La Commissione affari sociali della Camera è affollata di
provvedimenti, ma sopra tutto campeggia la discussione sulla
legge finanziaria 2002.
Il quadro che si profila sulle politiche sociali è molto deludente e
preoccupante. Può essere sintetizzato così: il nulla.
La Finanziaria rende evidente che il ministro Maroni sta cancellando
le politiche sociali. Lo fa in modo silenzioso, attraverso il
“non fare”, attraverso la politica dell'abbandono.
È vero che è confermato il Fondo per le politiche sociali, ma è un
atto dovuto, imposto dalla legge 328/00, e il finanziamento
previsto si limita a confermare le risorse che la Finanziaria
dell'Ulivo aveva già stanziato per gli anni 2001-2002-2003. Il
ministro Maroni aveva nella sua audizione alla Commissione
confermato l'impegno nell'applicazione della legge 328. Non ho
bisogno di richiamare ai lettori di Vita il valore e
l'importanza di quella legge anche perché molti di essi ne sono
stati protagonisti. Purtroppo, l'affermazione del ministro è
stata clamorosamente disattesa.
Faccio questa affermazione, con molta amarezza, preoccupazione,
sulla base di dati precisi. Passo ai fatti che sono alla base di
questo giudizio: nella Finanziaria non ci sono risorse per la
famiglia, risorse per finanziare l'articolo 16 della 328, né
risorse aggiuntive per finanziare l'articolo 15 (quello sul
fondo per gli anziani non autosufficienti), né è previsto il
potenziamento del reddito minimo di inserimento. Famiglia,
anziani non autosufficienti, reddito minimo di inserimento sono
i capitoli cruciali per un'applicazione dinamica della legge. In
finanziaria non si trova alcuna risorsa per sostenere leggi
tanto care al non profit come l'obiezione di coscienza, il
servizio civile, la cooperazione internazionale. Devo poi
ricordare che in questi cinque mesi il ministro del Welfare non
è riuscito a fare nessuno degli atti applicativi che ancora gli
rimanevano: il riordino dell'invalidità, l'applicazione
dell'articolo 12 sulla programmazione delle professioni sociali,
la Carta dei servizi sociali. Allo stesso tempo è stata
abbandonata la Commissione per l'informatizzazione del sistema
dei servizi sociali, un passaggio fondamentale per avere una
lettura attenta dei bisogni sociali del Paese.
Anche il decreto sull'accesso alla dirigenza per gli assistenti
sociali è stato lasciato decadere creando sconcerto e amarezza
in quella straordinaria categoria di operatori.
I dati citati mi sembra siano purtroppo molto eloquenti per il
giudizio dato: il governo sta abbandonando le politiche sociali.
Il ministero del Welfare che doveva essere quello capace di
conferire anche sul piano istituzionale piena dignità e
autorevolezza alle politiche sociali sta tornando a essere il
vecchio ministero del Lavoro e della previdenza. Addio, per ora,
alle politiche sociali innovative che abbiamo costruito con
molta fatica e con la partecipazione di tanti attori sociali,
primi fra tutti i volontari.
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