RIFORME PERICOLOSE. LA LEGA
IMPONE LO SCAMBIO-RICATTO FRA FINANZIARIA E FEDERALISMO
Bossi devolution, caos istituzionale
in vista E il centrodestra finge di essere d'accordo
La Confindustria vede solo guai e
spara ad alzo zero: «No a blitz sulle riforme costituzionali»
La devolution è un capriccio politico di Umberto Bossi che però
rischia di provocare danni molto seri all'unità del paese.
Probabilmente l'obiettivo è proprio questo. E il leader del
Carroccio, nonché ministro per le Riforme istituzionali, ha
deciso di giocare tutte le carte di cui dispone. In vista del
rush finale sulla legge Finanziaria del suo mentore Giulio
Tremonti, ha fatto capire che i voti della Lega arriveranno ma
in cambio di quelli degli altri partiti della Casa delle libertà
a sostegno del suo disegno di legge, il n°1187 all'esame del
Senato. Una sorta di ricatto, come qualcuno ha commentato. Un «blitz»,
secondo la Confindustria che ha chiesto ieri di non improvvisare
le riforme costituzionali. Sempre ieri il Senato ha respinto le
pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione.
Si va avanti, in piena sessione di bilancio, mettendo da parte
le riforme del lavoro e del fisco. Un centro destra imbarazzato
approva – per ora – la scorrazzata della Lega. Ma fino a
quando? Basta ascoltare Mario Landolfi, portavoce di An: «La
devolution fa parte del programma di governo. Abbiamo dimostrato
la volontà di venire incontro ad un nostro alleato, ma ora si
deve discutere sul come, sul quando e sui costi dell'operazione.
E non c'è dubbio che l'impianto della proposta debba essere
migliorabile». Equilibrismo politico. La logica sulla quale si
muove Alleanza nazionale, d'altra parte, non appare del tutto
compatibile con il disegno di Bossi. Dice Landolfi: «Ci sono
materie come l'indirizzo scolastico e la polizia sulle quali lo
Stato non può abdicare le sue competenze primarie. Sono tipiche
funzioni statali». La sanità «non desta allarme» (parole
sempre di Landolfi) perché già oggi – per effetto della
riforma costituzionale federalista – sono sufficientemente
chiare le competenze regionali e quelle centrali. Il ministro
delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, si dichiara
federalista, giobertiano e introduce un altro elemento: «C'è
bisogno di riportare un po' di ordine, dopo i danni provocati
dalla riforma del centro sinistra. Il primo passo da compiere è
quello di approvare il disegno di legge La Loggia». Il
provvedimento che porta il nome del ministro degli Affari
regionali costituisce una sorta di attuazione della riforma del
titolo V della Costituzione che ha come obiettivo principale
proprio quello di attenuare le ragioni di conflitto tra Stato e
Regioni destinate ad essere risolte dalla Corte costituzionale.
Ma se ancora va approvata questa legge che senso ha accelerare
l'esame della devoluzione avviando addirittura un percorso di
revisione costituzionale? Commenta Antonio Bassolino, presidente
della Campania: «E' il caos istituzionale. Tanto è vero che
tutto il mondo delle autonomie locali è contrario a questa
procedura. Le scelte della maggioranza appaiono, anche dal punto
di vista del metodo, di una gravità inaudita, senza precedenti».
Il disegno di legge sulla devolution varato dal Consiglio dei
ministri a febbraio è un misto di contraddizioni e paradossi,
ma anche di ipotesi piene di insidie. Basta leggere il pamphlet
di Luciano Vandelli, «Devolution e altre storie» (Il Mulino).
Intanto che cos'è la devolution nella versione bossiana.
Certamente è la formula che ha consentito l'accordo elettorale
tra Bossi e Berlusconi. Non è la temuta secessione, ma non è
neanche il più soffuso federalismo. E' una formula vaga e
indistinta che per nulla assomiglia all'esperienza scozzese alla
quale, invece, vorrebbe richiamarsi. Soprattutto per un aspetto
chiave: al parlamento scozzese sono state devolute alcune
materie mentre altre sono specificatamente riservate al
parlamento di Westminster. Nella proposta di legge di Bossi sono
le Regioni che si auto-attribuiscono (l'espressione usata è: «attivano»)
la potestà legislativa esclusiva su sanità, istruzione,
polizia locale. La formula dell'auto-attribuzione è del tutto
inedita nel panorama internazionale. Vandelli riporta le
interessanti osservazioni del Servizio studi del Senato: «Un
elemento che non è agevole definire chiaramente nelle sue
implicazioni è il valore del verbo "attivare" (…).
In particolare non appare univocamente certo se – ed
eventualmente in cosa – "l'attivazione" sia diversa
dall'avere competenza, esserne titolare». Chiosano gli esperi
del Senato: «Nel caso dell'attivazione, se si accoglie
l'interpretazione secondo cui essa significa esercizio della
competenza, potrebbe dubitarsi che la competenza preesista
all'attivazione». Tanto che si potrebbe verificare che una
Regione decida di legiferare sulla sanità, la scuola e la
sicurezza (per la lotta alla micro criminalità?) e un'altra di
restare nell'ambito di una legislazione statale. Facile
prevedere l'uscita dai sistemi nazionali delle Regioni più
forti e, quindi, l'indebolimento del sistema, lo sgretolamento
di un apparato di tutele e diritti condivisi dalla comunità
nazionale.
|