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I PATTI TERRITORIALI*
di
Fulvio Genghi
Segretario Generale e Direttore Generale del Comune di Poggiomarino (NA)
* Articolo pubblicato sulla Rivista "Nuova Rassegna" n. 18 del 16/9/1999
INDICE
1)
Gli strumenti negoziali per lo sviluppo territoriale.
2) Patti territoriali come strumento di sviluppo.
3) I soggetti interessati.
4) La funzione del CNEL.
5) L'elaborazione del progetto definitivo di patto territoriale.
6) Considerazioni finali.
1) Gli strumenti
negoziali per lo sviluppo territoriale
Il legislatore, nell'intento di accelerare il processo di sviluppo del nostro
paese, soprattutto nelle sue aree più depresse e svantaggiate, ha previsto la
possibilità di attivare una serie di specifici strumenti di programmazione
negoziata in grado di regolare interventi che coinvolgono molteplici soggetti,
sia pubblici che privati, e che comportano attività decisionali assai complesse
oltre ad una unitaria gestione delle risorse finanziarie.
Alla base di queste scelte vi è la convinzione che ogni ipotesi di sviluppo del
territorio può e deve essere realizzata attraverso una cooperazione sempre più
stretta tra Governo, Regioni e Province autonome. Soltanto in questo modo,
infatti, le politiche di intervento dirette di tali soggetti e quelle stabilite
autonomamente da altri soggetti pubblici o privati saranno realmente orientate
verso una realizzazione efficace di interventi da attivarsi mediante tipologie
negoziali che, pur conservando le loro peculiarità, saranno considerate come un
complesso unitario in grado di concorrere alla creazione di condizioni
favorevoli ad una crescita economica e occupazionale.
La delibera del CIPE del 21 marzo 1997 si occupa della disciplina delle varie
forme che la programmazione negoziata, così come previsto dall'art. 2, commi
203, 204, 205. 206, 207, 209 e 214 della legge 28 dicembre 1996 n.662, può
assumere.
INTESA
ISTITUZIONALE DI PROGRAMMA
Si tratta dello
strumento attraverso il quale il Governo e la Regione o Provincia autonoma
stabiliscono in maniera congiunta gli obiettivi da perseguire e i settori nei
quali è necessario intervenire. Come viene indicato al punto 1 della delibera
sopra menzionata, "oggetto dell'intesa è la collaborazione finalizzata
alla realizzazione di un piano pluriennale di interventi di interesse comune e
funzionalmente collegati da realizzare nel territorio della singola Regione o
Provincia autonoma e nel quadro della programmazione statale e regionale".
I soggetti coinvolti nell'intesa di programma sono il Governo e le Giunte delle
Regioni e delle Province autonome. Ogni intesa deve specificare, facendo
riferimento ad un periodo di tre anni, i programmi di intervento nei settori di
interesse comune, gli accordi di programma quadro da stipulare e i criteri, i
tempi e i modi per la loro sottoscrizione. Nella fase di negoziazione di tali
accordi dovranno essere coinvolti gli organi periferici dello Stato, gli enti
locali, gli enti subregionali, gli enti pubblici e tutti gli altri soggetti,
pubblici o privati, interessati. L'intesa deve inoltre indicare le modalità
attraverso cui sia possibile verificare periodicamente e aggiornare quelli che
sono gli obiettivi generali e gli strumenti per la loro attuazione. L'intesa,
prima della sottoscrizione, deve essere approvata dal CIPE, una volta sentita la
Conferenza permanente per rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome.
CONTRATTI
D’AREA
Il punto 3 della
delibera del CIPE in esame afferma che "il contratto d'area è
l'espressione del principio del partenariato sociale e costituisce lo strumento
operativo funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole
all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova
occupazione nei settori dell'industria, agroindustria, servizi e turismo,
attraverso condizioni di massima flessibilità amministrativa e in presenza di
investimenti qualificati da validità tecnica, economica e finanziaria, nonché
di relazioni sindacali e di condizioni di accesso al credito particolarmente
favorevoli". Il contratto d'area interessa fondamentalmente aree
industriali interessate da gravi crisi di tipo occupazionale o zone del
territorio in cui siano in atto processi di deindustrializzazione. I soggetti
promotori sono, d'intesa, le rappresentanze dei lavoratori e i datori dei
lavori. L'iniziativa va successivamente comunicata alle regioni interessate. Per
quanto riguarda i soggetti sottoscrittori, questi sono i rappresentanti delle
amministrazioni statali e regionali interessate e degli enti locali competenti a
livello territoriale, i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, i
soggetti imprenditoriali titolari dei progetti di investimento proposti. Il
contratto d'area può anche essere sottoscritto da altri enti pubblici, anche
economici, da società a partecipazione pubblica e da banche o altri tipi di
operatori finanziari. Tra i soggetti pubblici sottoscrittori viene individuato
il responsabile unico del contratto d'area quest'ultimo svolge un'importante
funzione di coordinamento delle singole attività e degli interventi previsti,
preoccupandosi di assumere i provvedimenti necessari ad impedire disfunzioni o
ritardi nell'esecuzione. Il contratto d'area deve indicare gli obiettivi che le
nuove iniziative imprenditoriali intendono perseguire, gli eventuali interventi
infrastrutturali necessari, le attività da realizzare, i soggetti attuatori, i
tempi e le modalità di attuazione, il responsabile unico, i costi e le risorse
finanziarie occorrenti per i diversi interventi. Perché un contratto d'area
possa essere attivato è richiesta la disponibilità di aree attrezzate per
insediamenti produttivi, di progetti di investimento che siano in grado di
accrescere in modo consistente il patrimonio produttivo dell'area e dell'intera
regione, un soggetto intermediario che abbia i requisiti per attivare
sovvenzioni globali da parte dell'Unione Europea. La Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Comitato di coordinamento delle iniziative per l'occupazione -
provvede all'azione di coordinamento e coinvolgimento delle amministrazioni
statali interessate alla stipula del contratto d'area e all'assistenza in favore
dei soggetti sottoscrittori nella fase preparatoria della sottoscrizione del
contratto. Il Ministero del bilancio e della programmazione economica approva il
contratto mediante la sottoscrizione.
CONTRATTI
DI PROGRAMMA
Si tratta del
contratto stipulato, anche in attuazione di un'intesa di programma, tra
l'amministrazione e una grande impresa o un gruppo o un consorzio di medie e
piccole imprese. Oggetto del contratto è la realizzazione, in aree definite, di
piani organici dì investimenti produttivi che possono anche comprendere attività
di ricerca e attività di servizio.
Una ampia parte della delibera del CIPE si occupa di un'ulteriore tipologia di
strumento negoziale i patti territoriali.
2) I patti
territoriali come strumento di sviluppo
Il patto territoriale
è l'accordo tra soggetti pubblici e privati per l'individuazione ai fini di una
realizzazione coordinata, di interventi di diversa natura finalizzati alla
promozione dello sviluppo locale nelle aree depresse del territorio nazionale.
A tale proposito la delibera del CIPE del 10 maggio 1995, al punto 1, ha
ribadito che "i patti territoriali rappresentano, nel rispetto delle
competenze dei diversi livelli istituzionali, lo strumento per l'individuazione
di un complesso coordinato di interventi di tipo produttivo e promozionale,
nonché di quelli infrastrutturali ad essi funzionali, ai quali concorra il
finanziamento pubblico. I patti sono finalizzati allo sviluppo integrato di aree
territori al i delimitate a livello subregionale, costituendo fondamentale
espressione del principio di "partenariato sociale".
L'elemento caratterizzante di un patto territoriale è costituito, quindi, dalla
concertazione tra i diversi attori sociali ( rappresentanti delle forze sociali.,
degli enti locali e singoli operatori economici ) finalizzata all'elaborazione
di progetti concreti di sviluppo locale.
Il patto territoriale si presenta, dunque, come uno strumento selettivo che si
basa su elementi qualitativi in ordine ai tempi, agli impegni assunti dai
soggetti sottoscrittori e alla selezione degli obiettivi.
In questo senso è evidente come esso si ponga in una logica profondamente
diversa da quella dell'incentivo di tipo automatico.
Il patto territoriale costituisce quindi il punto di arrivo di un processo di
concertazione dal basso tra gli attori sociali nel quale viene evidenziato il
ruolo del partenariato sociale. Alla base della concertazione vi è
essenzialmente la presenza di un'idea forza di sviluppo del territorio. Si
tratta di un punto di riferimento fondamentale sia per potere delimitare l'area
oggetto del patto, sia per riuscire a fare una selezione e a stabilire delle
priorità tra i vari interessi presenti a livello locale. Sicuramente una
condizione fondamentale affinchè l'idea forza possa avere successo è la
presenza di imprenditori che siano in grado di renderla credibile e
realizzabile, rischiando risorse finanziarie proprie e innervando filiere
imprenditoriali locali. Del resto la filosofia che sta alla base del patto
territoriale è proprio quella di rivolgersi in primo luogo agli attori
"forti" delle aree in deficit di sviluppo, cercando in questo modo di
mobilitare il meglio dell'imprenditoria locale.
Il patto deve essere costituito da un insieme di progetti che si rafforzano
reciprocamente avendo come obiettivo il raggiungimento di una dimensione di
sviluppo integrato.
Per questo motivo risulta importante che il patto preveda attività economiche
caratterizzate da una rapida eseguibilità e si riferisca ad una dimensione
territoriale complessiva abbastanza contenuta.
La dimensione contenuta risulta, infatti, del tutto coerente con l'idea di un
progetto che nasce direttamente dal territorio e che si propone di attivare le
risorse locali.
Anche la dimensione temporale si rivela una variabile importante; infatti l'eseguibilità
in tempi contenuti contribuisce a selezionare i progetti e offre garanzia di
idee di sviluppo che siano poi effettivamente praticabili.
La concertazione locale non deve, però, essere intesa in una visione di tipo
"neocorporativa" dello sviluppo. Perché vi sia sviluppo locale è,
infatti, necessario che vi sia soprattutto una mobilitazione di una cultura
amministrativa e politica di accompagnamento e governo delle dinamiche
territoriali.. Del resto sin dalle primi fasi l'idea forza di sviluppo, la
mobilitazione dei soggetti imprenditoriali, gli impegni delle parti sociali
devono essere concertati con gli enti locali che agiscono sul territorio oggetto
del patto.
3) I soggetti
interessati
Un patto territoriale
coinvolge una molteplicità di soggetti sia pubblici che privati.
Per quanto riguarda i soggetti promotori, questi sono elencati nella delibera
del CIPE del 21 marzo 1997 al punto 2, comma 3. Si tratta di:
- enti locali;
- altri soggetti pubblici che operano a livello locale;
- rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali e dei lavoratori;
- soggetti privati.
Per quanto riguarda invece i soggetti sottoscrittori, questi sono i soggetti
promotori, gli enti locali e gli altri soggetti pubblici locali coinvolti
nell'attuazione del patto e uno o più soggetti rientranti, cosi come indica la
delibera prima citata all'articolo 2 comma 4, in ciascuna delle seguenti
categorie:
Il
patto, inoltre può anche essere sottoscritto:
- dalla regione o dalla provincia autonoma nel cui territorio ricadono gli
interventi previsti;
- da istituti bancari e da finanziarie regionali;
- da consorzi di garanzia collettiva fidi;
- dai consorzi di sviluppo industriale operanti nel territorio oggetto del
patto.
Un ruolo significativo nella promozione e nella realizzazione dei patti
territoriali. come si vedrà meglio anche in seguito, è svolto dal CNEL, la cui
funzione è decisiva nella fase di concertazione del patto.
La delibera del CIPE del2l marzo 1997, al punto 2 precisa che "la
sottoscrizione del patto vincola i soggetti sottoscrittori al rispetto degli
specifici impegni e degli obblighi assunti per la realizzazione degli interventi
di rispettiva competenza".
Il patto territoriale si caratterizza proprio per la sua natura di vero
contratto sottoscritto tra le parti, e per questo motivo deve anche
espressamente prevedere e indicare quali sono le assunzioni di responsabilità
dei singoli contraenti.
Nello schema tipo di patto territoriale, allegato alla delibera CIPE del 10
maggio 1995, al punto 2 lettera b), vengono elencati, a titolo puramente
esemplificativo, gli impegni che possono essere assunti dai diversi soggetti
firmatari:
- associazioni sindacali dei lavoratori ( esempio: avviamento professionale,
flessibilità del mercato del lavoro, ottimizzazione della produttività, ecc.);
- imprese e associazioni di imprese ( esempio: nuove iniziative imprenditoriali,
creazione di consorzi, sostegno all'occupazione, riqualificazione professionale,
ecc.);
- Provincia ( esempio: costituzione di condizioni ambientali favorevoli allo
sviluppo degli investimenti e al potenziamento del tessuto economico locale,
creazione di un adeguato sistema di trasporti, formazione professionale, ecc.);
- Comune ( esempio: accelerazione delle procedure di autorizzazione per
l'allocazione degli insediamenti produttivi e, più in generale, snellimento
degli iter burocratici relativi, ecc.);
- Camera di Commercio ( esempio: potenziamento del ruolo di servizio alle
imprese, creazione di organismi consortili per la gestione dei progetti a
corredo dei patti territoriali, ecc. );
- Comunità Montane ( esempio: adeguamento dei piani zonali e dei piani annuali
di sviluppo alle finalità del patto, incentivi alle iniziative di natura
economica che si insedieranno nel comprensorio della comunità, opere di
bonifica, realizzazione delle infrastrutture e dei servizi necessari per
l'attuazione del patto, ecc.).
4)
La funzione del CNEL di accompagnamento alla concertazione
Tutta
la fase di concertazione del patto territoriale viene accompagnata e certificata
dal CNEL in attuazione del punto 3 della delibera del CIPE del 12 luglio 1996.
A tale riguardo è stato predisposto un percorso di accompagnamento che si
articola nei seguenti passaggi:
Avvio della procedura e individuazione del "motore locale"
Un patto territoriale può vedere la luce esclusivamente in presenza di soggetti
che, a livello locale, si fanno carico del progetto e sono disponibili a mettere
in campo le risorse di organizzazione e di inventiva necessarie.
Si tratti di amministrazioni pubbliche o di associazioni rappresentative degli
imprenditori, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dipendenti, il
protagonismo degli attori locali è la condizione preliminare e fondamentale per
il successo di tutta l'operazione.
I soggetti promotori, al fine di attivare l'intervento del CNEL, devono avanzare
una richiesta scritta che contenga una prima definizione del territorio su cui
il patto dovrà operare e l'indicazione delle motivazione che sono alla base
della richiesta.
Attivazione del tavolo di concertazione.
Dopo una prima verifica in sede CNEL (istruita e accompagnata, per i patti
che riguardano il Sud Italia, dalla Consulta per il Mezzogiorno su delega
dell'Ufficio di Presidenza ), insieme ai proponenti del patto territoriale viene
costituito un Gruppo di lavoro.
Compito del Gruppo è di provvedere alla predisposizione di una prima scheda
contenente gli obiettivi di fondo del progetto in questione e sulla quale aprire
il confronto con tutti i rappresentanti delle forze sociali territoriali e delle
istituzioni locali.
Pertanto, a questo punto, viene attivato il "tavolo di concertazione",
cui spetta il compito di verificare l'esistenza o meno di convergenze e
divergenze sulla "filosofia" del progetto.
Un compito fondamentale del tavolo di concertazione è anche quello di fare
gerarchia e selezione degli interessi.
Si tratta di una indispensabile operazione di "chiarificazione" circa
gli intendimenti delle diverse parti in gioco, oltre che di approfondimento
delle caratteristiche che l'eventuale patto dovrebbe avere. Vengono precisate,
dunque, la delimitazione territoriale, l'identificazione delle priorità,
l'indicazione degli impegni comuni e dei singoli attori coinvolti.
Al Tavolo di concertazione il CNEL fornisce un'apposita assistenza tecnica.
Il Tavolo di concertazione, una volta conclusa la fase istruttoria, predispone
la prima bozza di documento che può essere, eventualmente, sottoposta anche al
"Forum degli interessi". In questa fase si dà visibilità e risonanza
pubblica al progetto e si formalizza il rapporto tra le parti su progetti
specifici.
Il patto territoriale, infatti, non poggia soltanto sulla volontà dei soggetti
a cooperare in maniera stabile: risulta indispensabile, soprattutto, individuare
ambiti concreti di iniziativa su cui sia possibile sperimentare convergenze e
capacità di collaborazione, favorendo il più ampio coinvolgimento nel progetto
dei soggetti economici locali. Tra questi non bisogna dimenticare il sistema
creditizio, cui recenti disposizione del CIPE assegnano un ruolo fondamentale.
Redazione del primo documento di concertazione locale.
Ultimata questa fase, il Tavolo di concertazione provvede alla redazione del
primo documento di concertazione locale. Per questa operazione si ricorre allo
schema-tipo di patto territoriale elaborato dal CIPE e sopra citato. Il
documento in questione, una volta terminato, viene trasmesso alla Presidenza del
CNEL.
Al termine di questo procedimento, così come viene previsto dal punto 3,
lettera b), della delibera del CIPE del 12 luglio 1996, l'Ufficio di Presidenza
del CNEL acquisisce la disponibilità alla concertazione delle parti sociali
interessate e verifica la coerenza della proposta con le finalità di sviluppo
locale che sono tipiche dei patti territoriali.
La firma di questo documento sancisce, quindi, l'accordo tra le parti sociali e
gli enti locali sui contenuti e gli obiettivi del progetto.
5)
Elaborazione del progetto definitivo di patto territoriale
Per
quanto concerne l'avvio della procedura, la delibera del CIPE del 12 luglio 1996
prevede, al punto 3, lettera a), che i soggetti promotori del patto provvedano a
trasmettere al CNEL la proposta di patto territoriale accompagnata da un
documento di sintesi.
Quest'ultimo deve contenere l'indicazione del territorio interessato, gli
obiettivi e i tempi previsti di esecuzione del patto, delle iniziative
imprenditoriali e delle infrastrutture eventualmente necessarie, i soggetti
interessati e gli impegni da loro assunti.
In particolare la delibera del CIPE del 10 maggio 1995 presenta, allegato, uno
schema tipo di patto territoriale. Questo schema individua nei seguenti punti i
contenuti della proposta:
- Premessa di intenti, che si riferisce alle ragioni che sono alla base del
ricorso al patto territoriale e al contenuto operativo del patto stesso;
- Il territorio e le sue caratteristiche, vale a dire la descrizione
"geografica" dell'area oggetto del patto, con le sue potenzialità e
gli ostacoli che si frappongono invece allo sviluppo. A tale proposito
l'esperienza maturata dal CNEL suggerisce come dimensione ottimale quella della
"medianità", evitando in questo modo sia i pericoli della genericità
legati ai "macro-interventi", sia quelli della frammentarietà del
"micro" su scala esclusivamente locale. La dimensione mediana, invece,
rappresenta quella più adatta alla massima espressione di progettualità comune
da parte delle forze sociali presenti sul territorio. La proposta di patto deve,
quindi, indicare la perimetrazione territoriale e le caratteristiche che rendono
tale area un territorio "omogeneo".
- La gerarchia degli interessi e gli obiettivi del patto. Questi ultimi, come si
è già detto, devono riferirsi allo sviluppo integrato del territorio, alla
valorizzazione delle risorse locali, alla valorizzazione e alla promozione del
fattore umano. Nel perseguire tali finì il patto deve essere in grado di fare
una selezione degli interessi in una visione di sviluppo integrato; esso deve,
quindi, prevedere il concorso degli attori locali, degli enti locali e delle
parti sociali secondo una logica di composizione degli interessi particolari,
entro un disegno di pubblica utilità.
- I progetti del patto e gli interventi necessari. Ci si riferisce al complesso
degli investimenti e degli interventi, con i tempi di completamento,
l'evoluzione dell'occupazione, la redditività e le fonti di tipo finanziario.
La capacità progettuale deve, pertanto, tradursi in interventi ben definiti,
rispondenti a logiche di mercato. Il buon esito del patto può, in questo senso,
essere garantito anche dalla capacità di attivare la dimensione locale dei
"saperi", favorendo lo sviluppo di un terziario di progettualità e di
conoscenza finalizzato allo sviluppo dell'area. A questo proposito è opportuno
che siano coinvolti nel progetto di patto i soggetti che nell'area individuata
sono in grado di svolgere una funzione di arricchimento culturale e dì
sviluppare capacità di fare innovazione scientifica.
La delibera del CIPE del 12 luglio 1996, al punto 3, lettera e), prevede che i
soggetti promotori provvedono a definire il progetto di patto territoriale
avvalendosi dei servizi di una società di assistenza tecnica che viene
appositamente scelta dal CNEL.
In sostanza il CNEL assicura a ogni proposta di patto territoriale
l'accompagnamento di tale società di progettazione sulla base di un ordine
cronologico costituito dalla data di sottoscrizione del primo documento di
concertazione locale.
A tale fine il CNEL ha deliberato di seguire la procedura di gara
internazionale, ai sensi di quanto viene previsto dalle normativa comunitaria,
per garantire sia la massima trasparenza e imparzialità nella scelta di tale
società, sia le migliori capacità tecniche e progettuali esistenti sul
mercato.
Il progetto definitivo del patto viene sottoposto dai soggetti promotori
all'Ufficio di Presidenza del CNEL che ne certifica l'avvenuta concertazione tra
le parti interessate attraverso la sottoscrizione di un apposito protocollo
d'intesa.
La sottoscrizione del protocollo d'intesa da parte dei soggetti promotori e
delle parti sociali conclude la fase di costruzione del patto territoriale.
Questo secondo momento di accertamento della concertazione da parte del CNEL si
rende necessario per verificare il permanere dell'accordo tra le parti anche
dopo la fase di stesura del progetto definitivo nella quale potrebbero essere
state apportate modifiche all'impianto originale della proposta di patto.
Il progetto di patto territoriale e il relativo protocollo d'intesa vengono
successivamente trasmessi al Ministero del Bilancio e della Programmazione
Economica che, dopo aver verificato il rispetto dei criteri previsti dal punto 2
della delibera del CIPE del 12 luglio 1996, li trasmettono al CIPE per
l'approvazione, dopo avere informato le amministrazioni interessate.
La delibera del CIPE del 12 luglio 1996, al punto 2, lettere a), b), c)
individua una serie di criteri che il CIPE tiene in considerazione ai fini
dell'approvazione di ogni patto territoriale.
Si tratta dell'ordine cronologico di ricevimento dei patti da parte del
Ministero del Bilancio e della programmazione economica, della sussistenza di
iniziative di programmi di cooperazione regionale o interregionale - con
particolare riguardo alla cooperazione tra Nord e Sud - a sostegno di attività
produttive realizzate da piccole e medie imprese, della rispondenza di ciascun
patto ai requisiti previsti dalle delibere del CIPE del 10 maggio e del 20
novembre 1995 e ai vincoli fissati nella delibera del CIPE del 12 luglio 1996.
Per quanto riguarda i requisiti cui deve corrispondere un patto territoriale, si
tratta dei seguenti:
- le date di inizio e di scadenza del patto;
- le amministrazioni locali o le camere di commercio promotrici del patto;
I
vincoli al cui rispetto è condizionata l'approvazione del CIPE sono, invece, i
seguenti;
Per
quanto riguarda i tempi di attuazione, il patto territoriale deve contenere un
puntuale quadro previsionale, relativo sia ai tempi di realizzazione dei
progetti e di efficacia del patto stesso, sia dei connessi percorsi attuativi e
deve indicare ogni relazione con altri strumenti di intervento programmatico,
garantendo la coerenza con gli stessi.
A tale proposito bisogna sottolineare che, laddove nella regione in cui sono
localizzati gli interventi previsti dal patto siano già stati stipulati un
accordo o un intesa di programma, la Regione deve certificarne al CIPE la
coerenza degli obiettivi con quelli del patto.
Inoltre, al momento della sottoscrizione al CIPE dei singoli patti da stipulare,
i competenti organi regionali devono dichiarare esplicitamente la conformità
degli stessi agli indirizzi di programmazione regionale, di pianificazione
territoriale, nonché agli obiettivi del quadro comunitario di sostegno e dei
documenti unici di programmazione.
La realizzazione complessiva del patto, comunque, deve realizzarsi entro 48 mesi
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della delibera CIPE di
approvazione.
Il patto territoriale deve espressamente indicare il soggetto responsabile del
coordinamento degli interventi e della loro diretta gestione.
Tale soggetto può essere costituito da società, eventualmente anche di natura
consortile e deve rispondere a delle precise caratteristiche.
Egli deve rappresentare al proprio interno gli interessi sociali e economici
coinvolti dagli interventi, deve saper mobilitare le necessarie risorse
professionali, organizzative e tecniche, deve assicurare risorse finanziarie
tali da consentire l'anticipazione e/o il cofinanziamento di eventuali
contribuzioni nazionali e comunitarie.
Al soggetto responsabile spetta anche il compito di comunicare semestralmente lo
stato di avanzamento degli interventi al Ministero del Bilancio e della
Programmazione Economica.
Nello svolgimento di queste funzioni il soggetto responsabile può avvalersi
dell'aiuto di apposite società di servizi.
La delibera del CIPE del 12 luglio 1996 stabilisce, all'ultimo comma del punto
4, che il patto deve prevedere delle apposite clausole per i casi di recesso, di
perdurante inerzia di uno o più partecipanti, o di comportamenti omissivi. A
tale proposito vanno affermate le responsabilità per i danni causati con
l'obbligo di risarcirli.
Al punto 5 la delibera in questione si occupa delle eventuali modifiche del
patto.
Nell'attuazione del patto sono ammesse modifiche di ciascun parametro
finanziario, occupazionale e temporale, ma soltanto entro un margine di
oscillazione complessivo del 20 per cento, fermo restando l'onere complessivo a
carico dello Stato.
Se tale limite viene superato, anche per uno soltanto dei parametri, il patto
dovrà essere nuovamente sottoposto all'approvazione del CIPE.
6)
Considerazioni finali
Le
dimensioni quantitative e qualitative del fenomeno sono fattori che fanno
pensare e sperare che i patti territoriali possano rappresentare uno strumento
efficace per realizzare uno sviluppo locale concertato tra sindaci, parti
sociali, attori economici locali, banche locali.
Anche se è ancora prematuro stabilire delle conclusioni, è comunque possibile
fare alcune considerazioni.
I patti territoriali si propongono, tra i loro obiettivi, di fare emergere e
rafforzare una classe dirigente locale composta da Sindaci, Presidenti delle
Province, dalle Comunità Montane, dalle Camere di Commercio, dai rappresentanti
delle parti sociali, dall'imprenditoria locale.
Attraverso l'intreccio di questi attori sociali può diventare possibile
mobilitare le culture, le differenze, creare reti e interconnessioni che
consentano ai soggetti sociali di operare in una dimensione collettiva che va
oltre l'isolamento dei singoli.
Un altro aspetto fondamentale dei patti territoriali è la mobilitazione delle
risorse locali.
La filosofia su cui si basano è che, prima di chiedere e collegarsi agli
strumenti di sviluppo per le aree in deficit di sviluppo, i patti hanno senso se
riescono a muovere risorse e investimenti delle imprese e delle pubbliche
amministrazioni locali.
Tutto questo mira, fondamentalmente, a coinvolgere i saperi locali e a sostenere
una cultura del fare progetto che in molte aree del nostro paese sembra spenta.
Infatti, i patti sono incentrati intorno ad un'idea forza di sviluppo attorno
alla quale i soggetti coinvolti possono sperimentare la forza della coesione
sociale come fattore competitivo per la crescita della realtà locale.
Accanto ai vantaggi bisogna, però, anche tenere conto dei rischi da controllare
e da evitare.
In primo luogo i patti territoriali sono esposti al rischio della
proliferazione. Questo avviene quando, più che intorno all'idea forza di
sviluppo e alla mobilitazione delle risorse locali, il patto viene inteso
semplicemente come una ripresa di finanziamento straordinario per qualsiasi
territorio in crisi di sviluppo. Per questo motivo diventa decisivo il momento
della selezione degli interventi che vanno stabiliti in base a parametri di
qualità dello sviluppo locale e della sua realizzazione.
I patti territoriali non sono al riparo da fenomeno di concertazione vuota o
monca.
Questo può verificarsi quando, per la debolezza di uno o più attori della
concertazione, lo strumento venga promosso e governato da uno soltanto di
questi.
Questo rischia di generare uno squilibrio nella progettazione del patto rendendo
difficile l'individuazione delle idee di sviluppo e il coinvolgimento delle
risorse locali.
In conclusione, in relazione ai fattori di successo e dei rischi connessi ai
patti territoriali, è utile riferirsi a quelli che il CNEL, nel suo ruolo di
consulenza attiva, ha indicato come i punti essenziali che caratterizzano i
patti. Essi sono:
- la cultura dello sviluppo che viene dal basso;
- il valore della concertazione tra gli attori locali;
- il valore della progettualità locale;
- il consolidamento e il radicamento di una logica e di una cultura
dell'accompagnamento dei processi locali;
- il riconoscimento del processo di istituzionalizzazione basato sulla filiera
Comuni- Province- Regioni- Stato Centrale- Unione Europea.
BIBLIOGRAFIA
BANCA D'ITALIA, Roma maggio 1997,
"Considerazioni finali del Governatore"
CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA, (a cura di G. Rosa e M. Esposto) Sipi, Roma 1996,
"Indicatori economici provinciali"
CNEL, Roma 8 marzo 1991, "Accordo di concertazione annuale per lo sviluppo
del Sud"
CNEL, novembre 1996, "I patti territoriali. Lo stato di avanzamento delle
proposte pervenute al CNEL
CNEL, Roma 1996, "Laboratori territoriali - Un futuro per il
Mezzogiorno"
SVIMEZ, Roma aprile - giugno 1996, "Rapporto 1996 sull'economia del
Mezzogiorno"
©
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