PRIMA ancora che ai
giudici, la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali è affidata
dalle Costituzioni al parlamento-legislatore. Anche la Carta dei diritti
fondamentali dell´Unione europea è ancorata a questo concetto di tutela
attraverso la legge (articolo 52). La "riserva di legge"
accompagna tutto il sistema dei diritti costituzionali. Questi si possono
regolare solo con le garanzie previste dal procedimento legislativo. Che
è appunto, in ogni ordinamento, il più garantito di tutti i procedimenti
di decisione pubblica.
Se si abbassa il livello delle garanzie del procedimento legislativo, si
deteriora l´intero sistema di protezione, mediante la legge, di quei
diritti.
Quei diritti in Parlamento
I procedimenti
legislativi che riguardano i diritti fondamentali devono perciò essere
procedimenti "normali" in ogni loro fase (istruttoria, esame,
votazioni). Procedimenti, cioè, che non possono subire le abbreviazioni né
le limitazioni al normale iter che l´economia dei lavori parlamentari
spesso impone ad ogni altro procedimento.
Un segno di questo riguardo è nell´articolo 72 della Costituzione. Esso
appunto prescrive la "procedura normale di esame e di approvazione
diretta da parte della Camera" per i "disegni di legge in
materia costituzionale" (e della "materia costituzionale" i
diritti fondamentali costituiscono il nucleo duro). Nel nuovo contesto di
parlamentarismo maggioritario, questa "normalità" non può,
ragionevolmente, essere intesa solo in contrapposizione alla procedura di
approvazione in commissione. Essa deve significare esclusione di tutte
quelle procedure, restrittive dei tempi di esame e di contraddittorio con
l´opposizione, che non possono dirsi "normali" metodi di
legislazione.
Questa interpretazione estensiva è legata del resto ad un
"precedente" storico preciso. Fu stabilito nel grande
ostruzionismo contro le sciagurate leggi in materia di ordine pubblico dei
governi di Rudinì e Pelloux (1898-1900). E precedette la prima
codificazione di diritto parlamentare dell´Italia unita. Il motivo
conduttore - e alla fine vincente - di quell´ostruzionismo fu appunto la
rivendicazione di un legame tra metodi di decisione parlamentare e la
garanzia dei diritti fondamentali. La minoranza rifiutava, infatti, di
ammettere che misure restrittive della discussione potessero applicarsi a
disegni di legge concernenti l´esercizio dei diritti costituzionali.
Si ritrova nel nostro diritto parlamentare questa speciale attenzione per
i diritti fondamentali? Certamente sì quando sia il regolamento della
Camera sia quello del Senato prevedono la possibilità - altrimenti
esclusa - di voto segreto sui progetti di legge che incidono sui principi
e sui diritti di libertà e sui diritti della persona umana. in base a
questo principio che il presidente del Senato, nella accidentata seduta
del primo agosto, prese l´esatta decisione di ammettere il voto segreto
sul testo del "legittimo sospetto": motivandolo con "un
riferimento, sia pure indiretto, all´articolo 25 della
Costituzione".
Finisce però qui il parallelismo tra le due Camere. A partire da questo
punto vi è una sconcertante frattura fra i due ordinamenti e un non più
sostenibile squilibrio. Il regolamento della Camera cerca infatti
coerentemente di seguire una linea di rispetto per i diritti fondamentali,
stabilendo che le relative procedure si svolgano nel massimo possibile di
"normalità". Il regolamento del Senato se ne
"dimentica": con i risultati che si sono visti a Palazzo Madama
e dintorni.
Ecco, dunque, che il regolamento della Camera (articolo 116) fa divieto al
governo di porre la questione di fiducia sulle materie su cui, sia pure
condizionato da richiesta, è obbligatorio il voto segreto. Ritorna
dunque, per questa via la tutela procedurale dei diritti della prima parte
della Costituzione.
E questa si fa ancora più esplicita nell´articolo 24 dove è esclusa,
almeno in una prima fase, la possibilità di "contingentamento"
dei tempi di esame per i progetti di legge "riferiti" a quei
diritti. Vi è di più. Sempre alla Camera, per questi progetti di legge
riguardanti i diritti costituzionali non può essere dichiarata l´urgenza
(articolo 69). E perciò non può essere ridotto alla metà il normale
termine (massimo) di due mesi previsti per l´esame in commissione,
preparatorio per l´assemblea (articolo 81).
Ancora: in questa sede referente è espressamente prevista una istruttoria
per la "conformità della disciplina proposta alla Costituzione e la
sua compatibilità con la normativa dell´Unione europea". Per stare
all´attualità, nel caso della leggina sul "sospetto", questo
potrà significare l´acquisizione di valutazioni, dati e testimonianze:
sia in riferimento all´articolo 25 della nostra Costituzione
("giudice naturale"); sia in riferimento all´articolo 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea ("giudice
precostituito per legge"). Ognuno vede che con questi accorgimenti,
le regole procedurali della Camera cercano di tenere al riparo la
legislazione sui diritti costituzionali da accelerazioni e sincopi
procedurali.
Questo rapporto tra procedure parlamentari e tutela dei diritti
fondamentali è giustamente inteso, da altro punto di vista, come la
chiave di volta per un diritto parlamentare che sia anche diritto delle
minoranze. Il presidente della Camera Casini (Repubblica del 15 agosto) ha
ricordato, con molto fair play, le riforme introdotte nella scorsa
legislatura: quando la minoranza d´allora era la maggioranza di oggi.
Questo non toglie però che la tutela dei diritti fondamentali mediante la
legge abbia un autonomo valore che va oltre i termini del rapporto
maggioranza-opposizione. Ciò perché quei diritti hanno una loro sostanza
costituzionale che eccede largamente lo spazio parlamentare, come quello
di ogni altra istituzione. La sfera giuridica di cittadinanza penetra
tutto il sistema istituzionale: collega le istituzioni, dando ad esse
comunanza di scopo. Ma le supera nello stesso tempo. Per questo
costituisce anche la più salda connessione tra gli ordinamenti nazionali
e l´ordinamento dell´Unione europea.
Certo, anche sui procedimenti legislativi regolatori dei diritti
fondamentali la maggioranza parlamentare, come sottolinea con fermezza il
presidente Casini, ha, alla fine della storia, il diritto di decidere.
Assumendone tutte le relative responsabilità politiche.
Ma una cosa è decidere al termine di un procedimento "normale"
che risponda alla pienezza costituzionale della "riserva di
legge". Una cosa è decidere al termine di un procedimento strozzato
che già nel profilo del suo svolgimento configuri la rottura di quella
protezione costituzionale. In questo caso quel prodotto normativo non
merita neppure lo stesso nome di legge. E giustifica l´allarme sociale e
l´opposizione civica.
In realtà, il Parlamento, quando tratta di diritti fondamentali, deve
giocare più il ruolo di istituzione dello Stato di diritto, indisponibile
al fondamentalismo maggioritario, che non quello di puro meccanismo di
esecuzione della "regola dei più". La "morte dei
Parlamenti" che teme Ralf Dahrendorf (Repubblica del 17 agosto) non
si evita con improbabili "ribellioni" al "nuovo
autoritarismo" dei "dittatori elettivi". Ma recuperando ai
procedimenti legislativi parlamentari la loro natura di ultima
"riserva". Cioè la effettiva, intrinseca capacità di garantire
i valori e i diritti della Costituzione. Una garanzia più forte, e più
oggettiva, di qualsiasi giudice.
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