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22 Ottobre 2002
"I
TAGLI ALLE POLITICHE SOCIALI ED ALLA SANITA' DELLA FINANZIARIA 2003 DI
BERLUSCONI"
a
cura del gruppo Ds in Parlamento
NOTA
FINANZIARIA 2003
POLITICHE SOCIALI
Articolo 28
Il Fondo per le Politiche sociali viene mantenuto nel suo impianto attuale,
senza vincoli di destinazione e con una maggiore discrezionalità per il governo
centrale. Nella ripartizione alle regioni si darà priorità alle risorse
riferite a diritti soggettivi come l’assegno di maternità, le agevolazioni
per i genitori dei disabili (L. 104,art. 33), gli assegni ai nuclei familiari
con almeno 3 figli minori. Saranno definiti dal Ministero del Welfare, d’
intesa con le regioni, i livelli essenziali delle prestazioni sociali da
garantire su tutto il territorio nazionale, ma con un forte condizionamento del
Tesoro e nei limiti delle risorse disponibili. Con apposito regolamento saranno
attivate azioni di monitoraggio di costi e risultati, mentre saranno revocati i
finanziamenti non utilizzati entro il 30 giugno dell’anno successivo.
Il fatto che manchi nell’articolo ogni riferimento alla legge 328/00 di
riforma dell’assistenza, al Piano per le Politiche sociali, ad atti di
indirizzo e coordinamento finalizzati al necessario sviluppo della rete dei
servizi, nonché il mancato incremento del Fondo, sostanzialmente fermo a 1.522
milioni di euro per il secondo anno consecutivo, conferma l’idea che il
governo voglia rinunciare a perseguire le finalità della riforma. Se si
considerano infatti gli aumenti dei costi per personale, beni e servizi e,
soprattutto, i tagli pesanti ai trasferimenti agli enti locali, il risultato non
potrà che essere un indebolimento della rete dei servizi, il trasferimento di
ulteriori costi sulle famiglie, un arretramento dell’intervento pubblico con
il blocco del processo di costruzione del welfare locale.
Il Governo viene, altresì, meno all’impegno assunto, e più volte confermato
alle associazioni dei disabili e delle loro famiglie, di riconoscere a tutti i
pensionati invalidi civili, ciechi e sordomuti il milione al mese di pensione
sociale, come anche di rivedere l’importo delle indennità assistenziali per i
disabili gravi. Analogamente non dà corso all’adeguamento dell’indennità
speciale di comunicazione per le persone sorde e per i ciechi, impegno assunto
formalmente da diversi ministri fin dallo scorso anno, limitandosi ad una
generica menzione in un lunghissimo elenco nella relazione alla legge relativo
ad un ridotto stanziamento per il Ministero dell’Economia in Tabella A. Se si
considera inoltre la riduzione del numero degli insegnanti di sostegno ed il
mancato finanziamento della legge 68 sul collocamento obbligatorio è facile
prevedere una forte reazione delle associazioni del settore.
Manca, infine, ogni riferimento alla non autosufficienza degli anziani. Dopo la
girandola delle proposte estive tutto pare rinviato a dopo la legge finanziaria.
Si presume che le conclusioni del gruppo di lavoro promosso dai ministri Sirchia
e Maroni finiranno anch’esse nell’ormai voluminoso libro bianco.
SANITA’
Articoli 30, 31 e 32
Ancora più pesante ed insidiosa la manovra sulla sanità con un insieme di
incrementi tariffari, di misure di contenimento di prestazioni e costi di
gestione, ma soprattutto di vincoli, appesantimenti burocratici e norme capestro
per le regioni che non solo non sciolgono il nodo della sottostima del fondo, ma
determineranno una sostanziale, sensibile riduzione delle risorse per la sanità
ed un arretramento rispetto anche allo stesso accordo dell’8 agosto 2001. Nel
dettaglio:
La quota di partecipazione alla spesa per cure termali passa dagli attuali 36,15
a 70 euro con la sola esclusione dei grandi invalidi di guerra, per servizio,
civili, del lavoro al cento per cento. Viene poi definitivamente abrogata la
norma della finanziaria 2001 che eliminava i tickets su esami diagnostici e
visite specialistiche. Nel complesso 1.115,56 milioni di euro vengono trasferiti
a carico dei malati e si aggiungono ai 250 milioni di euro previsti a fine 2002
come gettito del ticket sui farmaci.
In materia di farmaci la manovra si impernia sostanzialmente sulla revisione del
prontuario con una riduzione del 5 per cento del prezzo di vendita al pubblico,
la riclassificazione dei farmaci in due fasce, gratuita ed a pagamento, la
restrizione nell’immissione di nuove specialità. Tutte misure da valutare
nell’attuazione pratica dopo l’emanazione dell’elenco dei farmaci erogati
gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, in quanto potrebbero sortire
l’effetto di limitare le possibilità di cura soprattutto per i meno abbienti.
Aumenta la quota di sconto a carico delle farmacie per i prodotti con prezzo
superiore ai 25 euro, norma che appare non ben ponderata e che rischia di fare
sparire un certo numero di farmaci dal mercato, risultando non conveniente ed in
alcuni casi penalizzante la loro distribuzione. Viene confermato il taglio del
50 per cento dei congressi all’estero sponsorizzati dalle case farmaceutiche.
Si introduce il premio di prezzo per i farmaci innovativi per incentivare la
ricerca e l’innovazione nel settore, ma la somma destinata all’operazione,
10,2 milioni di euro, è modesta. Il risparmio previsto per la spesa
farmaceutica ammonta ad 841 milioni di euro.
Per le assunzioni di personale si potrà coprire il tourn over solo per il 50
per cento delle figure sanitarie, solo per gli infermieri non sono previste
limitazioni, data la nota carenza. La manovra inoltre pone a carico delle
regioni 100 milioni di euro dei contratti di formazione dei medici
specializzandi e, soprattutto, tutti gli oneri derivanti dai rinnovi
contrattuali per il biennio 2002-2003.
La tessera del Codice Fiscale verrà assorbita nella Carta Nazionale dei Servizi
per agevolare il monitoraggio delle prestazioni sanitarie.
Le regioni per poter ottenere l’incremento della quota di Fondo sanitario loro
spettante secondo l’accordo dell’8 agosto 2001 dovranno:
1. attivare il monitoraggio delle prescrizioni mediche, farmaceutiche,
specialistiche ed ospedaliere;
2. adottare criteri per l’uso appropriato delle risorse;
3. utilizzare tutti gli strumenti contrattuali per il pieno utilizzo delle
strutture, senza però oneri aggiuntivi;
4. prevedere la decadenza automatica dei direttori generali che non raggiungono
l’equilibrio economico.
Il governo istituisce inoltre la Commissione unica sui dispositivi medici, un’
ulteriore organismo burocratico e centralizzato, attraverso il quale
riclassificare ed analizzare i diversi dispositivi medici per ridurre i relativi
costi.
Con l’insieme di queste norme il governo si propone di risparmiare 1.956,56
milioni di euro, cifra relativamente modesta che non compensa l’insufficiente
dotazione del fondo e che intacca solo parzialmente lo sforamento rispetto alle
previsioni, accertato per il 2001 per circa 4.500 milioni di euro, cui se ne
aggiungeranno altrettanti a consuntivo del 2002.
La sofferenza per la spesa corrente sarà ulteriormente aggravata dai maggiori
oneri contrattuali. Ad essa si sommerà una drastica riduzione degli
investimenti che renderà impraticabili anche i proclamati intenti di
riorganizzazione dei servizi. Non vengono infatti reintegrati i 209,9 milioni di
euro per il piano straordinario per la riqualificazione dell’assistenza
sanitaria nei grandi centri urbani, previsti dalla legge 488/98 e decurtati dal
governo con decreto del marzo 2002. Sono decurtate le risorse per la seconda
fase degli Accordi di programma già definiti con le regioni per la
ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico in attuazione della
legge dell’ex articolo 20 legge 67/88, nonché quelle ex art. 71.
Ma il pericolo della manovra è soprattutto nella palese violazione del già
insufficiente accordo dell’8 agosto 2002. Infatti il governo non solo non
allinea il fondo al fabbisogno, come sarebbe necessario e come richiesto
unanimemente già dallo scorso anno dalle regioni, ma, invadendo il campo
dell’autonomia e delle prerogative regionali in materia di controllo e di
razionalizzazione della spesa, subordina l’erogazione delle somme concordate
ad una serie di adempimenti burocratici e di condizioni di dubbia efficacia e
legittimità, allo scopo di ritardare l’erogazione dei finanziamenti, e nega
oltretutto alle regioni la possibilità di integrare il fondo attraverso una
autonoma imposizione fiscale.
In queste condizioni risulterà impossibile sostenere tanto i servizi esistenti,
quanto il necessario sviluppo, l’innovazione tecnologica, il riequilibrio per
le realtà meridionali, né tantomeno garantire i Livelli Essenziali di
Assistenza. Si troveranno in grave difficoltà le regioni che hanno sforato le
previsioni di spesa, che avendo già imposto tickets ed addizionali IRPEF non
avranno più alcun margine di manovra. Ancor più penalizzate risulteranno
quelle più virtuose, vicine al pareggio di bilancio, che hanno risparmiato
balzelli ai cittadini, ma che ora a fronte di maggiori spese non coperte dal
fondo, non potendo incrementare la pressione fiscale, saranno costrette a
tagliare prestazioni e ad introdurre pesanti tickets.