PREMESSA
Ci sembra necessario tracciare, sia pur brevemente, un
quadro della situazione generale dal punto di vista delle famiglie.
La risposta complessiva alla domanda di salute mentale è disomogenea e
carente su tutto il territorio nazionale, la diffusione delle buone
pratiche mediche, pure esistenti, è lenta e poco incoraggiata.
La normativa in vigore, se non del tutto ma in larga misura sufficiente,
è scarsamente e limitatamente applicata; le strutture territoriali sono
carenti ed inadeguate; il numero degli operatori è insufficiente; non
ci sono sanzioni per le Regioni e le ASL inadempienti; gli Enti Pubblici
non onorano gli impegni e le responsabilità che la normativa vigente
attribuisce loro (disponibilità di strutture e quote di edilizia
popolare).
Si è raggelato lo slancio etico e culturale della solidarietà, del
rispetto della sofferenza e della diversità che pure avevamo
intravisto.
E' in questo contesto, ci pare, che prende forma questa proposta di
legge, la cui struttura complessiva sembra sostenuta più da
esigenze/richieste di tipo sociale (contenimento/sicurezza) e familiare
(esasperazione/delega) piuttosto che dai bisogni terapeutico-sanitari
riconosciuti oppure espressi dai malati.
OSSERVAZIONI
L'obbligatorietà dell'internamento, così come la sospensione,
richiesta da "chiunque ne abbia l'interesse", rappresenta
emblematicamente la visione complessiva del progetto di legge che
insiste, si occupa e si preoccupa esclusivamente della pericolosità e
del controllo e mai della sofferenza, del diritto del malato, della sua
complessità umana, psichica e spirituale
Il TSO non può che essere richiesto e revocato dal medico (di famiglia
e psichiatra) poiché il trattamento sanitario ha finalità mediche.
Riteniamo comunque il TSO uno strumento "estremo", che provoca
nella persona malata sentimenti di paura, angoscia, disistima e
sfiducia. E' causa di stigma. Spesso è una resa terapeutica là dove è
fallita la presa in carico e il progetto riabilitativo personalizzato
non è stato realizzato.
Ovunque i servizi territoriali sono efficienti, il TSO si riduce
vistosamente.
Di maggior interesse si prefigura invece il TSO territoriale.
L'uso di questi strumenti deve essere comunque limitato, controllato e
regolamentato secondo i criteri di fondo della normativa vigente.
Riteniamo importante ed apprezzabile che la tipologia delle Strutture
Residenziali per trattamenti terapeutico-riabilitativi (le CTRP come
indicato nel PON) si preveda per fasce di età, fermo restando il numero
di 12 persone e l'inserimento in contesti urbani (non ex OP) ed in
luoghi separati dall'Ospedale e dal CSM.
Quale riabilitazione infatti si può attuabile in strutture affollate
(50 persone), spersonalizzate, in un contesto socio-ambientale lontano
dalla realtà, lontano dagli affetti, dal territorio di appartenenza e
dalla dinamicità della vita quotidiana? In queste condizioni
emarginanti, che riproducono la malattia (e il manicomio) piuttosto che
la normalità, si escludono i nostri familiari dai più elementari
diritti di cittadinanza, si rischia di sovrapporre alla cronicità
spontanea anche quella dell'emarginazione, dell'istituzionalizzazione.
Ci chiediamo inoltre: se si ritiene che il servizio pubblico non sia in
grado di dare risposte adeguate è pensabile che lo possa fare il
privato?
Riteniamo invece urgente che nel servizio pubblico sia resa attiva la
funzione di effettivo controllo sulla programmazione, sulla qualità,
sulla spesa.
Infine, la gestione dei pazienti minorenni (bambini di 14 anni!), così
come delineata, è in aperto contrasto con il PON e con qualsivoglia
approccio orientato alla qualità, al rispetto della persona umana e
della dignità.
Da buon ultimo, non per importanza, il tema della prevenzione, cardine
di tutta la progettualità connessa alla salute mentale, citata nel
titolo (p.d.l.174) e poi completamente ignorata nel testo, richiede
strategie, fondi ed impegno.
Il progetto di legge n° 174 ci sembra vanificare tutto ciò che, se non
perfetto sicuramente innovativo, è presente nei PON 94/96 e 98/00 ed in
particolare nell'ultimo POR Veneto. Non si può tornare indietro! Non si
possono cancellare le conquiste più illuminate degli ultimi decenni.
CONCLUSIONI
Prima di introdurre cambiamenti radicali nei Dipartimenti di Salute
Mentale ci sembra più coerente:
· introdurre vincoli per l'applicazione della normativa in vigore
(Progetti Obiettivo Nazionali e Regionali) associando a questi
l'applicazione di sanzioni;
· valorizzare e diffondere i più avanzati PO Regionali e contestare i
meno adeguati;
· attuare i patti per la salute mentale tra tutti i soggetti coinvolti
e i molteplici attori (sanitari e sociali, pubblici e privati, Enti
locali, Associazioni, risorse del territorio);
· sollecitare la Conferenza Stato - Regioni a rispettare gli impegni
assunti attraverso il suo Presidente nella prima Conferenza Nazionale
della Salute Mentale (Roma 10-12 gennaio 2001), in particolare il
vincolo del 5% del budget aziendale alla salute mentale;
· realizzare tutte le strutture intermedie previste che consentono al
sofferente psichico di vivere nel territorio di appartenenza;
· attuare tutte le strategie di promozione e prevenzione della salute
mentale;
· promuovere e incentivare concretamente le buone pratiche mediche;
· ribadire il diritto inalienabile dei sofferenti psichici alla
riabilitazione (relazionale, sociale, lavorativa);
· sollecitare i Servizi affinchè gli aspetti clinici, farmacologici,
terapeutici e sociali siano fortemente integrati; i progetti terapeutici
personalizzati siano elaborati assieme alla persona interessata,
condivisi con la famiglia e dinamicamente monitorati e modificati, tali
da rendere le persone consapevoli e coinvolte nel proprio processo di
guarigione;
· promuovere una politica sociale che valorizzi le Cooperative di tipo
B e la formazione sul campo di operatori tecnici dell'azienda sociale.
Roma, 5 febbraio
2002
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