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Febbraio 2004
PENSIONATI:
CHI SOGNA 500 EURO AL MESE
>...Di
fronte ai disagi e alle fatiche di tante famiglie e di tante persone prenda atto
della necessità di una svolta profonda nella sua politica economica e
sociale...
Articolo per l'Unità di Livia Turco
16.1.2004
Pensionati/
Chi sogna 500 euro al mese
di Livia Turco
Il governo smetta di fare il gioco delle tre carte sul welfare. O peggio, di
ridurlo all’ennesimo teatrino dello scontro politico al suo interno. Non un
tavolo del welfare ma uno dei tanti tavoli del tormentone della verifica
politica. Di fronte ai disagi e alle fatiche di tante famiglie e di tante
persone prenda atto della necessità di una svolta profonda nella sua politica
economica e sociale.
Per questo, il governo, se davvero vuole un confronto con le parti sociali e
vuole avvalersi di un dialogo in Parlamento, interrompa l’iter della
legge-delega sulla previdenza e lo concluda solo nella parte relativa alla
previdenza complementare. Introducendo in essa però i correttivi che, non solo
i sindacati e le opposizioni hanno chiesto, ma che, proprio l’andamento dei
mercati finanziari e la carenza di strumenti di tutela dei risparmi dei
cittadini, hanno messo in evidenza come essenziali. Tali correttivi sono: la
possibilità per i lavoratori di investire nei Fondi pensione il proprio Tfr
sulla base del metodo del silenzio-assenso; il rafforzamento dei poteri di
controllo della Cosvit; la distinzione tra previdenza complementare e piani
pensionistici individuali; incentivi fiscali per favorire l’investimento del
Tfr nei Fondi pensione e garanzie di rendimento del medesimo; l’estensione
della previdenza complementare a tutti i settori sino ad ora esclusi a partire
dal pubblico impiego e dall’artigianato. Riteniamo utile, inoltre, mettere a
punto subito un sistema di incentivi efficace per proseguire volontariamente il
lavoro prevedendo benefici sul trattamento pensionistico così come indicato dai
sindacati. È inoltre doveroso che, a fronte dei dati che dicono che l’84% dei
pensionati Inps è sotto i mille euro mensili lordi e che oltre il 50% è
collocato al di sotto di cinquecento euro, il governo mantenga la sua tanto
sbandierata promessa dell’aumento delle pensioni più basse! Non solo non è
credibile un esito produttivo di un confronto sul welfare con il conflitto
sociale aperto sulle pensioni - come hanno sostenuto unitariamente i sindacati -
ma è sbagliato separare i problemi della previdenza dalla politica economica,
sociale e sanitaria. Una riforma del welfare deve partire dai problemi urgenti
del Paese i quali mettono in primo piano il legame che c’è tra il declino
economico ed il processo di impoverimento che colpisce in modo trasversale ceti
sociali e generazioni. Quello che è necessario al nostro Paese è una politica
di sviluppo e di crescita che investa sulle capacità delle persone e sulla
promozione del loro benessere. Se si mette al centro della riforma del welfare
una nuova fase di crescita e di sviluppo del Paese si chiarisce anche l’ordine
delle sue priorità: la piena e buona occupazione, con particolare riferimento a
quella dei giovani e delle donne; l’istruzione e la formazione in tutte le
fasi della vita; una rete integrata di servizi sociali e sanitari che siano di
accompagnamento e di sostegno alla normalità della vita delle persone; forme di
sostegno ai redditi più bassi sia attraverso interventi fiscali che di tipo
monetario; sostegni a responsabilità familiari per la cura e la crescita dei
figli. Lavoro, formazione, sostegno al reddito, rete dei servizi sociali e
sanitari: sono le risorse di cui hanno bisogno sia i giovani che gli anziani;
sia i genitori che i figli. Sono le risorse necessarie a tutte le generazioni
per vivere bene. Sono le risorse che possono consentire una solidarietà e una
equità tra le generazioni. Che è la vera sfida della riforma del welfare. La
quale non si realizza togliendo a qualcuno per dare a qualcun’altro ma
indicando un nuovo traguardo di crescita e di benessere per tutti ed in cui
ciascuno sia chiamato a fare la sua parte. In questo contesto, sono sicura che i
padri e le madri di oggi - trafelati dal sovraccarico del lavoro di cura per i
figli e per gli anziani e preoccupati per il futuro dei loro figli - di fronte a
un sistema di protezione sociale che aiuti sia i figli che gli anziani e che
consenta loro di prendersi “delle pause” lungo il ciclo della vita saranno
disponibili a lavorare più a lungo. Sono sicura che gli anziani, di fronte alla
serenità di un reddito e di un servizio sanitario efficiente e personalizzato,
ancora più di oggi metteranno a disposizione dei nipoti o di altri anziani o
della società il proprio tempo, le proprie competenze, il proprio lavoro. E i
giovani potranno trovare la fiducia per fare ancora di più leva sul proprio
spirito imprenditivo per progettare il proprio futuro. Insomma, se partiamo dai
problemi immediati e futuri del paese, una riforma del welfare deve saper
disegnare insieme la riforma degli ammortizzatori sociali, una rete integrata di
servizi sociali e sanitari per gli anziani non autosufficienti, l’integrazione
al reddito per chi è al di sotto della soglia di povertà, il sostegno alle
responsabilità familiari a partire dal costo dei figli, il completamento e
l’aggiornamento della riforma Dini sulle pensioni per meglio tutelare i
pensionati di oggi e per garantire una pensione decente ai giovani che saranno
pensionati domani. Per questo è necessaria una svolta profonda nella politica
economica e sociale del governo. Il ministro Maroni rivendica al suo governo il
merito di una politica sociale. In realtà è una politica sociale alla
rovescia. È quella che nella finanziaria 2004 ha cancellato il reddito minimo
di inserimento che ha consentito a duecentomila famiglie di uscire dalla povertà
per finanziare la riforma Moratti sul buono scuola per le famiglie che mandano i
figli nelle scuole private; ha istituito il bonus bimbo di mille euro per un
solo anno dato alle famiglie a prescindere dal reddito; ha operato un pesante
taglio di trasferimenti agli enti locali; continua a sottostimare le risorse
necessarie al Fondo sanitario nazionale. È quella che ha bocciato in Parlamento
la legge che istituisce il Fondo per le persone anziane non autosufficienti e
che ha proposto una legge sugli asili nido che li riduce a parcheggi senza
garanzie di qualità nella gestione. È quella che abbandona l’applicazione
della legge quadro per la rete integrata dei servizi (328/2000), che promuove la
svolta repressiva sulla droga ma lascia sole le comunità e i servizi pubblici.
È quella che ha elaborato un piano contro l’esclusione sociale senza indicare
un obiettivo, un provvedimento, una cifra che contenga uno stanziamento di
risorse. L’esito di questa politica è sotto gli occhi di tutti. Per questo
chiediamo una svolta. A partire da atti concreti: l’approvazione di una legge
che preveda l’istituzione del Fondo per le persone anziane non
autosufficienti; la presentazione di un programma contro la povertà e
l’esclusione sociale; la riforma degli ammortizzatori sociali. Insomma, il
tavolo sul welfare ha senso se il governo ritira la delega sulle pensioni e
porta sul tavolo una proposta complessiva indicando priorità, cifre e
provvedimenti.