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Sesso,
diritti e capacità
Nel nuovo libro di Martha Nussbaum un approccio alla Amartya Sen sulla
questione femminile
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Martha C. Nussbaum, "Woman and Human Development. The Capabilities Approach", Cambridge University Press, Cambridge 2000, pagg.304 |
Amartya Sen, "Lo sviluppo è libertà", Mondadori, Milano 2000, pagg. 356, L. 35.000. L'edizione originale "Development as freedom", è stata recensita da Pier Luigi Sacco domenica 5 marzo 2000. |
Nel racconto "Little C" che Martha Nussbaum ha pubblicato in fondo al volume Clones and Clones (Norton, New York) curato da lei e da Cass Sunstein, diversamente dagli altri autori scienziati, giuristi, economisti, sociologi, filosofi favorevoli e contrari alla clonazione umana, lei non prende posizione: narra la passione, nel duplice senso di amare e patire, della protagonista per la creatura che s'illude di possedere. E' un testo efficace e insinuante. Turba e continua a ritornare in mente, per esempio a proposito della legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita, le cui sorti sono state rovesciate nel giorni scorsi al Senato. Incuriosisce poi il fatto che nell'affrontare per la prima volta un argomento di bioetica, la filosofa americana ricorra non agli strumenti della propria disciplina ma alla narrativa, quasi applicasse a se stessa la lezione dei suoi saggi Love's Knowledge: Essays on Philosophy and Literature (1990) e Poetic Justice: The Literary Imagination in Public Life (1996). Spiega qui le ragioni che l'hanno spinta a scrivere "Little C", applicando e riassumendo concetti che saranno familiari ai suoi lettori: desiderio, libertà, dignità e uguaglianza, il "prisma di genere" e la letteratura quali fonti della morale. Questi ultimi due temi si ritrovano nei libri più recenti Sex and Social Justice, Cultivating Humanity (1999); tutti sono ripresi in Woman and Human Development. The Capability Approach qui recensito. |
Il lavoro filosofico di Martha Nussbaum è
abbastanza noto al lettore specialistico. Nel suo nuovo libro però la filosofa
americana si propone di indirizzarsi anche al pubblico dei non specialisti.
Oggetto del suo studio è il problema del pieno dispiegamento del potenziale
umano, femminile e maschile, nel mondo che ci aspetta. Per avvicinare il lettore
meno abituato al linguaggio teorico, Nussbaum ha incluso nel lavoro la
narrazione di casi concreti (in particolare quelli di due donne indiane, Vasanti
e Jayamma) e materiale pratico filtrato dalla sua esperienza empirica e di
osservazione sul campo.
L'impianto teorico del lavoro parte dalla posizione della donna nei Paesi del
Terzo mondo, in base all'assunto che la disuguaglianza di "genere" è
strettamente correlata alla povertà. La prospettiva adottata permette di non
compromettersi con le questioni di casa ma consente allo stesso tempo di
lanciare uno sguardo lungo al fenomeno della subordinazione femminile in posti
lontani, per ritirarlo magari fino a luoghi a noi più vicini.
La tesi forte di Martha Nussbaum è che per arrivare a una soglia minima di
rispetto della dignità umana (femminile e maschile) l'approccio migliore
risulti quello fondato sulle capacità umane, anzi sul principio delle capacità
di ogni persona, basato a sua volta sul principio di considerare ogni persona un
fine in sé. Nonostante questa enunciazione chiaramente kantiana, non è Kant il
referente della Nussbaum, o meglio non il Kant assertore di una concezione non
cognitiva delle passioni e dei sentimenti, che Nussbaum non approva; né lo sono
Rawls e Habermas, che sulla scia di Kant ignorano il peso degli strong
feelings nei loro modelli procedurali di scelta politica. L'approccio
secondo le capacità difeso da Martha Nussbaum infatti non solo dà un posto
preminente all'immaginazione e ai sentimenti ma fa anche affidamento su di essi
sul piano metodologico. Il referente principale della teoria del capability
approach è l'idea marxiano-aristotelica del pieno dispiegarsi delle
capacità e delle funzioni umane. Quel che le interessa è la soglia più alta
di questo dispiegamento, quella raggiunta la quale la persona diventa un essere
"veramente umano", degno di essere tale (Marx). L'idea centrale che
Nussbaum accoglie è quindi il principio marxiano dell'essere umano in quanto
essere libero e dignitoso che modella la propria in cooperazione e reciprocità
con gli altri, invece dì essere guidato o spinto per il mondo come l'animale di
un gregge.
E' un vero peccato che l'autrice non sviluppi questo punto, che mi sembra di
grande interesse. Ella invece preferisce solo accennare al suo debito
marxiano-arístotelico per poi dedicarsi a spiegare minuziosamente in che cosa
il suo approccio differisca da quello di Amartya Sen, che per primo lo ha
introdotto in economia e che ne fornisce una trattazione completa nel suo
recente Developpment as Freedom (ora pubblicato da Mondadori), e poi
nello specificarne i caratteri. Noi ci chiediamo, dice Nussbaum sottolineando la
propria specificità e originalità, che cosa le persone sanno o non sanno fare
e le invitiamo a pretendere dai loro governi dei principi costituzionali che
garantiscano un livello minimo di capacità.
L'elenco delle capacità umane principali è lungo: vita, integrità fisica,
libertà di pensiero, rapporto libero con le altre specie, svago, gioco... ed è
diretto agli esseri umani in genere, con particolare attenzione al mondo delle
donne. In molti Paesi del mondo per esempio le bambine non vengono incoraggiate
a giocare: indirizzate come sono ai lavori domestici e alla sedentarietà, non
sanno nemmeno come si fa. Diventeranno, se ricche, quelle matrone dalle curve
morbide e dai gesti posati, non abituate a muoversi all'aperto, a cui il fisico
magro e slacciato di Martha Nussbaum appare quasi peccaminoso.
E chiaro a tutti a questo punto che le capacità di cui parla Nussbaum prendono
nella sua teoria il posto dei diritti: sono imprescrittibili né possono mai
venire eluse a favore di altri tipi dì vantaggi sociali. Se noi guardiamo a
ogni persona come a un fine in sé e non come a uno strumento per soddisfare
bisogni altrui, questa concezione acquista corpo e spessore. E' una prospettiva
che può aiutare le donne a uscire dalla "logica. del sacrificio",
quella che chiede loro di porre il soddisfacimento dei bisogni dei familiari
davanti alla realizzazione del proprio sé. In India, racconta Martha Nussbaum,
lo zucchero costa molto meno del latte, così che le donne indiane povere
mettono il latte nella tazza di té dei figli e del marito e lo zucchero nella
propria. Eppure, mi viene da commentare, non sono gesti che facciamo tutti, che
fanno tutti i genitori, madri e padri, per un tradizionale amore familiare che
non mi sentirei di condannare, e che peraltro anche l'autrice esalta come
condizione per il pieno fiorire del reciproco rispetto e dello sviluppo delle
capacità umane.
L'approccio secondo le capacità presenta comunque, ella spiega, dei vantaggi
rispetto all'approccio secondo i diritti: non rischia di essere considerato di
importazione occidentale perché non è legato a una cultura particolare o a una
tradizione storica delimitata: se noi parliamo di ciò che le persone sono di
fatto in grado di fare e di non fare, non diamo infatti nessun privilegio a
un'idea occidentale, perché le idee di attività e capacità si trovano in
qualsiasi cultura. Questo approccio inoltre salvaguarda il valore della
diversità dei costumi senza preservare la brutalità di alcune pratiche: la
violenza domestica, la monarchia assoluta o la mutilazione genitale. Ancora una
volta, se la tradizione viola i diritti - o comunque vogliamo chiamarli - è la
tradizione che deve soccombere, non i diritti (vedi "Se la tradizione viola
i diritti", "Il Sole-24 Ore-Domenica", 17 ottobre 1999).
L'approccio secondo le capacità è universalistico, come lo sono la tolleranza
religiosa, la libertà di associazione e le altre libertà maggiori, come lo è
il principio di considerare ogni persona come un fine, ma la strategia migliore
é quella di formulare norme e diritti universali come un insieme di capacità (set
of capabilities) per il pieno dispiegamento della persona umana e per la
protezione delle sue sfere di libertà