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LEGGI QUADRO DI RIFORMA DELL'ASSISTENZA: UN'ANALISI COMPARATIVA
rapporto elaborato da Paolo Ferrario per l'Istituto di Ricerca Sociale, 1988
Nel presente rapporto vengono presentate in modo comparato le più recenti proposte di legge di riforma dell'assistenza.
CONTESTO POLITICO-ISTITUZIONALE
L'attuale mancanza di una normativa statale del settore pone alle regioni varie difficoltà a produrre assetti legislativi soddisfacenti, anche se queste hanno supplito a tale carenza avviando processi di progressiva razionalizzazione attraverso proprie leggi di riorganizzazione.
Il contesto giuridico statale é a tutt'oggi ancora definito in base al D.P.R. 616 del 1977 il quale ha introdotto le seguenti innovazioni negli apparati dell'assistenza (1):
- nuove attribuzioni affidate ai comuni (famiglie dei detenuti e vittime del delitto, assistenza post-penitenziaria; minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie nei settori amministrativo e civile; ecc.);
-trasferimento degli Enti comunali di assistenza ai comuni;
-scioglimanto di alcuni enti nazionali di assistenza;
-ruolo programmatorio delle province.
La previsione del trasferimento di una parte delle Istituzioni pubbliche di assistenza e previdenza (Ipab) ai comuni é stata sospesa da una sentenza della Corte costituzionale (2) che ha sostenuto l'impossibilità delle regioni a legiferare in materia senza il presupposto di una legge nazionale di riforma dell'assistenza (la cui approvazione, é opportuno rammentare, veniva prevista dal D.P.R. 616 entro il 1978).
In tempi più recenti la Corte costituzionale é ancora intervenuta in merito alla questione delle Ipab, stabilendo i seguenti principi, che certamente influenzeranno i futuri comportamenti del legislatore:
- peculiarità di questi enti che hanno una "posizione ambivalente" ed un regime giuridico "caratterizzato dall'intrecciarsi di una disciplina pubblicistica in funzione di controllo,con una notevole permanenza di elementi privatistici" (3);
- dichiarazione della illegittimità costituzionale della legge n.6972 del 1890 (cosiddetta "legge Crispi") "nella parte in cui non prevede che le IPAB regionali ed infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di una istituzione privata" (4).
Tali pronunciamenti potrebbero stimolare i processi legislativi nel settore. Si ricorda che nel corso delle ultime legislature sono stati presentati dai partiti vari progetti di riforma. Nel periodo 1979-1983 vanno ricordati i seguenti:
- d.d.l. 26 giugno 1979 n.166 presentato dall'on. Cabras e altri (DC);
- d.d.l. 8 novembre 1979 n.913, presentato dall'on. Lodi e altri (PCI);
- d.d.l. 20 novembre 1979 n.998, presentato dall'on.Magnani-Noya e altri (PSI)
- d.d.l. 12 maggio 1980 n. 1690 presentato dall'on. Galli e altri.
Un apposito comitato ristretto ne ricavò un testo unificato, poi sottoposto all'esame delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Affari interni della Camera dei Deputati. In questa sede si arrivò alla approvazione di 14 articoli. Ma nel 1982 venivano presentati alcuni emendamenti sull'art.16, relativo alle condizioni per l'esclusione delle Ipab dal trasferimento ai comuni, con l'effetto di provocare una rottura dei lavori e la richiesta di passare alla discussione in aula: la fine anticipata della legislatura allontanò ancora il processo decisorio (5).
Nella IX legislatura (1983-1987) i partiti ripresentarono le proposte di legge, costruite in modo tale da riprodurre gli articoli già approvati dalle due Commissioni della precedente legislatura e da avere come base, per la parte restante, il testo unificato del comitato ristretto. Ma anche in questi anni non si é arrivati al traguardo e nel 1987 (all'avvio della X legislatura) sono stati ripresentati da alcuni partiti gli stessi progetti della fase precedente.
Per contenuto e struttura essi tengono in scarsa considerazione i processi istituzionali nel frattempo avviati dalle regioni. Occorre infatti ricordare che le seguenti regioni hanno approvato proprie "leggi di riorganizzazione" dei servizi socio-assistenziali: Basilicata (1980); Friuli Venezia Giulia (1981); Piemonte (1982); Umbria (1982); Veneto (1982); Toscana (1985); Emilia Romagna (1985); Lombardia (1986); Sicilia (1986); Calabria (1987); Sardegna (1988).
La successiva analisi prende in considerazione i testi finora presentati in Parlamento nella attuale legislatura, con l'aggiunta di altri due progetti di provenienza regionale (6). Allo scopo di mettere in evidenza i punti convergenza e,viceversa, i punti di disaccordo é stata costruita una tavola comparativa che consente di confrontare i temi specifici e le dimensioni istituzionali trattate nei testi normativi.
CARATTERISTICHE DEL SETTORE SOCIO-ASSISTENZIALE
In ordine agli obiettivi emerge una generale condivisione attorno alle tematiche culturali che si sono affermate in particolare negli anni '70: l'integrazione fra servizi sociali e sanitari (e con gli altri settori delle politiche sociali); lo sviluppo di servizi aperti;la partecipazione dei cittadini;la prevenzione delle cause di emarginazione; il diritto dei cittadini a fruire in condizioni di uguaglianza dei servizi; il reinserimento sociale; la tutela giuridica dei soggetti incapaci. Particolarmente enfatizzato nel progetto delle regioni é il ruolo della famiglia che viene individuata come "luogo privilegiato del recupero assistenziale". Il progetto della Toscana parla di sostegno alla famiglia e se necessario inserimento dei soggetti in famiglie liberamente scelte o in ambienti sostitutivi della famiglia.
Anche per quanto riguarda i compiti e le prestazioni vi éuniformità: la promozione all'uso dei servizi;l'informazione sui diritti; le prestazioni ordinarie (definite con leggi statali) e quelle straordinarie (affidate ai comuni).
DESTINATARI DEI SERVIZI
E' generalmente affermato l'universalismo delle prestazioni (diritto di tutti i cittadini a fruire dei servizi). E' prevista l'estensione agli stranieri ed apolidi.
Pure condivisa é la possibilità di chiedere il concorso al costo delle prestazioni. In proposito il progetto della Toscana parla di pagamento di un corrispettivo commisurato al reddito complessivo, "dedotto di una quota pari al minimo vitale".
Il progetto Martinazzoli definisce abbastanza in dettaglio le condizioni ed i requisiti per definire lo "stato di bisogno".
ASSETTO ISTITUZIONALE
Una sostanziale convergenza é riscontrabile per quanto concerne le competenze dello Stato. Il progetto della Toscana precisa che é di competenza statale (anche se può essere delegato alle regioni ed agli enti locali) l'accertamento delle condizioni che possono dare diritto alla integrazione del reddito fino al minimo vitale.
Divergenti le posizioni in ordine al Ministero cui farebbero riferimento i servizi socio-assistenziali:non precisato nel progetto Foschi; Ministero della sanità (opportunamente riordinato) per il progetto Martinazzoli; Ministero della sicurezza sociale per gli assessori regionali; Ministero per gli affari sociali per la Toscana. Inoltre il progetto Foschi e quello toscano non prevedono il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali (chiamato "della sicurezza sociale" nel progetto degli assessori).
Per quanto riguarda il ruolo delle regioni non ci si discosta dall'ordinamento generale. Tutti prevedono specifici strumenti programmatori individuati nei "piani di sviluppo dei servizi sociali" (chiamati "di assistenza sociale" nel progetto della Toscana).Singolare é il progetto socialista che prevede una collocazione istituzionale specifica per le strutture di assistenza alle gestanti che intendono partorire in condizioni di riservatezza (attualmente di competenza delle province). Il progetto degli assessori elenca in modo puntuale alcuni compiti amministrativi affidati agli enti regionali:requisiti per l'iscrizione ai registri; criteri per le convenzioni;parametri per facilitare gli appalti delle cooperative di solidarietà sociale;criteri per l'entità del costo dei servizi;misure dei rimborsi ai privati.E' comunque generalizzato un modello istituzionale che prevede una collaborazione fra soggetti pubblici e privati all'interno di criteri generali fissati dalla regione.
I compiti delle province sono di tipo programmatorio sub-regionale, e pertanto tali enti vengono sollevati dai residui compiti socio-assistenziali che ancora mantengono e che sono diventati anacronistici in riferimento al sistema che si é venuto affermando. Tuttavia il progetto socialista prevede la possibilità,in talune condizioni, di individuare ambiti territoriali ed enti diversi anche per l'esercizio delle funzioni programmatorie. Inoltre nel progetto della Toscana emerge un ruolo più forte delle province dove si afferma che adottano un piano provinciale a cui si conformano i programmi comunali.
In linea di principio il rapporto comuni-usl é affrontato nello stesso modo:i comuni sono i titolari di tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sociale (ma nel progetto socialista questa affermazione non é esplicita).
Le maggiori divergenze si registrano in ordine all'esercizio delle funzioni: per il partito della Democrazia cristiana si lascia aperta la possibilità a più soggetti istituzionali (comuni,unità socio-sanitarie locali ,organi di decentramento); nel progetto degli assessori ed in quello socialista é la legge regionale a distribuire l'attribuzione delle funzioni;in generale é previsto che i "servizi di base" (non meglio precisati) vengano esercitati dai comuni.Il progetto toscano prevede la possibilità di "intese" per svolgere specifici servizi per conto di altri comuni senza istituire appositi organi di gestione.
I comuni singoli e associati elaborano il piano locale dei servizi sociali ("programma di assistenza sociale" nel progetto toscano): il progetto socialista, tuttavia, non parla di questo strumento.
Generalizzata la previsione delle convenzioni con i privati.
In ordine alle Ipab tutti i progetti prevedono l'esclusione dal trasferimento delle istituzioni aventi struttura associativa e di quelle di ispirazione religiosa. Anche le procedure di riconoscimento sono abbastanza simili. Va però fatto rilevare che mentre i progetti della DC affidano il compito di produrre gli elenchi delle Ipab non trasferibili alla regione, il progetto socialista lo attribuisce al Presidente del consiglio.
Il progetto socialista non menziona, per quanto riguarda la esclusione dal trasferimento, le istituzioni promosse ed amministrate da privati, né quelle che svolgono attività di istruzione ed altre categorie.
Le Ipab escluse continuano a sussistere come enti morali (persone giuridiche private nel progetto della Toscana).
Il progetto degli assessori sostanzialmente prevede il mantenimento delle Ipab, poichè con atto del Consiglio di amministrazione queste possono chiedere di conservare la posizione giuridica posseduta assumendo la denominazione di "istituzioni pubbliche di assistenza".
SOGGETTI PRIVATI
Come già detto emerge un modello di utilizzo delle risorse pubbliche e private il cui "governo" é affidato alle regioni per mezzo delle proprie funzioni programmatorie e di appositi "registri regionali delle istituzioni private" ( e del volontariato per il progetto degli assessori).
E' generalmente riconosciuta la funzione di utilità sociale del volontariato, anche se con enfasi diverse nei vari progetti.
Ilprogetto Martinazzoli e quello degli assessori entrano nel merito della definizione delle organizzazioni di volontariato (mentre quello della Toscana fa riferimento anche al volontario singolo che non si riconosce in precise strutture associative).
Gli stessi progetti definiscono in modo puntuale ruoli e funzioni delle cooperative di solidarietà sociale.
RISORSE
Tutti i progetti prevedono il fondo nazionale per i servizi sociali.
Il progetto socialista é più preciso degli altri in riferimento alle modalità di ripartizione. Inoltre esso individua specifiche quote di finanziamento da destinare alle attività socio-sanitarie ed a carico sia del fondo sociale che di quello sanitario.
Tutti i progetti (tranne quello toscano) precisano la distinzione tecnico-contabile delle gestione dei servizi assistenziali.
Per quanto riguarda il personale é generalizzata la delega al governo in specifiche materie (professioni socio-assistenziali; ordinamento delle scuole; riqualificazione).Il progetto socialista prevede ruoli nominativi regionali del personale addetto alle attività di assistenza.Una forma giuridica sostanzialmente simile, sopprattutto per il personale assunto direttamente per l'esercizio delle funzioni in forma associata, éindividuata nel progetto degli assessori.
CONCLUSIONI
In conclusione si possono rilevare molti e significativi punti di convergenza. E tuttavia permangono altrettanti punti di vista diversi. Probabilmente l'intesa é più facile sul livello istituzionale statale, poiché alcune differenze sono puramente nominali.
Anche per quanto riguarda il ruolo della regione non si ravvisano divergenze profonde: semmai qui i momenti più delicati riguardano il maggiore o minore decentramento ai livelli periferici.
Dove permangono opinioni distanti ed anche incertezze normative énei livelli di esercizio delle funzioni (comuni, usl) e nel ruolo dei soggetti privati.L'impressione che si ricava in alcuni testi é quella della messa a punto di un sistema certamente policentrico e caratterizzato dal pluralismo delle istituzioni ma che difficilmente risulterà programmabile in rapporto a precise priorità di natura pubblica.
Debole é anche la parte sui finanziamenti. Il fatto che solo un progetto definisca in modo più preciso la dimensione economica (anche se in modo discutibile, perché in sostanza il progetto socialista individua ben tre flussi finanziari:sanitario; socio-assistenziale e socio-sanitario) é un indicatore del fatto che la cosiddetta "residualità" di questo comparto delle politiche pubbliche é ancora prevalente, al di là delle intenzioni di invertire la rotta e considerare i servizi non solo come consumo, ma anche come "risorsa".
Per ultimo occorre osservare che l'eventuale approvazione della legge nazionale di riforma dell'assistenza si colloca in un contesto molto diverso rispetto alla fine degli anni '70. Allora si sarebbe trattato di influenzare le politiche regionali anche nella direzione di un riequilibrio nella distribuzione delle risorse. Oggi il processo normativo regionale é andato avanti ed ha consolidato situazioni organizzative nuove che non sempre possono conciliarsi all'interno di un quadro statale rigido e predefinito. Oggi ciò che é indispensabile per lo sviluppo di politiche innovative é una maggiore certezza in ordine ai finanziamenti ed alla rete delle istituzioni locali (il riferimento é alla riforma delle autonomie locali) in modo tale da consentire una programmazione su scala regionale capace di valorizzare ed integrare effettivamente le risorse esistenti.
-note
1) Si veda: Ministero dell'Interno-Direzione generale dei servizi civili,Coordinamento e integrazione dei servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari, studio condotto dall'IRS, Roma 1984, p.16-17;29-30.
2) Sentenza della Corte Costituzionale n.173 del 17.6.1981.
3) Sentenza n.195 del 1987
4) Sentenza n.396 del 24.3.1988.
5) Si veda: Labos, appendice al volume "Per una riflessione sulle prospettive delle politiche socio-assistenziali in Italia", Roma 1988.
6) I testi analizzati sono i seguenti:
- d.d.l. n.246 presentato il 2 luglio 1987 dall'on. Foschi ed altri (DC);
- d.d.l. n. 683 presentato l'8 lugli 1987 dall'on. Martinazzoli e altri;
- d.d.l. n.259 presentato il 2 luglio dall'on. Aniasi e altri
- la bozza di "Legge quadro di riforma dell'assistenza e dei servizi sociali e l'istituzione del Ministero per la sicurezza sociale" elaborato da alcuni assessori regionali all'assistenza
- la bozza di legge "Norme di riforma in materia di assistenza sociale" elaborata dalla Regione Toscana.