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Giovanni Sartori Le previsioni fallite, in Il Corriere della sera 16 ottobre 2008
Sulla pericolosissima crisi economica in corso finora
non ho fiatato. Aspettavo lumi dagli economisti. Speravo, tra l’altro, in un
loro mea culpa.
Perché il fatto è che il grosso della loro disciplina non ha previsto la
catastrofe in arrivo. Era impossibile prevederla? Balle. Non solo era
prevedibilissima, ma il punto di principio è che una scienza economica che
non sa prevedere è una scienza da poco, quasi da punto.
Science for what? Un sapere «pratico» che consiglia male e che prevede
altrettanto male, produce guai o comunque ci lascia nei guai.
Molti economisti se la cavano scaricando la colpa sul liberismo «selvaggio »
che ha predicato la deregulation, l’abbattimento delle regole. A suo tempo —
e cioè in tempo — scrivevo che se le regole sono malfatte, allora sono
regole da eliminare; ma «sregolare» è solo un rimedio a breve, e un vuoto di
regole non toglie che dobbiamo avere regole. Anzi, oggi, le regole
ridiventano più necessarie che mai. Le banche non sorvegliate sono libere di
fallire a danno dei loro depositanti. Il mercato finanziario è sempre più
infestato da imbroglioni che vanno imbrigliati. L’alternativa non è tra
intervenire o no, ma tra capacità di «buon intervento» o no.
Leggo che le crisi finanziarie sono intrinseche al capitalismo,
che pensare di eliminare il rischio è una sciocchezza e che per ogni regola
esiste un modo di aggirarla. Ma spero proprio che non sia così. Il mercato è
un meccanismo che, per esistere e funzionare, deve essere protetto da leggi
che vietano i monopoli e che puniscono i falsi garantendo la autenticità
delle merci. Addio mercato se io posso impunemente spacciare per oro un
qualsiasi metallo giallo. Così come vanno controllate le medicine e, oramai,
persino la produzione industriale del cibo. Pertanto l’argomento «fatta la
legge trovato l’inganno» è suicida. Né ritengo che i collassi «alla 29»
siano fisiologici. Siccome il sistema di mercato è un automatismo che
procede per auto-correzione, è normale che il suo andamento sia ciclico e
che includa recessioni. Ma se un sistema di mercato che si auto-distrugge
facendo collassare tutto il sistema economico fosse «normale», allora siamo
al cospetto di un sistema mal congegnato.
Torno al quesito che è la madre di tutti gli altri: perché gli economisti
non hanno adeguatamente previsto e denunciato la follia dei subprime, dei
mutui senza sufficiente copertura? Sono quei prestiti che hanno scavato la
voragine nella quale stiamo ora affondando. Eppure tutti zitti e pronti a
bere la favola (all’oppio) dei «derivati», e cioè che il rischio veniva
minimizzato distribuendolo a tutti in tutto il mondo. Ovviamente (al solito,
elementare buon senso) può essere così solo se il «debito cattivo » non
diventa gigantesco. Invece nessuno lo ha controllato, è diventato
gigantesco, e così siamo tutti a rischio.
Dunque — lo ripeto — quel che è successo era facilmente prevedibile. Io mi
sono spaventato quando ho vissuto (negli Stati Uniti) il bombardamento delle
offerte di credito facile, troppo facile. Ma ora sono gli economisti che non
si sono spaventati a tempo e che devono fare l’esame di coscienza e rivedere
le proprie bucce. Perché chi non sa prevedere, nemmeno sa prevenire.