LE ROTTE DEL TRAFFICO
1. LA VIA DEL PAPAVERO
L'evoluzione del traffico mondiale degli oppiacei
ha avuto un andamento non sempre lineare, essendo fortemente condizionato dai
mutamenti di rotta e dagli assestamenti istituzionali dei Paesi produttori
ovvero dalle ingerenze dei gruppi criminali internazionali nelle lucrose attività
connesse.
Dal 1970 al 1975
Agli inizi degli anni Settanta, la Turchia era già tra i principali fornitori
mondiali di eroina. Organizzati in gruppi e clan, i trafficanti di quel Paese
acquistavano l'oppio dagli agricoltori e lo raffinavano in morfina base che
veniva poi spedita in Francia perché fosse ulteriormente trasformata in eroina
presso i laboratori clandestini gestiti da strutture delinquenziali site a
Marsiglia ( Clan dei Marsigliesi).
È l'epoca della cosiddetta " french connection" caratterizzata
dalle massicce immissioni di eroina sui mercati del Nord America e dell'Europa
centro-occidentale.
Dal 1975 al 1980
In questo periodo, per effetto della serrata azione repressiva condotta in
Francia e negli Stati Uniti, volta ad individuare e smantellare i centri di
trasformazione/raffinazione e ad arrestare trafficanti e chimici, gli illeciti
traffici di eroina assumono nuove dinamiche e proporzioni anche per
l'inserimento nella gestione del commercio delle mafie italiane.
Dalla metà degli anni Settanta agli inizi del decennio successivo si comincia a
delineare la tristemente famosa " sicilian connection".
L'eroina, giunta direttamente dalla Turchia, viene raffinata nei laboratori
clandestini impiantati in Sicilia e, successivamente, spedita negli Stati Uniti.
Inoltre, in questa fase, a seguito degli interventi distruttivi effettuati delle
autorità turche sulle coltivazioni locali di papavero, si assiste ad un
progressivo spostamento del flusso di oppio grezzo che comincia ad affluire dai
Paesi del "Triangolo d'oro" (Laos-Thailandia-Birmania). Esponenti
delle mafie cinesi (" Triadi") affiancano o sostituiscono i
trafficanti turchi nel ruolo di intermediatori potendo vantare, già all'epoca,
ramificati ed efficienti collegamenti con la Thailandia, Hong Kong, Malesia e
Singapore.
Dal 1980 al 1990
Agli inizi degli anni Ottanta, i flussi di eroina diretti dall'Italia agli USA
subiscono notevoli interruzioni per effetto di alcune importanti operazioni di
polizia che portano all'individuazione di numerosi laboratori clandestini in
Sicilia ed in Calabria e alla scoperta di aree di stoccaggio nel Nord del Paese
(Verona, Trento, Bolzano, Milano e Genova).
Contemporaneamente, anche in seguito al riacutizzarsi di conflitti regionali tra
Afghanistan e Pakistan che spingono i belligeranti a reperire le necessarie
risorse finanziarie anche attraverso il traffico di eroina, le coltivazioni di
papavero da oppio assumono carattere intensivo e le organizzazioni di
trafficanti, oltre a mettere a punto processi di raffinazione più moderni e
remunerativi, studiano una fitta e sicura rete di itinerari terrestri, aerei e
marittimi lungo i quali incanalare alla volta dell'Occidente ingenti
quantitativi di prodotto.
Verso la metà degli anni Ottanta, i duri colpi inferti a "
Cosa Nostra" siciliana ed a quella americana mutano ancora lo scenario
mondiale che vede ormai protagonisti i narcotrafficanti indo-pakistani. Con
l'ausilio di corrieri assoldati fra i fuoriusciti dallo Sri-Lanka, iraniani e
nigeriani, le organizzazioni inondano di eroina l'Europa e tutto il Nord America
non curanti delle perdite loro continuamente inferte dagli apparati di sicurezza
che gli Stati frettolosamente hanno incominciato a potenziare per arginare il
fenomeno.
Dal 1990 ai nostri giorni
I primi anni del Novanta vedono modificarsi ancora le rotte dell'eroina verso
l'Europa.
In questo arco di tempo, l'Iran e la Turchia, non più luoghi di estese
coltivazioni di papavero da oppio, assurgono preminentemente al ruolo di Paesi
di transito privilegiati dai narcotrafficanti dei Paesi del "Triangolo
d'oro" (Myanmar ex Birmania, Thailandia, Laos) e della "Mezzaluna
d'oro" (Afghanistan, Iran, Pakistan), leader mondiali nella produzione
della sostanza.
Sul finire degli anni Novanta, la situazione torna a mutare radicalmente. Due
Paesi, più degli altri, s'impongono sulla scena internazionale: l'Afghanistan,
che con l'eroina proveniente dalla sola zona di Kandahar assorbe il 50%
dell'intera produzione mondiale, e l'Iran che, dopo aver dichiarato guerra al
narcotraffico rompendo drasticamente con il passato, si è trasformato da area
di produzione in Paese di transito. Un " Ponte del Diavolo"
disteso tra le nazioni maggiori produttrici e quelle dove più forte è la
domanda di eroina, così definiscono il loro Paese le autorità iraniane che
negli anni Novanta scatenano una lotta senza quartiere ai trafficanti di oppio.
Viene eretta una linea fortificata di oltre 1.000 chilometri lungo i confini che
separano l'Iran da Pakistan e Afghanistan: fortini, posti di blocco, dispositivi
e difese anticarro, canali, barriere di cemento, cavalli di Frisia e filo
spinato. Oltre 22.000 soldati a vigilare che le colonne dei trafficanti non
tentino di forzare i varchi fortificati.
Tanta ostilità e determinazione sospinge attualmente l'oppio afghano su nuove
rotte. La via più solcata è quella che attraversa l'Asia centrale: dal
territorio afghano, a bordo di camion, auto o cammelli, i carichi si dirigono
verso il Kirghizistan e l'Uzbekistan, dove la mitica Samarcanda è diventata
ormai il crocevia mondiale del traffico di eroina, oppure verso il Tourkmenistan,
lungo il fiume Amudarya, o in direzione del Mar Caspio per finire preda delle
mafie caucasiche. Dalla semisconosciuta città di Osh, nel Kirghizistan, una
parte dell'eroina prende anche la via per Mosca.
La maggior parte della morfina base, comunque, continua ad approdare in Turchia
che rappresenta, ancora oggi, per la sua strategica posizione geografica e per
l'estesissima rete di comunicazioni terrestri, marittime ed aeree di cui è
dotata, una testa di ponte verso l'Europa ("rotta balcanica"), verso
l'Asia Centrale ("rotta cinese" o della "seta") e, infine,
verso il Medio Oriente.
In quest'ultimo decennio, però, le organizzazioni di trafficanti turchi, nel
mirino di tutte le polizie antidroga del pianeta, tentano di rompere
l'accerchiamento intessendo alleanze con altri gruppi criminali dell'Est europeo
e studiando nuovi stratagemmi per far giungere i carichi di droga a
destinazione. Lungo la "rotta balcanica", in territorio bulgaro,
rumeno ed ucraino, vengono creati depositi di stoccaggio in modo da favorire
l'apertura di nuovi canali di instradamento dell'eroina verso i Paesi
occidentali mentre emissari turchi instaurano rapporti di cooperazione con
organizzazioni polacche e libanesi incaricate esclusivamente delle operazioni di
importazione della droga. L'eroina è fatta affluire in Polonia, in Ungheria o
nel vicino Oriente a bordo di autoveicoli di grandi dimensioni e successivamente
frazionata in piccoli quantitativi affidati ai numerosi corrieri che provvedono
a farla giungere in Europa, Stati Uniti e Canada prevalentemente via terra,
occultata nei doppifondi di auto e furgoni, ma anche per via aerea, più
raramente per nave.
Parallelamente alla "rotta balcanica" è aperta una via
"marittima", con partenza dal porto di Smirne (Turchia), che tocca
Grecia, Italia meridionale, Spagna e Francia.
Terminale italiano di questo commercio illecito è principalmente la città di
Milano o le zone del suo hinterland.
Nel biennio scorso si registrano ancora dei sussulti: emergono dalle macerie
fumanti della ex Iugoslavia agguerritissimi sodalizi criminali di etnia croata,
macedone ed albanese capaci anche di stabilire relazioni stabili con gli
immancabili trafficanti turchi. Approfittando dei flussi migratori, la
criminalità albanese e kosovara interessata agli enormi profitti del traffico
di droga, opera una forte penetrazione verso l'Italia e gli altri Paesi del
Mediterraneo insediandosi sul territorio con strutture delinquenziali a base
familiare che gestiscono le diverse fasi del traffico: dall'importazione a bordo
di camion alla fase della distribuzione, in cui i criminali slavi si avvalgono
della collaborazione di cittadini nordafricani e pregiudicati italiani.
Gli anni Novanta si caratterizzano anche per l'apertura di altro importante
canale di traffico: quello che parte dal Myanmar (ex Birmania) per rifornire gli
Usa e l'Australia tramite i terminali di Chiang Mai in Thailandia e Hong Kong.
Una parte dell'eroina s'instrada lungo la mitica "Via della Seta" e va
ad approvvigionare il mercato cinese. È gestito per lo più dalla mafia
nigeriana che usa la capitale Lagos come "transit point" tra i quattro
continenti: America, Africa, Asia e Europa. Recentemente vengono sempre più
coinvolti nel traffico internazionale di eroina proprio i Paesi africani, quelli
della fascia più a nord (Marocco, Algeria, Tunisia) oltre che del Centro
Africa, principalmente la Tanzania, il Kenia e la citata Nigeria.
Anche negli Stati Uniti l'ultimo decennio del secolo registra un radicale
mutamento della scena: l'offerta di eroina subisce un incremento del 300% dovuto
essenzialmente all'apertura di nuovi canali di immissione riforniti dall'oppio
prodotto da alcune regioni della Bolivia, Colombia, Guatemala, Perù e,
soprattutto, del Messico in cui, nel frattempo, sono sorte vaste coltivazioni di
papavero d'oppio che affiancano la più tradizionale produzione della coca. Gli
ingenti quantitativi di oppio ottenuti dalle nuove coltivazioni sottraggono
progressivamente consistenti quote di mercato alle organizzazioni criminali che
fino ad allora avevano gestito l'importazione di eroina asiatica (triadi) e
l'attività di smercio (mafia italiana), ridimensionandone peso, ruolo ed
influenza criminale a vantaggio di emergenti gruppi delinquenziali.
Attualmente, la maggior parte del consumo statunitense di eroina è alimentato
dalla produzione messicana e i trafficanti del Paese di Villa e Zapata hanno
soppiantato nella conduzione e nella gestione del traffico boss e vecchi padrini
2. LA VIA DELLA CANNABIS
È necessario differenziare il traffico che ha per oggetto la
marijuana da quello dell'hashish poiché le due attività criminali avvengono
secondo modalità di esecuzione completamente diverse.
MARIJUANA e HASHISH
In Europa la maggior parte dei derivati della cannabis (marijuana e hashish)
intercettata dalle forze di polizia nel corso degli ultimi anni è risultata
provenire dall'Africa (Marocco e Nigeria), dall'America del Sud (Colombia) e
dall'Asia (Pakistan).
Nel corso del 1995, il volume dei sequestri ha raggiunto la quota di 740
tonnellate evidenziando un dato di sicuro riferimento nella stima
dell'estensione e della portata di questo fenomeno criminale che interessa ormai
sia l'Ovest che l'Est europeo.
Molto diverse le direttrici di afflusso sui mercati di consumo europei: dalla
Nigeria ai Paesi Bassi; dall'Uganda alla Bulgaria per raggiungere poi la
Repubblica Slovacca; dalla Spagna al Regno Unito; dal Libano ai Paesi Bassi ed
ancora al Regno Unito; dalla Colombia all'Olanda ed alla Polonia; dal Mozambico
al Belgio; dai Paesi Bassi alla Repubblica Ceca. La droga, proveniente dalla
consuete zone di produzione, è instradata principalmente lungo le rotte
marittime e le arterie stradali a bordo di carghi ovvero in containers montati
su semoventi, rimorchi ed autoarticolati.
Nella graduatoria dei Paesi europei "ricettori" di questa sostanza
figurano ai primi posti, nell'ordine: l'Olanda, il Portogallo, il Regno Unito,
la Spagna, la Francia, il Belgio, la Turchia, la Romania e l'Italia. Ma questi
Stati, oltre ad assorbire quote ingenti di prodotto per il proprio consumo
interno, in ragione anche delle favorevoli e strategiche posizioni geografiche,
rappresentano con Russia, Bielorussia, Ucraina, Croazia, Ungheria e Polonia dei
"transit point" per le successive movimentazioni verso altre zone del
continente europeo.
3. LA VIA DELLA COCA
Il traffico che ha per oggetto la cocaina
cloridrato presenta minore complessità rispetto a quello di oppiacei per
l'agevole individuazione delle zone di produzione circoscritte ad alcune, ben
definite aree geografiche.
L'erythroxylon
coca, dalle cui foglie si estrae la cocaina, cresce spontaneamente tra i 700
e i 2000 metri di altitudine alle pendici andine dell'America meridionale
(in Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù, Cile e Brasile). Si coltiva anche a
Ceylon e a Giava.
Attraverso le cosidette "rotta
atlantica" (Venezuela-Colombia-Brasile-Argentina) e "rotta
latino-americana" (Bolivia-Perù-Ecuador-Argentina-Paraguay-Canada), la
cocaina proveniente dai Paesi produttori, occultata nelle forme e nei modi
più stravaganti , varca l'oceano verso l'Europa ed ogni altra parte del mondo
ovvero prende la direzione dell'America del Nord.
Oggi dai Paesi produttori, la cocaina non attraversa più le frontiere degli
Stati del Centro America e, in particolare, il Panama. La droga viene ammassata
in depositi brasiliani situati nella zona di Caracas e, successivamente, spedita
in transito attraverso le isole dei Caraibi (Aruba, Curacao, Portorico) con
destinazione Miami e Los Angeles per essere poi smistata in ogni parte degli
Stati Uniti.
Più recentemente, le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico
internazionale di questa sostanza hanno costituito vaste aree di stoccaggio,
oltre che nell'America del sud, anche in Paesi africani come la Nigeria. Da qui,
a bordo di navi commerciali o servendosi di corrieri (spesso "ingoiatori"
che coprono l'ultima parte del tragitto in aereo,
i networks criminali internazionali fanno pervenire la droga nei luoghi di
smercio e consumo dell'Occidente e dell'Est europeo, mercato quest'ultimo in
progressiva ed inarrestabile espansione.
Proprio l'incremento delle forniture verso i Paesi dell'Est e quelli dell'Est
asiatico rappresenta l'ulteriore sviluppo nella dinamica del narcotraffico: i
cartelli colombiani e Sud americani, la cui spinta produttiva è senz'altro
superiore al fabbisogno mondiale, dopo aver raggiunto il punto di saturazione
dei mercati clandestini Nord americani, hanno deciso di instradare il loro
prodotto verso i Paesi d'oltrecortina e quelli in via di sviluppo dove il crollo
di alcuni sistemi politici e la rimozione dei blocchi alle frontiere ha
consentito di importare, oltre alle merci, standard e modelli di vita
"occidentali" nei quali è purtroppo insito e radicato il fenomeno del
consumo di droga.
Il trend dei sequestri,
in costante ed inarrestabile ascesa a partire dagli anni Ottanta, superando di
gran lunga quello dei sequestri di eroina, porta ad ipotizzare che, attualmente,
la cocaina sia la sostanza d'abuso più diffusa, ricercata e consumata del
mondo.
4. La via dell'ecstasy
Secondo il Consiglio d'Europa, gli entactogeni
rappresentano la droga più popolare in Europa dopo la "cannabis"
nella fascia d'età compresa fra i 15 e 25 anni. Ma, in base alle stime
ufficiali sulla crescente disponibilità di droghe
sintetiche sul mercato clandestino, si ritiene che l'ecstasy
e le "ecstasy
like", gli omologhi di sintesi cosiddetti "designer
drugs", siano ancor più diffuse tra i giovani di quanto non possa
essere documentato.
Sul versante della produzione e della distribuzione, i dati in possesso della D.E.A.
sembrano delineare una nuova mappa del traffico.
Leader mondiale nella produzione e nella fornitura di questo tipo di
stupefacente sintetico è l'Olanda; seguono Belgio, Inghilterra, Germania e
Svezia nonché, tra i Paesi
dell'Est, Polonia e Cecoslovacchia. La produzione olandese è concentrata
nella regione sudorientale dei Paesi Bassi, vicino a Maastricht, dove decine di laboratori
clandestini producono con sistemi e tecnologie industriali milioni di
pasticche che prendono le direzioni di tutta Europa. A queste si
aggiungono le rilevanti partite
che il Paese dei tulipani importa dall'Est Europa per smistarle, a sua volta,
verso i mercati clandestini di ogni parte del mondo attraverso il porto di
Rotterdam e l'aeroporto di Amsterdam. Sembra che anche i trafficanti americani,
sospinti dalle allettanti prospettive di guadagno, abbiano cominciato ad
approvvigionarsi di droga sintetica sul rifornitissimo mercato olandese.
Centri di produzione clandestini di notevole importanza sono segnalati anche nel
Regno Unito e, soprattutto in Germania dove, nel corso del 1994, la Polizia (BKA)
ha individuato e smantellato un gran numero di laboratori per la sintesi della
metamfetamina.
Su scala mondiale, la produzione maggiore si ha negli Stati dell'Estremo Oriente
e, in particolar modo, in Cina e Thailandia dove, nel 1998, si sono registrati
rispettivamente sequestri di amfetamine ed ecstasy per oltre 451 e 900 kg.
L'Australia ha un consumo di ecstasy pari a quello delle Filippine (circa 160
kg) e leggermente superiore a quello del Giappone, Paese in cui il fenomeno
dell'abuso di droghe sintetiche ha carattere endemico.
Tra i Paesi terminali del traffico svettano sugli altri l'Inghilterra, cui si
deve l'esplosione del fenomeno techno (500.000 consumatori per
settimana) e la Spagna che si colloca per consumi al secondo posto in Europa e
al primo nel bacino del Mediterraneo; segue al terzo posto la Germania dove i
sequestri
hanno subito un incremento esponenziale (226%), direttamente proporzionale alla
diffusione della cultura
tecno e degli eventi musicali connessi (love
parade). È tale l'impennata del consumo in questo Stato che in Olanda,
in prossimità della frontiera con la Germania, sono stati recentemente
impiantati piccoli laboratori clandestini destinati a produrre ecstasy quasi
esclusivamente per il mercato tedesco.
In Irlanda, dove la presenza di metamfetamina è segnalata fin dal 1988, sembra
che il circuito di spaccio, capillare e sommerso, sia gestito da un sempre
maggiore numero di persone che fanno pervenire le partite più consistenti
dall'Irlanda del Nord e dall'Inghilterra. Anche in Croazia, il fenomeno è
conosciuto dal 1991. Non è raro neppure in Islanda dove il prezzo delle
pasticche è però molto elevato.
In Spagna, l'MDMA è importata da piccoli trafficanti raramente organizzati che
trasportano la merce a bordo di auto e camion attraverso il Belgio e la Francia.
Quest'ultima, infine, è soprattutto luogo di transito per lo stupefacente che,
provenendo dai siti clandestini di produzione, attraversa il Paese in direzione
della Gran Bretagna, della Spagna e dell'Italia. Solo il 35% del prodotto è
destinato al mercato illecito nazionale.
Il flusso destinato all'Italia, dove nel solo 1995 sono state sequestrate
oltre 154.000 pasticche con un incremento del 110,88% rispetto l'anno
precedente, non viaggia unicamente sulla direttrice francese ma anche attraverso
la frontiera con l'Austria e con la Svizzera.
I riscontri effettuati dalla D.C.S.A.,
l'organo di coordinamento interforze nell'azione di contrasto al fenomeno del
narcotraffico, consentono di affermare che attualmente le pasticche di ecstasy
introdotte in Italia provengono essenzialmente dall'Olanda
. Il costante rifornimento è assicurato da un cospicuo numero di corrieri
che fanno la spola tra il nostro Paese e i luoghi di produzione in territorio
olandese. La prospettiva di enormi guadagni (una pasticca in origine costa non
più di 4 fiorini, circa 5.000 lire, e può essere rivenduta in discoteca anche
a 50.000/60.000 lire) e la scarsa deterrenza del rischio d'essere individuati
dalle forze di polizia, inducono giovani spesso incensurati ad intraprendere il
progetto criminoso. Formata la "cordata", cioè convogliate
ragguardevoli somme di denaro in vista di un unico più consistente acquisto per
lucrare presso i fornitori un prezzo più basso, alcuni membri del sodalizio
provvedono a noleggiare un'auto mentre altri pensano a reclutare per pochi
milioni un insospettabile corriere che provveda ad effettuare il trasporto.
È sufficiente stabilire un contatto "sicuro" con uno dei tanti
intermediari e procacciatori di questo tipo di affari sulla piazza di Amsterdam,
e presentarsi con del denaro contante, possibilmente cambiato in valuta
pregiata, per ottenere quantità illimitate di prodotto. Occultate le pasticche
appena acquistate in ingegnosi doppifondi ricavati nella carrozzeria
dell'auto presa a noleggio, inizia il viaggio di trasferimento in Italia
con il "carico" Gli artefici del traffico sanno purtroppo che
non incontreranno invalicabili ostacoli lungo il percorso che li ricondurrà in
Italia con lo stupefacente, soprattutto transitando sul territorio comunitario
ormai privo di controlli ai varchi di frontiera, ovvero decidendo di effettuare
l'importazione a bordo di un treno o per il tramite dei servizi postali e dei
vettori privati del tipo "DHL".
Appena giunte in Italia, le pasticche vengono smistate tra quanti avevano
finanziato la trasferta, a loro volta, pronti a riversarle, dietro versamento
del prezzo, in una capillare e ramificata rete di frazionamento ed assorbimento
delle partite ad opera di gregari e galoppini , per lo più anonimi ed
insospettabili. Proseguendo nella staffetta dello smercio, neppure i "pusher"
incontrano particolari difficoltà nella vendita delle pasticche, attività che
frutta loro profitti molto elevati oscillanti tra il 700 ed il 1000%. La domanda
è talmente consistente che i primi acquirenti per coprire le spese connesse al
proprio consumo trovano vantaggioso rivendere ad altri consumatori una parte
delle pasticche acquistate dando così vita ad ulteriori cessioni di
stupefacente in un'impressionante progressione geometrica. Lo smaltimento del
carico finisce dunque per coinvolgere, con effetto a "scalare", decine
di persone che seppure consumatori di MDMA ne sono anche spacciatori pertanto
potenzialmente punibili con le pene previste dal primo comma dell'art.
73 del D.P.R. 309/90 solo in parte mitigato, in qualche caso,
dall'attenuante della "lieve entità", prevista dal comma 5. La
ricostruzione di queste dinamiche criminali è confermata dal notevole
incremento del numero di persone denunciate: dalle poche decine di persone
segnalate all'Autorità Giudiziaria nel 1990 per reati connessi all'uso di
droghe sintetiche si passa agli oltre 1300 arrestati del 1994.
Viva è, inoltre, negli investigatori la percezione di un progressivo
interessamento alla gestione del redditizio traffico di queste sostanze di entità
e sodalizi criminali anche organizzati che individuano ovviamente in esso una
illimitata e appetibile fonte d'ingenti guadagni. Infatti, al contrario delle
droghe tradizionali che necessitano di particolari processi di lavorazione,
quelle di sintesi si possono produrre con relativa facilità in laboratori non
molto sofisticati, partendo da sostanze facilmente reperibili e non soggette a
particolari controlli. Anche nel Belpaese, nonostante alcuni allarmanti segnali
inducano a credere che ciò potrebbe avvenire a breve, non sembra ancora entrato
nel traffico delle sostanze di sintesi il crimine organizzato.
LABORATORI CLANDESTINI
I laboratori clandestini rappresentano uno dei maggiori problemi
di ordine pubblico connessi ai fenomeni criminali della produzione e del
traffico illecito delle droghe di derivazione sintetica.
I dati offerti dall'Unità Antidroga Europea - EDU
(Europol Drug Unit) , segnalano l'esistenza di decine di laboratori
clandestini, operativi in Olanda, Belgio, Inghilterra, Germania, Svezia ed in
molti Paesi dell'Est, che riversano, in quantità e con sistemi industriali,
milioni di pasticche sui mercati di tutta Europa. È stato stimato che il 70%
dell'ecstasy
sequestrata nel corso del 1994 provenisse dai laboratori clandestini situati in
Olanda dove la produzione è notevolmente sospinta dall'elevata disponibilità
di precursori
chimici provenienti dall'est europeo attraverso le rotte afferenti il porto
commerciale di Rotterdam.
Entactogeni,
PCP,
metaqualone
e LSD
sono prodotti esclusivamente in strutture clandestine, definite "kitchen
lab or kitchen of death" (cucina/laboratorio o cucina della morte) .
Questi laboratori sono facilmente allestibili, ma, al tempo stesso, ad altissimo
rischio sia per chi vi lavora che per le forze di polizia che sono chiamate a
farvi irruzione per porre fine alla produzione. Un rapporto del NIDA
indica che più del 30% dei laboratori clandestini nell'Oregon sono stati
individuati in seguito ad esplosioni verificatesi per ventilazione difettosa,
temperature non controllate, ignoranza di regole di base . E rischi
considerevoli si profilano anche per i consumatori delle droghe prodotte in
questi laboratori artigianali per l'uso indiscriminato e approssimativo che
viene fatto di eccipienti
e additivi spesso anche più tossici
del principio attivo sintetizzato.
Le strutture sono spesso in aree periferiche delle città o in campagna in
stabili più o meno abbandonati. La semplicità dei procedimenti per la sintesi
delle sostanze consente in molti casi di trasportare il laboratorio con estrema
facilità da un posto all'altro. Negli Stati Uniti sono stati scoperti
laboratori viaggianti su roulotte e caravan, attrezzati di tutto punto e
in grado di assolvere sul posto le richieste. Nel 1989, un'operazione del G.O.A.
della Guardia di Finanza di Firenze, consentì di individuare in uno scantinato
di Massa Carrara uno dei primi laboratori clandestini attrezzati in Italia per
la produzione clandestina dell'ecstasy. Il laboratorio era già provvisto in
larga misura (12 bottiglie) di "safrolo",
il precursore chimico solitamente impiegato per la sintesi dell'MDMA attraverso
operazioni chimiche non molto complesse. Le stesse informazioni sui processi di
produzione sono, peraltro, facilmente reperibili: sono presenti in alcuni testi
che trattano diffusamente dell'argomento (venduti senza alcuna restrizione nelle
librerie di molti Stati europei) e in rete su Internet, dove lunghe e
dettagliate illustrazioni rendono purtroppo le nozioni accessibili a tutti.