UMBERTO GALIMBERTI
La morte è unica e irripetibile. Per questo forse vuole un segno unico e
irripetibile. Quasi un riscatto dalla vita anonima e collettiva a cui il
nostro modo di vivere ogni giorno ci costringe. Anche nella sepoltura, a
giudicare dalla forma che i nostri cimiteri vanno assumendo. Condomini
di bare. Una a fianco all' altra e sopra l' altra, che solo la
successione dei numeri riesce a individuare. Sarà per sfuggire a questo
anonimato che così di frequente, sul ciglio delle strade, ci capita di
vedere segni di memoria, dove fiori, ora appassiti ora rinnovati,
accolgono preghiere scritte su pezzi di carta che il tempo spezza,
scolora e ingiallisce, insieme a tutte quelle parole d' amore che in
vita non sono mai state pronunciate per la paura di doversele un giorno
rimangiare. La morte ci libera da quel giorno e rende il nostro cuore
finalmente sincero. Libero anche dal cordoglio collettivo, dove non
tutte le presenze sono vere, perché accanto al dolore che getta nella
più insulsa insignificanza la sopravvivenza di chi resta, ci sono
presenze di convenienza, condoglianze preformate nelle parole e nei
gesti, abbracci muti che non sanno che dire, riti religiosi che ripetono
se stessi cambiando solo il «nome proprio» in preghiere consumate che
alcuni recitano perché anche in quelle circostanze qualcosa bisogna
dire. Finché la sepoltura non pone fine alla recitazione collettiva, per
lasciare il dolore alla sua solitudine e alla sua ideazione. E tra le
ideazioni del dolore c' è quel riandare della memoria a quell' ultimo
istante di vita dove l' incidente, la casualità, la sorte, hanno
interrotto un' esistenza lasciando il suo senso incompiuto. E se il
tempo più non ritorna, lo spazio permane, anzi il luogo, «quel» luogo,
dove il ritornarvi per un fiore o per un messaggio dà l' idea della
continuità di una vita resa possibile dalla ripetizione di un gesto di
fedeltà. Non in un cimitero dove il corpo è sepolto e dove la morte
sembra definitiva nell' anonima successione delle sepolture, ma sul
ciglio di quella via, quasi per trattenere l' ultimo istante di vita,
fissarlo in un cippo, riempirlo di fiori e di messaggi, perché solo la
vita raccolta in quel luogo, dove per l' ultima volta c' era, sa
contaminare il dolore con la consolazione, l' assurdità con l'
accettazione, il gesto fugace di chi porta un fiore col senso della vita
che è gesto fugace. Moriamo tutti in un letto, di casa o di ospedale,
stanchi e i più fortunati sazi della vita, ma chi muore per strada
interrompendo la vita raccoglie troppa simbolica e troppa verità intorno
a sé. Dice a tutti che la vita è un breve cammino che casualmente
incomincia e casualmente si interrompe. E in mezzo a queste due
casualità c' è quella ricerca di senso senza la quale la vita è
invivibile, anche se vive in vista della morte che è l' implosione di
ogni senso. Qui gli antichi greci avevano colto l' essenza del tragico
come condizione ineludibile dell' esistenza che le vite spezzate ben
rappresentano nell' insensatezza della loro fine, senza neppure il
supporto della consunzione biologica. Ed è per significare quest'
essenza del tragico che le vite spezzate non possono essere sepolte in
luoghi collettivi, onorati non dalla memoria, ma dalla sua ritualità.
Esse chiedono una riflessione più forte che non è tanto un invito alla
prudenza, quanto una presa di coscienza della precarietà dell'
esistenza, quel suo esserci oggi e il non esserci più domani che,
guadagnata in vita, eviterebbe quei gesti di tracotanza e sopraffazione
che gli antichi greci temevano più del dolore perché, se il dolore
affligge, la tracotanza e la sopraffazione mortificano e uccidono.
Onoriamo allora ogni cippo di vita spezzata che incontriamo ai bordi
delle nostre strade. A differenza delle tombe allineate nei cimiteri,
essi non dicono solo che dobbiamo morire, ma che la vita, al di là della
nostra costruzione di senso, è sempre un cammino inconcluso, un filo
interrotto in quella trama innocente e crudele tessuta dall'
insensatezza, che ogni vita a volte fiancheggia e nei momenti di verità
conosce e assapora. Migliaia Di Croci In queste pagine, le foto di
alcuni degli "altarini" incontrati dal nostro inviato lungo i 700
chilometri di strada percorsi per l' inchiesta. In Italia ogni anno sono
più di seimila, circa 17 al giorno, le persone che perdono la vita in
incidenti stradali La maggior parte delle vittime ha un' età compresa
fra i 21 ed i 29 anni