Intervista a Jean-Luc Nancy
Silvio Bernelli
Filosofo
tra i più importanti degli ultimi anni, il francese Jean-Luc Nancy si è
interessato, nel corso della sua lunga e sfaccettata opera, a temi di
grande interesse anche per coloro che di filosofia non sanno nulla: i
legami che tengono insieme le comunità umane, l'immagine nell'arte,
persino il sesso nella sua accezione più libera. Un pensatore curioso,
insomma, molto noto anche in Italia, visto che qui i suoi libri sono
stati pubblicati da diversi editori, tra i quali Bollati Boringhieri,
Cronopio, Einaudi e SE. Non a caso Torino Spiritualità, il "festival
delle coscienze" che va in scena nel capoluogo piemontese fino a
domenica 28 settembre, lo ha invitato per uno degli incontri di
apertura. Quasi settantenne, in forma perfetta, Jean-Luc Nancy si
presenta all'intervista mattutina in camicia, maglioncino girocollo,
pantaloni, calze e scarpe dello stesso identico nero. Il sorriso e lo
sguardo che lampeggia attraverso le lenti degli occhiali però sono
assai luminosi.
"La comunità non è un rapporto astratto, o immateriale, è un essere in comune, un essere insieme" scriveva in La comunità inoperosa,
un libro del 1986. L'arrivo di immigrati provenienti da ogni parte del
mondo nelle città europee ha cambiato questa idea di comunità?
In
Europa non esiste una vera idea condivisa di comunità, tanto meno di
comunità europea. Non c'è un'identità europea, ma tante identità
diverse: quella francese, quella tedesca, quella italiana... Ciascuna
di queste identità è composta da tante diverse identità; nel caso di
quella italiana, da quella siciliana, da quella veneta eccetera.
L'arrivo degli immigrati non ha cambiato la pluralità di identità
presenti nella società europea, al contrario, l'ha confermata.
Il
corpo dell'uomo è da sempre al centro dei suoi interessi. Cosa pensa
dei corpi di oggi, spesso alterati dalla chirurgia estetica o da
protesi sempre più rivoluzionarie?
Il nostro corpo è
cambiato in un modo positivo e interessante e in un altro modo, più
pericoloso. Il cambiamento positivo è dato dal fatto che protesi e
trapianti hanno dato al corpo una nuova caratteristica, quella di
essere condiviso. Oggi il corpo è costituito da altri corpi. Io stesso
ho subìto un trapianto di cuore, e questo nuovo cuore mi è stato donato
da un'altra persona. E poi ho una protesi d'anca in titanio. Il corpo
di oggi quindi è anche una condivisione con le persone che hanno creato
tutti questi marchingegni. Il cambiamento del corpo più pericoloso
invece è la nascita di un corpo medico, un corpo fisico-organico da
curare a ogni costo, come è nella missione della medicina, che è
prolungare la vita qualunque essa sia. Questo atteggiamento porta a
misurare la vita come quantità e non come qualità. E questo è
profondamente sbagliato. Non bisogna tenere in vita le persone al di là
dei naturali confini della vita. Non bisogna soffrire né far soffrire
inutilmente.
Al suo trapianto di cuore lei ha dedicato il libro L'intruso.
Il trapianto è un'esperienza che le ha certamente lasciato più di una
cicatrice, e non solo metaforica. A proposito delle cicatrici, il
romanziere americano Cormac McCarthy scrive "Le cicatrici sono la prova
che il nostro passato è esistito davvero". È così anche per lei?
Quando
penso alle mie cicatrici, penso non tanto al passato, quanto al fatto
che la cicatrice sia un'iscrizione, una traccia della relazione del
corpo con il mondo esterno. È un modo per dire che il passato vive nel
presente e anche nel futuro. La cicatrice è un segno, un apertura nella
pelle che, anche se si è rimarginata, non è mai chiusa completamente,
dà sempre la sensazione che un domani possa venire riaperta.
È
il suo interesse per i corpi, per una filosofia che ad ogni costo vuole
confrontarsi con la vita vera, che l'ha spinta a scrivere Il c'è del rapporto sessuale?
La
sessualità è il rapporto per eccellenza, è il rapporto dei rapporti. Ha
un potenziale fortissimo per cementare i legami tra le persone. Ed è la
natura affettiva del legame che unisce gli esseri umani tra di loro,
all'interno della famiglia o della società. Non si può comprendere la
società di oggi senza comprendere l'importanza della relazione
sessuale.
In La rappresentazione interdetta, uno dei Tre saggi sull'immagine,
lei sottolinea come il nazismo abbia coltivato la rappresentazione, la
messa in scena di simboli e masse militari e non, sotto ogni suo
aspetto. Non è quello che stanno facendo da una ventina di anni a
questa parte attraverso i mass media anche i governi delle democrazie
occidentali?
Attraverso i mass media la democrazia trasmette
e si riflette in una molteplicità di immagini tra le quali non riesce a
scegliere quella in cui identificarsi. Campioni dello sport, gli
oggetti che ci circondano dai televisori ai telefonini, lusso. Cose tra
cui è difficile scegliere l'immagine preponderante, che trasmette
quella che chiamerei un'idea vaga di comfort, di benessere. La società
democratica si nutre di questa sua rappresentazione e in questo senso
si chiude su se stessa allo stesso modo di una società totalitaria. Ma
il problema della democrazia oggi è che, al contrario della dittatura,
non sa immaginare nulla oltre la propria rappresentazione. Oltre
l'immagine c'è solo il vuoto.
Questa sera avrà un
incontro con il pubblico di Torino Spiritualità. Può dare
un'anticipazione del suo intervento ai nostri lettori?
Parlerò
della crisi dell'amore. È una condizione legata al concetto di libertà
sessuale e all'idea di mercificazione del sesso tipica dell'età
moderna. È entrata in crisi anche l'idea di matrimonio che è stata
concepita fino adesso, non a caso i divorzi si moltiplicano. La società
che è sempre più individualista è arrivata a un punto di rottura su
certi argomenti. Stasera dirò che l'amore va ripensato. Le vecchie idee
sul matrimonio e sulla fedeltà stanno strette alla nostra società e noi
oggi forse stiamo cercando nuovi modi di vivere l'amore. I giovani ad
esempio lo vivono in modo più distaccato e con una consapevolezza
sessuale che noi non avevamo.
Una volta il primo amore doveva
essere quello definitivo. Io anche ho sposato la prima donna di cui mi
sono innamorato, ma poi (e qui Nancy ridacchia - N.d.A.) le cose non
hanno affatto funzionato.
Tema di questa edizione di Torino Spiritualità è la speranza. Qual è la sua?
Ne
ho due. Una personale, che so completamente irrealizzabile, che è
quella di vedere come sarà tra un secolo il mondo completamente
"cinesizzato". L'altra speranza invece, che auguro a tutti di avere, è
di morire senza più desideri, visto che tutti gli obiettivi che si
volevano raggiungere nella vita sono stati raggiunti. In fondo, non è
una speranza da poco, non le sembra?
Pubblicato su "l’Unità" del 24 settembre 2008.
Pubblicato da t.scarpa il 08-10-08
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