha deciso di partecipare, lei che stava con Berlusconi?
«Tanti anni fa ho fatto quello che potevo fare perché la 194 passasse e non
vorrei che venisse cassata. Abortire è una scelta dolorosa. Una persona può
anche pensare di non usare mai questa legge, ma bisogna che ci sia. Io mi
ricordo bene quando anni fa le donne morivano o venivano rovinate sui tavoli da
cucina».
Quel che dice non va d´accordo con il centrodestra, schieramento nel quale lei
si colloca.
«Queste sono scelte civili, come il divorzio, non collocabili a sinistra o a
destra».
(anna cirillo)