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Domenica 26 Gennaio 2003, 9:59

 

 

 

La Cassazione boccia la Bossi-Fini

ROMA - Il rigetto del ricorso di unn albanese, accusato di aver portato in Italia una giovane donna per indurla alla prostituzione dopo una serie aberrante di violenze, dà il desto alla Cassazione per stroncare la legge Bossi-Fini sulla regolamentazione dell'immigrazione e la lotta all'immigrazione clandestina.

E' una legge, dicono i giudici della terza sezione penale della Suprema Corte, che ha ''capovolto'' la ''visione solidaristica'' presente nella legge Turco-Napolitano (n.40 del 1998, emanata dal governo di centrosinistra) adottando una impostazione ''esclusivamente repressiva''. In questo modo - aumentando la funzione di sicurezza e di ordine pubblico - ha compiuto una ''unilaterale lettura della normativa europea'' (accordo di Schengen, trattato di Amsterdam, proposte del Consiglio Ue).

Un vero e proprio ''excursus'', quello compiuto dai giudici della Cassazione, nel quale viene messo a punto il ''primo raffronto'' tra la normativa del '98 e quella del 2002. Pur premettendo che già la legge Turco-Napolitano aveva ''ulteriormente marcato'' rispetto alla legge 943 del 1986, le ''finalità di ordine pubblico, sicurezza e razionalizzazione, controllo e regolamentazione della presenza e dell'attività dei cosiddetti extracomunitari'', pure questi obiettivi venivano ''filtrati'' attraverso ''i principi di pari opportunità e trattamento, di regolazione del mercato del lavoro al di fuori degli schemi della pubblica sicurezza, di generale impegno degli Stati aderenti alle Convenzioni internazionali''.

Tutto ciò veniva attuato attraverso ''la predisposizione di misure di politica attiva ed attraverso strumenti sanzionatori di vario tipo'', senza ''perdere neppure di vista il legame esistente fra immigrazione, povertà o indigenza e cosiddetto lavoro nero ed i principi solidaristici espressi nella nostra Costituzione''.

Ma le funzioni di sicurezza e di ordine pubblico sono divenute ''il tema centrale con legge n.189 del 2002, con una unilaterale lettura della normativa europea''. In pratica - sintetizzano i magistrati di legittimità - tutto ciò è avvenuto ''in parte capovolgendo la visione solidaristica in una esclusivamente repressiva''.

Dopo aver fatto queste considerazioni, la Suprema Corte ha tuttavia comunque rigettato il ricorso di un albanese accusato di aver favorito l'ingresso clandestino di una giovane sua connazionale, al fine di sfruttarne la prostituzione. L'uomo sosteneva che le disposizioni che puniscono chi agevola l'ingresso senza documenti di extracomunitari, sono rivolte esclusivamente nei confronti degli ''scafisti'', sia nella Turco-Napolitano che nella Bossi-Fini. Ma la Cassazione è stata di parere del tutto opposto e ha affermato che entrambe le normative puniscono non soltanto gli scafisti o gli ''organizzatori di tratta'' ma anche gli stessi clandestini quando compiono ''attività dirette a favorire l'ingresso degli stranieri violando la legge''.

In sostanza la legge punisce ''il compimento di atti che, in qualsiasi modo, agevolino l'ingresso irregolare, potendo tale fatto essere commesso anche da chi si trova in posizione di clandestino''. Nel caso specifico l'imputato si chiama Gentian H. (nato a Fier nel 1979) aveva pagato di sua tasca il viaggio a una ragazza albanese di 16 anni per portarla in Italia, metterla sul marciapiede, e vivere del suo meretricio. L'aveva inoltre violentata e aveva compiuto su di lei anche violenze psicologiche. La tesi di Gentian è stata respinta da piazza Cavour (sentenza 3162) che ha rilevato come questo tipo di comportamento sia punibile, sia in base alle norme del '98 che a quelle del 2002.

Le reazioni del mondo politico non sono mancate. Se dalla Caritas la notizia è stata accolta con soddisfazione ("Siamo completamente d'accordo con quanto afferma la corte", afferma don Giancarlo Perone, responsabile d'area per la Caritas Italiana), la diessina Livia Turco, una delle promotrici della legge poi superata dalla Bossi-Fini, vede confermati le proprie idee: "La valutazione obiettiva e tecnica del testo da parte della Cassazione - commenta - esplicita una verità che la politica ha negato sulle differenze fra i due testi di legge. La sua logica, che vede strettamente legato il permesso di soggiorno al lavoro, è la repressione". Per la Margherita interviene Giuseppe Fioroni, senza mezzi termini: "La Cassazione - argomenta - fa finalmente giustizia di una delle pagine più vergognose delle politiche sociali italiane, la legge Bossi-Fini. Una legge inutilmente crudele e controproducente che finora ha aiutato solo due persone, Bossi e Fini".

Dal Polo, invece, i commenti sono molto critici. Giampaolo Landi di Chiavenna, responsabile Immigrazione per An, è durissimo: "Contesto categoricamente questa sentenza - afferma - non si tratta di essere repressivi ma di estirpare il buonismo peloso e lo pseudosolidarismo dei governi di centrosinistra che hanno fatto entrare in Italia oltre un milione di clandestini". Dello stesso avviso il vicepresidente del Senato Alessandro Cé (Lega): "Dovrei leggere la sentenza - spiega - ma se i termini sono questi, mi pare una strana e inaccettabile invasione di campo nei confronti della politica, una valutazione di tipo politico e non di legittimità, quale competerebbe alla Corte di Cassazione".



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