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Aumenta la forbice tra Nord e Sud
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Il 21,1% delle famiglie italiane vive sotto la soglia della povertà: è quanto emerge dall'ultimo rapporto Istat, diffuso dall'istituto di statistica proprio questa mattina. Nel 2001, circa 2 milioni 663 mila famiglie (pari al 12,0% del totale delle famiglie residenti) vivono in condizione di povertà "relativa", ovvero determinata annualmente rispetto alla spesa media mensile pro capite per consumi delle famiglie. Il 66% di queste risiedono nel territorio del Mezzogiorno; i casi di povertà assoluta, calcolata basandosi sul valore monetario di un paniere di beni e servizi essenziali, arrivano a quota 940 mila famiglie (4,2% a livello assoluto). Ancora una volta, il Sud mantiene il primato, toccando il 75,1%. Il risultato finale non evidenzia sensibili mutamenti
rispetto ai periodi precedenti, escludendo alcune eccezioni: secondo
l'istituto di statistica "emerge una sostanziale stabilità
dell’incidenza di povertà a livello nazionale tra il 2000 e il 2001
(dal 12,3% al 12,0%), con un miglioramento statisticamente significativo
nelle regioni settentrionali (dal 5,7% al 5,0%) e centrali (dal 9,7%
all’ 8,4%). Nel Mezzogiorno, nonostante il lieve aumento (dal 23,6% al
24,3%) la situazione può essere considerata stabile." Il rapporto si sofferma a delineare i caratteri delle famiglie in difficoltà: "La condizione di povertà relativa è concentrata tra le famiglie numerose, in particolare quelle con tre o più figli, tra le famiglie con anziani e tra gli anziani soli. In Italia, nel 2001, circa il 25% delle famiglie con 5 e più componenti è povero, valore che supera il 36% nel Mezzogiorno. Si tratta in genere di famiglie di altra tipologia e di coppie con 3 o più figli; se questi sono minori l’incidenza di povertà sale al 28% a livello nazionale e al 37% nel Mezzogiorno". La presenza di individui anziani in questo senso diventa determinante, perché "aumenta l’incidenza di povertà, che risulta pari al 13,8% se in famiglia è presente un anziano e raggiunge il 17,8% se ve ne sono due o più". Uno dei principali avversari della povertà sembra essere l'istruzione: "Il 4,8% delle famiglie con a capo almeno un diplomato risulta povero, contro il 18,7% delle famiglie con a capo una persona senza titolo di studio o con licenza elementare. Queste ultime hanno nel 66% dei casi la persona di riferimento anziana e nel 65% dei casi ritirata dal lavoro. I ritirati dal lavoro individuano uno dei sottogruppi con un’elevata incidenza di povertà (13,4% a livello nazionale e 27,8% nel Mezzogiorno)". Al contrario, tra gli alleati si colloca la disoccupazione: "L’incidenza di povertà è pari al 22,8% se un solo componente è in cerca di lavoro e raggiunge il 41,1% se sono almeno due. Se, infine, è disoccupata la persona di riferimento della famiglia l’incidenza è pari al 31,8% a livello nazionale e al 42,5% nel Mezzogiorno. L’incidenza minima di povertà si osserva invece tra le famiglie con a capo un lavoratore autonomo, che a livello nazionale è pari al 7,5% e nel Nord al 3,2%". Nella divisione in fasce, l'Istat individua quattro tipi di famiglie: "Quelle definite sicuramente povere (con consumi inferiori all’80% della linea di povertà standard), quelle appena povere (tra l’80% della linea e la linea stessa), quelle a rischio di povertà (con consumi superiori alla linea di non oltre il 20%) e quelle sicuramente non povere con consumi più elevati". Nel 2001, le famiglie sicuramente povere toccano quota 1 milione e 199 mila, ma non sono ben distribuite: il Mezzogiorno mantiene infatti una funzione catalizzatrice. La quantità di prole non è un dato trascurabile: la povertà ed il numero di figli minorenni seguono binari direttamente proporzionali". Ma non siamo nel Terzo Mondo, come ricorda il rapporto: "È da notare che le famiglie sicuramente povere, pur essendo caratterizzate da condizioni economiche fortemente disagiate, sono tuttavia individuate in base ad una soglia di consumo superiore di circa 92 euro al valore della linea di povertà assoluta". La linea di povertà assoluta è pari 559,63 euro
mensili, comunque in aumento rispetto all'anno precedente (544,92 euro,
con una variazione dei prezzi di consumo del 2,7%). Il disagio assale
soprattutto le famiglie con 4 o più componenti (incidenza pari al 7,4%).
Le altre tipologie di famiglie registrano lievi miglioramenti nelle ultime
due annate, ad eccezione dell'apparato monogenitore. L'8% dei nuclei
rischia una parabola discendente: con il livello dei consumi superiore
soltanto del 12% rispetto al confine rilevato dall'Istat, si candidano ad
indossare i panni dei poveri accertati. |