Il cuneo fiscale è la differenza fra il costo
del lavoro sostenuto dall’impresa e la retribuzione netta
che resta a disposizione del lavoratore.
È costituito dalle imposte e dai contributi commisurati
alla retribuzione, che sono pagati dal datore di lavoro o dal
lavoratore. È quindi formato da un insieme eterogeneo di componenti
che gravano su soggetti diversi.
La parte contributiva del cuneo è molto differenziata in
funzione della tipologia di lavoro (dipendente, atipico, autonomo). Ed
è principalmente a questa differenza che si fa riferimento quando si
sollecita una armonizzazione delle aliquote.
Il cuneo si imposta sul lavoro dipendente
Anche nell’ambito del lavoro dipendente
esistono alcune differenze, in funzione del settore di attività
(industria in senso stretto, industria edile, commercio, credito e
assicurazioni, eccetera), della dimensione di impresa (fino a 15
dipendenti, tra 15 e 50, con più di 50) e della qualifica del
lavoratore (operaio, impiegato, dirigente, e così via). Ciò comporta
che il taglio dell’una o dell’altra componente contributiva del cuneo
fiscale possa incidere in modo differenziato sul costo del lavoro di
figure di lavoratori diverse o settori diversi..
La tabella 1 illustra le aliquote contributive per un operaio
di un’impresa industriale in senso stretto, con più di cinquanta
addetti. Tenendo conto di queste aliquote, e delle imposte che
concorrono a determinare il cuneo (Irap e Irpef), la tabella 2
illustra il costo del lavoro e la retribuzione netta per il
lavoratore, nelle due ipotesi di una retribuzione lorda (al lordo cioè
dei contributi a carico del lavoratore e dell’Irpef) annua di 15mila e
di 30mila euro. Viene inoltre calcolato il cuneo di imposta sul
datore, sul lavoratore e quello complessivo, in percentuale della
retribuzione lorda e del costo del lavoro.
Sul datore di lavoro gravano tre tipologie di contributi:
previdenziali, assicurativi e assistenziali. Complessivamente,
ammontano al 32,08 per cento della retribuzione lorda. La componente
di gran lunga di maggior peso è quella previdenziale (23,81 per
cento).
Il costo del lavoro è deducibile dalle imposte sul reddito delle
società, ma rientra nella base imponibile dell’Irap. Per questo
è corretto includere nel cuneo fiscale anche tale imposta. La
considerazione o meno dell’Irap dà luogo a misure diverse del cuneo
fiscale. Essa è prelevata con un’aliquota del 4,25 per cento sul costo
del lavoro (1) e porta la componente del cuneo fiscale a carico
del datore di lavoro al 37,69 per cento della retribuzione lorda
(0,3769=0,3208+0,0425*(1+0,3208)).
Sul lavoratore gravano due tipologie di contributi:
previdenziali e, in minima parte, assicurativi (vedi tabella 1).
Complessivamente, ammontano al 9,19 per cento della retribuzione
lorda. Sulla retribuzione ottenuta, considerata al netto dei
contributi di loro competenza, i lavoratori pagano l’imposta sui
redditi, l’Irpef. Il peso dell’Irpef cresce più che
proporzionalmente al crescere del reddito, essendo l’imposta
progressiva. Èpari al 12,09 per cento della retribuzione lorda di
15mila euro e al 19,5 per cento di quella di 30mila euro.
Se si sommano le diverse componenti sin qui enucleate, il cuneo
complessivo in percentuale della retribuzione lorda è il 58,98 per
cento, per il lavoratore con una retribuzione lorda di 15mila euro
e il 66,39 per cento per quello con una retribuzione lorda di
30mila euro.
In percentuale del costo del lavoro complessivo, il cuneo è il
42,83 per cento e il 48,21 per cento, rispettivamente,
per le due tipologie considerate. La differenza nel cuneo tra le due
tipologie è unicamente riconducibile alla progressività dell’Irpef.
La riduzione del cuneo fiscale…
Per ridurre il cuneo fiscale si possono seguire
diverse strade: si può agire sulle imposte (Irap e Irpef) o sui
contributi (previdenziali, assicurativi, assistenziali); la riduzione
può inoltre riguardare la componente a carico del datore di lavoro o
quella a carico del lavoratore.
In tabella 3 vengono considerati gli effetti di alcune diverse ipotesi
di riduzione del cuneo fiscale (2).
… agendo sui contributi
In primo luogo, si è considerata la riduzione di
5 punti dei contributi, equamente ripartita fra contributi
a carico del datore di lavoro e a carico del lavoratore. Il guadagno
lordo per ognuno di essi sarebbe pari a 375 euro, nel caso di una
retribuzione lorda di 15mila euro, e a 750 euro nel caso di una
retribuzione lorda di 30mila euro. Occorre tuttavia ricordare che il
guadagno netto per entrambi i soggetti sarebbe inferiore. I
contributi sono infatti deducibili dall’Ires pagata dal datore di
lavoro. Se i contributi calano, la base imponibile dell’Ires
aumenta e con essa l’imposta da pagare: il guadagno netto dell’impresa
sarebbe allora di 251,25 euro sulla retribuzione di 15mila euro e di
502,50 euro sulla retribuzione di 30mila euro. In termini percentuali
lo sgravio netto per l’impresa sarebbe di 1,22 punti del costo del
lavoro, indipendentemente dal livello della retribuzione.
Allo stesso modo, per quanto riguarda la riduzione del cuneo a
vantaggio dei lavoratori, occorre tenere conto della maggiore Irpef
che essi dovrebbero pagare sulla loro più elevata retribuzione
lorda. Il guadagno netto sarebbe pari a 263,87 e 487,30 euro per le
due tipologie retributive considerate; e cioè, rispettivamente
all’1,76 e all’1,62 per cento della retribuzione lorda.
ma quali contributi? …
Per rispondere a questa domanda è utile ricordare
che i contributi sono molto diversi dalle imposte, in quanto non
servono al finanziamento generale della spesa, ma vanno a finanziare
programmi specifici, che hanno in senso lato la funzione di assicurare
il lavoratore rispetto alla possibile perdita del proprio reddito (per
vecchiaia, malattia, disoccupazione, eccetera.) e sono prelevati sulla
categoria di soggetti che beneficia di quei programmi
Rispondono pienamente a questa definizione, e sono perciò considerati
"oneri propri", i contributi previdenziali e assicurativi
in quanto servono, i primi, a finanziare le pensioni di cui i
lavoratori usufruiranno e i secondi, a salvaguardare il loro reddito
in caso di eventi avversi (disoccupazione, malattia). Questi
contributi non possono essere tagliati senza decurtare le pensioni e
gli altri programmi che con essi sono finanziati, a meno di non
procedere a una loro fiscalizzazione (e cioè al loro finanziamento
tramite imposte), che però porrebbe a carico di tutti i cittadini il
finanziamento di programmi di spesa di cui beneficiano solo i
lavoratori.
I contributi assistenziali sono invece "oneri impropri", in
quanto servono a finanziare programmi che hanno una componente
redistributiva. Il contributo per maternità viene ad esempio pagato
anche dagli uomini, i contributi per assegni familiari vengono pagati
da tutti i lavoratori dipendenti, a prescindere dal loro stato di
famiglia. Questi contributi sono stati diminuiti a più riprese nel
tempo, da ultimo con l’ultima legge Finanziaria, e sostituiti con un
finanziamento a carico delle imposte. (3)
Attualmente rappresentano solo l’1,14 per cento della
retribuzione; molto meno dei cinque punti di riduzione di cui si
parla, e sono tutti a carico del datore di lavoro.
… o riducendo le imposte
Una via alternativa è quella di agire sulla
componente fiscale del cuneo.
Per quanto riguarda il datore di lavoro ciò implicherebbe agire
sull’Irap. Un’ipotesi che di tanto in tanto riemerge nel
dibattito, e che può avere anche motivazioni diverse dalla finalità di
ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, è quella di
eliminare dalla base imponibile dell’Irap la componente del costo
del lavoro rappresentata dai contributi a carico del datore di lavoro
Un intervento di questo genere sull’Irap comporterebbe, come si evince
dalla tabella 3, una riduzione dell’1 per cento circa del costo del
lavoro per le imprese e cioè un guadagno analogo a quello che si
potrebbe ottenere con un taglio di 2 punti del cuneo
contributivo.
Per quanto riguarda lo sgravio promesso ai lavoratori, le
ipotesi sul tappeto possono essere ovviamente le più diverse. Nel loro
caso, infatti, l’intervento non è finalizzato a una riduzione del
costo del lavoro, ma al sostegno delle retribuzioni nette. Può quindi
interessare il fronte fiscale, ad esempio in forma di restituzione del
fiscal drag, ma può anche coinvolgere un ripensamento complessivo del
sistema dei trasferimenti monetari a favore delle famiglie, che si
traduca in un miglior coordinamento fra disciplina delle deduzioni per
oneri familiari e trasferimenti per assegni familiari, capace di
superare i limiti che questi istituti incontrano sul terreno della
loro efficacia ed equità.
(1) Sono esclusi i contributi Inail -
peraltro non considerati neppure nel calcolo del cuneo data la loro
variabilità - e il costo del lavoro di contratti di apprendistato e di
formazione e lavoro, del personale disabile e di quello addetto alla
ricerca e sviluppo.
(2) In questa sede si prescinde totalmente da
qualsiasi ipotesi in merito alla traslazione di imposte e contributi
su soggetti diversi dai contribuenti di diritto. La letteratura su
questo tema porta peraltro a risultati controversi.
(2) Anche in questo caso in realtà qualche
problema esiste. I programmi di spesa finanziati con questi contributi
restano infatti categoriali (in particolare, degli assegni familiari
godono solo i lavoratori dipendenti). Sarebbe quindi opportuno
affiancare la variazione nella forma di finanziamento con una
revisione in senso universalistico dell’istituto finanziato (come in
parte è stato fatto, in passato per la maternità).