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IL CASO
La voglia d´ordine nella città rossa
EDMONDO BERSELLI
bologna - Ieri a Bologna è avvenuta una rottura politica seria, dentro una città
che in linea di tendenza, con tutte le prudenze possibili a sinistra, sembra
approvare la politica di Sergio Cofferati di repressione dell´illegalità.
Rifondazione comunista, collettivi no global, spezzoni dell´area del
Settantasette hanno fatto ciò che avevano minacciato.
SEGUE A PAGINA 9
IL
CASO
Il "rigorismo civico" di matrice Pci si rispecchia in Cofferati, il mondo
cattolico manifesta disagio
La nemesi di un giacobino che punta sulla voglia d´ordine
La borghesia rossa col sindaco. Dubbi dei prodiani
Il sociologo: insicurezza urbana in crescita. E la tolleranza zero fa breccia
anche nei ceti popolari
L´ex leader Cgil: "La destra vota il mio odg? Voglio vedere... Non sanno ancora
cosa ci sarà scritto dentro"
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
edmondo berselli
alzando il tiro sul sindaco, fino a giungere allo scontro fisico con la polizia
sotto il palazzo comunale. Malumori e dissensi serpeggiano anche dentro i Ds. I
cattolici della Margherita obiettano. Può darsi davvero che lo scontro bolognese
seguito agli sgomberi dei clandestini romeni sul Reno rappresenti la prova
generale dei problemi che il prossimo ed eventuale governo dell´Unione
sperimenterà nei rapporti fra riformisti e oltranzisti.
Nemesi amara, intanto, per il leader che aveva in pugno l´Italia dei movimenti,
i tre milioni in piazza. Adesso il sindaco della "reconquista" rimane ancorato
ostinatamente al principio della legalità, mentre l´estrema sinistra invoca la
tolleranza. Solo che Cofferati non è Prodi, conosce ma non pratica la carità
democristiana: è radicale, puntiglioso, convinto. Se l´illegalità è un problema,
il problema va risolto. Tanto più che a dispetto di Rifondazione e dei
movimenti, a Bologna si respira voglia di ordine. Abbinata semmai alla parola
più citata in questi giorni, «l´inclusione». E dunque, nel suo ufficio in
comune, del tutto ignaro che nel pomeriggio il cortile del municipio diventerà
un campo di battaglia, il Cinese distingue, precisa, corregge.
Non è vero, dice, che lui è il braccio violento della legalità. Ogni caso è un
caso a sé: qualche mese fa, gli sgomberi nella periferia di via Roveretolo,
eseguiti dopo un´ordinanza della magistratura, intendevano colpire l´abusivismo
intrecciato con la delinquenza, contrabbando d´oro e traffico di droga. Le
iniziative contro i lavavetri sono state sollecitate da un intervento
dell´opposizione, «a cui ho risposto tenendo un profilo bassissimo, dicendo che
avrei invitato i vigili a controllare: ma è evidente che il problema non sono i
lavavetri, sono il racket che li sfrutta». Quanto agli squatter che occupano le
case popolari, è vero o non è vero che negano l´abitazione a gente bisognosa,
che ne ha diritto?
E le cento baracche abbattute con la ruspa nel Lungo Reno, l´operazione che ha
fatto esplodere la vicenda bolognese? Sono arrivate le proteste di Bertinotti,
che ha definito «sconcertanti» le iniziative del sindaco, mentre il vicesindaco
Adriana Scaramuzzino, delega ai servizi sociali, «all´oscuro di tutto», ha
parlato a denti stretti di scarsa collegialità della giunta. Cofferati sostiene
che si è voluta colpire una situazione pericolosa per i residenti (dato che le
baracche erano costruite sul greto del fiume), ma anche una realtà permeata dal
lavoro nero, con la presenza di un caporalato nel settore edile che sfrutta la
manodopera in nero.
E tuttavia il mondo cattolico si contorce nella sofferenza. Lo storico Alberto
Melloni, una delle colonne della Domus dossettiana, l´Istituto per le Scienze
religiose, sospira: «Fare il sindaco è un mestiere difficile e il noviziato non
dura né un giorno né un anno. Bisogna anche imparare a unire legalità e
umanità». La città avverte i sintomi di un degrado che genera insicurezza
diffusa, con l´illegalità che fa da detonatore del disagio. Il sociologo Fausto
Anderlini, direttore del Centro demoscopico metropolitano (che realizza 30 mila
interviste l´anno sui temi di rilievo civico), parla di una condizione urbana in
cui l´insicurezza è intensificata dall´incertezza economica, un circolo vizioso
che spiegherebbe il sostanziale favore che l´azione di Cofferati riscuote anche
nei ceti popolari.
In ogni caso, la tolleranza zero del sindaco non ottiene soltanto il conforto di
uno specialista della criminalità diffusa come Marzio Barbagli, ma anche il
plauso più generico della buona borghesia, il "generone" bolognese: «La Bologna
moderata guarda con favore all´azione del sindaco», dice il libraio Romano
Montroni, reduce da un fast walking sulla collina: «Imprenditori, borghesia
professionale, ceti commerciali sono tutti favorevoli. Se si votasse adesso
Cofferati pescherebbe anche nell´area del centro casiniano». E a sua volta
Gabriella Berardi, amica del giro prodiano, una delle "dominae" delle serate
bolognesi, rare feste esclusive nella sua casa sui viali, non esita a esprimere
soddisfazione: «Finalmente. Cofferati è un uomo intelligente, ha individuato un
problema sentito dalla città. Adesso vediamo se è capace di gestire queste
situazioni con capacità manageriali. Prima si giudicava un´intenzione, o
un´ideologia; adesso giudichiamo i fatti».
Non tutti sono così convinti: «C´era bisogno di andare a cercare consenso a
destra?», si chiede Piergiorgio Corbetta, uno studioso dell´Istituto Cattaneo, e
la risposta è no. «Il sindaco è stato eletto con una quota di voti molto ampia,
non si vede la necessità di allargarla fuori dall´alveo naturale del
centrosinistra».
Ma la realtà è che la Bologna profonda, di cui fa parte anche quella
collettività modellata dal rigorismo del Pci, dove «se gettavi a terra un pezzo
di carta c´era subito un ex partigiano che ti rimproverava, "ragazzo, questa è
casa nostra"», vede con implicita soddisfazione la severità operativa di
Cofferati. Magari ha da obiettare sul metodo, perché la "ruspa democratica" che
abbatte le baracche, con gli adulti che fuggono, le madri che urlano e i bambini
che piangono, fa una certa impressione. Ma anche figure molto esposte a
sinistra, come Annamaria Tagliavini, direttore della Biblioteca delle donne,
«parlando a titolo personale, perché nel mondo femminile le posizioni sono molto
articolate», giungono alla conclusione che «non possiamo non dirci cofferatiani:
a sinistra la legalità deve essere un valore».
Appena però si torna nell´area della politica professionale, il tasso analitico
aumenta. Dal circuito prodiano affiora il monito di Arturo Parisi: «Assieme a
Cofferati dobbiamo trovare la sintesi tra la solidarietà e la legalità. Nella
consapevolezza che la legalità è un mezzo, e la solidarietà è un fine». Traduce
Giulio Santagata, l´uomo del Tir giallo del Professore: «La Bologna profonda in
realtà è convinta che basti la risposta tradizionale, buona amministrazione e
servizi. Ma non è più così, e Cofferati lo dimostra con i suoi interventi. Ci
vuole qualcosa in più e di diverso. Ma nemmeno il law & order da solo funziona,
perché gli esclusi sono troppi. Ci vuole una ridefinizione del welfare, cioè una
politica complessiva».
«Certo, legalità e solidarietà devono andare insieme», riconosce Cofferati. «In
campagna elettorale avevo parlato di una città "solidale e affettuosa", e mi
hanno preso in giro. Ma senza la legalità sono tutte parole vuote». Intanto però
"l´altra Bologna", la Bologna di destra, che in consiglio comunale significa An
e Forza Italia, ha annunciato che dopo il 2 novembre, quando il sindaco
presenterà alla giunta il suo ordine del giorno sulla sicurezza, voterà a
favore. Si rimescolano le parti? Cofferati sogghigna: «Hanno annunciato il voto
favorevole senza sapere il contenuto».
Passano poche ore, e il precario armistizio in vigore da qualche mese fra il
sindaco e la sinistra antagonista, che per l´esasperazione verso «il monarca»
aveva sbottato «meglio Guazzaloca», si trasforma in scontro aperto. A occhio e
croce, non è un episodio. E neppure una somma di malintesi. Nella confusione di
un pomeriggio incattivito, sembra esaurirsi il tentativo di far convivere il
riformismo e la sinistra alternativa. E adesso bisognerà vedere se Cofferati
avrà voglia di identificarsi, e di essere identificato, con quella Bologna
democratica e antifascista, ma anche mugugnona e conservatrice, che lo applaude
non per le sue doti di giacobino, ma perché pensa che assomigli a un Guazzaloca
di sinistra.