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La legge n. 162 del 26 giugno 1990 (racchiusa nel T.U. delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con D.P.R. 309 del 9 ottobre 1990) ha segnato una svolta nell'evoluzione legislativa italiana in materia, in quanto insieme al divieto dell'uso personale di sostanze stupefacenti e ad un rifiuto di qualsiasi tesi antiproibizionistica, ha potenziato sia gli strumenti destinati all'attività di prevenzione e recupero, attraverso il finanziamento di innumerevoli attività informative e socio-sanitarie, sia la risposta sanzionatoria ed i poteri investigativi nei confronti delle attività illecite.
Tale normativa ha introdotto l'assoggettamento a sanzioni amministrative - come il ritiro del porto d'armi, del passaporto e della patente di guida - per tutti coloro che, per uso personale, illecitamente importino, acquistino o comunque detengano sostanze stupefacenti (art. 75)
Prima del referendum popolare dell'aprile del 1993, l'uso personale inoltre era rigidamente legato al quantitativo della sostanza usata, che non doveva comunque superare la "dose media giornaliera".
Il ricorso all'Autorità Giudiziaria ed alle sanzioni penali, avveniva soltanto se la condotta illecita era più volte reiterata (art. 76).
Inoltre, il consumatore di stupefacenti poteva evitare l'applicazione delle sanzioni (sia amministrative che penali), sottoponendosi ad un programma terapeutico, l'inosservanza del quale faceva irrogare nuovamente altre sanzioni. Tali previsioni, così come l'intero articolo 76, sono state tutte abrogate dal referendum del 1993. La portata innovativa della legge non è stata però intaccata dal referendum, anzi ne è risultata invigorita. Essa consiste nell'attività di recupero del tossicodipendente, ricercata costantemente dal Prefetto durante l'applicazione del procedimento amministrativo di cui all'art. 75.
Accanto alle norme inerenti il consumo, vi sono poi quelle che sanzionano la produzione ed il traffico illecito di stupefacenti e che non si differenziano in modo sostanziale dalla disciplina precedente alla riforma del 1990.
Il sistema è costituito da due gruppi di reati, che si distinguono in base al carattere individuale o associativo.
In ciascuno dei sottogruppi le sanzioni si differenziano e si basano sulla natura della sostanza stupefacente, a seconda che si tratti di droghe "pesanti" (indicate nelle Tabelle I- III del D P R 309/90) o "leggere" (Tabelle II- IV).
Le condotte prese in considerazione dall'art. 73 del D.P.R. 309/90 coprono tutte le possibili ipotesi in cui la produzione ed il traffico di stupefacenti può concretamente manifestarsi. È punita anche la illecita detenzione ovviamente fuori dalle ipotesi di utilizzazione di droga per "uso personale".
Sono previste alcune circostanze che comportano un consistente aumento della pena in relazione a condotte di produzione o traffico riferite ad ingenti quantitativi di stupefacenti o ad uso di armi. Queste circostanze, aggravanti, trovano sovente applicazione nei casi di traffico internazionale di stupefacenti.
L'altro sottogruppo di reati è rappresentato dal delitto di associazione finalizzata al narcotraffico che, rispetto alla originaria norma incriminatrice prevista dalla vecchia legge, si differenzia per un sensibile inasprimento delle pene detentive e per una migliore precisazione delle condotte criminose (art. 74).
Tali norme si sono rivelate particolarmente efficaci nella repressione della produzione e del traffico della droga, soprattutto nei confronti delle grandi organizzazioni criminali che operano a livello internazionale.
Nell'ambito del sistema repressivo penale delle condotte finalizzate alla produzione e al traffico di stupefacenti, l'ordinamento riserva un trattamento particolare al tossicodipendente, privilegiando nella fase detentiva, l'aspetto del recupero e assecondando le scelte trattamentali e curative. In particolare, tra le misure cautelari alternative alla custodia in carcere, il giudice può ritenere opportuno adottare nei confronti del tossicodipendente, gli arresti domiciliari nella comunità terapeutica o di riabilitazione presso cui il tossicodipendente ha in corso un programma terapeutico di recupero, qualora l'interruzione dello stesso possa pregiudicare la sua disintossicazione.
L'art.89 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (provvedimenti restrittivi nei confronti di tossicodipendenti), vieta addirittura che il giudice possa disporre la custodia in carcere, salvo per esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, del tossicodipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero, nell'ambito di una struttura autorizzata, nel caso in cui una forzata interruzione possa pregiudicare la disintossicazione dell'imputato.
Gli artt. 90 - 93 prevedono che, nei confronti di persona condannata a pena detentiva non superiore a 3 anni, per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza, il Tribunale di Sorveglianza possa sospendere l'esecuzione della pena per una durata di 5 anni, qualora accerti che la persona si sia sottoposta o abbia in corso un programma terapeutico. L'art.94 prevede l'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale, nel caso di pena detentiva inflitta nel limite di 3 anni.
Presupposti di questo istituto - così come di quello contemplato dall'art. 90 - sono il riconoscimento dello stato di tossicodipendenza ed un programma terapeutico già iniziato o concordato.
Il D.L. 14 maggio 1993 n. 139, convertito nella legge 14 luglio 1993, n. 222, contenente disposizioni urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da infezioni da HIV e di tossicodipendenti, ha introdotto alcune importanti modifiche nel regime della detenzione per il tossicodipendente. Ha infatti modificato parzialmente l'art. 89, introducendo la possibilità di revocare la custodia cautelare già in fase di esecuzione, qualora il soggetto manifesti l'intenzione di sottoporsi ad un programma di recupero, anche se non ancora iniziato.
L'art. 286-bis c.p.p. prevede il divieto di mantenere la custodia cautelare in carcere nei confronti di chi sia affetto da infezione da HIV in stato avanzato, qualora si verifichi una situazione di incompatibilità con lo stato di detenzione; inoltre, è stato modificato l'art. 146 c.p. mediante la sospensione temporanea dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti di persona affetta dalla medesima infezione.
Il D.P.R. 309/1990, pur rappresentando il cardine della normativa sulla tossicodipendenza in Italia, è stato oggetto di aspre critiche, che hanno condotto al referendum dell'aprile del 1993, i cui esiti sono stati recepiti dal D.P.R. 5 giugno 1993, n.171. L'intervento referendario ha abrogato alcune norme della legge del 1990, modificando in parte l'approccio normativo, soprattutto per quanto riguarda il consumatore di droga.
In sintesi, il sistema legislativo italiano in materia di tossicodipendenza, dopo gli effetti abrogativi del referendum del 1993, vieta penalmente solo le attività destinate alla produzione, vendita, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti.
È venuto meno - in base all'abrogazione del comma 1 dell'art.72- il divieto dell'uso personale non terapeutico, senza tuttavia optare per la liberalizzazione delle sostanze stupefacenti e mantenendo l'illiceità dell'uso personale.
Altra conseguenza del referendum è stata l'abolizione della "dose media giornaliera", che non presenta più il discrimine per distinguere tra consumo personale e spaccio. L'uso personale può essere quindi desunto da qualsiasi circostanza e non è più legato ad un prefissato parametro normativo.
Bisogna precisare che l'esclusione di ogni rilievo penale riguardo al semplice uso personale non si è tradotto però in un atteggiamento di indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno del consumo di droga.
Al contrario, in base alla normativa vigente (art. 75), il Prefetto convoca dinanzi a sé o ad un suo delegato, la persona segnalata per uso personale di sostanze stupefacenti al fine di accertare, a seguito di colloquio, le ragioni della violazione nonché individuare gli accorgimenti utili per prevenire ulteriori violazioni.
Il Prefetto, ove l'interessato volontariamente richieda di sottoporsi ad un programma terapeutico socio-riabilitativo, sospende il procedimento amministrativo avviato dalla segnalazione e, decide l'invio del segnalato al Servizio per le Tossicodipendenze che predispone il programma terapeutico di disassuefazione e concorda il luogo più idoneo dove svolgerlo.
Il programma deve essere, in ogni caso, formulato nel rispetto della dignità della persona ed in considerazione anche delle esigenze di lavoro, nonché delle condizioni familiari e sociali del tossicodipendente.
Al termine del programma, il Servizio Sanitario pubblico locale redige una relazione sul comportamento del soggetto, che dovrà essere sottoposta al Prefetto per valutare in merito alla eventuale archiviazione del procedimento sanzionatorio.
Il mancato rispetto di tale programma prevede l'applicazione di sanzioni amministrative.
Prima del referendum abrogativo del '93, i tossicodipendenti che persistevano nel consumo di droga o, non ottemperavano al programma terapeutico, erano passibili di sanzioni penali mentre ora, il Prefetto, in questi casi, dopo aver invitato - anche ripetutamente - il tossicodipendente segnalato al rispetto del programma terapeutico, deve applicare le sanzioni amministrative previste per legge.
Il T.U. 309/1990, oltre a regolare in termini giurisdizionali il consumo ed il possesso di sostanze stupefacenti, ha provveduto - in maniera organica e globale - a regolamentare tutti i profili relativi alla "politica" contro la droga.
Infatti, ha individuato gli organismi preposti alle attività di coordinamento degli interventi, sia a livello centrale (Governo, Ministeri) che periferico (Regioni, Province e Comuni).
Nel suddetto T.U., recentemente modificato per effetto dell'entrata in vigore della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (cosiddetta "legge Lumia"), sono state definite anche le risorse finanziarie per l'attuazione degli interventi (Fondo Nazionale di Intervento per per la lotta alla Droga, Fondo Sanitario Nazionale), nonché gli strumenti legislativi per l'organizzazione della lotta al traffico e gli ostacoli all'esplicazione delle attività delle grandi organizzazioni criminali.
La nuova legge ha definito in maniera organica gli strumenti di rilevazione epidemiologica del fenomeno nonché di monitoraggio degli interventi. Il governo deve presentare al Parlamento, ogni anno, una "Relazione sull'andamento del fenomeno", onde consentire alle forze politiche di promuovere iniziative legislative adeguate alle nuove esigenze; inoltre deve convocare ogni 3 anni una Conferenza Nazionale a cui partecipano tutte le istituzioni pubbliche e private che operano nel settore.(La I^ Conferenza Antidroga si è tenuta a Palermo dal 24 al 26 giugno 1993. La II^ Conferenza dal 13 al 15 marzo 1997 a Napoli).